Il calendario del 29 Marzo
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Eventi
▪ 1139 - Ufficializzazione dell'Ordine Templare.
▪ 1461 - Guerra delle due rose: Battaglia di Towton - Edoardo di York rovescia la regina Margaret e diventa re Edoardo IV d'Inghilterra
▪ 1476 - Giovanni Caboto diventa cittadino Veneziano
▪ 1638 - I coloni svedesi stabiliscono il primo insediamento nel Delaware, chiamandolo Nuova Svezia
▪ 1799 - Lo stato di New York approva una legge tesa ad abolire gradualmente la schiavitù
▪ 1807 - Georg Wilhelm Friedrich Hegel pubblica la prima edizione della Fenomenologia dello spirito
▪ 1847 - Guerra messicano-americana: gli Stati Uniti conquistano dopo un assedio la città di Vera Cruz
▪ 1848
- - Inizia la prima guerra d'indipendenza italiana: le truppe del regio esercito piemontese oltrepassano il Ticino al comando del re Carlo Alberto di Savoia
- - Una insolita gelata blocca quasi completamente la caduta delle acque alle Cascate del Niagara
▪ 1849 - Il Regno Unito annette il Punjab
▪ 1871 - Apre la Royal Albert Hall
▪ 1879 - Guerra anglo-zulu: Battaglia di Kambula: nello scontro con le forze britanniche muoiono ventimila zulu
▪ 1912 - Robert Falcon Scott al Polo Sud, scrive l'ultima annotazione sul taccuino: otto mesi dopo una spedizione di soccorso ne ritrova il corpo.
▪ 1941 - Seconda guerra mondiale: termina la Battaglia di Capo Matapan (era iniziata il 27 marzo)
▪ 1945 - Seconda guerra mondiale: ultimo giorno di attacchi sull'Inghilterra delle Fortezze volanti
▪ 1946 - La Piaggio presenta sul mercato la Vespa
▪ 1951 - Caso Rosenberg: Ethel e Julius Rosenberg sono accusati di cospirazione e spionaggio
▪ 1971
- - Per l'uccisione dell'attrice Sharon Tate, chiesta la pena di morte (a Los Angeles, California) per Charles Manson e tre sue seguaci
- - Massacro di My Lai: l'ufficiale William Calley è processato per assassinio premeditato e condannato alla prigione a vita
▪ 1973 - Guerra del Vietnam: gli ultimi soldati americani lasciano Saigon, Vietnam del Sud. In totale i morti ammontano a 930.000 nord-vietnamiti, 180.000 sud-vietnamiti e 45.000 statunitensi
▪ 1979 - Con la mediazione di Jimmy Carter, il presidente egiziano Anwar al-Sadat e il primo ministro israeliano Menahem Begin firmano il trattato di pace tra Egitto ed Israele
▪ 1989 - Alaska: naufragio della petroliera Exxon Valdez
▪ 1999 - L'indice Dow Jones sale nuovamente oltre 10.000 punti chiudendo a 10.006,78: l'anno dopo ci sarà lo scoppio della bolla speculativa del 2000
▪ 2004 - Sette paesi dell'ex Cortina di ferro entrano a far parte della NATO: Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovacchia e Slovenia
▪ 2009 - Nasce ufficialmente sulle ceneri di Forza Italia e di Alleanza Nazionale Il Popolo della Libertà partito di centro destra guidato da Silvio Berlusconi.
Anniversari
▪ 629 - San Eustasio (Francia, 560 c.a. – Luxeuil-les-Bains, 29 marzo 629) è stato un monaco, abate e missionario francese, di regola colombaniana.
Eustasio si fece monaco a Luxeuil-les-Bains, abbazia fondata da San Colombano attorno al 590 diventando suo discepolo. Ben presto prese le redini del monastero, diventando un abile insegnante e dirigendo le scuole monastiche aperte a tutti, sia a monaci che ai laici nobili, ma anche ai poveri.
Nel 611 divenne priore di Luxeuil, dato che San Colombano dovette dapprima abbandonare il monastero per dissidi con i nobili merovingi e poi fu addirittura arrestato.
