Il calendario del 29 Novembre

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

• 1223 - Papa Onorio III approva la Regola definitiva di San Francesco d'Assisi, in seguito detta bollata.

• 1830 - Scoppia la Rivolta di Novembre in Polonia.

• 1864 - Guerre indiane: Massacro di Sand Creek - Volontari del Colorado, guidati dal Colonnello John Chivington, massacrano almeno 400 Cheyenne e Arapahoe inermi a Sand Creek.

• 1877 - Thomas Edison dimostra per la prima volta il funzionamento del fonografo.

• 1890 - La Costituzione Meiji entra in vigore in Giappone, e si riunisce la prima Dieta.

• 1945 - Viene dichiarata la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (questo giorno verrà celebrato come Giorno della Repubblica fino al 2003).

• 1947 - L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite vota per la partizione della Palestina tra Arabi ed Ebrei.

• 1950 - Guerra di Corea: truppe della Corea del Nord e della Repubblica Popolare Cinese costringono le forze delle Nazioni Unite ad una disperata ritirata dalla Corea del Nord.

• 1952 - Guerra di Corea: il presidente statunitense Dwight D. Eisenhower soddisfa una delle promesse elettorali recandosi in Corea per scoprire cosa può essere fatto per porre fine al conflitto.

• 1954 - Il principale punto di immigrazione del Porto di New York a Ellis Island, chiude.

• 1961 - La Mercury-Atlas 5 viene lanciata con a bordo lo scimpanzé Enos (la navetta orbiterà la Terra due volte e ammarerà al largo della costa di Porto Rico).

• 1963 - Il presidente statunitense Lyndon B. Johnson istituisce la Commissione Warren per investigare sull'assassinio di John F. Kennedy.

• 1975 - Il nome "Micro-soft" (da microcomputer software) viene usato da Bill Gates in una lettera a Paul Allen, per la prima volta.

• 1982 - Invasione sovietica dell'Afghanistan: l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite passa la Risoluzione ONU 37/37, che dichiara che le truppe dell'Unione Sovietica devono ritirarsi dall'Afghanistan.

• 1990 - Guerra del Golfo: il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite passa la Risoluzione ONU 678, autorizzando l'intervento militare in Iraq, se la nazione non ritirerà le sue forze dal Kuwait e libererà tutti gli ostaggi stranieri entro il 18 gennaio 1991.

Anniversari

• 1501 - Francesco di Giorgio Martini (Siena, 1439 – Siena, 29 novembre 1501) è stato un ingegnere, architetto, pittore, scultore, medaglista e trattatista italiano.

• 1530 - Thomas Wolsey (Ipswich, marzo 1471 – Leicester, 29 novembre 1530) è stato un arcivescovo cattolico e cardinale inglese. Fu anche un potente uomo di stato inglese ricoprendo l'incarico di Lord Cancelliere.
Nel 1515 fu nominato Lord Cancelliere di Enrico VIII d'Inghilterra dal momento che già da molto tempo controllava la politica interna e gli affari esteri del re, a seguito delle dimissioni di William Warham che venne fatto dimettere dopo aver protestato contro l'invasione della Francia.
La caduta di Wolsey fu determinata soprattutto dal fallimento nell'ottenere da papa Clemente VII l'annullamento del matrimonio tra Enrico VIII e Caterina d'Aragona. Enrico infatti dal 1529 non vedendo risultati dal lavoro di Wolsey, iniziò a dubitare che il suo Cancelliere fosse più fedele alla Chiesa che al re, per questo lo accusò di praemunire (cioè il voler difendere o mantenere una giurisdizione papale in Inghilterra) quindi gli tolse l'incarico di Lord cancelliere e gli confiscò le sue proprietà. Wolsey venne quindi convocato a Londra per il processo, ma a causa di una malattia, dovette interrompere il viaggio e morì a Leicester il 29 novembre 1530.

* 1643 - Claudio (Giovanni Antonio) Monteverdi(Cremona, 15 maggio 1567 – Venezia, 29 novembre 1643) è stato un compositore italiano.
Il suo lavoro di compositore segna il passaggio dalla musica rinascimentale alla musica barocca. Fu uno dei principali innovatori che accompagnarono l'evoluzione del linguaggio musicale (su questo processo stilistico vedi anche Retorica musicale), insieme al "principe dei musici", Carlo Gesualdo. Monteverdi scrisse una delle prime opere teatrali in cui fosse sviluppabile una trama drammatica, ovvero un melodramma, L'Orfeo, e fu abbastanza fortunato da godere del suo successo mentre era in vita.

* 1694 - Marcello Malpighi (Crevalcore, 10 marzo 1628 – Roma, 29 novembre 1694) è stato un medico, anatomista e fisiologo italiano.

