Il calendario del 3 Luglio
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Eventi
▪ 324 - Battaglia di Adrianopoli: Costantino I sconfigge Licinio, che fugge da Bisanzio
▪ 1450 - Ribelli del Kent, capeggiati da Jack Cade, occupano Londra, la saccheggiano e fanno decapitare alcuni membri della corte reale
▪ 1608 - Samuel de Champlain fonda la città di Québec
▪ 1866 - La Guerra austro-prussiana viene decisa nella battaglia di Königgrätz, che renderà la Prussia la nazione germanica predominante, a discapito dell'Austria
▪ 1890 - L'Idaho viene ammesso come 43° stato degli USA
▪ 1907 - Vaticano: papa Pio X pubblica il decreto pontificio Lamentabili sane exitu, che condanna le proposizioni moderniste
▪ 1962 - In seguito ad un referendum la Francia dichiara l'indipendenza dell'Algeria
▪ 1964 - Il presidente statunitense Lyndon Johnson firma il Civil Rights Act (1964), che proibisce la segregazione nei luoghi pubblici
▪ 1969 - Rivolta di Corso Traiano a Torino. Forti cariche di polizia accompagnano una manifestazione operaia, per certi versi è l'inizio anticipato dell'Autunno caldo
▪ 1976 - Uganda: un commando israeliano libera gli ostaggi dell'Airbus dell'Air France nell'aeroporto di Entebbe
▪ 1985 - Francesco Cossiga presta giuramento come ottavo presidente della repubblica italiana; è stato eletto il 24 giugno con 752 voti su 977
▪ 1988 - La nave da guerra della Marina statunitense USS Vincennes abbatte un Airbus A300 della Iran Air, in volo sul Golfo Persico, uccidendo le 290 persone a bordo
▪ 2005
- - Il Partito Democratico Albanese di Sali Berisha vince le elezioni politiche in Albania
- - La sonda spaziale Deep Impact lancia il modulo Impactor, diretto a 37 mila chilometri orari contro la cometa Tempel 1, con l'intenzione di provocare un'esplosione all'interno di questa. La "Deep Impact", che rimarrà a circa 500 chilometri di distanza, potrà fotografare tutto il processo ed inviare i dati alla Terra. L'Impactor raggiunge la cometa il giorno dopo, 4 luglio
▪ 2006 - Gli stati membri dell'ONU salgono a 192 (con l'ingresso del Montenegro, avvenuto il precedente 28 giugno)
▪ 2006 - Un'alluvione devasta il Vibonese causando morti ed ingenti danni ad industria ed agricoltura.
▪ Anniversari
▪ 72 - Tommaso Didimo (Palestina, ... – Mylapore, 3 luglio 72) fu uno dei dodici apostoli di Gesù.
È noto principalmente per essere il protagonista di un brano del Vangelo secondo Giovanni (20,24-29) in cui prima dubitò della risurrezione di Gesù e poi lo riconobbe. Secondo la tradizione, si spinse a predicare il Vangelo fuori dei confini dell'Impero romano, in Persia ed India, dove fondò la prima comunità cristiana.
È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa copta. San Tommaso è patrono degli architetti; nei quadri è rappresentato con una lancia in mano.
Apostolo di Gesù
Tommaso compare in alcuni brani del Vangelo secondo Giovanni. In Giovanni 11,16, subito dopo la morte di Lazzaro, i discepoli si oppongono alla decisione di Gesù di tornare in Giudea, dove gli Ebrei avevano precedentemente tentato di lapidare Gesù, ma questi è determinato, e Tommaso dice: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Tommaso prende la parola anche durante l'ultima cena (Giovanni 14,5). Gesù assicura i discepoli che sanno cosa sta per fare, ma Tommaso protesta dicendo che non ne sanno niente, al che Gesù risponde a lui e a Filippo esponendo nel dettaglio i suoi rapporti con il Padre.
L'episodio maggiormente noto del Nuovo Testamento che coinvolge Tommaso è quello contenuto in Giovanni 20,24-29 e noto come "l'incredulità di Tommaso". Tommaso dubita della risurrezione di Gesù e chiede di toccarne le ferite; dopo l'apparizione di Gesù, che lo invita a mettere il dito nelle ferite, Tommaso esclama «Mio Signore e mio Dio!» (il testo non dice se Tommaso toccò o meno le ferite).il testo dice però ,"Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".
Missione evangelizzatrice
Secondo un'antica tradizione, Tommaso si recò ad evangelizzare la Siria, poi la città di Edessa. Poi fondò la comunità cristiana di Babilonia. Visse nella città mesopotamica per sette anni. Successivamente, come raccontato da Eusebio di Cesarea, si spinse fino all'India sud-occidentale, che raggiunse via mare, nell’anno 52. Tommaso iniziò la sua predicazione nella città portuale di Muziris, dove viveva una fiorente colonia ebraica. Dopo aver convertito al cristianesimo gli ebrei, molti indiani furono convertiti alla nuova fede, la maggior parte dei quali apparteneva alle caste superiori; ciò aiutò San Tommaso a proseguire la sua opera di evangelizzazione senza incontrare ulteriori ostacoli. Anche i primi sacerdoti provennero in gran parte dalle famiglie altolocate. La tradizione riferisce che le città del Kerala in cui San Tommaso fondò una comunità cristiana furono: Maliankara (oggi Malankara Dam), Kottaikkavu, Niranam, Kollam e Gokamangalam (oggi Kothamangalam). Successivamente si recò in Cina per diffondere il Vangelo. Al ritorno in India cominciò ad evangelizzare le popolazioni della costa orientale del subcontinente. Secondo la tradizione, Tommaso morì poi a Mailapur (oggi Mylapore), sulla costa del Coromandel, nell'India sudorientale. Negli Atti di Tommaso, testo gnostico del III secolo, si racconta che l'apostolo fu ucciso trafitto da una lancia, per ordine del re Misdaeus (Vasudeva I). Il martirio avvenne su una collina nei pressi dell'attuale Chennai, nel Tamil Nadu, il 3 luglio dell'anno 72.
