Il calendario del 30 Aprile
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Eventi
▪ 313 - Battaglia di Tzirallum: Licinio sconfigge Massimino Daia, divenendo l'unico signore della parte orientale dell'Impero romano
▪ 1279 - Due forti terremoti danneggiano gravemente l'appennino umbro-marchigiano e quello tosco-emiliano
▪ 1573 - Crolla la torre della cattedrale di Beauvais, (150 m), che all'epoca doveva essere l'edificio più alto del mondo.
▪ 1789 - Sulla balconata della Federal Hall di Wall Street, a New York, George Washington presta giuramento, divenendo il primo Presidente degli Stati Uniti
▪ 1803 - Gli Stati Uniti acquistano il territorio della Louisiana dalla Francia per 15 milioni di dollari, più che raddoppiando le dimensioni della giovane nazione
▪ 1815 - Guerra austro-napoletana: le truppe austriache al comando di Laval Nugent von Westmeath occupano Roma e rimettono sul trono papa Pio VII.
▪ 1841 - Papa Gregorio XVI pubblica l'enciclica Quas vestro, sulla celebrazione di matrimoni tra cattolici e non.
▪ 1864 - Guerra di secessione americana: Battaglia di Jenkin's Ferry - le truppe dell'Unione in ritirata, comandate dal Generale Frederick Steele, respingono le forze Confederate al comando del Generale Edmund Kirby Smith
▪ 1900 - Le Hawaii diventano un territorio degli Stati Uniti
▪ 1904 - Si apre l'Esposizione Mondiale di Saint Louis, Missouri
▪ 1921 - Papa Benedetto XV emana l'enciclica In Praeclara Summorum
▪ 1939 - Franklin Delano Roosevelt è il primo Presidente degli Stati Uniti ad apparire in televisione
▪ 1941 - Il tenore Ferruccio Tagliavini sposa il soprano Pia Tassinari
▪ 1943 - seconda guerra mondiale: Operazione Mincemeat - Il sottomarino britannico HMS Seraph emerge nel Mar Mediterraneo al largo della costa spagnola, depositando un cadavere con addosso falsi piani di invasione e vestito con un'uniforme da ufficiale del controspionaggio britannico
▪ 1944 - Un bombardamento aereo colpisce il Teatro Municipale e il quartiere popolare Cristo, ad Alessandria, causando 239 morti
▪ 1945 - Adolf Hitler ed Eva Braun si suicidano dopo essere stati sposati per un giorno, il grandammiraglio Karl Dönitz diventa nuovo presidente del reich
▪ 1948
- - A Bogotá (Colombia), viene fondata l'Organizzazione degli Stati Americani.
- - La Land Rover viene presentata alla Mostra dell'auto di Amsterdam
▪ 1973 - Scandalo Watergate: Il presidente Richard Nixon annuncia le dimissioni di alcuni consiglieri della Casa Bianca, tra cui HR Haldeman e John Ehrlichman
▪ 1975 - Guerra del Vietnam: le truppe nordvietnamite occupano Saigon, ponendo fine alla guerra
▪ 1977 - Prima marcia delle Madri di Plaza de Mayo, che reclamavano informazioni sui figli desaparecidos, scomparsi.
▪ 1993
- - Il CERN annuncia che il World Wide Web sarà gratis per tutti.
- - Durante un cambio di campo al torneo di tennis di Amburgo, Monica Seles viene accoltellata da uno squilibrato sostenitore della rivale Steffi Graf. La Seles non giocherà più in tornei per più di due anni dopo l'incidente
▪ 1998 - La NATO si espande approvando l'ingresso di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia (le nazioni verranno ammesse formalmente in occasione del 50o anniversario della NATO, nell'aprile dell'anno seguente)
▪ 1999 - La Cambogia si unisce all'Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico (ASEAN) portando il numero totale a 10
▪ 2002 - Un referendum in Pakistan approva in maniera schiacciante il governo militare di Pervez Musharraf per altri cinque anni
▪ 2004 - Viene notato SASSER, un worm che in pochi giorni arriva ad infettare una buona parte dei computer del mondo
▪ 2006 - monsignor Luigi Biraghi, fondatore della Congregazione delle suore Marcelline nel 1838, viene beatificato da Benedetto XVI
▪ 2008 - Gianfranco Fini viene eletto presidente della Camera dei deputati del Parlamento Italiano
Anniversari
* 65 - Marco Anneo Lucano (Cordova, 3 novembre 39 – Roma, 30 aprile 65) è stato un poeta romano. Figlio di Marco Anneo Mela, era nipote di Lucio Anneo Seneca e, grazie all'influenza dello zio, entrò alla corte di Nerone, in onore del quale proclamò, in una gara poetica di cui risultò vincitore, le Laudes Neronis.
Fu questo il periodo più lucente della vita di Lucano. Il suo poema, la Pharsalia (ma nei manoscritti è intitolato Bellum civile, "La guerra civile") fu anche acclamato.
Le sorti del poeta, tuttavia, mutarono radicalmente quando cadde in disgrazia presso l'imperatore. Le cause di tale mutamento nei rapporti fra i due non sono chiare. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che i motivi risiedessero in un risentimento personale; altri vi hanno visto una logica conseguenza del precedente allontanamento dello zio Seneca; altri ancora hanno imputato la causa principale alla posizione filorepubblicana assunta da Lucano nella sua opera.
Nel 65 Lucano prese anche parte alla congiura di Pisone. Quando essa venne scoperta, egli fu costretto al suicidio a soli 25 anni, nonostante gli fosse stata promessa l'immunità in cambio della denuncia della madre; suo padre fu proscritto e sua madre riuscì a fuggire da Roma. Alla sua vedova, Polla Argentaria, Stazio dedicò una delle Silvae.
▪ 1847 - Monaldo Leopardi (Recanati, 16 agosto 1776 – Recanati, 30 aprile 1847) è stato un filosofo e letterato italiano, padre di Giacomo Leopardi.
Rapporto con il figlio
Nonostante la vulgata dica il contrario, il rapporto con il figlio illustre appare buono: senz'altro nei primi anni Monaldo dovette essere orgoglioso della precocità del ragazzo, e nelle opere giovanili di Giacomo, ad esempio il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815), si avverte ancora l'influenza delle idee del padre. Ben presto, però, i loro spiriti presero strade diametralmente opposte: la crescente autonomia di pensiero di Giacomo preoccupava Monaldo.
La lettura del carteggio fra i due rivela una relazione affettuosa, soprattutto negli ultimi anni. La lettera più sincera scritta da Giacomo al padre è quella che quest'ultimo non lesse mai: si tratta della missiva datata luglio 1819, quando il poeta progettava la fuga, e che non fu mai spedita, perché egli dovette rinunciare ai suoi piani.
«Mio Signor Padre... Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini stimabili e famosi mi hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio ch'Ella sa, e ch'io non debbo ripetere. [...] Era cosa mirabile come ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente.
[...] Io so che la felicità dell'uomo consiste nell'esser contento, e però più facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.»
Nel 1825, finalmente, Giacomo lascia Recanati, per farvi ritorno solo saltuariamente. Da lontano, il padre assiste alla crescita della sua fama nel mondo intellettuale italiano, ma rimane lontano dal comprendere la grandezza del figlio: disapprova la pubblicazione delle Operette morali, scrivendogli in una lettera (perduta) le "cose che non andavano bene", suggerimenti che Giacomo, ipocritamente, promette nella risposta di prendere in considerazione.
Un incidente, nel 1832, legato alla pubblicazione dei Dialoghetti di Monaldo, è causa di attrito fra padre e figlio. Leopardi si trovava, in quel momento, a Firenze: nell'ambiente iniziò a circolare la voce che fosse lui l'autore dell'opera, espressione delle tesi reazionarie, cosa che egli fu costretto a smentire seccamente dal giornale Antologia di Giampiero Viesseux. Si sfogò poi per lettera con l'amico Giuseppe Melchiorri il 15 maggio:
«Non voglio più comparire con questa macchia sul viso. D'aver fatto quell'infame, infamissimo, scelleratissimo libro. Quasi tutti lo credono mio: perché Leopardi n'è l'autore, mio padre è sconosciutissimo, io sono conosciuto, dunque l'autore sono io. Fino il governo m'è divenuto poco amico per causa di quei sozzi, fanatici dialogacci. A Roma io non potevo più nominarmi o essere nominato in nessun luogo, che non sentissi dire: ah, l'autore dei dialoghetti.»
In toni decisamente molto più miti ne scrive poi a Monaldo stesso il 28:
«Nell'ultimo numero dell'Antologia... nel Diario di Roma, e forse in altri Giornali, Ella vedrà o avrà veduto una mia dichiarazione portante ch'io non sono l'autore dei Dialoghetti. Ella deve sapere che attesa l'identità del nome e della famiglia, e atteso l'esser io conosciuto personalmente da molti, il sapersi che quel libro è di Leopardi l'ha fatto assai generalmente attribuire a me. [...] E dappertutto si parla di questa mia che alcuni chiamano conversione, ed altri apostasia, ec. ec. Io ho esitato 4 mesi, e infine mi son deciso a parlare, per due ragioni. L'una, che mi è parso indegno l'usurpare in certo modo ciò ch'è dovuto ad altri, o massimamente a Lei. Non son io l'uomo che sopporti di farsi bello degli altrui meriti. [...] L'altra, ch'io non voglio né debbo soffrire di passare per convertito, né di essere assomigliato al Monti, ec. ec.
Io non sono stato mai né irreligioso, né rivoluzionario di fatto né di massime. Se i miei principii non sono precisamente quelli che si professano ne' Dialoghetti, e ch'io rispetto in Lei, ed in chiunque li professa in buona fede, non sono stati però mai tali, ch'io dovessi né debba né voglia disapprovarli.»
Monaldo sopravvisse al figlio di 10 anni. L'incompatibilità fra i due rimaneva ancora evidente nel 1845, otto anni dopo la morte di Giacomo; infatti, la sorella di lui, Paolina, così scriveva a Marianna Brighenti:
«Di Giacomo poi, della gloria nostra, abbiam dovuto tacere più che mai tutto quello che di lui veniva fatto di sapere, come di quello che non combinava punto col pensiero di papà e colle sue idee. Pertanto, non abbiamo fatto mai parola con lui delle nuove edizioni delle sue opere, e quando le abbiamo comprate le abbiamo tenute nascoste e le teniamo ancora, acciocché per cagion nostra non si rinnovi più acerbo il dolore.»
Su richiesta dell'ultimo amico di Leopardi, Antonio Ranieri, pochi giorni dopo la morte di Giacomo Monaldo gli spedì un Memoriale con cenni biografici sul figlio, con aneddoti e curiosità, in cui si avverte il dolore per la rottura fra i due e l'incapacità del padre di capire la direzione intrapresa dal figlio; il Memoriale si interrompe all'anno 1832: "Tutto ciò che riguarda il tratto successivo è più noto a Lei che a me", scrive infatti.