* 1759 - Nicolaus Bernoulli, noto anche come Niklaus Bernoulli o Nikolaus Bernoulli (Basilea, 21 ottobre 1687 – Basilea, 29 novembre 1759), è stato un matematico svizzero, nipote di Jacob e Johann Bernoulli. Fu uno dei primi e più importanti matematici della famiglia Bernoulli.
Si laureò nel 1704 all'Università di Basilea sotto la supervisione di Jakob Bernoulli e ottiene il Dottorato in Legge 5 anni più tardi con una tesi sulla teoria della probabilità. Nel 1716 ottenne la cattedra che era stata tenuta da Galileo all’Università di Padova; qui lavorò sulle equazioni differenziali e sulla geometria. Nel 1722 ritornò in Svizzera ed ottenne la cattedra di logica all’Università di Basilea.
Si possono trovare i suoi contributi più importanti nelle lettere, in particolare in quelle indirizzate a Pierre Rémond de Montmort, Gottfried Wilhelm Leibniz e Leonardo Eulero. In quelle lettere, in particolare, egli fece un’introduzione al paradosso di San Pietroburgo.

• 1780 - Maria Teresa d'Asburgo (Vienna, 13 maggio 1717 – Vienna, 29 novembre 1780) fu l'arciduchessa regnante d'Austria, la regina regnante di Ungheria, Boemia, Croazia e Slavonia, duchessa regnante di Parma e Piacenza, granduchessa consorte di Toscana e imperatrice consorte del Sacro Romano Impero in quanto moglie di Francesco I.
Fu madre degli imperatori Giuseppe II e Leopoldo II, nonché di Maria Antonietta, regina di Francia, e Maria Carolina, regina delle Due Sicilie.
..Alla fine della guerra di successione austriaca a Maria Teresa furono riconosciuti i suoi titoli di arciduchessa regnante d'Austria, di regina regnante d'Ungheria, Boemia, Croazia e Slavonia; perse i ducati di Parma e Piacenza andati a Filippo I di Parma. Pur non essendo riuscita a diventare lei stessa imperatrice regnante, come moglie dell'imperatore Francesco I del Sacro Romano Impero, divenne l'imperatrice consorte, ma de facto governò al posto del marito.

Maria Teresa fu considerata una tipica "sovrana illuminata" grazie alle numerose riforme che attuò nell'Impero Asburgico durante il suo regno, durato ben 40 anni. Maria Teresa si basò sui principi del giurisdizionalismo. Divise i poteri finanziario e amministrativo da quello giudiziario, accentrò l'amministrazione statale in 6 dipartimenti e conferì ad un Consiglio di Stato il ruolo di coordinamento. Promosse inoltre la redazione del catasto, che sarebbe stato imitato in molti altri paesi, col quale si potevano tassare anche le terre dei nobili.
Nel 1774 introdusse l'istruzione primaria obbligatoria, e finanziò le spese della pubblica istruzione con i beni requisiti alla Compagnia di Gesù, soppressa qualche tempo prima. Diminuì i poteri del clero: la censura infatti passò nelle mani dello stato, l'Inquisizione venne gradualmente abolita, e fu vietato di prendere i voti monastici prima dei 24 anni.
L'imperatrice fece di Vienna una grande capitale culturale, e la corte era meta di intellettuali e artisti, fra i quali si ricordano i musicisti Haydn e Mozart, e i letterati Pietro Metastasio e Vittorio Alfieri.
Fu la principale artefice della costruzione del castello di Schönbrunn, ampliato e completamente ristrutturato per suo ordine in stile rococò.
Nel 1765, alla morte di Francesco I, la Dieta imperiale elesse Sacro romano imperatore Giuseppe II, a cui la madre diede il titolo di co-reggente dei domini asburgici. Quando nel 1780 morì Maria Teresa, Giuseppe assunse a pieno titolo l'arciducato d'Austria e i regni di Boemia e d'Ungheria.

• 1813 - Giambattista (Giovanni Battista) Bodoni (Saluzzo, 16 febbraio 1740 – Parma, 29 novembre 1813) è stato un incisore, tipografo e stampatore italiano, ancora oggi noto per i caratteri tipografici da lui creati (Bodoni).