Il Vangelo di Tommaso è un vangelo attribuito a Tommaso, come pure il Libro di Tommaso e l'Apocalisse di Tommaso.
Devozione popolare
San Tommaso fu sepolto a Mylapore, nell'India sud-orientale. Nel III secolo avvenne nel sud dell'India una delle prime persecuzioni anti-cristiane. I fedeli salvarono le ossa di Tommaso trasportandole ad Edessa (odierna Şanlıurfa, nella Turchia sud-orientale), il centro irradiatore del cristianesimo siriaco in Oriente, cui era legata la predicazione di San Tommaso. Successivamente furono traslate sull'Isola di Chio, nell'Egeo. Nel 1258 il navigatore ortonese Leone Acciaiuoli, reduce da una spedizione navale in appoggio ai Veneziani in lotta contro i Genovesi, portò le ossa del santo in Abruzzo. Le ossa si trovano ancora oggi nella basilica di San Tommaso, ad Ortona. Nel 1523 i portoghesi operarono un primo scavo nelle fondamenta della basilica denominata «casa di San Tommaso» (meta di pellegrinaggio dei cristiani dell'India) dove, secondo la tradizione, si trovava la tomba dell'apostolo. Venne ritrovata una sepoltura a parecchi metri più in basso rispetto al livello attuale dell'edificio, senza che fosse possibile però stabilire una datazione certa. Pochi metri più in là fu ritrovata parte di una pavimentazione: in base al tipo di ceramica usato fu possibile datare il livello al I secolo d.C.
Sia nella Chiesa ortodossa malankarese che nella Chiesa cattolica, san Tommaso è festeggiato il 3 luglio: a Madras si trova la cattedrale si San Tommaso. Nell'arcidiocesi di Madras si trova la Diocesi di São Tomé di Meliapore. Ad Ortona, dove vengono conservate le ossa dell'Apostolo, la sua ricorrenza cade la prima domenica di maggio.
▪ 1642 - Maria de' Medici (Firenze, 26 aprile 1575 – Colonia, 3 luglio 1642) fu regina consorte di Francia e Navarra come seconda moglie di Enrico IV di Francia dal 1600 al 1610.
All'età di venticinque anni sposò Enrico IV re di Francia e Navarra, da cui Maria ebbe sei figli dei quali cinque sopravvissero: il futuro Luigi XIII, Gastone (duca di Orléans), Elisabetta (regina di Spagna), Maria Cristina (duchessa di Savoia) ed Enrichetta Maria (regina d'Inghilterra).
Il 15 maggio 1610, dopo l'assassinio del marito, fu nominata reggente per conto di suo figlio, il futuro Luigi XIII ancora bambino. La politica estera di Maria fu, al contrario di quella di suo marito, fortemente filo-asburgica: il primo passo in questa direzione fu determinato dai "matrimoni spagnoli", che unirono gli eredi delle due dinastie. In politica interna Maria dovette fronteggiare le rivolte dei principi protestanti. Nell'aprile del 1617 suo figlio, Luigi XIII, la esautorò a forza e lei fu costretta a ritirarsi nel castello di Blois. Nel 1622 Maria fu comunque riammessa a far parte del Consiglio di Stato.
Per cercare di riottenere il proprio posto di regnante, Maria, ricorrendo alla propria influenza, sostenne l'avanzata del futuro cardinale di Richelieu, che entrò a far parte del Consiglio reale nel 1624. Richelieu si rivelò ben presto contrario alla politica estera di Maria e rovesciò tutte le alleanze spagnole fino ad allora consolidate. Maria cercò di opporsi in ogni modo, ricorrendo anche a complotti, aiutata dal figlio Gastone e dal Parti dévot, ma, proprio a seguito del fallimento del complotto nel 1630, perse ogni autorità e fu costretta agli arresti domiciliari a Compiègne per poi autoesiliarsi dalla Francia. Morì sola e abbandonata a Colonia nel 1642.
▪ 1904 - Theodor Herzl, in ungherese Tivadar (Pest, 2 maggio 1860 – Edlach, 3 luglio 1904), è stato un giornalista e scrittore ungherese.
Ebreo ungherese di lingua tedesca, fu il fondatore del movimento politico del sionismo.
Nato in via Dohány nel posto dove oggi sorge il Museo Ebraico di Budapest e la Sinagoga di Budapest.
Conclusi gli studi al Ginnasio Evangelico di Budapest, si trasferì a Vienna per studiare diritto e letteratura, prendendo il dottorato in legge nel 1884.
Dal 1891 divenne corrispondente da Parigi del giornale Neue Freie Presse.
A Parigi ebbe modo di seguire l'affare Dreyfus e conoscere quanto radicato fosse nella società europea l'antisemitismo.
Nel 1896 pubblicò Der Judenstaat (Lo stato Ebraico) dove propugnava ai governi europei l'idea che si creasse lo stato Ebraico in Palestina dove gli ebrei sarebbero stati l'avamposto della civiltà europea contro la barbarie musulmana.
Insieme a Max Nordau, Herzl è il padre del sionismo e il fondatore del Movimento sionista al congresso di Basel Basilea del 1897, in cui venne eletto presidente.
Sostenne il diritto degli ebrei di fondare uno stato ebraico, in Palestina o in Uganda (come proposto dagli Inglesi). Questa patria sarebbe dovuta servire per accogliere gli ebrei che avessero voluto o non avessero potuto vivere serenamente nel paese in cui abitavano.