Eustasio intervenne inoltre nella diatriba fra Santa Fara ed il padre Cagnerico, conte di Borgogna; la giovane volle consacrarsi a Dio contro la volonta del padre che l'aveva promessa in sposa. San Colombano l'aveva battezzata e colse in lei la vocazione, il padre promise di rispettare la volontà della giovane, ma poi cambiò idea. Essa improvvisamente si ammalò gravemente, perse totalmente la vista e rimase in stato catatonico, allorché la madre addolorata ricordò al marito la promessa fatta a Colombano e chiamò Eustasio. Egli rivelò al padre Cagnerico che, lasciata libera di consacrarsi a Dio, sarebbe prontamente guarita. Il padre nuovamente fu costretto a promettere, dietro le pressioni della madre e dello stesso Eustasio; miracolosamente Fara dopo la benedizione si svegliò e riebbe la salute. Ma nuovamente il padre cambiò idea. La giovane prontamente lasciò la casa paterna e si rifugiò presso la locale chiesa di San Pietro. Eustasio, informato di ciò che stava accadendo, lasciò Luxeuil e si diresse alla chiesa di San Pietro. Egli ammonì severamente Cagnerico, entrò in chiesa ed impose il velo alla fanciulla. Essa poi si rifugiò a Luxeuil assieme ai fratelli santi Cagnoaldo e Farone. Successivamente essa fonderà l'abbazia di Faremoutiers ed il collaterale ordine femminile.
Nel 614 andò a visitare San Colombano a Bobbio per convincerlo a ritornare a Luxeuil invitato da nuovo re Clotario II, ma il santo irlandese volle rimanere all'abbazia di Bobbio.
Nel 615 alla morte di Colombano subentrò direttamente quale 2° abate di Luxeuil, ma facendo anche il missionario in Baviera.
Nel 627 al Concilio di Mâcon difese e fece approvare la Regola dell'Ordine di San Colombano.
Mori nel 629 a Luxeuil. Gli successe San Valdeberto come 3° abate.
Viene ricordato il 29 marzo.
▪ 1643 - Leonardo Duardo (Manocalzati, 3 maggio 1566 – Napoli, 29 marzo 1643) è stato un monaco dell'ordine dei Teatini italiano, importante per le sue opere teologiche e giuridiche, scritte in lingua latina.
Frequentò gli studi superiori a Napoli, dove conseguì anche la laurea in diritto civile canonico. Nel 1593 Leonardo Duardo abbandonò l'attività forense per entrare nell'Ordine dei Teatini. Dopo due anni di noviziato a Capua, egli fu mandato presso le corti principesche e le curie vescovili dell’Italia settentrionale: Bologna, Piacenza, Mantova, Milano, Genova, Torino.
A Milano conobbe il cardinale Federico Borromeo, al quale dedicò una sua opera. Il cardinale di Genova Orazio Spinola gli affidò l’incarico di risolvere un conflitto giuridico nella sua diocesi.
Nel 1635 Leonardo Duardo ritornò nel Regno di Napoli. Egli assolse per il suo Ordine diversi incarichi: maestro dei novizi, visitatore, consultore.
Fu colpito da una grave malattia e morì in Napoli nel convento dei Santi Apostoli il 29 marzo 1643 all’età di 77 anni. La morte lo colse mentre era impegnato nell’edizione di due libri, che il nipote Leonardo Duardo junior fece pubblicare.
Nelle sue opere il Duardo affrontò i problemi teologici e giuridici più importanti e controversi della sua epoca; scrisse anche commenti ai documenti papali sui cambi, sui censi. Egli contribuì a far comprendere meglio la natura dello Stato come cosa pubblica e le attività di esso come pubbliche funzioni.
▪ 1746 - Matteo Ripa (Eboli, 29 marzo 1682 – Napoli, 29 marzo 1746) è stato un missionario italiano che dedicò la sua vita adulta alle missioni nelle terre dell'Estremo Oriente cinese e che istituì a Napoli il Collegio dei Cinesi, nucleo del successivo Regio Istituto Orientale, poi Istituto Universitario Orientale, trasformatosi infine (in quanto non più monofacoltà) nell'attuale Università degli studi di Napoli "L'Orientale".
Nato da Giovanni Filippo Ripa, medico, e da Antonia Longo nel piccolo borgo medievale che circondava l’antico castello Normanno, il giovane Matteo trascorse i primi anni della sua infanzia con i fratelli Tommaso, Diego e Lorenzo. Si dice di lui che possedeva un’innata propensione per l’arte, ma a quel tempo il figlio di un barone non poteva certo concedersi ai “piaceri dell’ozio” e fu spinto per questo all’avvocatura. Ma sarebbe stato un altro il suo destino. In quegli anni il Regno di Napoli, come l’Europa tutta, fu interessato da una fervida attività missionaria e Matteo ispirato da una pura “idea” religiosa, che non era la realtà grossolana e mondana di un prete nel suo pubblico uffizio, entrò nella Congregazione dei preti secolari missionari. Durante il suo soggiorno-studio a Roma, venne a contatto con il problema dei “Riti cinesi”, i criteri liturgici che caratterizzavano l'azione dei Gesuiti in Cina conducevano la loro azione, che furono condannati dalla Santa Sede nel 1704, e oggetto della Legazione che Papa Clemente XI decise di inviare in Cina, sotto la guida di Carlo Tommaso Maillard de Tournon (1705-06).