• 1858 - Ferrante Aporti (San Martino dall'Argine, 20 novembre 1791 – Torino, 29 novembre 1858) è stato un presbitero e pedagogista italiano, pioniere dell'educazione scolastica infantile.
Primo di sei fratelli, nel 1804 viene avviato dal padre alla carriera ecclesiastica presso il seminario di Cremona, dove nel 1815 riceve gli ordini sacerdotali. Si distingue soprattutto negli studi di teologia, metafisica, fisica e matematica, e per questo nel 1816 viene scelto per frequentare un corso di specializzazione presso il «Collegio Theresianum» di Vienna.
Aporti non condivide l'indirizzo dominante dell'istituto, orientato a formare preti che siano soprattutto servitori dello stato asburgico. Perciò, non disposto a giurare fedeltà a dottrine non in linea coi principii della Chiesa, rinuncia a conseguire la laurea e nel 1819 torna a Cremona. Il vescovo Omobono Offredi gli affida le cattedre di Storia ecclesiastica ed Esegesi biblica nel seminario diocesano; contemporaneamente l'amministrazione austriaca lo nomina direttore delle scuole elementari maggiori e ispettore scolastico provinciale.
È da questo momento che Aporti individua la sua missione nell'attività educativa, intesa come lotta all'ignoranza, la vera ed unica origine dei mali dell'uomo, della società e della patria.
Il sacerdote imposta nuove strutture, nuovi metodi, nuovi modelli educativi; nel giro di pochi anni amplia la sua scuola elementare, tiene corsi per i maestri, apre le scuole festive di disegno e architettura, presenta un progetto di riforma per creare gli istituti tecnici, promuove la diffusione di istituzioni educative sul territorio cremonese. Nel frattempo intrattiene contatti epistolari con intellettuali lombardi, si aggiorna costantemente sulle nuove esperienze educative europee ed approfondisce gli studi teologici e pedagogici, dando alle stampe molti articoli e saggi.
L'attenzione per la condizione di abbandono dei bambini appartenenti alle classi popolari lo induce a fondare a Cremona, nel 1828, il primo "asilo d'infanzia" in Italia, a pagamento, per alunni da due anni e mezzo a sei anni.
Nel 1830 apre la prima scuola infantile gratuita, finanziata dal governo austriaco e dalle autorità scolastiche. L'iniziativa si diffonde in pochi anni nel resto del Lombardo-Veneto, in Toscana, Emilia e Romagna.
Nel 1834 apre a San Martino dall'Argine la prima scuola infantile rurale. Quasi tutti i centri fanno capo a don Ferrante, che nel frattempo promuove anche scuole per sordomuti, ciechi e orfani del colera. L'istituzione dell'asilo suscita dibattiti in tutta Italia e impegna Aporti a pubblicare articoli su diverse riviste e a rispondere ai molti che scrivevano per chiedere spiegazioni. La sua fama si diffonde e viene invitato da numerosi intellettuali, politici e regnanti in tutta la penisola per illustrare la sua iniziativa.
Le istituzioni aportiane si diffondono in tutta Italia, meno che nello Stato Pontificio, proibite nel 1837 a causa di timori e pregiudizi.
Nel 1844 re Carlo Alberto di Savoia lo chiama a Torino a tenere il primo corso di "Metodo per gli insegnanti elementari" all'università. Nello stesso anno apre a San Martino dall'Argine il primo istituto tecnico agrario.
La sua attività, che lo porta a schierarsi a favore dell'innovazione in campo educativo, gli procura l'apprezzamento degli ambienti liberali.
Nel 1848 si espone a favore della rivoluzione nazionale firmando l'appello che chiede a Carlo Alberto di Savoia di intervenire nei moti contro l'Austria-Ungheria. Al rientro degli austriaci a Cremona, è costretto a fuggire a Torino assieme alla famiglia. La sua candidatura ad arcivescovo di Genova viene attaccata polemicamente ed è costretto a rinunciare. Il governo sabaudo gli affida l'incarico di gestire l'istruzione pubblica (in qualità di presidente del Consiglio universitario); nel 1856 lo nomina senatore.
Continua a dedicarsi con passione instancabile alla sua attività di studioso e promotore di istituzioni educative, scrivendo testi, articoli e lettere di teologia e pedagogia, anche quando nel 1857 viene posto in aspettativa.
Muore a Torino il 29 novembre 1858.
Metodo pedagogico: l'asilo doveva :

  1. accogliere e preservare dai pericoli della strada i figli dei lavoratori (assistenza e prevenzione)
  2. aiutare le famiglie a sostenerli mediante la refezione (refettorio)
  3. educare i bambini nello sviluppo intellettivo, religioso, morale e fisico; all'educazione fisica erano dedicate 5 ore, mentre 4 ore erano dedicate all'attività intellettuale e morale.
  4. attraverso i fanciulli doveva migliorare le condizioni sociali del popolo e suscitare la coscienza nazionale.
  5. Orari, contenuti e organizzazione della scuola erano gli stessi della scuola elementare: ingresso alle ore 8:00 e uscita alle ore 17:00.

Il primo asilo di Aporti è anteriore al giardino d'infanzia di Frobel (1840).
Nell'educazione intellettiva di Aporti è presente il principio dell'intuizione affermato da Pestalozzi.
Le attività che variavano ogni mezz'ora, venivano organizzate in questo modo: appello, preghiera e canto; colazione ricreazione, nomenclatura, gioco e preghiera; aritmetica, catechismo e sacre scritture, pranzo ricreazione e preghiera; alfabeto in prima classe, scrivere in seconda e terza, canto e merenda, ginnastica e merenda.
L'esercizio della nomenclatura si basa sul metodo dimostrativo di presentare gli oggetti comuni, nominarli e mostrarne qualità ed usi.
La storia sacra si insegna per mezzo di tabelloni illustrati, gli esercizi preliminari prevedono la corretta pronuncia di suoni alfabetici, sillabici e il tracciare le aste, poiché lettura e scrittura si insegnano solo nell'ultimo anno, ci si abitua al calcolo numerando le cose concrete mentre in terza si apprendono le quattro operazioni, le frazioni le misure, i pesi e le monete.
Oggi il carcere minorile di Torino è intitolato alla sua memoria.