La sua salma fu in un primo momento sepolta accanto a quella del padre a Döbling per poi essere trasferita - in ottemperanza alle sue volontà testamentarie – nel 1950 a Gerusalemme.
▪ 1928 - Luigi Mangiagalli (Mortara, 16 giugno 1849 – Milano, 3 luglio 1928) fu ostetrico, sindaco di Milano, promotore della costituzione dell'Università degli studi di Milano e suo primo rettore.
Nasce da una famiglia di mercanti e proprietari terrieri (il padre Angelo, nel 1874, apparteneva ai maggiorenti di Mortara), si laurea in medicina all'Università di Pavia nel 1873. Si perfeziona poi in ginecologia e ottiene una cattedra universitaria, prima all'Università di Sassari, poi in quelle di Catania e di Pavia
Personalità forte e poliedrica e con eccezionale capacità di lavoro (veniva chiamato uomo senza requie), oltre che solide conoscenze scientifiche, possedeva una elevata cultura umanistica.
Nel 1888 viene chiamato al posto di direttore del Comparto Ginecologico dell'Ospedale Maggiore di Milano.
Nel 1895 occupa la cattedra di Ostetricia dell'Universita` di Pavia, ma dopo qualche anno ritorna a Milano nella direzione della Maternità. Qui, a Milano, si fissò definitivamente.
Nel 1902 diviene deputato del Regno.
Nel 1905 promuove la fondazione degli Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano.
Nel 1922 viene eletto sindaco di Milano. Come medico e sindaco la sua capacità organizzativa dal 1924 fu determinante per la nascita dell'Istituto dei Tumori di Milano.
Dal 1923 alla sua morte si dedica alla costituzione e alla organizzazione dell'Università degli studi di Milano, che assorbe anche l'Accademia scientifico-letteraria di Milano. Di questa fu il primo rettore, fino al 1926.
La sua opera fu anche determinante per la nascita dell'Istituto dei Tumori di Milano.
A lui Milano ha dedicate la clinica ostetrico-ginecologica (da lui fondata), in via Commenda, ed una via nella zona città Studi.
▪ 1935 - André-Gustave Citroën (Parigi, 5 febbraio 1878 – Parigi, 3 luglio 1935) è stato un imprenditore francese nato da emigrati olandesi, fondatore della casa automobilistica Citroën.
André-Gustave era il quinto ed ultimo figlio di una famiglia di commercianti di diamanti olandesi (Levie Citroen e Mazra Kleinmann - quest'ultima di Varsavia, Polonia). La famiglia Citroen si trasferì a Parigi da Amsterdam nel 1873 dove cambiò il cognome in Citroën. Il padre si suicidò quando André aveva solo due anni.
Ben presto scoprirà la sua vocazione per il mondo della meccanica. Il logo, che ancor oggi rappresenta la casa automobilistica, è la stilizzazione di un ingranaggio a doppia elica nel quale il moto è trasmesso da dentature a V, che presenta il vantaggio di una trasmissione continua della forza e conseguente riduzione della rumorosità.
André si diplomò all'École Polytechnique nel 1900. Nel 1902 viene aperta la prima officina di ingranaggi Citroën. Durante la Prima guerra mondiale fu responsabile per la produzione industriale degli armamenti. André fondò la casa automobilistica nel 1919, conducendola a diventare la quarta più grande industria automobilistica del mondo nei primi anni '30.
Morì di cancro allo stomaco nel 1935 e fu sepolto nel Cimetière du Montparnasse di Parigi. Nel 1998 il suo nome fu inserito nell'Automotive Hall of Fame di Dearborn in Michigan.
▪ 1971 - James Douglas Morrison (Melbourne, Florida, 8 dicembre 1943 – Parigi, 3 luglio 1971) è stato un cantante e poeta statunitense.
Leader carismatico e frontman del gruppo rock statunitense The Doors, fu uno dei più importanti esponenti della rivoluzione culturale del '68, nonché uno dei più grandi cantanti rock della storia. Definito il poeta del sesso e della morte, trasse ispirazione dalle opere dei poeti maledetti ed è ricordato come una delle figure di maggiore potere seduttivo della storia della musica rock. Era soprannominato "Il Re Lucertola".
Le sue opere e la sua vita sono oggetto di un'ammirazione quasi religiosa da parte di numerosissimi fan in tutto il mondo.
Poesia
Era attratto dalla cultura beat dei romanzi di Jack Kerouac: per esempio fu proprio il romanzo di Jack Kerouac "Sulla strada" ad influenzare nel 1965 gli ancora giovani Jim Morrison e Ray Manzarek, a fare un viaggio verso la famosa West Coast. Jim Morrison era ammaliato anche dalle poesie di Allen Ginsberg, di cui si notano influssi nelle sue liriche, dal teatro greco (Dioniso e da opere come Le Baccanti di Euripide). Si ritrova comunque nella poetica di Jim Morrison una forte influenza della poesia simbolista francese (Arthur Rimbaud e la sua filosofia sulla sregolatezza dei sensi per scoprire l'ignoto).
Già nei primi anni dell'adolescenza si poteva intravedere nella personalità di Jim Morrison la sua vocazione di poeta.[senza fonte] Incominciò proprio in questi anni a tenere un diario dove scriveva le sue prime poesie che sarebbero comparse in futuro nelle sue canzoni.
Circondato da un'aura che lo ha spesso fatto accostare ai poeti maledetti e a quelli della beat generation, Jim Morrison è stato comunque uno dei maggiori ispiratori della (sotto)cultura - almeno a parere di molti - legata all'uso di sostanze stupefacenti, di cui fu accusato di teorizzare il consumo, confortato dal pensiero di Nietzsche, Rimbaud, Blake, Baudelaire, etc.