Nonostante ciò, Monaldo piangerà con dolore la perdita di Giacomo, al punto che quando redigerà il proprio testamento nel 1839, alla settima volontà scrisse:
«Voglio che ogni anno in perpetuo si facciano celebrare dieci messe nel giorno anniversario della mia morte, altre dieci il giorno 14 giugno in cui morì il mio diletto figlio Giacomo...»
▪ 1945
- Eva Anna Paula Braun (Monaco di Baviera, 6 febbraio 1912 – Berlino, 30 aprile 1945) fu la compagna e, nell'ultimo giorno della sua vita, la moglie di Adolf Hitler.
Nasce a Monaco di Baviera nella Isabellastraße 45, secondogenita del luterano Fritz Braun e della cattolica Franziska Kronberger, ma sia lei che le sorelle (Ilse e Gretl) vengono educate secondo la religione della madre. Dopo aver frequentato il liceo trova un impiego come commessa nello studio del fotografo Heinrich Hoffmann, amico personale di Hitler; l'incontro tra la giovane ragazza e il futuro Führer avviene nell'ottobre del 1929, ma inizialmente Eva non rimane particolarmente impressionata da quel signore «di una certa età con dei buffi baffetti».
La loro relazione diventa seria intorno al 1932: l'amante di Hitler, sua nipote Geli Raubal, si è suicidata l'anno precedente ed Eva incomincia a frequentare assiduamente l'appartamento dell'uomo, all'insaputa dei suoi genitori.
In vista delle importanti elezioni del 1932, Hitler e il suo entourage girano la Germania in lungo e in largo, occupati con la campagna elettorale. Eva rimane sola per lungo tempo fino a che il 1º novembre si spara un colpo in gola. Miracolosamente salva, il suo gesto attira però l'attenzione di Hitler che aveva ancora in mente sua nipote Geli e la sua tragica fine. Il 28 maggio 1935 tenta nuovamente il suicidio ingerendo sonniferi ma anche stavolta riesce a salvarsi.
Nell'autunno del 1935 abbandona lo studio di Hoffmann e si trasferisce in una villetta nel quartiere residenziale di Monaco, dono personale del Führer, insieme a sua sorella minore Gretl e ai suoi due scottish terrier Negus e Stasi. Le vacanze ama invece trascorrerle al Berghof, la residenza personale di Hitler, dove può comportarsi da padrona di casa e intrattenere numerose feste per gli ospiti illustri.
È libera di fare ciò che vuole, compreso bere e fumare, ma viene descritta come «la donna più infelice del Terzo Reich».
Il 3 giugno del 1944 sua sorella Gretl sposa l'Obergruppenführer Hermann Fegelein, che verrà fucilato negli ultimi drammatici atti del Terzo Reich a causa delle negoziazioni che lui e Himmler stavano attuando con gli Alleati per mezzo del Conte Folke Bernadotte.
Nel febbraio del 1945 Eva torna a Monaco per festeggiare con la famiglia i suoi 33 anni, ma riparte subito per Berlino per restare accanto al suo uomo, in un estremo atto di coraggio e di amore. I due si sposano il 29 aprile, alla presenza di Joseph Goebbels e Martin Bormann; la sposa indossa un vestito nero di seta ed è orgogliosa di poter scrivere sul documento ufficiale il nome "Eva Hitler".
Secondo voci diffuse, Eva Braun e Adolf Hitler si sarebbero suicidati nel pomeriggio di lunedì 30 aprile 1945, intorno alle 15.30. Lui si spara un colpo di pistola mentre lei si avvelena con il cianuro di potassio. I corpi vengono bruciati e seppelliti nel giardino della Cancelleria, con una solenne cerimonia presieduta da Goebbels che era appena succeduto a Hitler come Cancelliere del Reich. Tuttavia, con l'apertura nel 1993 di alcuni archivi del disciolto KGB, i documenti concernenti la morte di Hitler hanno ufficialmente confermato la testimonianza di Hugh Trevor-Roper raccolta nel libro The Last Days of Hitler ("Gli ultimi giorni di Hitler") del 1947 e concomitante con quella sovietica: l'Armata Rossa scopre nel Führerbunker i cadaveri di Hitler, Braun, il cane Blondi e il suo cucciolo. Temendo che il sito scelto per la sepoltura dei cadaveri potesse divenire centro di culto per neonazisti e fanatici, il direttore del KGB, Jurij Andropov, ordinò la cremazione dei resti e il 4 aprile 1970 le ceneri furono sparse nel fiume Elba.
Il resto della famiglia Braun sopravvisse alla guerra; suo padre Fritz morì nel 1964, sua madre nel 1976, all'età di 96 anni e la sorella maggiore Ilse si spense nel 1979. Gretl il 5 maggio del 1945 mise al mondo una bambina che chiamò Eva in onore dell'amata sorella; proprio come la zia, Eva Fegelein si tolse la vita a causa di un uomo, nel 1975. Gretl, che nel 1954 si era sposata in seconde nozze, morì invece nel 1987.
- Adolf Hitler (Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945) è stato un politico austriaco naturalizzato tedesco, Cancelliere del Reich (Reichskanzler) dal 1933 e Führer della Germania dal 1934 al 1945. Fu Führer del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei), noto con il nome abbreviato di Partito Nazista, e il principale ideologo del nazionalsocialismo.
Hitler conquistò il potere cavalcando lo scontento e l'orgoglio ferito del popolo tedesco, a causa della sconfitta nella prima guerra mondiale e della grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar.
Sfruttando la sua abilità oratoria e l'insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo, e dopo alterne vicende (fallito Putsch nel 1923, con conseguenti otto mesi di carcerazione) arrivò alla Cancelleria nel 1933 e instaurò la dittatura, assumendo anche la carica di capo di stato dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg. Grazie a un possente ed efficace programma di ristrutturazione economica e riarmo militare, Hitler perseguì una politica estera estremamente aggressiva, volta principalmente ad espandere il Lebensraum (spazio vitale) tedesco a spese delle popolazioni dell'Europa orientale. In un susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse ad invadere la Polonia il 1º settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda guerra mondiale. Sconfitto dagli eserciti alleati, con le truppe sovietiche ormai penetrate in città, si suicidò nel suo bunker di Berlino il 30 aprile 1945 insieme alla compagna Eva Braun, che aveva sposato poche ore prima.
Responsabile della morte di milioni di persone, Hitler fu fautore di una politica di discriminazione e sterminio che colpì vari gruppi etnici, politici e sociali (Rom, popolazioni slave, omosessuali, comunisti, disabili mentali, minoranze religiose, prigionieri di guerra e oppositori politici) e in particolar modo gli ebrei.
Segregati sin dal 1933 dalla vita sociale ed economica del Paese, gli ebrei furono oggetto dal 1941 di un piano d'internamento ed eliminazione totale noto con il nome di "Soluzione finale", al quale ci si è riferiti sin dall'immediato dopoguerra con il termine di Shoah o Olocausto. La parola genocidio fu coniata proprio in riferimento alle politiche di sterminio hitleriane.
Infanzia e gioventù
Adolf Hitler nacque alle 18.30 circa nella locanda "Gasthof Zum Pommern" (in italiano: "Locanda del Pomerano", ancor oggi esistente e recentemente messa in vendita) il 20 aprile 1889 a Braunau am Inn, una piccola cittadina vicino a Linz nella provincia dell'Alta Austria, vicino al confine tedesco (Baviera), in quello che allora era l'impero austro-ungarico. Antistante la casa natale di Hitler è ora posta una lapide che commemora le vittime del nazismo.
Suo padre Alois Hitler (1837-1903) era un ufficiale inferiore delle dogane. Sua madre era Klara Pölzl, terza moglie di Alois. Dei loro sei figli, solo Adolf e sua sorella Paula sopravvissero all'infanzia.
Della prima infanzia del futuro dittatore tedesco non si conosce granché.
Stanti le testimonianze di molti gerarchi nazisti, Hitler fu sempre molto legato al suo paese natale, tanto da farsi effigiare vicino alla chiesa di Braunau in un francobollo del 1938 commemorativo del suo genetliaco e dell'annessione dell'Austria al Terzo Reich avvenuta il mese precedente ("Anschluss"). Nelle sue memorie, Albert Speer fa riferimento a confidenze fattegli da Hitler in persona circa la giustificazione del suo amore verso la Germania in virtù del fatto che - fino alla rettifica dei confini operata al Congresso di Vienna del 1814, Braunau aparteneva al Regno di Baviera, il che è storicamente comprovato.
Alois Hitler era figlio illegittimo, e per questo da giovane utilizzò il cognome della madre, Schicklgruber.
Nel 1876 adottò legalmente il cognome del padre naturale (che però non lo riconobbe mai finché fu in vita), trasformandolo da Hiedler (o Hüttler) in Hitler. Se effettivamente Alois fosse il figlio naturale di Johann Georg Hiedler (1792-1857), il padre di Adolf sarebbe stato parente di sangue della propria moglie Klara, la cui madre si chiamava Hüttler e potrebbe essere stata sua cugina.
Il figlio Adolf non usò mai il cognome Schicklgruber. In seguito i suoi avversari politici fecero circolare delle voci che insinuavano che Hitler fosse di origine ebrea: dopo che Maria Teresa d'Austria aveva dato la cittadinanza piena agli ebrei che si convertivano al cattolicesimo, essi usavano tradurre i loro cognomi ebraici in tedesco, e Schicklgruber era un cognome comune tra gli ebrei convertiti.
Inoltre, una diversa fonte afferma che Hitler non sapesse con certezza chi fosse stato suo nonno. Le voci che affermavano che egli fosse per un quarto ebreo sarebbero dovute al fatto che sua nonna Maria Anna Schicklgruber sarebbe rimasta incinta del padre di Adolf mentre era al servizio di una famiglia ebrea a Graz, in Austria. Il datore di lavoro di Maria (mai identificato storicamente), inoltre, le avrebbe corrisposto una cifra mensile per il mantenimento del figlio fino alla maggiore età. Tuttavia, di tali presunti versamenti non esiste alcuna prova. Adolf adottò il proprio cognome "Hitler" come nome d'arte quando dipingeva.
Hitler era un bambino intelligente ma umorale, e fu bocciato due volte agli esami per ottenere l'ammissione all'educazione superiore a Linz. Era devoto alla sua indulgente madre e sviluppò un odio per suo padre, verosimilmente motivato dai crudeli maltrattamenti psicofisici ricevuti, ipotizzati fra l'altro dalla psicologa Alice Miller in alcuni suoi libri. Alcuni storici e psicologi ritengono che possa esserci un nesso fra l'odio di Hitler per la parte paterna della famiglia e quello per gli ebrei.
Leonding, Vienna e Monaco
Non è facile tracciare organicamente un quadro dell'adolescenza di Adolf Hitler. Il testo più completo a riguardo è quello di Joachim Fest.