• 1915 - Luigi Capuana (Mineo, 28 maggio 1839 – Catania, 29 novembre 1915) è stato uno scrittore, critico letterario e giornalista italiano, teorico tra i più importanti del Verismo.

• 1924 - Giacomo Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini (Lucca, 22 dicembre 1858 – Bruxelles, 29 novembre 1924) è stato un compositore italiano. È considerato uno dei massimi operisti della storia.
Figura di punta del mondo operistico italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento, Giacomo Puccini prese le distanze proprio dalle due tendenze dominanti: quella verista prima (nel 1895 aveva iniziato a lavorare a una riduzione operistica de La lupa di Verga, abbandonandola dopo pochi mesi), quella dannunziana poi: «O meraviglia delle meraviglie! D'Annunzio mio librettista! Ma neanche per tutto l'oro del mondo. Troppa distillazione briaca e io voglio restare in gamba.»
Altrettanto arduo è collocare la sua personalità artistica nel panorama internazionale, in quanto la sua musica, pur nell'incessante evoluzione stilistica, non presenta l'esplicita tensione innovativa di molti dei maggiori compositori europei del tempo.
Puccini d'altronde si dedicò in modo pressoché esclusivo alla musica teatrale e, al contrario dei maestri dell'avanguardia novecentesca, scrisse sempre pensando al pubblico, curando personalmente gli allestimenti e seguendo le sue opere in giro per il mondo.
Se diede alla luce soltanto dodici opere (comprese le tre in un atto che compongono il Trittico) fu per mettere a punto organismi teatrali assolutamente impeccabili, tali da consentire ai suoi lavori di affermarsi stabilmente nei repertori dei teatri lirici di tutto il mondo. Interesse, varietà, rapidità, sintesi e profondità psicologica, abbondanza di trovate sceniche sono i fondamentali ingredienti del suo teatro.
Il pubblico, benché talvolta disorientato dalle novità contenute in ciascuna opera, alla fine si schierò sempre dalla sua parte; al contrario, la critica musicale, in particolare quella italiana, guardò molto a lungo a Puccini con sospetto o addirittura con ostilità.
Specie a partire dal secondo decennio del Novecento, la sua figura fu il bersaglio favorito degli attacchi dei giovani compositori della Generazione dell'Ottanta, capitanati da uno studioso di musica antica, Fausto Torrefranca, che nel 1912 pubblicò un libello polemico di straordinaria violenza, intitolato Giacomo Puccini e l'opera internazionale.
In questo libriccino l'opera di Puccini è descritta come l'estrema, spregevole, cinica e «commerciale» espressione di quello stato di corruzione nel quale la cultura musicale italiana, abbandonata la strada maestra della musica strumentale a favore del melodramma, verserebbe ormai da secoli.
Il presupposto ideologico che alimenta la tesi è d'impronta nazionalistica: «Nel Puccini la ricerca veramente personale del nuovo è assente: egli applica, non ritrova, lavora cautamente sul già fatto, assimila da francesi e da russi, da tedeschi e da italiani suoi contemporanei. E applicando, non riesce mai ad ampliare ciò che ha imparato dagli altri, ma se ne serve come di un "luogo comune" della musica moderna, consacrato dal successo e avvalorato dalla moda. [...] Il Puccini è dunque il manipolatore per eccellenza del "melodramma internazionale". La condizione ideale del melodramma internazionale è certo quella di avere una musica che si adatti a qualunque traduzione, in qualunque lingua del mondo; una musica che non sia né italiana, né russa, né tedesca, né francese.»
È curioso rileggere le parole di Torrefranca alla luce della rivalutazione critica cui la figura di Puccini è andata incontro negli ultimi decenni del Novecento, nonché dell'ammirazione disinteressata che manifestarono per essa i maggiori compositori europei del suo tempo: da Stravinskij a Schoenberg, da Ravel a Webern.
Nel suo attacco astioso, gravato da pregiudiziali ideologiche, Torrefranca riuscì tuttavia a cogliere alcuni aspetti-chiave della personalità artistica di Puccini; a partire dalla tesi centrale della dimensione «internazionale» del suo teatro musicale.
La rivalutazione critica di Puccini, a sua volta internazionale in quanto avviata da studiosi quali il francese René Leibowitz e l'austriaco Mosco Carner, ha fondato i suoi argomenti più persuasivi proprio sull'ampiezza dell'orizzonte culturale ed estetico del compositore lucchese, indagato in seguito con particolare sottigliezza, in Italia, da Fedele d'Amico nella sua attività di musicologo-giornalista e, più di recente, da Michele Girardi, che non a caso ha voluto sottotitolare il suo ultimo volume dedicato a Puccini L'arte internazionale di un musicista italiano.
Il grande merito di Puccini fu infatti proprio quello di non essersi lasciato sedurre dai rigurgiti di nazionalismo, assimilando e sintetizzando con abilità e rapidità linguaggi e culture musicali diverse. Un'inclinazione eclettica che egli stesso riconobbe in tono scherzoso (com'era nel suo carattere) già sui banchi di Conservatorio, tracciando sul quaderno di appunti la seguente autobiografia: «Giacomo Puccini = Questo grande musicista nacque a Lucca l'anno......... e puossi ben dire il vero successore del celebre Boccherini. – Di bella persona e di intelletto vastissimo portò nel campo dell'arte italiana il soffio di una potenza quasi eco dell'oltralpica wagneriana...»
Giacché alcuni lavori giovanili presentano effettivamente un'inusitata combinazione tra stile galante alla Boccherini (destinato a ripresentarsi, anni dopo, nella cornice settecentesca di Manon Lescaut) e soluzioni timbrico-armoniche di matrice wagneriana, questa goliardica autobiografia (realmente bohèmien!) contiene almeno una punta di verità.
Per accostarsi alla personalità artistica di Puccini è dunque necessario indagare i rapporti che egli istituì con le diverse culture musicali e teatrali del suo tempo.