Matteo Ripa fu ordinato il 28 maggio 1705 e nell'ottobre 1707 fu incaricato di portare al Legato Papale Tournon la nomina a Cardinale, appena decisa da un Concistoro dell'1 agosto precedente. Insieme a lui partirono altri quattro missionari: gli italiani Gennaro Amodei, Giuseppe Cerù, Domenico Perroni ed il francese Guglielmo Fabre-Bonjour, imbarcati su una nave inglese in partenza da Londra il 6 aprile 1708, su cui i missionari viaggiarono senza palesare la propria identità cattolica. Arrivati nel 1709 a Manila, Filippine, dovettero aspettare fino alla fine di novembre per potersi imbarcare per Macao, guidati dal missionario lazzarista Teodorico Pedrini, che era arrivato a Manila più di due anni prima.
Nei primi giorni di Gennaio 1710 furono a Macao, ove incontrarono finalmente il Legato Tournon, che nel frattempo aveva tristemente concluso la sua Legazione ed era stato messo in domicilio coatto sotto la guardia dei portoghesi, e gli consegnarono ufficialmente la berretta cardinalizia. Poco dopo la morte del Legato, avvenuta nel Giugno di quell'anno, Ripa fu chiamato - insieme a Pedrini e Bonjour - alla Corte dell'Imperatore Kangxi (della Dinastia Qing, di origini mancesi), ove rimase per circa tredici anni, dal Febbraio 1711 al Novembre 1723, lavorando in qualità di pittore ed incisore su rame al servizio dell'Imperatore stesso.
Presso il palazzo estivo di Jehol, in Manciuria, Ripa incise anche 36 vedute della villa su lastre di rame per stampare copie che l'imperatore potesse donare ai suoi familiari e dignitari. Ebbe anche molte difficoltà a costruirsi un torchio calcografico e a procurarsi le materie prime per fare gli acidi e gli inchiostri per la stampa. Tornando in Europa avrebbe portato con sé copie delle vedute della villa di Jehol, che furono molto apprezzate in Inghilterra da architetti in cerca di soluzioni innovative da sperimentare nella progettazione di ville e giardini. La conformazione dei giardini inglesi è dovuta anche alla incisioni del Ripa.
Dando libero sfogo alla sua “idea” di evangelizzazione, tra ire e dissapori, tentò di aprire una scuola a Pechino per l'educazione di giovani cinesi, cui affidare il compito di diffondere il cristianesimo tra i loro connazionali; un progetto che era stato perseguito qualche anno prima anche dal lazzarista Ludovico Antonio Appiani.
Nel novembre 1723 decise di ripartire per l'Italia per realizzare quel desiderio che lo aveva animato per tutta la sua vita, il Collegio dei Cinesi di Napoli, conducendo con sè quattro giovani cinesi, insieme a un loro connazionale più adulto che era maestro di lingua e scrittura mandarina, con l'intento di dar loro una formazione religiosa adeguata.
Fondazione del Collegio dei Cinesi in Napoli
Al suo ritorno in Italia, nel novembre 1724, questo gruppo costituì il primo nucleo del Collegio dei Cinesi che fu riconosciuto da papa Clemente XII, con breve del 7 aprile 1732. Negli anni '30 Ripa fu consulente di Propaganda Fide nella lunga fase istruttoria di elaborazione di quella che sarà poi nel 1742 la Bolla "Ex Quo Singulari" con cui Benedetto XIV chiuse definitivamente la questione dei Riti Cinesi. Matteo Ripa si spense mestamente il 29 marzo del 1746, giorno del suo 64° anno.
Al Collegio fu associato un convitto per l'educazione di giovani napoletani, ove tra gli altri nel XVIII secolo soggiornò Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Fu dopo l'unità d'Italia (1868) che si tentò di sopprimere l'istituto, difeso allora dai legali Filippo de Blasio, Giuseppe Cavallo e Antonio Tagliamonte; in seguito il Collegio dei Cinesi fu trasformato in Real Collegio Asiatico e, con la riforma ministeriale di Francesco De Sanctis, in Istituto Orientale, in cui fu soppressa la sezione missionaria, equiparandolo alle altre Università statali. Partendo da alcune considerazioni, espresse dal governatore della provincia di Shanxi, egregiamente sintetizzate da Don Alfonso Raimo (direttore regionale Centri missionari diocesani Campania), l'esperienza di Matteo Ripa “impreziosisce il mosaico della tradizione missionaria campana, lasciando intravedere un particolare interesse per la Cina che ha attraversato le diverse epoche (...), ricordando che sono indelebili le tracce lasciate nella sua terra da quest’intrepido missionario sa1ernitano e che ancora oggi sono moltissime le scuole a lui dedicate”.