Dopo esser andato in pensione (1895), Alois si trasferì con la famiglia al seguito a Leonding, vicino a Linz, dove iscrisse il figlio Adolf alle scuole elementari del sobborgo di Fishlman. Alois Hitler morì il 2 gennaio 1903 per un'emorragia polmonare. Aveva sempre avversato la tendenza artistica del figlio, anche con modi molto bruschi, com'ebbe a ricordare Hitler in persona in diverse occasioni. Nel 1904, durante la catechesi per la cresima, Hitler per un paio di mesi meditò di farsi prete.
Nel frattempo il suo rendimento scolastico peggiorava, dovendo affrontare gli esami di riparazione a settembre sia nel 1904 che nel 1905. Addirittura, ad ottobre del 1904, gli venne rifiutata l'iscrizione alla sua scuola di Linz per cattiva condotta e venne indirizzato a Steyr, una cittadina lontana 25 km.
Terminata la scuola dell'obbligo nel settembre 1905, venne ritrovato privo di sensi a causa di un'ubriacatura, cosa che indusse il futuro dittatore ad avversare l'alcool per il resto dei suoi giorni.
Hitler trascorse due anni da nullafacente, girovagando per Linz assieme ad un amico, anch'egli con velleità artistiche, tal August Kubizek, sempre molto pungolato dalla madre affinché trovasse un lavoro. In questo periodo Hitler confidò all'amico d'essersi infatuato di una ragazza bionda di nome Stephanie (tuttora non identificata).
Nella primavera del 1906 Hitler partì alla volta di Vienna una prima volta per ritirare il bando d'ammissione all'Accademia delle Belle Arti e per esercitarsi a dipingere soggetti umani ed opere architettoniche (i temi dell'esame di ammissione). Il futuro dittatore si candidò due volte all'ingresso nella scuola d'arte e architettura di Vienna, ma venne scartato in entrambe le occasioni. La madre, dal carattere mite e remissivo, accondiscese alle richieste del figlio d'iscriversi all'Accademia delle Belle Arti di Vienna, da dove Hitler venne respinto una prima volta (ottobre 1907) all'esame di ammissione ed una seconda e definitiva volta l'anno successivo (nel 1908 non riuscì nemmeno ad essere ammesso a sostenere l'esame preliminare).
Il 14 gennaio 1907 alla madre, già da alcuni mesi incapace di dormire per i prolungati dolori al petto, venne diagnosticato un carcinoma mammario ulcerato in stadio avanzato e subì una mastectomia radicale una settimana dopo. Ma fu tutto inutile a causa della tardiva diagnosi della neoplasia. Per tutto il 1907 Hitler si prese cura della madre e dell'appartamento in cui vivevano. La vedova, Klara, morì all'età di 47 anni all'alba del 21 dicembre 1907 («Il Natale peggiore di tutta la mia vita" ebbe ad affermare Hitler a Mussolini durante l'ultima visita che il dittatore italiano fece al Führer nel 1944 alla "Tana del lupo"»). Il medico che curò invano la madre di Hitler era ebreo, tal Eduard Bloch, e non soffrì alcuna persecuzione durante tutto il regime hitleriano.
Hitler gli espresse tutta la sua gratitudine per aver tentato invano di salvargli la madre: «Sappia che non lo dimenticherò mai!»
Il diciannovenne Adolf, rimase così orfano. Sua madre riposa tuttora in una tomba del cimitero di Leonding accanto a quella del marito e di uno dei figli morto in tenera età; Hitler tuttavia andò a visitare il cimitero soltanto dopo l'annessione dell'Austria alla Germania nel 1938. Ben presto lasciò la sua casa per Vienna, dove aveva vaghe speranze di diventare un artista. Aveva diritto a una pensione da orfano, che integrava lavorando come illustratore. Aveva un certo talento artistico e spesso disegnava dipinti di case e grandi palazzi. Si conservano alcune tele di discreta fattura. Perse la sua pensione nel 1910, ma per allora aveva ereditato qualche soldo da una zia.
Fu a Vienna, dove visse tra il febbraio 1908 ed il maggio 1913, che Hitler iniziò ad avvicinarsi all'antisemitismo, un'ossessione che avrebbe governato la sua vita e sarebbe divenuta la chiave di molte delle sue azioni successive.
L'antisemitismo era profondamente insito nella cultura cattolica del sud della Germania, nella quale Hitler era cresciuto. Vienna aveva una grossa comunità ebraica, comprendente molti ebrei ortodossi dell'Europa orientale. Hitler in seguito ricordò il suo disgusto nell'incontrare gli ebrei viennesi.
In quegli anni era stampata una rivista zeppa di teorie e tesi antisemite dal nome di "Ostara", che pure Hitler risulta leggesse alla sera al dormitorio comunale, come testimoniarono alcuni suoi compagni di camera.
A Vienna l'antisemitismo si era sviluppato dalle sue origini religiose in una dottrina politica, promosso da pubblicisti come Lanz von Liebenfels, i cui libelli venivano letti da Hitler, e da politici come Karl Lueger, borgomastro di Vienna, o Georg Ritter von Schönerer, che contribuì agli aspetti razziali dell'antisemitismo. Da loro Hitler acquisì il credo nella superiorità della razza ariana, che formò le basi delle sue idee politiche. Hitler arrivò a credere che gli ebrei fossero i nemici naturali degli "ariani", e fossero anche in qualche modo responsabili per la sua povertà e incapacità di ottenere il successo che credeva di meritare.
I soldi ereditati dalla zia ben presto terminarono, e per diversi anni Hitler visse in una relativa oscurità; non si trovò mai in condizioni di reale indigenza, anche se dormiva in ostelli per soli uomini. Durante il tempo libero assisteva spesso all'opera nelle sale da concerto di Vienna, prediligendo i temi della mitologia norrena di Richard Wagner. Tra il 1909 ed il 1910 Hitler venne sfrattato per morosità per ben due volte, la prima da una squallida stanza nel quartiere viennese di Alsergund; la seconda volta da una vera e propria bettola poco distante. Nel biennio 1911 - 1913 Hitler si adattò a dormire al dormitorio pubblico di Meidling, nelle vicinanze della stazione ferroviaria, dove giunse nel dicembre 1910, ed a mangiare alla mensa del Convento dei Fratelli della Carità. Guadagnava un qualche spicciolo vendendo acquerelli da lui stesso dipinti ed era a tal punto emaciato che un passante ebreo, che vendeva vestiti usati, forse riconoscente per aver dipinto Hitler alcuni cartelloni pubblicitari per il suo negozio, si tolse il cappotto e glielo regalò.
A detta di alcuni suoi compagni di dormitorio, gran parte degli acquirenti dei cartelloni di Hitler erano ebrei. In quegli anni il suo più caro amico fu un ceco, tal Reinhold Hanisch, fino a quando non litigarono sulla spartizione dei compensi ed Hitler lo denunciò per furto, facendolo condannare, nell'agosto 1910 ad otto giorni di carcere (Hanisch vendeva gli acquerelli che Hitler dipingeva ed - a causa del loro litigio - venne eliminato nel 1938 al momento dell'ingresso della Gestapo a Vienna).
Il 25 maggio 1913 Hitler si spostò a Monaco di Baviera, nel quartiere di Schwabing. La fuga da Vienna avvenne per evitare di prestare servizio militare nell'esercito Austro-Ungarico, dal momento che - com'ebbe a scrivere nel suo "Mein Kampf": "quel crogiuolo di popoli inferiori mi aborriva". Lo fece per un motivo: per sfuggire alle varie notifiche che gli inviano a casa, per la leva militare (come Mussolini, del resto, in quegli anni). Ma non riuscì a sfuggire alla polizia che ne chiese ed ottenne l'estradizione. Nel gennaio del 1914, bloccato in Baviera, dovette presentarsi al distretto militare per la visita di leva. I medici militari lo giudicarono inidoneo senza neppur visitarlo il 5 febbraio e lo mandarono a casa "riformato", inabile perfino al servizio ausiliario, perché "gracile nel fisico, denutrito e mal ridotto nell'intero aspetto da sembrare tisico". Invece di essere contento, quel rifiuto - per Hitler - fu una ferita al suo orgoglio. Hitler decise di rinunciare alla cittadinanza austriaca e, non avendo ottenuto quella tedesca, divenne apolide. Hitler visse in una soffitta sita al numero civico 34 Schellesserheimerstrasse.
La Prima guerra mondiale
Il primo agosto 1914, quando l'Impero tedesco entrò nella prima guerra mondiale, si arruolò come volontario nel Battaglione Bavarese ("Reggimento List") dell'esercito tedesco del Kaiser Guglielmo II.
Ottenne il grado di caporale e prestò servizio attivo in Francia e Belgio come staffetta portaordini (Ordonnanz). Fu ferito durante un attacco con l'iprite, durante la battaglia della Somme, il 7 ottobre 1916 e fu ricoverato nell'ospedale di Beelitz, non lontano da Berlino. Nel marzo 1917 tornò al fronte. Hitler combatté tutte le più sanguinose battaglie sul fronte delle Fiandre, e, essendosi distinto in combattimento, ricevette la Croce di Ferro di seconda classe (novembre 1916) e quindi di prima classe nell'agosto 1918. Quest'ultima onorificenza era all'epoca raramente usata per premiare i sottoufficiali.
Accecato da un attacco di iprite nell'ottobre 1918, fu ricoverato all'Ospedale Militare di Pasewalk dove apprese la notizia della capitolazione tedesca dell'11 novembre.
Durante la guerra Hitler acquisì un appassionato patriottismo tedesco, anche se non era un cittadino dell'Impero germanico (un aspetto a cui non pose rimedio fino al 1932). Fu sconvolto dalla capitolazione tedesca nel novembre 1918, quando l'esercito, a suo dire, non era stato sconfitto. Egli, come molti altri nazionalisti, incolpò gli ebrei di avere attizzato focolai rivoluzionari bolscevichi, che avrebbero minato dall'interno la resistenza dei soldati al fronte, e indotto i politici (i "criminali di novembre") alla resa e alla sottoscrizione del trattato di Versailles.
Il Partito Nazionalsocialista
«Già negli anni 1913-1914 io cominciai ad esprimere in diversi circoli, oggi fedeli alla causa nazionalsocialista, il pensiero che la questione del futuro tedesco ruotava attorno alla distruzione del marxismo.»
Dopo la guerra Hitler rimase nell'esercito, che veniva ora impegnato principalmente nella repressione delle rivoluzioni socialiste che scoppiavano in tutta la Germania, compresa Monaco, dove Hitler tornò nel 1919. Mentre era ancora nell'esercito, il 12 settembre 1919 venne incaricato di spiare gli incontri di un piccolo partito nazionalista, il Partito Tedesco dei Lavoratori (DAP).