* 1925 - Eduardo Scarpetta (Napoli, 13 marzo 1853 – Napoli, 29 novembre 1925) è stato un attore e commediografo italiano.
Fu uno dei più importanti attori e autori del teatro napoletano tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. Si specializzò nell'adattare in dialetto napoletano moltissime pochade francesi; la sua commedia più celebre, Miseria e nobiltà, fu però una creazione originale del suo repertorio.
Vanta una carriera lunghissima di commediografo (dal 1875), interrotta bruscamente da una celebre causa intentatagli da Gabriele d'Annunzio nel 1904.
Scarpetta fu anche attore cinematografico agli albori della “settima arte”. Egli girò alcuni film per una casa di produzione milanese, la “Musical Film” di Renzo Sonzogno, tratti dalle sue commedie: Miseria e nobiltà (1914, diretto da Enrico Guazzoni), La nutrice (1914, diretto da Alessandro Boutet), Un antico caffè napoletano (1914), Tre pecore viziose (1915) e Lo scaldaletto (1915) diretti da Gino Rossetti. Di questi film ci rimangono solo alcune foto di scena di Scarpetta e di altri interpreti.
Padre di un numero altissimo di figli (riconosciuti e non) oltre a Vincenzo, Domenico, Maria Scarpetta, vi sono i celebri Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, il poeta Ernesto Murolo, Eduardo (De Filippo) in arte Passarelli e suo fratello Pasquale De Filippo.