Il Collegio dei Cinesi si proponeva la formazione religiosa e l'ordinazione sacerdotale di giovani cinesi convertiti, destinati a propagare il cattolicesimo nel loro paese. Tra gli scopi del Collegio era prevista in origine anche la formazione di interpreti, esperti nelle lingue dell'India e della Cina, al servizio della Compagnia di Ostenda, costituita nei Paesi Bassi con il favore dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo, per stabilire rapporti commerciali tra i paesi dell'Estremo Oriente e l'Impero asburgico, nel cui ambito rientrava il Regno di Napoli.
Il suo "Giornale"
Particolarmente rimarchevole nella biografia di Matteo Ripa è il fatto che egli, nel corso della sua, in verità non lunghissima, permanenza alla corte imperiale di Pechino abbia voluto tenere un meticoloso diario quotidiano, su tutti gli eventi, i colloqui, i documenti, i dibattiti di cui fu testimone o protagonista nella sua veste di missionario di Propaganda Fide. Ripa fu per molti anni unico - insieme all'amico Teodorico Pedrini che rimase a Pechino anche dopo la partenza di Ripa - missionario non gesuita alla corte di Kangxi e per questo motivo in grado di offrire una versione dei fatti della Missione di Cina, leggermente diversa da quella generalmente conosciuta.
Il suo Diario ha rappresentato, nei tempi immediatamente successivi il suo rientro in Italia, il deposito di una enorme quantità di informazioni di prima mano su quei fatti, producendo lettere e relazioni che furono anche pubblicate (Cfr Abbè Platel, Memoires Historiques, 1744, 1766) e che servirono a Propaganda Fide, di cui fu continuo consulente, per condurre l'istruttoria che portò poi alla emanazione della Bolla "Ex Quo Singulari" nel 1742, definitiva condanna dei Riti Cinesi.
Ma ancora oggi il suo Giornale, da lui assemblato in forma organica e organizzata negli anni '30 a Napoli, costituisce un'interessantissima ed inesauribile fonte di conoscenza per i moderni storici della Missione (Cfr Scritti - Bibliografia).
▪ 1794 - Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, noto alla storia come marchese di Condorcet (Ribemont, 17 settembre 1743 – Bourg-la-Reine, 29 marzo 1794), è stato un matematico, economista, filosofo e politico francese.
Fece parte del gruppo degli "enciclopedisti", stringendo una proficua collaborazione in particolare con Jean-Baptiste D'Alembert e con Voltaire.
Nel 1769 entrò a far parte dell'Académie des Sciences, di cui divenne segretario nel 1773. Nel 1782 fu eletto all'Académie Française.
Partecipò attivamente alla Rivoluzione Francese nel partito dei girondini e fu oggetto di proscrizione per i suoi contrasti con Robespierre ed in seguito incarcerato.
Come matematico scrisse nel 1765 Sul calcolo integrale e nel 1768 Saggi di analisi e nel 1785 Saggio sull'applicazione dell'analisi alla probabilità delle decisioni prese a maggioranza di voti, dove tentava di applicare forme di calcolo matematico ai fenomeni sociali.
Morì in prigione, in circostanze poco chiare, nel 1794.
Condorcet nacque a Ribemont, nell'Aisne, in un ramo dell'antica famiglia dei Caritat, marchesi che prendevano il nome dalla cittadina di Condorcet, nell'allora Delfinato, dove avevano risieduto a lungo. Orfano di padre dopo pochi anni, fu allevato dalla madre, devota religiosa. Studiò in un collegio dei Gesuiti a Reims e quindi al Collège de Navarre a Parigi, dove mostrò rapidamente le sue capacità intellettuali e ottenne i primi riconoscimenti in matematica. A sedici anni, le sue abilità analitiche furono elogiate da Jean le Rond d'Alembert e Alexis Clairault; presto Condorcet sarebbe divenuto allievo di d'Alembert.
Dal 1765 al 1774 si dedicò alla scienza. Nel 1765 pubblicò il suo primo lavoro sulla matematica, dal titolo Essai sur le calcul intégral, che fu molto ben accolto, dando inizio a una carriera di matematico di fama. In seguito continuò pubblicando molti altri lavori e il 25 febbraio 1769 fu eletto all'Académie royale des Sciences.