Assistette all'orazione di Gottfried Feder contro il capitalismo e contro il pangermanesimo. Hitler intervenne contro quest'oratore e lì s'accorse, come confidò a Galeazzo Ciano successivamente, di aver "...una sorta di carisma magnetico sulla platea che rimase letteralmente estasiata". Hitler si unì al partito come membro numero 555 nella primavera del 1920 (nel marzo 1920 aveva lasciato l'esercito per incompatibilità con l'impegno politico). In realtà il partito era talmente piccolo che i primi 500 numeri corrispondevano a tessere inesistenti.
Speer testimoniò che Hitler rimase scioccato da questo trucco. Il 14 agosto incontrò per la prima volta Dietrich Eckart, un antisemita e uno dei primi membri chiave del partito, in occasione di un discorso tenuto davanti ai membri del DAP
Hitler non venne congedato dall'esercito fino al 1920; dopo di che cominciò a prendere parte a tempo pieno alle attività del partito. Ne divenne ben presto il leader e ne cambiò il nome in Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi (National Sozialistische Deutsche Arbeitspartei - NSDAP), normalmente conosciuto come Partito Nazista da National Sozialistische, in contrasto con Sozi, un termine usato per indicare il Partito Socialdemocratico Tedesco.
Il partito adottò come simbolo la svastica, nella convinzione, errata, che il simbolo fosse di origine "ariana" e indoeuropea, nonché il saluto romano usato dai fascisti italiani.
Il Partito Nazista era solo uno dei numerosi piccoli gruppi estremistici della Monaco di quell'epoca, ma Hitler scoprì ben presto di avere due talenti notevoli; nell'oratoria pubblica e nell'ispirare la lealtà delle persone.
La sua oratoria, che attaccava gli ebrei, i socialisti e i liberali, i capitalisti e i comunisti, iniziò ad attrarre nuovi aderenti. Tra i primi seguaci troviamo Rudolf Hess, Hermann Göring ed Ernst Röhm, che sarebbe stato il capo dell'organizzazione paramilitare nazista, la SA (Sturmabteilung).
Un altro ammiratore fu il Maresciallo di Campo dell'epoca di guerra, Erich Ludendorff. Hitler decise di usare Ludendorff come facciata in un tentativo abbastanza velleitario di conquistare il potere, il "Putsch di Monaco" dell'8 novembre 1923, quando i nazisti marciarono da una birreria fino al Ministero della Guerra bavarese, intendendo rovesciare il governo separatista di destra della Baviera e da lì marciare su Berlino. Hitler fece affidamento principalmente sull'aiuto degli ex combattenti delusi dalla Repubblica di Weimar riuniti nelle organizzazioni paramilitari dei "Corpi Franchi" (Freikorps).
Il colpo di stato fallì e Hitler venne processato per alto tradimento; tuttavia, egli si servì del processo per diffondere il suo messaggio in tutta la Germania. Nell'aprile 1924 venne condannato a cinque anni di carcere nella prigione di Landsberg. Qui Hitler lesse l'opera di Henry Ford L'Ebreo internazionale e, a questa ispirandosi, dettò un libro intitolato Mein Kampf (La mia battaglia) al suo fedele delfino, Hess. Questo lavoro ponderoso, conteneva le idee di Hitler sulla razza, la storia e la politica, compresi numerosi avvertimenti sul destino che attendeva i suoi nemici, specialmente gli ebrei, nel caso in cui fosse riuscito a salire al potere. Il libro venne pubblicato la prima volta in due volumi: il primo nel 1925 e il secondo un anno dopo. Le prospettive di un Hitler al potere sembravano così remote, a quel tempo, che nessuno prese seriamente i suoi scritti.
Considerato relativamente innocuo, Hitler ottenne una riduzione della pena. Venne rilasciato nel dicembre 1924 dopo solo nove mesi. A quel momento il Partito Nazista a malapena esisteva e i suoi capi dovettero sforzarsi a lungo per cercare di ricostruirlo.
Durante questi anni Hitler formò un gruppo che sarebbe in seguito diventato uno degli strumenti chiave nel raggiungimento dei suoi obiettivi. Poiché le Sturmabteilungen di Röhm erano inaffidabili e prive di disciplina, e formavano una base di potere separata all'interno del partito, Hitler costituì una guardia del corpo personale, le Schutzstaffeln ("unità di protezione" o SS). Questo corpo d'élite dalle uniformi nere venne guidato da Heinrich Himmler, il principale esecutore dei piani di Hitler sulla "questione ebraica", durante la seconda guerra mondiale.
Un elemento chiave del fascino esercitato da Hitler sul popolo tedesco si trovava nel suo costante fare appello all'orgoglio nazionale, ferito dalla sconfitta in guerra e umiliato dal Trattato di Versailles, imposto all'Impero germanico dagli alleati. L'Impero, infatti, sfaldandosi, dovette cedere territori a Francia, Polonia, Belgio e Danimarca, abbandonare le sue colonie, dismettere la Marina, pagare un conto salatissimo per le riparazioni di guerra, e assumersi la piena responsabilità e colpevolezza dello scoppio del conflitto. Siccome molti tedeschi non credevano che fosse stata la Germania a dar inizio alla guerra (essendo stata dichiarata dall'Austria), né di essere stati lealmente sconfitti, erano amaramente risentiti per questi termini. Anche se i primi tentativi, da parte dei nazisti, di guadagnare voti con la condanna delle umiliazioni e delle macchinazioni dell'"ebraismo internazionale" non ebbero particolare successo con l'elettorato, la propaganda di partito imparò la lezione, e presto capovolse la situazione a proprio vantaggio attraverso un'espressione più subdola dei suoi contenuti, che combinava l'antisemitismo con attacchi "spiritati" contro i fallimenti del "sistema di Weimar" e i partiti che lo appoggiavano.
La corsa al potere
Il punto di svolta delle fortune di Hitler giunse con la Grande Depressione che colpì la Germania nel 1930. Il regime democratico costituito in Germania nel 1919, la cosiddetta Repubblica di Weimar, non era mai stato genuinamente accettato dai conservatori e neanche dal potente Partito Comunista. I Socialdemocratici e i partiti tradizionali del centro e della destra si mostrarono inadeguati nel contenere lo shock della Depressione ed erano, inoltre, tutti segnati dall'associazione con il "sistema di Weimar". Nelle elezioni del 14 settembre 1930, il partito nazionalsocialista sorse improvvisamente dall'oscurità e si guadagnò oltre il 18% dei voti e 107 seggi nel Reichstag, diventando così la seconda forza politica in Germania.
Il successo di Hitler si basava sulla conquista della classe media, colpita duramente dall'inflazione degli anni venti e dalla disoccupazione portata dalla Depressione. Contadini e veterani di guerra costituivano altri gruppi che supportavano i nazisti, influenzati dai mistici richiami dell'ideologia Volk (popolo) al mito del sangue e della terra. La classe operaia urbana, invece, in genere ignorava gli appelli di Hitler; Berlino e le città della regione della Ruhr gli erano particolarmente ostili; infatti in queste città il Partito Comunista era ancora forte, ma si opponeva anch'esso al governo democratico, ragion per cui si rifiutò di cooperare con gli altri partiti per bloccare l'ascesa di Hitler.
Le elezioni del 1930 furono un disastro per il governo di centro-destra di Heinrich Brüning, che si vedeva privato della maggioranza al Reichstag, affidato alla tolleranza dei Socialdemocratici e costretto all'uso dei poteri d'emergenza da parte del Presidente della Repubblica per restare al governo. Con le misure austere introdotte da Brüning per contrastare la Depressione, avare di successi, il governo era ansioso di evitare le elezioni presidenziali del 1932, e sperava di garantirsi l'accordo con i nazisti per estendere il mandato di Hindenburg. Ma Hitler si rifiutò e anzi corse contro Hindenburg nelle elezioni presidenziali, arrivando secondo nelle due tornate elettorali, superando il 35% dei voti nella seconda occasione, in aprile, nonostante i tentativi del Ministro degli Interni Wilhelm Groener e del governo Socialdemocratico della Prussia di limitare le attività pubbliche dei nazisti, soprattutto bandendo le SA.
L'imbarazzo delle elezioni pose fine alla tolleranza di Hindenburg nei confronti di Brüning, e il vecchio Maresciallo di Campo dimise il governo e ne nominò uno nuovo guidato dal reazionario Franz von Papen che immediatamente abrogò il bando sulle SA e indisse nuove elezioni per il Reichstag. Alle elezioni del luglio 1932 i nazisti ottennero il loro migliore risultato, vincendo 230 seggi e diventando il partito di maggioranza relativa. In quel momento i nazisti e i comunisti controllavano la maggioranza del Reichstag, la formazione di un governo di maggioranza stabile, impegnato alla democrazia, era impossibile e, a seguito del voto di sfiducia sul governo von Papen, appoggiato dall'84% dei deputati, il nuovo Reichstag si dissolse immediatamente e furono ancora una volta indette nuove elezioni.
Von Papen e il Partito di Centro aprirono entrambi dei negoziati per assicurarsi la partecipazione nazista al governo, ma Hitler pose delle condizioni dure, chiedendo il cancellierato e il consenso del Presidente che gli permettesse di utilizzare i poteri d'emergenza dell'Articolo 48 della costituzione. Questo fallimento nell'entrare al governo, unito agli sforzi nazisti di ottenere il supporto della classe operaia, alienarono alcuni dei precedenti sostenitori e nelle elezioni del novembre 1932 i nazisti persero dei voti, pur rimanendo il principale partito del Reichstag.
Poiché von Papen aveva chiaramente fallito nei suoi tentativi di garantirsi una maggioranza attraverso la negoziazione che avrebbe portato i nazisti al governo, Hindenburg lo dimise e chiamò al suo posto il generale Kurt von Schleicher, che era stato per lungo tempo una forza dietro le quinte e più recentemente Ministro della Difesa, il quale promise di poter garantire un governo di maggioranza attraverso la negoziazione con i sindacalisti Socialdemocratici e con la fazione nazista dissidente, guidata da Gregor Strasser.
Come Schleicher si imbarcò in questa difficile missione, von Papen e Alfred Hugenberg, Segretario del Partito Popolare Tedesco-Nazionale (DNVP), che prima dell'ascesa nazista era il principale partito di destra, cospirarono per persuadere Hindenburg a nominare Hitler come cancelliere in coalizione con il DNVP, promettendo che sarebbero stati in grado di controllarlo. Quando Schleicher fu costretto ad ammettere il suo fallimento, e chiese ad Hindenburg un altro scioglimento del Reichstag, Hindenburg lo silurò e mise in atto il piano di von Papen, nominando Hitler Cancelliere con von Papen come Vicecancelliere e Hugenberg come Ministro dell'Economia, in un gabinetto che comprendeva solo tre nazisti; Hitler, Göring, e Wilhelm Frick. Il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler prestò giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag, sotto gli sguardi e gli applausi di migliaia di sostenitori del nazismo.