Scrisse e pubblicò varie raccolte di poesie, tra cui una pubblicata postuma, Tempesta Elettrica, da molti considerata l'apice della sua poetica. Tracce della sua poesia possono essere rintracciate nei primi album della band, considerando che era abitudine musicare le poesie che Jim aveva composto sin dall'adolescenza.
Morte
«Voglio sentire il sapore, voglio ascoltarla, voglio annusarla. La morte viene una volta sola, giusto? Non voglio mancare all'appuntamento. [...] Amico non lo so. Potrebbe essere l'esperienza che ti fornisce il pezzo mancante del mosaico…» (Jim Morrison)
Morrison si trasferì con Pamela a Parigi nel marzo 1971 con l'intenzione di dedicarsi solo alla poesia e di smettere di bere. Morì nella sua casa parigina il 3 luglio 1971, nella vasca da bagno.
A ventisette anni Jim trova così la tanto decantata fine ("... The End... my only friend, The End... "). Lasciò tutto ciò che aveva alla sua amata Pam che morì tre anni dopo, il 25 aprile 1974. Dopo la morte di Morrison, i giornalisti pubblicarono articoli nei quali si parlava della "Maledizione della J". Dopo la morte di Robert Johnson, Janis Joplin, Brian Jones, Jimi Hendrix e ora anche Jim Morrison (tutti a 27 anni), si ipotizzò avessero i giorni contati anche John Lennon e Mick Jagger ("And we laught, like tender children, not satisfied in our souls full for madness" / "E ridiamo come teneri bambini insoddisfatti nei nostri animi colmi di follia" ebbe a scrivere per l'occasione). Per il trentennale della sua morte nel 2001 è stato pubblicato un DVD, The Doors - 30 Years Commemorative Edition.
Testimonianze sulla morte
Molti fan e biografi hanno sostenuto che la causa della sua morte sarebbe stata un'overdose, i referti medici ufficiali parlano di arresto cardiaco, ma non fu eseguita alcuna autopsia. Jim è sepolto nel famoso cimitero del Père Lachaise nella capitale francese.
Ancora oggi la sua tomba è meta di pellegrinaggi da parte di migliaia di visitatori, curiosi e turisti, attratti dal suo mito. L'attuale sepoltura con l'epitaffio in greco è però un rifacimento di quella originale, che era sormontata da un busto marmoreo raffigurante Jim e che è stato rubato pochi anni or sono. Questa sostituzione, effettuata per conto dei genitori del cantante, riporta una frase in greco antico (ΚΑΤΑ ΤΟΝ ΔΑΙΜΟΝΑ ΕΑΥΤΟΥ) il cui senso si riferisce alla coerenza con cui egli visse e la cui traduzione è: fedele al suo spirito.
Si è sostenuto che Morrison viva ancora in incognito una vita segreta con Pamela. Le voci su una presunta seconda vita si moltiplicarono in seguito alla pubblicazione del libro Vivo! di Jacques Rochard, un grafico francese, che sostiene di aver incontrato Morrison a Parigi nel 1980 ed al quale Morrison stesso avrebbe confessato di aver inscenato la propria morte per sottrarsi alla pressione della popolarità e dedicarsi alla poesia.
Diverse persone che frequentarono Jim a Parigi, ricordarono e ricostruirono i momenti di quella tragica notte del 3 luglio 1971. In particolare un buttafuori del locale notturno "Rock'n'Roll Circus" ricorda di aver visto Jim quella sera incontrare uno spacciatore che vendeva abitualmente droga a Pamela: Jim, sperimentatore di eccessi, aveva provato l'eroina solo due giorni prima con Pamela. Poco più tardi il buttafuori venne chiamato da alcuni clienti che dicevano di un uomo che si era sentito male alla toilette, ma quando arrivò l'uomo era già stato portato via.
Altri fatti sono stati giornalisticamente posti in relazione con la morte di Morrison: il conte Jean de Breteuil, che forniva l'eroina a Pamela, il giorno dopo partì in tutta fretta con la sua fidanzata per il Marocco dove rimase poi per alcuni mesi. Un altro amico si confidò con un'amica modella di Jim, Elizabeth Lariviere (detta Zozo), preoccupato perché Jim potesse essere morto in seguito alla droga che gli era stata data.
Poiché per chi è in stato di overdose è importante non addormentarsi, e poiché una tecnica usata è quella di immergersi o immergere il corpo in una vasca di acqua fredda, si è congetturato sulla voce che voleva che Mr. Mojo Risin sia stato trovato morto proprio nella vasca da bagno.
La mattina del 7 luglio 1971 si celebrarono in gran segreto i funerali presso l'unico cimitero che ospita gli stranieri a Parigi, il Père Lachaise. Parteciparono la fidanzata Pamela Courson, il manager Bill Siddons e gli amici Agnès Varda e Alain Ronay.
In una recente intervista rilasciata all'inglese Daily Mail, il tastierista ex Doors Ray Manzarek ha rivelato che Jim Morrison, in vita, avrebbe più volte fantasticato sull'intenzione di simulare la propria morte per trasferirsi alle Seychelles, dando nuovo vigore alle diverse leggende metropolitane nate e sviluppatesi nel corso degli anni.
Secondo un articolo del 9 luglio 2007 del quotidiano la Repubblica Jim Morrison non sarebbe morto per cause naturali ma di overdose in un night club del quartiere latino di Parigi chiamato Rock'N'Roll Circus. Sam Barrett, amico del leader dei Doors, racconta che la sera del 3 luglio 1971 Jim sniffò una dose massiccia di eroina e si chiuse dentro il bagno del locale. Mezz'ora dopo Barrett fu avvisato che Jim non usciva, buttarono giù la porta e lo videro steso per terra con la schiuma alla bocca. Un medico che era al night club in quel momento disse che si trattava di overdose, così Barrett e Pamela, per nascondere il tutto, portarono il cadavere a casa nella vasca da bagno fingendo che fosse morto per cause naturali.