Nel 1772 pubblicò un'altra opera sul calcolo integrale che fu salutato da molti come un lavoro innovativo in diversi campi. Poco dopo conobbe Jacques Turgot, un economista, di cui divenne amico. Turgot sarebbe divenuto amministratore con Luigi XV nel 1772 e in seguito divenne Controllore Generale delle Finanze con Luigi XVI nel 1774.
Condorcet divenne conosciuto in tutto il mondo e lavorò con scienziati famosi come Eulero e Benjamin Franklin. Fu nominato membro onorario di diverse accademie scientifiche e società filosofiche straniere, come per esempio in Germania, Russia e Stati Uniti d'America.
Gli inizi della carriera politica
Nel 1774 Condorcet fu nominato da Turgot ispettore generale alla Zecca di Parigi. Condorcet iniziò ad interessarsi alla filosofia e alle questioni politiche. Negli anni seguenti divenne difensore dei diritti umani in generale, e dei diritti delle donne e dei Neri in particolare; favorevole all'abolizione della schiavitù, aderì alla Società degli Amici dei Neri negli anni ottanta del Settecento. Appoggiò gli ideali rappresentati dagli appena costituiti Stati Uniti d'America e avanzò progetti di riforme politiche, amministrative e economiche che intendevano trasformare la Francia.
Nel 1776 Turgot cadde in disgrazia e fu rimosso dal posto di Controllore Generale. Di conseguenza Condorcet presentò le sue dimissioni come ispettore generale della Zecca, ma gli furono respinte e continuò a ricoprire la funzione fino al 1791. Condorcet scrisse poi Vie de M.Turgot (1786), una biografia che parlava appassionatamente di Turgot e sosteneva le sue teorie economiche. Condorcet continuò a ricoprire prestigiose cariche: nel 1777 divenne Segretario Permanente dell'Académie des Sciences, tenendo la carica fino all'abolizione dell'Accademia stessa, nel 1793, e nel 1782 fu nominato segretario dell'Académie Française.
Il paradosso di Condorcet
Nel 1785 Condorcet scrisse il "Trattato sull'Applicazione dell'Analisi alla Probabilità delle Decisioni a Maggioranza", una delle sue opere più importanti. Questo lavoro descriveva diversi risultati ora famosi, tra cui il teorema della giuria di Condorcet, che stabilisce che aggregare stime casuali indipendenti di una singola variabile aumenta la probabilità di esattezza se e solo se la probabilità di errore di ciascuna stima è meno della metà, e il paradosso di Condorcet, che mostra che i voti a maggioranza diventano intransitivi quando vi siano tre o più scelte: è possibile che vi sia una maggioranza favorevole a A rispetto a B, un'altra maggioranza favorevole a B rispetto a C, e un'altra maggioranza favorevole a C rispetto a A, prese all'interno dello stesso elettorato e durante la stessa votazione.
Il trattato delinea anche un generico metodo di voto di Condorcet, progettato per simulare votazioni a due opzioni anche quando vi siano più candidati in una elezione. Era fortemente in disaccordo con il metodo alternativo di aggregare le preferenze avanzato da Jean-Charles de Borda (basato sulla somma delle posizioni nelle graduatorie di preferenza di ciascun elettore). Condorcet fu uno dei primi ad applicare sistematicamente la matematica alle scienze sociali.
Altre opere
Nel 1781 Condorcet scrisse un pamphlet, Riflessioni sulla schiavitù dei negri, nella quale denunciava lo schiavismo. Nel 1786 lavorò su alcune idee riguardanti il calcolo integrale e quello differenziale, trattando in modo nuovo gli infinitesimi, tuttavia non pubblicò mai i suoi risultati. Nel 1789 pubblicò invece Vie de Voltaire, che appoggiava Voltaire nella sua opposizione alla Chiesa cattolica. Nel 1798 Thomas Malthus scrisse il "Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società", in risposta parziale alle opinioni di Condorcet sulla "perfettibilità della società"".
La Rivoluzione Francese
Condorcet ebbe un ruolo molto rilevante agli inizi della Rivoluzione francese nel 1789; sperava in una ricostruzione razionalista della società e sostenne diverse istanze di ispirazione liberale. Nel 1791 fu quindi eletto come rappresentante di Parigi all'Assemblea nazionale, di cui fu in seguito nominato segretario. L'assemblea adottò il progetto di Condorcet per un nuovo sistema educativo nazionale; egli inoltre propose una bozza di costituzione monarchica per la nuova Francia. Si espresse a favore del diritto di voto alle donne per le nuove elezioni, scrivendo un articolo per il Journal de la Société de 1789 e pubblicando De l'admission des femmes au droit de cité nel 1790.