Il Partito Comunista Tedesco, vincolato da Mosca, ebbe larga parte delle responsabilità nell'ascesa al potere di Hitler. Fin dal 1929, Stalin aveva spinto il Comintern ad adottare una politica di estremo settarismo verso tutti gli altri partiti di sinistra; i socialdemocratici erano trattati come "social-fascisti" e nessuna alleanza doveva essere stretta con loro. Questo serviva ai fini politici interni di Stalin, ma ebbe conseguenze opposte in Germania. Il Partito Comunista, non solo fallì nell'opporsi ai nazisti in alleanza con i socialdemocratici, ma cooperò tatticamente con i primi (soprattutto in occasione dello sciopero dei trasporti pubblici berlinesi del 1932). Furono presto costretti a capire l'errore di questa politica. Usando il pretesto dell'Incendio del Reichstag, Hitler emise il "Decreto dell'incendio del Reichstag", del 28 febbraio 1933. Il decreto sopprimeva diversi importanti diritti civili in nome della sicurezza nazionale. I leader comunisti, assieme ad altri oppositori del regime, si trovarono ben presto in prigione. Al tempo stesso le SA lanciarono un'ondata di violenza contro i movimenti sindacali, gli ebrei e altri "nemici".
Ma Hitler non aveva ancora la nazione in pugno. La nomina a Cancelliere di Hitler e il suo uso dei meccanismi incastonati nella Costituzione per approdare al potere hanno portato al mito della nazione che elegge il suo dittatore e al supporto della maggioranza alla sua ascesa. Hitler divenne Cancelliere su nomina legale del Presidente, che era stato eletto dal popolo. Ma né Hitler, né il partito disponevano della maggioranza assoluta dei voti. Nelle ultime elezioni libere, i nazisti ottennero il 33% dei voti, guadagnando 196 dei 584 seggi disponibili. Anche nelle elezioni del marzo 1933, che si svolsero dopo che terrore e violenza si erano diffuse per lo stato, i nazisti ricevettero solo il 44% dei voti. Il partito ottenne il controllo della maggioranza dei seggi al Reichstag attraverso una formale coalizione con il DNVP. Infine, i voti addizionali necessari a far passare il Decreto dei pieni poteri, che investì Hitler di un'autorità dittatoriale, i nazisti se li assicurarono espellendo i deputati comunisti e intimidendo i ministri del Partito di Centro. In una serie di decreti che arrivarono subito dopo, vennero soppressi gli altri partiti e bandite tutte le forme di opposizione. In solo pochi mesi, Hitler aveva raggiunto un controllo autoritario senza aver mai violato o sospeso la costituzione del Reich. Ma aveva minato la democrazia per poterlo fare.
Il regime nazionalsocialista
«Verrà un giorno in cui sarà più grande onore avere il titolo di cittadino del Reich in qualità di spazzino che essere re in uno Stato straniero, e questo giorno verrà certamente, poiché, in un mondo come il nostro, che permette la mescolanza delle razze, uno Stato che dedica tutti i suoi sforzi allo sviluppo dei migliori elementi razziali deve fatalmente diventare il padrone del mondo.»
Essendosi assicurato il potere politico supremo in maniera legale con libere elezioni, Hitler rimase estremamente popolare fino ai momenti finali del suo regime. Era un maestro di oratoria, e con tutti i mezzi d'informazione tedeschi sotto il controllo del suo capo della propaganda, Joseph Goebbels, egli fu in grado di persuadere la maggioranza dei tedeschi che era il loro salvatore; dalla depressione, dai comunisti, dal trattato di Versailles e dagli ebrei. Su quelli che non ne erano persuasi, le SA, le SS e la Gestapo (la Polizia segreta di stato) avevano mano libera, e a migliaia scomparirono nei campi di concentramento. Molti di più emigrarono, compresi circa metà degli ebrei tedeschi.
Per consolidare il suo regime, Hitler aveva bisogno della neutralità dell'esercito e dei magnati dell'industria. Questi erano allarmati dalla componente "socialista" del Nazionalsocialismo, che era rappresentata dalle camicie brune delle SA di Ernst Röhm, in gran parte appartenenti alla classe operaia. Per rimuovere questa barriera all'accettazione del regime, Hitler lasciò libero il suo luogotenente, Himmler, di assassinare Röhm e decine di altri nemici reali o potenziali, durante la notte del 29-30 giugno 1934.
L'evento è ricordato come la Notte dei lunghi coltelli.
Un effetto meno visibile della purga, che venne poco percepito all'epoca ma probabilmente rientrava nei progetti di Hitler, fu di focalizzare le energie del partito non più su aspetti sociali (come desiderato dalle SA) ma sui «nemici razziali» della Germania. Secondo alcuni autori il nazionalsocialismo, nato come ideologia gemella al fascismo italiano, rimase tale solo fino a questo momento dato che con l'eliminazione della corrente "di sinistra" facente capo a Röhm, la corrente "di destra" facente capo ad Hitler prese il sopravvento. Da questo momento il NSDAP avrebbe abbracciato implicitamente il capitalismo prefigurandosi come un'ideologia prettamente conservatrice, abbandonando ogni ipotesi rivoluzionaria e quindi rimanendo "socialista" solo nel nome. Questo sarebbe avvenuto come pegno ai poteri economici internazionali che l'avevano sostenuto finanziariamente nell'ascesa al potere.
Anche Pino Rauti in una sua opera cita l'epurazione della cosiddetta "ala sinistra del movimento nazionalsocialista" come inevitabile per Hitler al fine di accreditarsi presso l'esercito, la grande finanza ed il club degl'industriali, tutti settori che vedevano in Papen il garante contro la deriva populista di parte del partito di Hitler. Ed infatti, Papen aveva ribattuto a Röhm, chiedendogli d'esplicitare cosa intendesse per "Rivoluzione Nazionalsocialista", beffardamente aggiungendo che non si trattasse "... di una rivoluzione antimarxista per favorire l'ascesa al potere d'una corrente filomarxista". Nell'incontro di Venezia con Mussolini (14 giugno 1934, solo due settimane prima della fatidica "Notte dei lunghi coltelli"), Hitler domandò al dittatore italiano come avesse fatto ad incanalare le camicie nere nell'alveo della legalità, preoccupato per il comportamento delle camicie brune naziste.
Al che, Mussolini, da sempre ritenuto un maestro dal dittatore nazista, gli rispose di averne "eliminato" i capi. Mussolini intendeva un'eliminazione politica, ovvero indirizzare i capi a carriere burocratiche, mentre Hitler prese il consiglio alla lettera. Addirittura, Stalin rimase talmente colpito dalla purga hitleriana che prese a pretesto l'uccisione di Sergej Kirov sei mesi dopo (1 dicembre 1934) per perfezionare l'epurazione mutuata da Hitler e dando avvio alle tristemente note "Purghe Staliniane".
Quando Hindenburg morì, il 2 agosto 1934 Hitler, che, in quanto già capo del governo (Cancelliere del Reich), non poteva diventare anche Presidente del Reich (capo di stato), creò per se una nuova carica, quella del Führer, che in pratica gli consentì di avere i poteri del capo di stato. Egli era Führer und Reichskanzler (Guida e Cancelliere del Reich). Dal 1934 sino alla sua morte in Germania non ci sarà nessun Presidente del Reich.
Quegli ebrei che non erano emigrati in tempo, ebbero a pentirsi della loro esitazione. In base alle Leggi di Norimberga del 1935 persero il loro status di cittadini tedeschi e vennero espulsi dagli impieghi statali, dagli ordini professionali e da gran parte delle attività economiche. Erano oggetto dello sbarramento di una odiosa propaganda. Pochi non ebrei tedeschi si opposero a questi passi. Queste restrizioni vennero ulteriormente aggravate, specialmente dopo l'operazione anti-ebraica del 1938, conosciuta come Notte dei cristalli (Kristallnacht o Reichskristallnacht). Dal 1941 agli ebrei venne richiesto di indossare una stella gialla in pubblico.
Nel marzo 1935 Hitler ripudiò il Trattato di Versailles, reintroducendo la coscrizione in Germania. Il suo scopo sembrava quello di costruire una massiccia macchina militare, comprendente una nuova marina (la Kriegsmarine) e una nuova aeronautica militare (la Luftwaffe). Quest'ultima venne posta sotto il comando di Hermann Göring, un comandante veterano della prima guerra mondiale. L'arruolamento di grandi quantità di uomini e donne nel nuovo esercito sembrava risolvere i problemi di disoccupazione, ma distorse seriamente l'economia.
Nel marzo 1936 Hitler violò nuovamente il Trattato, rioccupando la zona demilitarizzata della Renania e poiché Regno Unito e Francia non si mobilitarono per fermarlo, prese coraggio. Nel luglio 1936 scoppiò la Guerra civile spagnola, dove i militari, guidati dal generale Francisco Franco, si ribellarono contro il governo regolarmente eletto del Fronte Popolare. Hitler inviò delle truppe ad aiutare i ribelli. La Spagna servì come prova sul campo per le nuove forze armate tedesche e per i loro metodi, compreso il bombardamento di città indifese come Guernica, che venne distrutta dalla Luftwaffe nell'aprile 1937.
Per dimostrare al mondo la potenza tedesca, Hitler (su idea di Goebbels) ospitò a Berlino l'XI Olimpiade, con una cerimonia iniziale trionfale.
Hitler formò un'alleanza con Benito Mussolini e l'Italia Fascista - l' Asse Roma-Berlino - il 25 ottobre 1936. Questa alleanza venne in seguito allargata a Giappone, Ungheria, Romania e Bulgaria. Queste nazioni sono collettivamente conosciute come Potenze dell'Asse. Il 5 novembre 1937 alla Cancelleria del Reich, Adolf Hitler tenne un incontro segreto dove dichiarò i suoi piani per l'acquisizione di "spazio vitale" per il popolo tedesco.
Il 12 marzo 1938 l'Austria, con un referendum, si univa con la Germania (l'Anschluss) e Hitler, che così poneva le basi della Grande Germania, fece un ingresso trionfale a Vienna. In seguito intensificò la crisi che coinvolgeva gli abitanti di lingua tedesca della regione dei Sudeti in Cecoslovacchia. Questo portò all'Accordo di Monaco del settembre 1938 in cui la Gran Bretagna e la Francia, con la mediazione di Mussolini, diedero debolmente strada alle sue richieste, evitando la guerra ma non riuscendo a salvare la Cecoslovacchia, che fu occupata. I tedeschi, infatti, entrarono a Praga il 10 marzo 1939.
A questo punto Francia e Gran Bretagna decisero di prendere posizione, e resistettero alla successiva richiesta di Hitler per la restituzione del territorio di Danzica ceduto alla Polonia in base al Trattato di Versailles. Ma le potenze occidentali non furono in grado di giungere ad un accordo con l'Unione Sovietica per un'alleanza contro la Germania, e Hitler ne approfittò. Il 23 agosto 1939 concluse un patto di non-aggressione (il Patto Molotov-Ribbentrop) con Stalin, definendo anche i criteri per la spartizione del territorio polacco. Il 1º settembre la Germania invase la Polonia.