• 1974 - Mario Missiroli, scrittore e giornalista italiano (n. 1886)
Nato a Bologna da una famiglia della piccola borghesia romagnola, il padre morì quando aveva tre anni. Fu cresciuto, insieme alla sorella Tina, dallo zio che riuscì a mandarlo avanti negli studi fino alle scuole superiori.
Enfant prodige, cominciò la carriera giornalistica a soli 15 anni, nel 1901, mentre era ancora uno studente del liceo classico. Cominciò a scrivere su due settimanali politici e letterari di Bologna, Don Chisciotte e Rinascenza. Nel 1904 nella libreria di Cesare Zanichelli, luogo d'incontro per gli intellettuali bolognesi, venne presentato a Giosuè Carducci.
Nel 1906 diventò redattore del Corriere dell'Emilia, organo dei conservatori emiliani. Successivamente collaborò a Leonardo e a La Voce, prestigiose riviste letterarie, luogo di dibattito per gli intellettuali socialisti, liberali e nazionalisti.
Il 1º agosto 1909, a 23 anni, entrò nel maggiore quotidiano bolognese, il Resto del Carlino, dove si occupò dei rapporti economici tra proprietari terrieri e braccianti nel territorio emiliano. La sua posizione pragmatica e scevra da influenze ideologiche gli accreditò la simpatia di Giovanni Giolitti, che lo tenne sempre in forte considerazione.
Conobbe Benedetto Croce, che lo aiutò a pubblicare presso l'editore Laterza il suo primo libro, Monarchia socialista, uscito nel 1913.
Nel 1914, dopo i tragici fatti di Molinella pubblicò Satrapia in cui denunciava la tirannide delle organizzazioni sindacali socialiste sul bracciantato bolognese.
Negli anni precedenti la prima guerra mondiale aprì la Terza pagina del Carlino ai contributi di scrittori di diversi orientamenti storici, politici e letterari.
La sua Terza pagina si caratterizzò per l'apertura al confronto di idee. Chiamò tra i collaboratori anche Georges Eugène Sorel, pensatore francese con cui da alcuni anni intrecciava una fitta corrispondenza.
Nel 1918 Missiroli si trasferì da Bologna a Roma per lavorare in un nuovo quotidiano, "Il Tempo" nelle funzioni di condirettore: per la prima volta assumeva un incarico dirigenziale. Il nuovo quotidiano veniva lanciato con un progetto ambizioso: fare da contraltare al Corriere della Sera. Ma le cose non andarono come sperato, per cui, dopo una breve esperienza Missiroli ritornò a Bologna, dove assunse la direzione del Resto del Carlino (1919).
Adottò una linea di dissenso verso il nascente movimento mussoliniano, e di appoggio al governo Nitti ed ai socialisti. Mussolini, in tutta risposta, lo prese di mira. Dopo nemmeno due anni Missiroli fu costretto a lasciare la direzione del Carlino.
Nel settembre 1921 accettò la direzione del Secolo di Milano. Continuò la sua linea anti-mussoliniana: fece pubblicare una serie di articoli che indagavano a fondo sul movimento fascista e sulle sue le radici profonde.
In un suo articolo, Missiroli definì i fascisti «schiavisti agrari», provocando una vasta eco sulla stampa nazionale e causando la reazione risentita di Benito Mussolini, che lo apostrofò sul Popolo d'Italia: «Perfido gesuita e solennissimo vigliacco».
Per lavare l'offesa, Missiroli sfidò il fondatore del fascismo a duello. In un prato dalle parti di San Siro, il 13 maggio 1922 i due si affrontarono a colpi di spada. Dopo ben sei assalti non risolutivi, al settimo Missiroli fu ferito ad una mano e lo scontro fu sospeso, senza che i due contendenti si rappacificassero.
In ottobre i fascisti presero il potere a Roma. La direzione di Missiroli al Secolo ebbe i giorni contati. Infatti, nel luglio 1923 fu cacciato dalla corrente filo-fascista in seno al giornale.
Nello stesso anno conobbe Regina Avanzini, di dieci anni più giovane. Si innamorò di lei e la sposò. Dall'unione nacque una figlia, Giuseppina.
Nel 1924 Missiroli fu chiamato da Alfredo Frassati a dirigere la redazione romana de La Stampa.
Qui ebbe la sua rivincita su Mussolini. In pieno scandalo Matteotti pubblicò due articoli rimasti famosi: Atto di accusa (apparso sul quotidiano torinese il 28 dicembre 1924) e Chiamata di correo (apparso sul quotidiano Il Mondo di Giovanni Amendola il 30 dicembre) in cui attaccò senza mezze misure Mussolini, definendolo responsabile dell'assassinio.
La reazione di Mussolini non tardò. Ne ottenne il licenziamento da La Stampa, poi l'espulsione dal sindacato dei giornalisti. Missiroli, tagliato fuori dal suo ambiente, trovò molta difficoltà a continuare a lavorare. Passò dure stagioni collaborando saltuariamente in varie sedi giornalistiche, traendo però inaspettatamente giovamento da una vecchia amicizia con Leandro Arpinati, federale di Bologna, che lo protesse riconciliandolo col fascismo.
Nel 1926 Arpinati ottenne che Missiroli potesse prendere la tessera del partito nazionale fascista. Tornò così a fare il giornalista; senza, però, poter firmare i suoi articoli. Nel 1930 si fece il suo nome per la nuova direzione del Resto del Carlino, ma Mussolini in persona bloccò la nomina.
Nel 1938 firmò il Manifesto della razza, prodromo delle leggi razziali fasciste. Ma l'impegno con la Resistenza romana riscattò gli anni della collaborazione col regime.
Passata la guerra, nel 1946 Missiroli divenne direttore del maggiore quotidiano romano, Il Messaggero, diventanto uno dei più ascoltati consiglieri degli uomini di governo.
Dal 1952 al 1961 fu alla guida del Corriere della Sera appoggiando, convinto sostenitore, la politica centrista di Alcide De Gasperi.
La sua direzione fu caratterizzata da una linea improntata a una cautela spinta fino all'eccesso. Sul fronte interno, consapevole di disporre di un organico di giornalisti di altissimo livello, adottò una strategia equanime, tesa a valorizzare ciascuno. In questo si avvalse della stretta collaborazione del caporedattore centrale Gaetano Afeltra, che durante la direzione missiroliana fu - nei fatti - il vero motore del Corriere.
Nel 1961 Missiroli apprese della sua imminente sostituzione al Corriere direttamente dal senatore Mario Crespi che, indebolito dalla malattia, si lasciò sfuggire una gaffe («Mi hanno detto che verrà un nuovo direttore...») ad una festa cui lo stesso Missiroli era stato invitato. Viene licenziato a poche settimane dalla scadenza del contratto, prevista per il 15 settembre 1961. Il rapporto tra Missiroli e Milano fu difficile: nei dieci anni passati nella capitale lombarda, infatti, non comprò mai casa, preferendo alloggiare sempre in albergo (il Grand Hotel et de Milan).
Nel 1962 fu eletto presidente della FNSI, il sindacato dei giornalisti italiani. Lasciò la carica nel 1970.
Anche durante il mandato continuò l'attività di scrittore