Dopo il 1792 le due principali fazioni politiche erano i Girondini, divenuto ormai il gruppo più moderato, e i Montagnardi, tra cui spiccava Maximilien Robespierre, fautori di una liquidazione rapida della monarchia come l'ultimo residuo dell'Ancien Régime. Benché Condorcet non facesse parte integrante di alcun gruppo, è considerato un Girondino, gruppo in cui aveva diversi amici. Fu presidente dell'Assemblea quando i Girondini ne avevano la maggioranza, fino a quando nel 1792 fu sostituita dalla Convenzione Nazionale, eletta per scrivere una nuova costituzione (Costituzione francese del 1793) che abolì la monarchia in favore della Repubblica, dopo la fuga del re Luigi XVI a Varennes.
Quando Luigi XVI fu processato, i Girondini avevano già perso la maggioranza alla Convenzione. Condorcet, che si opponeva alla pena di morte ma appoggiava il processo, si espresse contro l'esecuzione del re durante il voto nominale alla Convenzione. Questo episodio lo fece considerare un Girondino a tutti gli effetti. I Montagnardi stavano acquisendo sempre più influenza alla Convenzione, visto che il tradimento del re stava confermando le loro tesi. Un montagnardo, Marie-Jean Hérault de Seychelles, come Condorcet membro della Commissione per la Costituzione, rielaborò pesantemente la bozza di Condorcet e presentò quella che fu chiamata la Costituzione Montagnarda. Condorcet criticò questa rielaborazione e, di conseguenza, fu accusato di tradimento. Il 3 ottobre 1793 fu emesso un mandato di cattura nei suoi confronti.
Arresto e morte
Il mandato d'arresto costrinse Condorcet a nascondersi. Restò per cinque mesi (secondo altre fonti per otto) nella casa di Madame Vernet, in rue Servandoni, a Parigi. Qui scrisse Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain (Abbozzo di un ritratto storico dei progressi dello spirito umano), che fu pubblicato postumo nel 1795 ed è considerato uno dei maggiori testi dell'Illuminismo e del pensiero storico.
Narra la storia della civilizzazione mostrando la stretta connessione tra il progresso scientifico e lo sviluppo dei diritti umani e della giustizia, e traccia i principali aspetti di una società razionalista futura, modellata dalla conoscenza scientifica.
Il 25 marzo 1794 Condorcet, convinto di non essere più al sicuro, lasciò il suo nascondiglio e cercò di lasciare Parigi. Due giorni dopo fu arrestato a Clamart e imprigionato a Bourg-la-Reine (o, come veniva chiamata la cittadina durante la Rivoluzione, Bourg-l'Égalité). Quarantotto ore dopo fu ritrovato morto nella sua cella. La teoria prevalentemente accettata è che un suo amico, Pierre Jean George Cabanis, gli avesse fornito del veleno e che Condorcet l'usò per suicidarsi. Tuttavia alcuni storici ritengono che potrebbe essere stato ucciso (forse perché troppo famoso e amato per essere giustiziato).
Condorcet fu sepolto al Panthéon di Parigi nel 1989, in onore del bicentenario della Rivoluzione francese e del ruolo di Condorcet come figura centrale dell'Illuminismo. La bara era tuttavia vuota: inumato nel cimitero comune di Bourg-la-Reine, i suoi resti andarono perduti durante l'Ottocento.
Famiglia
Nel 1786 Condorcet si sposò con Sophie de Grouchy, di oltre vent'anni più giovane di lui. Sua moglie, considerata una delle più belle donne della società, mantenne un fortunato salotto letterario e si dedicò alla traduzione di Thomas Paine e Adam Smith. Erudita, intelligente e istruita, parlava correntemente sia inglese che italiano. Sophie visitò spesso il marito quando questi si nascondeva per evitare l'arresto. Iniziò la procedura di divorzio nel gennaio 1794, solo a causa delle insistenze di Condorcet e di Cabanis, che volevano proteggere la proprietà di famiglia dall'esproprio e quindi garantire la sicurezza finanziaria a Sophie e alla figlioletta, Louise Alexandrine, conosciuta come Eliza, nata nel 1790.
Sophie morì nel 1822, senza mai risposarsi; tra il 1801 e il 1804 si era dedicata alla pubblicazione di tutte le opere di Condorcet. Il suo lavoro fu continuato dalla figlia Eliza Condorcet, che curò una nuova edizione, tra il 1847 e il 1849.