I sostenitori della teoria del complotto affermano che la morte di Jim fu tutta una messa in scena da parte della CIA (con la sua, anche quella Jimi Hendrix e Janis Joplin), per "far fuori" dalla circolazione questi "cantanti maledetti" che con la loro musica sedussero milioni di fans a rifiutare la guerra in Vietnam e vivere in libertà. Si decise che i tre artisti erano figure negative per la società al punto da influenzare giovani e fan dell'epoca. Si creò quindi una cospirazione che causò una sorta di noncuranza nei confronti di questi "soggetti", dei quali non si seppe più nulla, se non soltanto sotto forma di fantastiche leggende sulla vita e sulle presunte morti.
▪ 1995 - Alexander Langer (Vipiteno, 22 febbraio 1946 – Firenze, 3 luglio 1995) è stato un politico, scrittore e giornalista italiano.
Esponente, dall'inizio allo scioglimento, dell'organizzazione comunista Lotta Continua (fu anche l'ultimo direttore dell'omonimo quotidiano), poi tra i fondatori del partito dei Verdi italiani, è stato promotore di numerosissime iniziative per la pace, la convivenza, i diritti umani, contro la manipolazione genetica e per la difesa dell'ambiente.
Alexander Langer nacque in una famiglia borghese, laica e liberale. Il padre, di origini ebraiche, era un medico viennese e la madre una farmacista tirolese. (1)
Le vicende storiche della regione avevano provocato una netta separazione e, frequentemente, un odio di origine etnica tra la comunità italiana e quella tedesca, ma il clima che si respirava in casa Langer era decisamente controcorrente. I genitori frequentavano amici italiani e volevano che i figli conoscessero bene entrambe le lingue. Così il giovane Alex frequentò un asilo italiano.
Il giovane Alex, appena la sua giovane età glielo permise, avvertì la peculiarità della sua condizione e le differenze con l'ambiente esterno. E la percezione del fenomeno si fece più forte negli anni successivi quando si trasferì a Bolzano, vivendo presso parenti in un quartiere italiano e frequentando le scuole medie e il liceo classico in lingua tedesca presso i francescani. Inizia così ad interrogarsi sull'appartenenza comunitaria e sul rapporto tra culture diverse.
Una prima e fondamentale risposta ai suoi interrogativi la trova a diciotto anni quando, insieme ad altri amici, crea un gruppo di studio, a cui si lega una rivista, comprendente ragazzi di lingua madre tedesca, italiana e ladina. Si confrontano tra loro superando gli stereotipi della cultura ufficiale e sperimentando, sia pure nelle piccole dimensioni del gruppo, un ideale di convivenza.
È un'esperienza che segna profondamente il giovane Langer che, anche molti anni dopo, ne farà un fulcro della propria azione pacifista: «quando mi trovo di fronte ad un conflitto di natura etnica, mi metto per prima cosa a vedere se esiste qualche gruppo che riesca a riunire al proprio interno persone dell'uno e dell'altro schieramento (...) L'esperienza di un gruppo interetnico, o se volete del gruppo pilota che accetta di sperimentare su di sé le possibilità e i limiti, i problemi della convivenza interetnica, per me rimane una cosa assolutamente determinante». [2]
È la sintesi non solo di un modo di approccio sperimentato anche in situazioni belliche o post-belliche, ma è una principio che guida la vita stessa di Langer con la sua inesauribile ricerca di relazioni, di contatti volta a costruire ponti per superare la conflittualità.
Da giovane cattolico, espresse l'intenzione di consacrare religiosamente la sua vita, ma fu dissuaso dall'opposizione dei genitori. Si laureò in giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Negli anni degli studi universitari conobbe don Lorenzo Milani e don Ernesto Balducci. Negli anni '70 militò in Lotta Continua, lavorando presso l'omonimo giornale e in Germania, cercando contatti con la realtà tedesca, in particolare con gli emigrati italiani. Terminata anche quell'esperienza politica ed esistenziale tornò in Provincia di Bolzano.
Tra le tematiche al centro della sua attenzione intellettuale e del suo agire politico erano la situazione nell'Alto-Adige ed in particolare il rapporto tra le diverse comunità linguistiche; le problematiche internazionali, il rapporto tra nord e sud del mondo, la situazione dei paesi dell'Europa dell'est e i problemi di convivenza nelle aree di crisi; gli interrogativi sul senso e la dinamica dell'unificazione europea.
Altrettanto fondamentale ed innovativo fu il contributo dato alle tematiche ambientali e al suo movimento, fu tra i fondatori negli anni ottanta del movimento politico dei Verdi in Italia ed in Europa. Come pochi altri, ha cercato un senso vero ed attuale per parole come “conservazione” e “progresso”, “identità” e “tolleranza”. Ciò l’ha portato spesso su posizioni lontane dai luoghi comuni, anche da quelli delle sinistre[3].
Il distacco dalla Chiesa non ha posto termine alla sua voglia di dialogo con i cattolici e all’interesse per il sacro.