1977 - Carlo Casalegno (Torino, 15 febbraio 1916 – Torino, 29 novembre 1977) è stato un giornalista e scrittore italiano. Fu il primo giornalista ucciso da terroristi durante gli anni di piombo
Dopo aver frequentato il liceo classico Massimo d'Azeglio, si laureò in lettere all'università di Torino e poi, dal 1942 al 1943, fece l'insegnante al liceo Palli di Casale Monferrato. Prese parte alla Resistenza aderendo al Partito d'Azione e collaborando al suo quotidiano "Italia libera". Nel dopoguerra, continuò a collaborare con la rivista "Giustizia e Libertà", che aveva preso il posto di "Italia libera". Dal 1951 al 1954 fu direttore della rivista "Resistenza. Giustizia e Libertà".
Nel 1947 iniziò a lavorare al quotidiano di Torino "La Stampa". Nel 1968 ne divenne vicedirettore, diventando l'unico editorialista di politica interna, oltre al direttore Arrigo Levi. Dal 1969 al 1977, nella sua rubrica settimanale intitolata Il nostro Stato, scrisse molti articoli su alcune questioni di attualità quali il divorzio, la laicità dello Stato e in particolare il terrorismo, chiedendo sempre la massima fermezza nell'applicare le leggi ordinarie già esistenti per combattere quel fenomeno e impedire che trovasse appoggi e attecchimento nella società civile. Egli rigettava totalmente l'idea del ricorso a leggi speciali per conseguire questo scopo, in quanto temeva che una simile iniziativa avrebbe potuto generare una spirale infinita di violenza, con la conseguente perdita delle libertà democratiche dei cittadini.
Nel 1976, frattanto, si aprì a Torino il processo alle Brigate Rosse, che vedeva tra i suoi principali imputati Renato Curcio. Tale processo si protrasse in un clima eccezionalmente grave, culminato con l'uccisione dell'avvocato Fulvio Croce, che aveva preso la difesa d'ufficio dei brigatisti nonostante questi avessero minacciato di morte chi l'avesse fatto, e che proseguì con la rinuncia in massa dei cittadini chiamati a fare il giurato popolare. In questo contesto, Casalegno coi suoi articoli esortava ognuno a non indietreggiare di fronte al terrorismo, a fare ciascuno la propria parte.
Il 16 novembre 1977, mentre stava rincasando per il pranzo, fu vittima di un agguato da parte di un commando di brigatisti rossi formato da Raffaele Fiore, Patrizio Peci, Piero Panciarelli e Vincenzo Acella. Essi si accorsero che Casalegno quel giorno si stava muovendo da solo senza la consueta scorta armata (che pure gli era stata concessa) e colsero l'occasione per pedinarlo. Riuscirono quindi ad anticiparne gli spostamenti attendendolo nell'androne del suo palazzo in corso Re Umberto e, appena egli arrivò, gli spararono 4 colpi di pistola al volto. Immediatamente soccorso dalla moglie, Casalegno venne ricoverato in condizioni gravissime con la faccia devastata all'ospedale Le Molinette. In quel frangente la città di Torino si mobilitò compatta in difesa della democrazia con numerose iniziative di solidarietà: la sera seguente il giorno dell'attentato (17 novembre), per esempio, ci fu una grande e "rabbiosa" manifestazione popolare di cittadini comuni contro il terrorismo che riempì piazza San Carlo. Nonostante un apparente miglioramento la morte del vice-direttore de La Stampa arrivò però inesorabile il 29 novembre 1977, dopo 13 giorni di agonia.
I funerali si tennero il 1º dicembre nella chiesa del quartiere Crocetta. Tra i presenti illustri l'avvocato Gianni Agnelli, i politici Bettino Craxi e Giovanni Spadolini e l'allora ministro Carlo Donat-Cattin. Oltre alla moglie Dedi Andreis, Carlo Casalegno lasciò un figlio di 33 anni, Andrea, giornalista e militante di Lotta continua.
Durante il processo in Corte d'Assise, svoltosi a Torino nell'estate del 1983, i brigatisti dissero che avevano deciso di ucciderlo anziché sparargli alle gambe (come avevano invece fatto con Indro Montanelli) a causa soprattutto di un suo duro articolo dell'11 novembre '77 intitolato Non occorrono leggi nuove, basta applicare quelle che ci sono. Terrorismo e chiusura dei covi. Secondo quanto scrive Peci, Casalegno fu condannato a morte per aver offeso la memoria di alcuni membri della Rote Armee Fraktion (RAF) morti in carcere in Germania tra l'ottobre e il novembre 1977 (Io, l'infame, pag. 137).
Nel febbraio del 2004 l'università di Torino ha conferito a Carlo Casalegno la laurea honoris causa postuma in giurisprudenza.