Condorcet e il progresso
Gli scritti di Condorcet costituirono un contributo chiave all'Illuminismo francese, e in particolare il suo pensiero riguardo il progresso umano; in precedenza era inconcepibile credere che l'uomo potesse capire tutto del mondo naturale. Nessuno degli scritti di Condorcet fa riferimento a credenze in una religione o a interventi divini negli affari umani, al contrario ribadì spesso la sua fede nell'umanità stessa e nella sua abilità a progredire grazie alla filosofia morale come quella di Aristotele. Attraverso questa accumulazione e condivisione di conoscenza, era convinto che ogni uomo potesse arrivare alla comprensione di tutti gli eventi nel mondo naturale. L'illuminismo riguardo la conoscenza del mondo fisico esortava al progresso nel mondo sociale e politico. Condorcet credeva che non fosse possibile definire l'esistenza umana perfetta e quindi credeva che il progresso della specie umana sarebbe stato eterno. Considerava l'uomo come in costante avvicinamento verso l'utopica società perfetta. Perché ciò fosse davvero possibile, comunque, Condorcet insisteva sulla necessità di unione tra gli uomini, indipendentemente da razza, religione, cultura o sesso.
▪ 1932 - Filippo Turati (Canzo, 26 novembre 1857 – Parigi, 29 marzo 1932) è stato un politico, avvocato e giornalista italiano, tra i primi e importanti leader del socialismo italiano, e, tra i fondatori, nel 1892, del Partito Socialista Italiano.
Frequentò il liceo classico Ugo Foscolo di Pavia e sin da giovanissimo collaborò con varie riviste d'orientamento democratico e radicale.
La sua linea politica fu determinata molto dalle idee marxiste della compagna russa Anna Kuliscioff e dallo stretto rapporto con gli ambienti operai milanesi. Nel 1886 sostenne apertamente il Partito Operaio Italiano, fondato a Milano nel 1882 dagli artigiani Giuseppe Croce e Costantino Lazzari, per poi fondare nel 1889 la Lega Socialista Milanese, ispirata a un marxismo non dogmatico, che rifiutava apertamente l'anarchia. Dal 1891 al 1926 diresse la rivista Critica sociale. Al congresso operaio italiano, tenutosi a Milano il 2 e 3 agosto 1892, si decide di fondare il periodico Lotta di classe. Giornale dei lavoratori italiani, che nasce il 30 luglio 1892; fu diretto formalmente da Camillo Prampolini, ma di fatto da Turati e Kuliscioff. Collaborò, non senza contrasti, con il periodico e organo dei socialisti toscani La Martinella, diretto a Colle di Val d'Elsa, da Vittorio Meoni.
Turati pensò inoltre ad un organo in cui confluissero tutte le organizzazioni popolari, operaie e contadine: queste sue idee furono accolte nel congresso di Genova (1892), in cui nacque il Partito dei Lavoratori Italiani, divenuto Partito Socialista Italiano nel 1895, una formazione d'impronta riformista che utilizzava la lotta parlamentare per soddisfare le aspirazioni sindacali.
Nonostante Francesco Crispi tentasse di bandire tutte le organizzazioni di sinistra, Turati - eletto deputato nel giugno 1896 - si fece fautore di un'apertura all'area repubblicana mazziniana e a quella radicale, nel tentativo di dare una svolta democratica al governo.
Il 1 marzo 1899 fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare e messo agli arresti con l'accusa d'aver guidato la protesta dello stomaco di Milano, ma fu liberato il successivo 26 marzo in quanto rieletto alle elezioni suppletive, e fece ostruzionismo contro il governo reazionario di Luigi Pelloux.
Nel 1901, in sintonia con le sue istanze "minimaliste" (il cosiddetto programma minimo, che si poneva come obiettivi parziali riforme, che i socialisti riformisti intendevano concordare con le forze politiche moderate o realizzare direttamente se al governo), Turati appoggiò (ministerialismo) prima il governo liberale moderato presieduto da Giuseppe Zanardelli e successivamente (1903) quello di Giovanni Giolitti, che nel 1904 approvò importanti provvedimenti di legislazione sociale (leggi sulla tutela del lavoro delle donne e dei bambini, infortuni, invalidità e vecchiaia; comitati consultivi per il lavoro; apertura verso le cooperative).
A causa, però, della politica messa in atto da Giolitti che favoriva solo gli operai meglio organizzati, la corrente di sinistra del PSI, capeggiata dal rivoluzionario Arturo Labriola e dall'intransigente Enrico Ferri, mise in minoranza la corrente di Turati nel congresso svoltosi a Bologna nel 1904.