Hitler era certo che Francia e Gran Bretagna non avrebbero onorato il loro impegno con i polacchi dichiarando guerra alla Germania: "Ho giudicato i loro capi a Monaco: Daladier, Chamberlain, dei vermiciattoli!"
Quando la mattina del 3 settembre l'aiutante Schmidt entrò nello studio di Hitler consegnandogli la dichiarazione di guerra dell'Inghilterra, questi restò pietrificato e voltosi verso il suo ministro degli esteri Ribbentrop, con lo sguardo furibondo disse: "Was nun?" (E adesso?)
Nell'anticamera, affollata di generali e dignitari del partito, la voce di Göring, appena informato, ruppe il silenzio che si era fatto: "Se perdiamo questa guerra, Dio abbia pietà di noi!"
Seconda guerra mondiale: le vittorie
«Dobbiamo essere crudeli. Dobbiamo riabituarci a essere crudeli con la coscienza pulita.»
Nei tre anni seguenti Hitler conseguì una serie quasi ininterrotta di successi militari. La Polonia venne rapidamente sconfitta e spartita coi sovietici. Nell'aprile 1940 la Germania invase la Danimarca e la Norvegia (Operazione Weserübung). In maggio iniziò un'offensiva lampo che travolse rapidamente i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo e la Francia (Campagna di Francia), che collassò nel giro di sei settimane. Il piano per la conquista della Francia, nato dalle idee di Hitler, di Heinz Guderian, leader dei Panzer, e del generale von Manstein, fu un'operazione magistrale, un capolavoro tattico, che permise ai tedeschi di travolgere ben 3 eserciti, oltre al BEF. Nell'aprile 1941 toccò alla Jugoslavia e alla Grecia a essere invase (Campagna dei Balcani). Nel frattempo le forze tedesche (Afrika Korps), unite a quelle italiane, avanzavano attraverso il Nord Africa verso l'Egitto, puntando Alessandria d'Egitto e Il Cairo. Queste invasioni furono accompagnate dal bombardamento di città indifese come Varsavia, Rotterdam (avvertita e quindi evacuata) e Belgrado. L'unico insuccesso di Hitler fu quello di non riuscire a piegare la Gran Bretagna con i bombardamenti, tentativo che venne contrastato durante la Battaglia d'Inghilterra.
Il 22 giugno 1941 ebbe inizio l'Operazione Barbarossa. Le forze tedesche, appoggiate dalle nazioni dell'Asse a cui si aggiungeva la Finlandia, invasero l'URSS, occupando rapidamente parte della Russia europea, assediando Leningrado e minacciando Mosca. Durante l'inverno, l'armata di Hitler venne respinta alle porte di Mosca, e il furibondo Fuhrer assunse egli stesso il comando delle forze armate, ma l'estate successiva l'offensiva riprese. Per il luglio 1942 le truppe di Hitler erano sul Volga. Qui vennero sconfitte nella Battaglia di Stalingrado, la prima grossa sconfitta tedesca. In Nord Africa i britannici sconfissero i tedeschi nella Seconda battaglia di El Alamein, contrastando i piani di Hitler di occupare il Canale di Suez e il Medio Oriente.
A proposito della certezza della vittoria bellica da parte del dittatore e i suoi fedeli, Hitler dichiarò testualmente in presenza dei suoi generali: "Quanto alla propaganda, troverò qualche spiegazione per lo scoppio della guerra. Non importa se plausibile o no, al vincitore non verrà chiesto, poi, se avrà detto o no la verità".
La Shoah
L'invasione dell'Unione Sovietica fu anche motivata dall'idea nazionalsocialista, già presente agli albori del movimento, di acquisizione di un Lebensraum («spazio vitale») ad Est a scapito delle popolazioni slave, considerate Untermenschen («sub-umane»). Contemporaneamente l'operazione Barbarossa si proponeva di abbattere il nemico ideologico rappresentato dal comunismo, parte, secondo l'ideologia hitleriana, del complotto «giudaico» per il dominio del mondo. Non ultimo, la campagna ad Est avrebbe permesso alla Germania, svaniti i sogni di una rapida campagna occidentale, di raggiungere ed utilizzare le ricche risorse economiche sovietiche rappresentate dal petrolio caucasico e le derrate alimentari ucraine.
Fu immediatamente dopo lo scoppio del conflitto ad Est che la persecuzione ebraica raggiunse la sua fase culminante con l'avvio dei massacri operati dalle Einsatzgruppen che seguivano le forze armate tedesche avanzanti. D'altro canto non esistono prove che nel giugno 1941 esistesse già un piano per una «soluzione finale della questione ebraica». Gli storici rilevano che probabilmente la decisione venne presa in un periodo compreso tra il novembre 1941 ed il gennaio 1942 e che la fase operativa si concretizzò solo successivamente.
Per facilitare l'attuazione della Soluzione finale, si tenne a Wannsee, nei pressi di Berlino, una Conferenza il 20 gennaio del 1942, con la partecipazione di quindici ufficiali superiori del regime, guidati da Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann.Le registrazioni della conferenza forniscono la migliore evidenza della pianificazione centrale dell'Olocausto. Tra il 1942 e il 1944 le SS, assistite dai governi collaborazionisti e da personale reclutato nelle nazioni occupate, uccisero in maniera sistematica circa 3,5 milioni di ebrei in sei campi di sterminio localizzati in Polonia: Auschwitz-Birkenau, Bełżec, Chelmno, Majdanek, Sobibor e Treblinka. Altri vennero uccisi meno sistematicamente in altri luoghi e in altri modi, o morirono di fame e malattie mentre lavoravano come schiavi. Al tentativo di Genocidio degli ebrei europei ci si è generalmente riferiti nel dopoguerra con la parola Olocausto, ma più recentemente il termine ebraico Shoah, preferito dagli ebrei stessi, è stato adottato dalla comunità internazionale.
Altri gruppi etnici, sociali e politici sono stati oggetto di persecuzione e in alcuni casi di sterminio durante la "Soluzione finale". Migliaia di socialisti tedeschi, comunisti e altri oppositori del regime morirono nei campi di concentramento, così come un numero alto ma sconosciuto di omosessuali. I Rom e gli zingari, ugualmente considerati razze inferiori, furono anch'essi internati o uccisi nei campi. Circa tre milioni di soldati sovietici, prigionieri di guerra, morirono nei lager, ridotti alla stregua di schiavi. Tutte le nazioni occupate soffrirono privazioni terribili ed esecuzioni di massa: fino a tre milioni di civili polacchi (non-ebrei) morirono durante l'occupazione.
Non è stato ritrovato alcun documento nel quale sia stata pianificata la "Soluzione finale", ma ciò nonostante la stragrande maggioranza degli storici concorda nel ritenere che Hitler ne sia stato l'ideatore, ordinando a Himmler di portare avanti il piano.
Seconda guerra mondiale: la disfatta
I primi trionfi persuasero Hitler di essere un genio della strategia militare, per questo motivo divenne sempre meno desideroso di ascoltare i consigli dei suoi generali o anche solo di udire cattive notizie. Dopo la battaglia di Stalingrado, ampiamente considerata come il punto di svolta della Seconda guerra mondiale, le sue decisioni militari divennero sempre più erratiche, e la posizione economica e militare della Germania si deteriorò. L'entrata in guerra degli Stati Uniti, il 7 dicembre 1941 portò a una incredibile coalizione delle principali potenze mondiali: il più grande impero mondiale (l'Impero Britannico), la principale potenza finanziaria e industriale (gli USA), e l'Unione Sovietica, che si era sobbarcata il peso più grande della Seconda guerra mondiale in termini di vite umane e altre perdite. I realisti all'interno dell'esercito tedesco videro la sconfitta come inevitabile e complottarono per togliere Hitler dal potere. Nel luglio 1944 uno di loro, Claus von Stauffenberg piazzò una bomba nel quartier generale di Hitler (il cosiddetto Complotto del 20 luglio), ma Hitler scampò miracolosamente alla morte. Seguì una selvaggia rappresaglia e il movimento di resistenza venne soffocato.
L'alleato di Hitler, Benito Mussolini, venne rovesciato nel 1943. Nel frattempo l'Unione Sovietica continuava costantemente a costringere le armate di Hitler alla ritirata dai territori occupati a est. Ma fintanto che l'Europa occidentale era assicurata, la Germania poteva sperare di tenere la posizione indefinitamente, nonostante la sempre più pesante campagna di bombardamenti sulle città tedesche.
Il 6 giugno 1944 (D-Day), le armate alleate sbarcarono nel nord della Francia, e per dicembre erano arrivate al Reno. Hitler eseguì un'ultima offensiva sulle Ardenne. Ma con il nuovo anno le armate alleate stavano avanzando sul territorio tedesco. I tedeschi, intanto, avevano invaso l'Italia e instaurarono a Salò uno stato fantoccio, la Repubblica Sociale Italiana, con a capo Mussolini. Tra il 1943 e il 1945 i tedeschi uccisero migliaia di civili italiani (i peggiori massacri furono quelli di Marzabotto, con 770 vittime, delle Fosse Ardeatine, con 335 morti e di Sant'Anna di Stazzema con 560 vittime innocenti, per lo più donne e bambini).
In febbraio i sovietici si fecero strada attraverso la Polonia e la Germania orientale, e in aprile arrivarono alle porte di Berlino. I più stretti collaboratori di Hitler lo invitarono a scappare in Baviera o in Austria, per cercare una resistenza finale sulle montagne, ma egli era determinato a restare nella sua capitale. Le sue armate si disfecero e mentre i sovietici si aprivano la strada verso il centro di Berlino, secondo le voci ufficiali, Hitler si suicidò nel suo bunker il 30 aprile 1945, insieme alla storica amante Eva Braun che aveva sposato il giorno prima. Aveva 56 anni. Come parte delle sue ultime volontà, ordinò che il suo corpo venisse portato all'esterno e bruciato. Nel suo testamento, scaricò tutti gli altri leader nazisti e nominò il Grandammiraglio Karl Dönitz come nuovo Presidente del Reich[23] e Joseph Goebbels come nuovo Cancelliere del Reich. Comunque, quest'ultimo si suicidò il 1º maggio 1945 insieme alla moglie dopo aver ucciso i suoi sei figli. L'8 maggio 1945, la Germania si arrese. Il "Reich millenario" di Hitler era durato poco più di 12 anni.