• 1991 - Ludovico Geymonat (Torino, 11 maggio 1908 – Rho, 29 novembre 1991) è stato un filosofo, matematico e epistemologo italiano, uno tra più importanti del Novecento.
Geymonat ebbe uno stile di pensiero razionalista. La sua opera può essere inquadrata nel filone del neopositivismo (ebbe diversi contatti con il Circolo di Vienna), da lui rielaborato nell'ottica della tradizione marxista.
In ogni caso si deve a lui l'introduzione in italia delle opere epistemologiche di Karl Popper e dei suoi critici, come Thomas Kuhn.
Nell'evoluzione del suo pensiero si possono tracciare due fasi: nella prima egli approfondisce temi tipici del neopositivismo, mentre nella seconda si sforza di analizzare la realtà oggettiva ed a questo scopo utilizza concetti caratteristici del materialismo dialettico.
Notevole la sua interpretazione della concezione della matematica di Galileo Galilei come strumento d'interpretazione della realtà.
Notevole anche il suo lavoro di alta divulgazione del pensiero scientifico. Il suo manuale di storia della filosofia per i licei fu adottato in modo diffuso.
Politicamente fu vicino inizialmente al Partito Comunista Italiano, da cui si allontanò poi per aderire a Democrazia Proletaria e successivamente ai movimenti che diedero vita al Partito della Rifondazione Comunista.
Come matematico egli ha compiuto alcune ricerche sul teorema di Picard e sul teorema di Carathéodory per le funzioni armoniche. Si occupò inoltre dei fondamenti della probabilità.
Fu un costante promotore e divulgatore delle iniziative correlate alla filosofia della scienza, anche per quello che riguarda le scienze applicate

• 1992 - Jean Dieudonné, matematico francese (n. 1906)

• 2001 - George Harrison, (Liverpool, 25 febbraio 1943 – Los Angeles, 29 novembre 2001) è stato un chitarrista, cantautore e compositore britannico. Dal 1962 al 1970 è stato il chitarrista solista e cantante (spesso d'accompagnamento e, più raramente, solista) del complesso musicale dei Beatles, per i quali ha anche composto ventidue canzoni.
Dopo lo scioglimento del gruppo (il cui ultimo atto coincise, nell'aprile 1970, con la seduta di studio della canzone scritta da Harrison I Me Mine) ha intrapreso una carriera individuale, sia come musicista di successo sia come produttore cinematografico.
Dal 15 marzo 2004 il suo nome figura nella Rock and Roll Hall of Fame.

* 2004 - Luigi Veronelli (Milano, 2 febbraio 1926 – Bergamo, 29 novembre 2004) è stato un enologo, cuoco e gastronomo italiano.
Viene ricordato come una delle figure centrali nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano. Antesignano di espressioni e punti di vista che poi sono entrati nell'uso comune e protagonista di caparbie battaglie per la preservazione delle diversità nel campo della produzione agricola e alimentare, attraverso la creazione delle denominazioni di origine, le battaglie a fianco delle amministrazioni locali, l'appoggio ai produttori al dettaglio.

• 2008 - Jørn Utzon (Copenaghen, 9 aprile 1918 – 29 novembre 2008) è stato un architetto danese.
Figlio di un rinomato architetto navale di Aalborg, a 18 anni comincia a collaborare con suo padre disegnando barche. Si iscrive all' Accademia Reale di Belle Arti di Copenaghen dove studia architettura. Dopo essersi laureato nel 1942, si trasferisce in Svezia (perché paese neutrale durante la seconda guerra mondiale) a Stoccolma. Parte poi per la Finlandia dove lavora nello studio di Alvar Aalto, che assieme a Gunnar Asplund e Frank Lloyd Wright, influenzerà fortemente il suo lavoro. Alla fine della guerra torna con la sua famiglia in Danimarca e apre il proprio studio. In questi anni viaggia molto, soprattutto in America (Messico, Stati Uniti) e in Asia (Cina, Giappone, India). Nel 1947 lavora per alcuni mesi in Marocco; l'incontro con l'architettura islamica avrà un'influenza decisiva sul suo lavoro.
Nel 1957 vince il concorso per l'Opera House di Sydney in Australia, dove nel 1962 si trasferisce per seguire meglio il cantiere. Dopo numerosi problemi con la committenza si trova costretto ad abbandonare il progetto nel 1966 e a lasciare l'Australia. Il progetto che ha subito numerose modifiche rispetto al progetto di Utzon, è stato poi ultimato da Peter Hall, David Littlemore e Lionel Todd. L'Opera House è stata inaugurata ufficialmente il 23 ottobre 1973 dalla regina Elisabetta II.
A partire dal 1985 i suoi figli Jan e Kim cominciano a collaborare con lui, e da quando Jørn Utzon si è ritirato proseguono l'attività dello studio Utzon Architects. Sono stati incaricati di seguire lo sviluppo e il restauro dell'Opera di Sydney, e soprattutto di progettare il completamento degli interni.
Durante la sua carriera Utzon ha conseguito numerosi riconoscimenti: è stato eletto accademico d'onore dell'Accademia delle Arti del Disegno e ha ricevuto la medaglia Alvar Aalto, il Premio Sonning, il Premio Wolf, la Legion d'Onore francese e, a coronamento della sua carriera, nel 2003, è stato il laureato del prestigioso Premio Pritzker.