Il 14 aprile 1987, insieme ad altri ecologisti (come Giannozzo Pucci, Michele Boato ed Aldo Sacchetti) presenta una dichiarazione di approvazione del documento o "Istruzione" della Congregazione per la dottrina della fede "relativa ai problemi morali connessi alla fecondazione artificiale e sperimentazione su embrioni"[4], documento, poi noto come documento Ratzinger.[5] Tale dichiarazione fu fortemente contestata da alcune giornaliste del Manifesto, tra le quali Rossana Rossanda. Successivamente, il 7 maggio dello stesso anno, Langer precisò sempre sul Manifesto che quella dichiarazione non era un appoggio incondizionato ai contenuti dell'istruzione, ma un apprezzamento riguardo i temi della manipolazione genetica e della vivisezione senza volere in alcun modo entrare nel tema della cosiddetta fecondazione artificiale.[6]
Fu consigliere provinciale a Bolzano. Venne eletto al parlamento europeo per la prima volta nel 1989 divenendo il primo presidente del gruppo parlamentare dei Verdi. Venne rieletto nel 1994.
Langer ha dedicato negli ultimi anni della sua vita un particolare impegno alle ragioni della pace nei territori dell'ex-Jugoslavia segnati da violente guerre civili, in particolare nella Bosnia-Erzegovina, dove in alcuni suoi scritti indicò, per far cessare il conflitto, la necessità dell'intervento della comunità internazionale tramite una forza dell'ONU.
Il 3 luglio 1995 si tolse la vita nella campagna toscana, nei pressi di Firenze; ai familiari e agli amici lasciò un breve biglietto che recitava: «Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto».[7] Riposa nel piccolo cimitero di Telves (BZ), accanto ai suoi genitori.
Il Compositore italiano Giovanni Verrando gli ha dedicato un'opera dal titolo "Alex Brucke Langer" andata in scena per la prima volta allo Stadttheater di Bolzano il 26 aprile 2003 con la regia di Yoshi Oida
Note
▪ 1. Alexander Langer: Minima personalia
▪ 2. Il gioco del noi e del loro, Dal Sudtirolo all'Europa, Intervento presso il Centro di Studi e Documentazione La Porta di Bergamo, 18 giugno 1990, in I quaderni della Porta, n. 65, 1996
▪ 3. Perché tanto scandalo a sinistra? È vero, il verde non passa per la cruna dell'ago rosso.
▪ 4. Istr. Donum vitae - II, B, 4-5: AAS 80 (1987)
▪ 5. Amarcord: la dichiarazione sulla “Istruzione Ratzinger"
▪ 6. Cara Rossanda, e se Ratzinger avesse qualche ragione?
▪ 7. Luigi Manconi: Alex Langer il giusto
▪ 1998 - Bernard Haring (Böttingen, 10 novembre 1912 – Gars am Inn, 3 luglio 1998) è stato un teologo tedesco. Häring è stato uno dei fondatori dell’Accademia Alfonsiana e viene considerato dai suoi successori il più grande teologo morale cattolico del XX secolo.
A 12 anni entro in seminario e diventò Redentorista e quindi missionario in Brasile, fu professore dell'Accademia Alfonsiana dal 1949 al 1987; uno dei suoi detti di spirito francescano è:
«Dio mi ha benedetto, ho lavorato a lungo e con vigore, ora attendo sorella morte»
Nel suo cammino teologico ebbe scontri anche con la stessa Chiesa cattolica, infatti fu in aperto contrasto con l'enciclica Humanae Vitae fine anni sessanta che condannava in maniera categorica la contraccezione.
Nonostante ciò ebbe molti incarichi di prestigio dalla Santa Sede, tra cui preparatore del Concilio Vaticano II, redattore (in parte) della Costituzione Pastorale "La Chiesa nel mondo contemporaneo"; e anche padre morale della Costituzione Dogmatica Gaudium et Spes. Fu uno dei padri della Teologia morale contribuendo con molti scritti
Häring fu anche professore in molte università tra cui: l’Università di San Francisco, la Fordham University, Yale, Brown, Temple, ed in fine l’Istituto Kennedy per la bioetica della Georgetown University.
* 2002 - Michel Henry (Haiphong, 10 gennaio 1922 – Albi, 3 luglio 2002) è stato un filosofo francese appartenente alla tradizione fenomenologica di Edmund Husserl e Martin Heidegger.
Michel Henry, figlio di un ufficiale militare, trascorre i primi anni della sua vita in indocina. Dopo la morte prematura del padre torna con la madre in Francia nel 1929 dove più tardi studierà filosofia a Lilla, al Lucée Henry IV di Parigi e infine alla Sorbonne. Qui termina gli studi con la tesi "Le bonheur de Spinoza" (la beatitudine in Spinoza). Alla fine della seconda guerra mondiale, durante la quale fa parte della resistenza, riceve la cattedra (agregation) di filosofia. Dopo anni di ricerca al centre national de recherches scientifiques di Parigi insegna all'estero e in Francia porta a termine il suo dottorato di ricerca per poi diventare docente privato e in seguito professore ordinario all'università Paul Valery di Montpellier. Qui resta fino alla pensione nel 1982.
Il Pensiero
Michel Henry è conosciuto come fondatore della "fenomenologia radicale della vita" che espone nella sua opera capitale "L'essence de la manifestation" (1963), dove si confronta con l'ontologia tradizionale e la fenomenologia storica. La fenomenologia di Henry è da definirsi "radicale" in quanto esplica che la manifestazione dei fenomeni esterni ha le sue "radici" nella donazione (la donation) della vita pura e non-intenzionale.
Differenziando la manifestazione originaria ed immanente della vita da ogni donazione che in relazione a questa è secondaria ed esterna , la cosiddetta "manifestazione del mondo" (nel senso di una "duplicité de l’apparaître"), e rendendo chiaro che la riduzione dell'uomo a questa "manifestazione del mondo" introdotta dal pensiero scientifico e dalla tecnica separa l'uomo dalle certezze della vita e in questo modo anche dalle fondamenta culturali, dimostra le contraddizioni della dilagante cultura estetizzante di oggi.