I resti parzialmente carbonizzati di Hitler vennero trovati e identificati (attraverso le impronte delle arcate dentarie) dai sovietici e in seguito seppelliti a MagdeBurg nella Germania orientale. Pare che intorno all'aprile 1970 nella zona in cui i resti furono seppelliti, venne deciso di costruire una zona residenziale. I servizi segreti sovietici, quindi, riesumarono i resti di Hitler, di Eva Braun, di Joseph Goebbels e della sua famiglia, li cremarono e infine gettarono le ceneri nel fiume Elba. Attualmente rimangono a Mosca, nell'archivio di stato della federazione russa, una parte di calotta cranica e di mandibola di Adolf Hitler.
Il mistero della morte
Il dubbio se Hitler fosse realmente morto o no è rimasto per anni al centro di numerose polemiche: c'era chi lo riteneva effettivamente morto e chi invece pensava che fosse ancora vivo. Va detto che le poche persone presenti nel bunker o si suicidarono o furono catturate, ma tutti affermarono con certezza della morte del Führer. Secondo fonti sovietiche i corpi rinvenuti e poi riconosciuti come quelli di Hitler e della Braun erano completamente carbonizzati e fu possibile riconoscerli solamente dalle impronte dentali.
Questo però appare alquanto inverosimile in quanto l'operazione di incenerimento dei due corpi fu fatta in maniera molto frettolosa poiché nel giardino della Cancelleria, dove si è ritenuto che avvenne il rogo, pioveva ogni sorta di proiettile.
L'autopsia che venne fatta al corpo di Hitler da parte dei russi rivelò che si suicidò con il cianuro, tuttavia i troppi particolari ritrovati sul corpo carbonizzato a 48 ore dal decesso, fanno pensare che i risultati dell'autopsia siano stati inventati dai sovietici. Nei primi di maggio del 1945 furono mostrate anche alcune foto di un corpo che i sovietici dissero quello di Hitler, ma la cosa venne quasi subito bollata come un falso. Pur se nel tempo sono stati espressi diversi dubbi sulla morte del dittatore, ormai viene data per certa la sua morte avvenuta nel bunker di Berlino il 30 aprile 1945.
Il 28 settembre 2009 alcune analisi su quello che si pensava fosse il cranio di Hitler, gettano nuove ombre sul mistero della sua morte: i risultati delle stesse infatti, affermano che esso appartenne ad una donna sulla trentina e non ad un uomo.
Influenza nella cultura popolare
La figura di Hitler non poteva che ispirare registi, scrittori, drammaturghi, cantanti, e diventare egli stesso un personaggio, più o meno storico a seconda dei casi. Spesso si è tentato di far luce sulle ombre dell'uomo invece che del politico, con risultati discussi e spesso controversi.
Prima e durante la seconda guerra mondiale, Hitler fu spesso descritto in Germania come una figura quasi divina, amata e rispettata dai tedeschi (si veda ad esempio il film di propaganda, girato su volontà di Hitler stesso, Il trionfo della volontà). Al di fuori della Germania, invece, era spesso oggetto di derisione, come anche successivamente sarà spesso visto.
Dopo la sconfitta della Germania nazista e la sua morte, la derisione nei suoi confronti è stata sostituita dall'accettazione della sua totale follia: le politiche antisemite di Hitler erano ben note durante il corso della sua vita, ma fu solo dopo la sua morte che gli orrori dell'Olocausto furono conosciuti dall'opinione pubblica. Dopo che, nel 1945, smise di essere una minaccia palpabile, fu descritto nella cultura popolare come figura sinistra e diabolica.
▪ 1982
- Rosario Di Salvo (Bari, 16 agosto 1946 – Palermo, 30 aprile 1982) è stato un politico italiano.
Rosario Di Salvo nasce a Bari il 16 agosto del 1946, trasferitosi a Palermo sposa nel 1970 Rosa Casanova. Subito dopo le nozze emigra con la moglie in Germania, ma le difficoltà costringono i due a tornare in Sicilia dopo neppure un anno. Al rientro Rosario, insieme a Rosa, si iscrive al Partito Comunista, nella sezione Noce di Palermo, dopo un lento processo di maturazione politica che l’aveva portato a vivere pienamente la lunga stagione delle battaglie politiche e sindacali.
La politica
Entra a far parte dell’apparato tecnico del partito. Viaggia moltissimo, si sottopone a un ritmo di vita molto faticoso, vive lunghe giornate con impegno e passione al fianco dei leader del partito. Con Achille Occhetto in particolare, divenuto segretario regionale, sviluppa un legame molto solido, costruito nei numerosi viaggi per partecipare ai dibattiti che si svolgevano in molte città della Sicilia. Alterna il lavoro per il partito con l’occupazione come contabile in una cooperativa di agrumi. Ma il lavoro d’ufficio non fa per lui. Così lascia la cooperativa e si impegna a tempo pieno nei frequenti viaggi con i compagni del Comitato regionale.
L'amicizia con Pio La Torre
Contemporaneamente Pio La Torre, lascia la segreteria nazionale del partito e torna in prima fila alla guida delle lotte nella sua Sicilia. Basta il primo viaggio insieme per stabilire tra Pio e Rosario un’intesa molto forte e coinvolgente. Questo dirigente che viene dalla gavetta così schietto e sincero, entusiasma Rosario che non perde occasione per additarlo ad esempio.
Con Pio La Torre, la lotta alla mafia, per la pace, per una Sicilia produttiva, vivono una nuova e feconda stagione. Comiso diventa il punto di riferimento di migliaia di pacifisti che non si rassegnano all’installazione dei missili nucleari americani. Si avvia la raccolta di un milione di firme. Rosario è attento, partecipe, entusiasta. Il quattro aprile del 1982 è nuovamente a Comiso per la sua ultima marcia che vede insieme cattolici e comunisti, socialisti e pacifisti di ogni credo. Cresce un grande movimento ma contemporaneamente aumentano i rischi. Rosario e Pio ne sono consapevoli.
L'omicidio
Il 30 aprile 1982 un vero e proprio commando mafioso è in via Turba, un “budello” dove ci si passa appena, vicino la federazione del partito. Rosario è al suo posto come sempre, al fianco di Pio. Tira fuori la sua arma e spara. Per difendere un’ultima volta il suo segretario regionale.
- Pio La Torre (Palermo, 24 dicembre 1927 – Palermo, 30 aprile 1982) è stato un politico italiano.
Sin da giovane si impegnò nella lotta a favore dei braccianti, prima nella Confederterra, poi nella Cgil (come segretario regionale della Sicilia) e, infine, aderendo al Partito comunista italiano.
Nel 1960 entrò nel Comitato centrale del PCI e, nel 1962 fu eletto segretario regionale. Nel 1969 si trasferì a Roma per dirigere prima la direzione della Commissione agraria e poi di quella meridionale. Messosi in luce per le sue doti politiche, Enrico Berlinguer lo fece entrare nella Segreteria nazionale di Botteghe Oscure. Nel 1972 venne eletto deputato, e subito in Parlamento si occupa di agricoltura. Propose una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa (Legge Rognoni-La Torre) ed una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi (scopo poi raggiunto dall'associazione Libera, che raccolse un milione di firme al fine di presentare una proposta di legge, che si concretizzò poi nella legge 109/96).
Nel 1981 decise di tornare in Sicilia per assumere la carica di segretario regionale del partito. Svolse la sua maggiore battaglia contro la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che, secondo La Torre, rappresentava una minaccia per la pace nel Mar Mediterraneo e per la stessa Sicilia; per questo raccolse un milione di firme in calce ad una petizione al Governo. Ma le sue iniziative erano rivolte anche alla lotta contro la speculazione edilizia.
La mattina del 30 aprile 1982, insieme a Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo in auto (una Fiat 132) la sede del partito.
Alla macchina si affiancarono due moto di grossa cilindrata: alcuni uomini mascherati con il casco e armati di pistole e mitragliette spararono decine di colpi contro i due uomini. Pio La Torre morì all'istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.
Poco dopo l'omicidio fu rivendicato dai Gruppi proletari organizzati. Dopo nove anni di indagini, nel 1991, i giudici del tribunale di Palermo chiusero l'istruttoria rinviando a giudizio nove boss mafiosi aderenti alla Cupola mafiosa di Cosa Nostra. Per quanto riguarda il movente si fecero varie ipotesi, ma nessuna di queste ottenne riscontri effettivi. Nel 1992, un mafioso pentito, Leonardo Messina, rivelò che Pio La Torre fu ucciso su ordine di Totò Riina, capo dei corleonesi, a causa della sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi.
Il 30 aprile 2007 venne intitolato a Pio La Torre, dalla giunta di centrosinistra, il nuovo aeroporto di Comiso. Nell'agosto del 2008, la nuova giunta di centrodestra decide di togliere l'intitolazione a La Torre per tornare a quella precedente di "Generale Magliocco", un generale del periodo fascista distintosi nella guerra colonialista d'Etiopia.
Il 10 maggio 2008, a Torino, è stato presentato il libro Pio La Torre - Una Storia Italiana di Giuseppe Bascietto e Claudio Camarca, con la prefazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Si tratta della prima biografia del politico autorizzata dalla famiglia La Torre.
▪ 1989 - Sergio Leone (Roma, 3 gennaio 1929 – Roma, 30 aprile 1989) è stato un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano. È stato uno dei più importanti registi della storia del cinema, particolarmente noto per i suoi film del genere spaghetti-western.
«Il cinema dev'essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è quello del mito.» (Sergio Leone)
Leone è considerato uno dei più importanti registi della storia del cinema, nonostante abbia diretto pochi film nella sua carriera: la sua regia innovativa, ricca di originalità e stile, ha fatto scuola ed ha contribuito alla rinascita del western negli anni sessanta, grazie a film come Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il brutto, il cattivo (che formano la cosiddetta trilogia del dollaro), C'era una volta il West e Giù la testa, ai quali si affianca C'era una volta in America, un gangster-movie, che vanno a formare la cosiddetta "trilogia del tempo".
Le origini e gli inizi
Figlio di uno dei pionieri del cinema muto italiano, Vincenzo Leone nato a Torella dei Lombardi, conosciuto col nome d'arte di Roberto Roberti, e dell'attrice Edvige Valcarenghi, nota col nome d'arte di Bice Waleran (in Italia come Bice Valerian), Leone iniziò a lavorare nell'ambiente cinematografico già a diciotto anni.
Già negli anni cinquanta cominciò a scrivere sceneggiature, inizialmente per i cosiddetti peplum, film epico-storici in costume molto in voga all'epoca (conosciuti in America anche come sword and sandal, letteralmente spada e sandali).
Ebbe anche una piccola parte, come comparsa, in Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (è uno dei preti tedeschi sorpresi dalla pioggia).
Gli anni cinquanta: i peplum ed i primi lavori importanti
I primi lavori di un certo rilievo lo videro come assistente regista o direttore della seconda unità in numerose produzioni hollywoodiane di grande importanza, girate agli studi di Cinecittà a Roma, nel periodo della cosiddetta Hollywood sul Tevere: quelli degni di nota sono Quo vadis? di Mervyn LeRoy (1951) e soprattutto il kolossal Ben-Hur di William Wyler (1959), vincitore di 11 Oscar.
Nel 1959 subentra a Mario Bonnard, colpito da una malattia che lo costrinse ad abbandonare il set, alla regia di Gli ultimi giorni di Pompei, al quale aveva collaborato alla sceneggiatura.
Come risultato, quando finalmente ebbe la possibilità di debuttare da solo come regista con Il colosso di Rodi (1961), grazie alla lunga esperienza, riuscì a produrre un film con un basso budget che sembrasse tanto spettacolare quanto un vero e proprio kolossal di Hollywood.
Gli anni sessanta: gli "spaghetti-western" ed il successo
Nei primi anni sessanta, la richiesta di peplum si esaurì, e Leone fu fortunato ad essere tra i primi pionieri del genere che prese il loro posto nelle preferenze del largo pubblico, il western, dando anzi vita ad un proprio importante sottogenere di matrice italiana, noto con il nome di spaghetti-western, il cui modello di stile divenne il primo film del genere del regista, Per un pugno di dollari, del 1964, uno dei più famosi della storia del genere. Il film ricalca in gran parte la trama de La sfida del Samurai (in giapponese Yojimbo), film di Akira Kurosawa del 1961. Infatti Leone fu accusato di vero e proprio plagio da Kurosawa, che vinse la causa ottenendo come risarcimento i diritti esclusivi di distribuzione (di Per un pugno di dollari) in Giappone, Corea del Sud e Taiwan, nonché il 15% dello sfruttamento commerciale in tutto il mondo.
Ha lanciato nel firmamento delle star Clint Eastwood, che fino ad allora era rimasto un modesto attore televisivo statunitense con pochi ruoli al suo attivo. In questo periodo si firmò spesso Bob Robertson, una anglofonizzazione del nome d'arte usato dal padre Vincenzo, Roberto Roberti.
La versione definitiva del film fu fortemente condizionata dai problemi di budget basso e in parte alle numerose ubicazioni spagnole; presenta una violenta e moralmente complessa visione del Far West statunitense che sembra da un lato rendere tributo ai classici western, mentre da un altro se ne distacca nei toni.
I due film seguenti, Per qualche dollaro in più ed Il buono, il brutto, il cattivo, completano quella che è conosciuta come la "trilogia del dollaro". Ciascuno di questi film ha potuto beneficiare di un budget sempre maggiore e di migliori mezzi tecnici del precedente, e le capacità del regista sono riuscite anche a produrre risultati via via superiori anche al botteghino. Tutti i film si avvalsero delle notevoli colonne sonore di Ennio Morricone
Gli anni settanta: i film negli USA
Basandosi su questi successi, nel 1967 Leone venne invitato negli Stati Uniti per girare quello che avrebbe voluto fosse il suo capolavoro, C'era una volta il West, un progetto coltivato a lungo e sempre rimandato per il budget elevato necessario, prodotto dalla Paramount.
Girato negli splendidi scenari della Monument Valley (il "vero" Far West), in Italia e in Spagna, il film risultò come una lunga, violenta e quasi "onirica" meditazione sulla mitologia del West. Al soggetto collaborarono anche due altri grandi registi, Bernardo Bertolucci e Dario Argento; quest'ultimo, all'epoca, era ancora quasi completamente sconosciuto. La sceneggiatura fu invece scritta da Sergio Donati, insieme a Leone.
Prima dell'uscita nelle sale, tuttavia, il film fu ritoccato e modificato dai responsabili dello studio; per questo motivo inizialmente il film fu considerato un semi-flop, ed ebbe incassi al botteghino relativamente bassi. La pellicola è stata riscoperta e rivalutata solo anni dopo, ed oggi è considerato da molti il capolavoro del regista, insieme a Il buono, il brutto, il cattivo e C'era una volta in America, ed uno dei capisaldi del genere western.
Successivamente Leone diresse Giù la testa, nel 1971, un progetto messo su in poco tempo con un budget medio, interpretato da James Coburn e Rod Steiger. Il film è oggi uno dei suoi capolavori assoluti, ed è la pellicola dove forse Leone manifesta maggiormente le sue riflessioni sull'umanità e la politica. Secondo alcuni si tratterebbe di un film scomodo, bombarolo, visto anche il titolo statunitense A Fistful of Dynamite, ovvero "un pugno di dinamite", e questa nomea ne provocò la scomparsa per circa un ventennio dai distributori e dai palinsesti televisivi.
Leone nel frattempo non rimase completamente inattivo: scrisse varie sceneggiature e soprattutto diresse — per sua stessa ammissione — varie sequenze del film di Tonino Valerii Il mio nome è Nessuno ma, per la sua espressa volontà di fermarsi col western, si fece accreditare solo come produttore esecutivo.
Gli anni ottanta: il ritorno in Italia
Dopo aver rifiutato un'offerta per dirigere Il padrino (The Godfather), lavorò per circa dieci anni ad un proprio progetto epico, questa volta incentrato sulla mafia ed i gangster americani: C'era una volta in America (1984) era un'idea nata prima ancora di C'era una volta il West.
Il film ebbe grande successo di pubblico e critica in tutto il mondo, tranne che negli USA in cui fu proposta dalla produzione una versione dimezzata nella durata, e sconvolta nella struttura temporale. Il banalissimo rimontaggio dell'opera causò un flop inevitabile sul mercato americano, anche se la versione originale proposta anni dopo in VHS riscosse grande apprezzamento.
Il film è considerato come uno dei migliori del genere nonché della storia del cinema.
Gli ultimi progetti e la scomparsa
Quando morì il 30 aprile 1989 per un attacco di cuore, il regista era al lavoro su un progetto che avrebbe dovuto riguardare l'epico Assedio di Leningrado durante la Seconda guerra mondiale. Il film avrebbe dovuto raccontare oltre che le pagine più drammatiche della guerra in Russia, una storia d'amore tra un giornalista americano e una ragazza russa, in un ideale messaggio di pace fra le due superpotenze. L'URSS di Gorbaciov, in piena perestrojka, aveva già concesso alla casa di produzione del regista un'autorizzazione di massima per le riprese sul suolo sovietico ma la morte di Leone fece sfumare tutto. Nel 2001, poi, il regista Jean Jacques Annaud si ispirò alla sceneggiatura leoniana per Il nemico alle porte, trasferendo però l'azione nell'Assedio di Stalingrado. Recentemente il cineasta siciliano Giuseppe Tornatore ha dichiarato di voler sviluppare l'idea leoniana e dirigere personalmente L'Assedio di Leningrado. L'altro grande progetto che rimase incompiuto è il tanto sognato remake di Via col vento di Victor Fleming (1939), basato sull'omonimo romanzo di Margaret Mitchell, che Leone aveva sempre considerato di gran lunga superiore alla trasposizione cinematografica.
Sergio Leone è stato anche regista di spot pubblicitari, come nel caso del premiatissimo "Il diesel si scatena" girato per Renault 18. Nel 2004 è stato reso pubblico dal figlio un lungo trattamento inedito, quasi una pre-sceneggiatura, di una cinquantina di pagine, intitolato Un posto che solo Mary conosce, pubblicato poi in esclusiva mondiale dal noto mensile di cinema italiano Ciak. Di quest'ultimo affascinante progetto, l'unico di cui rimane una stesura completa ed esauriente della trama e dei personaggi, già alcuni biografi avevano anticipato l'esistenza e caldeggiato la realizzazione. Scritto insieme a Luca Morsella, suo aiuto-regista in C'era una volta in America, e da Fabio Toncelli, oggi autore di successo di grandi documentari internazionali, si trattava di un progetto per un nuovo film western, nato inizialmente per due grandi attori americani (si parlò allora di Richard Gere e Mickey Rourke, allora stelle nascenti). Le vicende dei protagonisti si svolgono sullo sfondo di un grande affresco storico, la Guerra di secessione americana, secondo le linee e le tematiche più pure del cinema "leoniano".
Lo stile e la tecnica
Leone portò nel genere western (e non solo) grandi novità, ed il suo stile ha influenza ancora oggi. Nei western tradizionali, tanto gli eroi, quanto i cattivi tendono ad essere perfetti, spesso belli come se fossero usciti da un salone di bellezza. Al contrario i personaggi di Leone presentano elementi di marcato realismo e verità: raramente sono sbarbati, appaiono sporchi, e molto è lasciato alla suggestione dei presumibili odori del corpo. Si presentano in genere come antieroi, personaggi dalle personalità complesse, astuti e spesso senza alcuno scrupolo. Questi elementi di crudo realismo continuano a vivere nei western odierni, ed hanno avuto forti influenze anche al di fuori del genere stesso. Leone introduce delle significative novità anche nel linguaggio cinematografico, quali l'utilizzo della ripresa "in soggettiva" e l'alternanza nel montaggio di sequenze con campi molto lunghi, interrotte da brevi flash di primissimi piani.Inoltre è uno dei primi registi che coglie davvero il potere del silenzio, grazie a scene giocate su situazioni di attesa di grande suspense con l'utilizzo di questi primissimi piani assieme a musiche incalzanti.
L'eredità e gli omaggi
Per la sua importanza nello sviluppo del cinema, non solo per quel che riguarda il western, nel 1992 Clint Eastwood, regista ed interprete de Gli spietati (Unforgiven), inserì nei titoli di coda la dedica "A Sergio".
Lo stesso, ha fatto, undici anni dopo, nel 2003, Quentin Tarantino, nei titoli di Kill Bill vol. 2. Grande amante del cinema italiano e di Leone, secondo un aneddoto raccontato dallo stesso regista sul set de Le iene (Reservoir Dogs) del 1992, agli inizi della propria carriera non conoscendo ancora tutti i termini tecnici cinematografici era solito chiedere ai propri cameraman "give me a Leone", ovvero "datemi un Leone", per avere uno di quei suggestivi primissimi piani sui dettagli marchi di fabbrica del geniale regista romano. Sempre Quentin Tarantino lo ha definito il primo regista post-moderno, che ha influenzato numerosissimi registi (lo stesso Tarantino, Sam Peckinpah, John Woo, Martin Scorsese, Brian De Palma e Clint Eastwood solo per citarne alcuni).
Stanley Kubrick dichiarò che se non avesse visto i film di Sergio Leone non avrebbe mai potuto realizzare Arancia Meccanica e parole simili le pronuncio anche Sam Peckinpah; successivamente Leone dichiarò che Kubrick lo chiamò durante la lavorazione di Barry Lyndon per tentare un'analoga fusione tra immagine e musica di cui era maestro il regista italiano.
Robert Zemeckis nella Trilogia Ritorno al Futuro fa esplicitamente riferimento al film di Sergio Leone Per un pugno di dollari.
Pasquale Squitieri ossequiò Leone con Li chiamarono... briganti!.
Nonostante le positive critiche internazionali e il successo del pubblico, non è mai stato nominato neppure per un Oscar.