In questo senso Henry applica il suo pensiero filosofico a problemi politologici (nei due volumi "Marx"), a tematiche psicologiche (nella "genealogia della psicoanalisi"), alla critica d'arte e cultura (in "La barbarie" e nel suo libro sull'opera de Kandinsky) e alla filosofia della religione (nel suo libro sulla "fenomenologia del cristianesimo"). Henry riassume il suo pensiero in "Incarnazione. Una filosofia della carne" (2000).
▪ 2005 - Alberto Lattuada (Milano, 13 novembre 1914 – Orvieto, 3 luglio 2005) è stato un regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico italiano.
Intellettuale dalla personalità eclettica, appassionato di letteratura, arte e fotografia, era noto soprattutto per aver trasposto sullo schermo molti celebri romanzi e alcuni kolossal anche per il piccolo schermo. Fautore di uno stile personale e rigoroso, ha raccontato l'individuo senza scrupoli tutto teso al raggiungimento di uno scopo, esplorando inoltre un erotismo quasi mai fine a se stesso (il corpo e la scoperta della sessualità femminile). Nella sua lunga carriera ha scoperto e lanciato molte attrici come Marina Berti, Carla Del Poggio (divenuta poi sua moglie), Valeria Moriconi, Jacqueline Sassard, Catherine Spaak, Therese Ann Savoy, Nastassja Kinski, Clio Goldsmith, Barbara De Rossi e Sophie Duez.
Figlio del compositore Felice Lattuada, crebbe fra la campagna lombarda e Milano. Durante gli studi liceali, nel dicembre 1932 fondò insieme ad Alberto Mondadori il periodico quindicinale Camminare... in cui svolse mansioni di critico d'arte, mentre Mario Monicelli si occupava di critica cinematografica. L'anno seguente ebbe la sua prima esperienza al cinema come scenografo del cortometraggio Cuore rivelatore, tratto da un racconto di Poe e diretto da un diciottenne Mario Monicelli. Insieme a Mario Baffico nel biennio 1935-1936, collaborò a Il museo dell'amore come consulente per il colore (si trattava del primo mediometraggio italiano girato interamente a colori) e come assistente alla regia al lungometraggio La danza delle lancette. Entrato in contatto con Gianni Comencini (fratello del regista Luigi) e Mario Ferrari, si mise alla ricerca sistematica di vecchie pellicole, salvandole dal macero presso i magazzini dei distributori e ponendo le basi della futura Cineteca Italiana di Milano.
Durante gli anni universitari si iscrisse ai GUF partecipando ai Littoriali della cultura e dell'arte. In questo modo riuscì ad organizzare delle proiezioni retrospettive, giacché solo le sezioni cinematografiche dei GUF erano autorizzate a svolgere queste attività. Dopo la laurea in architettura, a partire dal 1938 iniziò a collaborare a diverse riviste: su Tempo Illustrato scriveva come critico cinematografico, su Domus scriveva di architettura e arredamento; su Frontespizio pubblicò alcuni suoi racconti letterari. Nel 1940, nel difficile clima bellico riuscì ad allestire una retrospettiva di film francesi per la Triennale di Milano; il tumulto che seguì alla proiezione de La grande illusione provocò la sospensione delle proiezioni e il gruppo organizzatore dovette mettere in salvo le pellicole nascondendole alle ricerche della polizia fascista.
Nel 1941 organizzò anche una sua mostra e un libro di fotografie, Occhio Quadrato, ma passò subito al cinema a tempo pieno come aiuto regista per Mario Soldati (Piccolo mondo antico e come sceneggiatore per Ferdinando Maria Poggioli (Sissignora). Tra il 1942 e il 1943 diresse i suoi primi due film, volutamente tratti da opere letterarie (il primo da Giacomo l'idealista di Emilio De Marchi e il secondo da La freccia nel fianco di Luciano Zuccoli) e non da soggetti originali per evitare le maglie della censura; definiti dalla critica «esercizi di stile formali e calligrafici», in realtà contenevano già quasi tutti gli elementi stilistici del suo cinema futuro. Equilibrio interno dell'inquadratura, uso sapiente delle luci e messa in risalto dei dettagli, calibrati movimenti di macchina e controllati stacchi di montaggio, saranno le cifre alle quali Lattuada rimarrà fedele.
Giacomo l'idealista segna l'esordio di Marina Berti, la prima di una serie di figure femminili alle quali Lattuada affida il compito di tracciare una psicologia, una cultura, un clima sociale o un'atmosfera.
La freccia nel fianco, uno dei primi film italiani a esplorare (sia pure con tutte le prudenze di sorta) il mondo della sessualità infantile, ebbe anche una gestazione piuttosto travagliata; abbandonato dal regista dopo l'8 settembre 1943, venne ripreso e completato da Mario Costa, che tuttavia non risulta accreditato nei titoli.
Nell'immediato dopoguerra Lattuada si avvicinò al neorealismo con Il bandito, girato in una Torino devastata dai bombardamenti e dove sbandiera apertamente il suo amore per il cinema americano, e in particolare quello della gangster-story sullo stile di Scarface; su quel set debuttano in una parte drammatica la moglie Carla Del Poggio, da lui sposata il 2 aprile 1945 (da lei avrà due figli, Francesco, futuro direttore di produzione di fiction televisive, e Alessandro) e la sorella Bianca Lattuada come segretaria di edizione. Il film successivo, Il delitto di Giovanni Episcopo, tratto da D'Annunzio, si allontana da qualsiasi filone o corrente per iniziare a seguire la sua poetica base (l'individuo senza scrupoli in contrapposizione con una società inerte e indifferente a tutto) con maniacale puntiglio, organizzando alla perfezione scenografia e recitazione; in questo film si segnala in particolare quella di Aldo Fabrizi. Nel 1948, traendo suggestioni anche dal cinema francese, realizzò nella pineta di Tombolo insieme a Tullio Pinelli e Federico Fellini, il celebre Senza pietà, descrizione di un paese in rovina dove, con gli aiuti americani, sbarcano violenza, contrabbando e malavita.
Del 1949 è Il mulino del Po, tratto dal romanzo più famoso di Riccardo Bacchelli (che collaborò anche alla sceneggiatura). Curò la regia di Didone ed Enea di Henry Purcell al Teatro dell'Opera di Roma e insieme a Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Carlo Lizzani ed Elsa Morante, cominciò a progettare una serie di pellicole su temi scottanti come l'emigrazione, la speculazione edilizia, il sistema carcerario. Le pressioni della casa di produzione, che sceglierà poi di realizzare un film sul concorso di bellezza di Miss Italia e sul mondo dei fotoromanzi, lo spinsero a fondare una cooperativa insieme alla moglie, a Fellini e alla Masina, e a realizzare in totale autonomia Luci del varietà spaccato sul rutilante mondo dell'avanspettacolo, al quale collaborarono anche il padre e la sorella. Il film però si rivelò un disastro finanziario.
Con il film successivo, Anna Lattuada realizzò il suo più grande successo, grazie a protagonisti del livello di Silvana Mangano, Raf Vallone e Vittorio Gassman, e grazie a una canzone, El Negro Zumbon (ricavata da un vecchio standard ballabile cubano) che diventò un successo discografico mondiale. Riprendendo qualche tematica già presente in Riso amaro di Giuseppe De Santis, fornì più di uno spunto al successivo Mambo di Robert Rossen. Fu la prima pellicola italiana ad incassare oltre un miliardo di lire nelle prime visioni, e la prima ad essere presentata doppiata in inglese negli Stati Uniti. Il successo gli consentì di realizzare nel 1952 una delle sue opere più importanti, Il cappotto, dal racconto di Gogol, girato a Pavia, con protagonista Renato Rascel, uno dei primi film a svincolarsi definitivamente dal neorealismo, dove realtà e fantasia coesistono alla perfezione.
Nel film successivo, La lupa tratto dal celebre racconto di Giovanni Verga, Lattuada continuò il viaggio d'osservazione del corpo e della sessualità femminile che lo accompagnerà, tranne qualche eccezione, in tutta la sua filmografia. Nei film di Lattuada la forza della figura femminile rende per la prima volta esplicito l'aspetto della sottomissione dell'uomo, il quale di contro tende sempre al raggiungimento di un suo fine senza avere scrupoli morali: la proprietà, il denaro, il delitto e la vendetta. Con l'episodio Gli italiani si voltano, inserito in L'amore in città, Lattuada si fermò ad esaminare con la tecnica della candid camera il fenomeno del gallismo maschile; La spiaggia è antesignana della commedia di costume, critica feroce dell'ipocrisia borghese; Scuola elementare si basava sui desideri (economici e di donne) di un maestro e di un bidello (Billi e Riva), ma era anche una sorta di omaggio alla figura del padre, che era stato maestro elementare.
Nel dittico Guendalina e I dolci inganni il regista seguiva la trasformazione sentimentale e sessuale di due adolescenti, interpretate rispettivamente da Jacqueline Sassard e Catherine Spaak. Ad esse si contrappongono i kolossal La tempesta e La steppa tratti dai prediletti autori russi, Puškin e Čechov.
Gli anni sessanta furono caratterizzati da trasposizioni di opere letterarie di Guido Piovene (Lettere di una novizia), Niccolò Machiavelli (La mandragola) e Vitaliano Brancati (Don Giovanni in Sicilia), fino a giungere a Venga a prendere il caffè da noi, tratto dal romanzo La spartizione di Piero Chiara, satira di una certa borghesia provinciale ipocrita e sessuofobica, interpretato da Ugo Tognazzi.
Nel 1970 Lattuada ebbe la sua seconda esperienza come regista lirico inaugurando il Maggio musicale fiorentino con La Vestale di Gaspare Spontini e fu inoltre membro della giuria del Festival di Berlino.
Dopo due pellicole frutto di evidenti compromessi, Bianco, rosso e... con Sophia Loren, quasi un remake di Anna e Sono stato io!, dove Giancarlo Giannini, un anonimo lavavetri, immagina un gesto clamoroso che lo porti sulle prime pagine dei quotidiani, Lattuada dal 1974 volle trattare la tematica dell'erotismo, a partire da Le farò da padre e proseguendo con Oh! Serafina da un romanzo di Giuseppe Berto, Così come sei sul tema dell'incesto, fino agli ultimi suoi due film per il grande schermo, considerati artisticamente due fallimenti, La cicala e il tardo Una spina nel cuore, nuovamente tratto da Piero Chiara.
Nel 1981 iniziò a dirigere Nudo di donna, che dovette abbandonare quasi subito a causa di dissapori con l'attore protagonista, Nino Manfredi, che finì pertanto per dirigere sé stesso.
Durante gli anni ottanta Lattuada firmò tre lavori per il piccolo schermo: il kolossal di successo Cristoforo Colombo, l'intensa miniserie Due fratelli e il mediometraggio Mano rubata, tratto da un racconto di Tommaso Landolfi, che esplora il mondo spietato del gioco d'azzardo. Nel 1994 fece una simpatica apparizione nel film Il toro diretto da Carlo Mazzacurati, e quattro anni dopo donò tutto il suo materiale d'archivio alla Fondazione Cineteca Italiana di Milano, diretta all'epoca da Gianni Comencini.
Morì a novant'anni nella sua casa di campagna a Orvieto, affetto da tempo dal morbo di Alzheimer.