La corrente riformista tornò a prevalere nel congresso del 1908 in alleanza agli integralisti di Oddino Morgari; negli anni seguenti Turati rappresentò la personalità principale del gruppo parlamentare del PSI, generalmente più riformista del partito stesso. In questa veste si ritrovò come l'interlocutore privilegiato di Giolitti, che stava allora perseguendo una politica di attenzione alle emergenti forze di sinistra. La crisi della guerra di Libia del 1911 provocò però una frattura irrimediabile tra il governo giolittiano e il PSI, in cui peraltro stavano di nuovo prevalendo le correnti massimaliste.
Fu favorevole all'interventismo dopo la disfatta di Caporetto del 1917, convinto che in quel momento la difesa della patria in pericolo fosse più importante della lotta di classe.
Nel dopoguerra e dopo la Rivoluzione d'Ottobre il PSI si spostò sempre più su posizioni rivoluzionarie, emarginando i riformisti; nell'ottobre 1922 Turati fu infine espulso dal partito e diede vita al Partito Socialista Unitario, insieme con Giuseppe Modigliani e Claudio Treves.
A seguito del delitto Matteotti partecipò alla secessione dell'Aventino, e nel 1926 a causa delle persecuzioni del regime fascista, fu costretto a fuggire prima in Corsica e poi in Francia (con l'aiuto di Italo Oxilia, Camillo e Adriano Olivetti, [per approfondire: clicca qui],Ferruccio Parri, Sandro Pertini e Carlo Rosselli), e qui svolse un'intensa attività antifascista, collaborando tra l'altro al quindicinale Rinascita socialista. Nel 1930 collaborò con Pietro Nenni per la riunificazione del PSI.
Il pensiero politico
Turati si definiva marxista, interpretando la dottrina in maniera non dogmatica; l'emancipazione del proletariato costituisce l'obiettivo, ma si deve mirare ad ottenerla attraverso le riforme.
Tutto ciò che può portare ad un miglioramento è buono, anche se calato dall'alto; il socialismo è la stella polare della società, ma sino al suo avvento è bene cooperare con il capitalismo. Vi sono situazioni in cui la cooperazione non va rifiutata dai socialisti, le riforme possono essere più positive della contrapposizione di classe; vi sono tanti socialismi che possono e devono adeguarsi ai vari stati e alle varie epoche.
Quello di Turati era un socialismo che rifiutava ogni suggestione del tutto e subito. Turati era, comunque, un socialista a tutti gli effetti perché aveva come obiettivo il trasferimento della proprietà dei mezzi di produzione in mano pubblica. Il proletariato non si può emancipare di colpo, non si può credere nell'"illuminazione" rivoluzionaria: non rivoluzione, ma evoluzione graduale.
Il tempo del socialismo è un lungo tempo storico fatto di mediazione e di ragionevolezza: il proletariato raggiungerà la maturità attraverso le riforme; il riformismo è lo strumento per arrivare alla consapevolezza e deve abituare il proletariato alla sua futura evoluzione. Compiti del riformismo sono quelli di educare le coscienze, di creare reale solidarietà tra le classi subalterne.
Per Turati, se il proletariato è ancora immaturo, la rivoluzione sarebbe dannosa: il massimalismo significa contestazione, non migliora la condizione del proletariato, non è detto che porti a dei risultati evocare una selvaggia lotta di classe; anzi, tale lotta di classe porterebbe alla distruzione dell’economia, costringendo il proletariato ad una miseria ancora più cruda.
Turati era un pensatore pacifista: la guerra non può risolvere alcun problema. È avversario del fascismo ma anche della rivoluzione sovietica, che è un fenomeno geograficamente limitato e non esportabile e che non fa uso di intelligenza, libertà, e civiltà.
Per Turati il fascismo non è solo mancanza di libertà ma minaccia per l’ordine mondiale: egli individua elementi comuni tra fascismo e comunismo sovietico perché entrambi ripudiano i valori del parlamentarismo. In quest'ottica, vale la pena di fare un pezzo di strada assieme al liberalismo per difendere la libertà. Queste tesi erano in collisione con la dottrina del socialfascismo adottata fino al 1935 dal Comintern e quindi dal partito comunista italiano.
▪ 1972 - Antonio Bevilacqua (Santa Maria di Sala, 22 ottobre 1918 – Mestre, 29 marzo 1972) è stato un ciclista su strada e pistard italiano.
Passista veloce ed anche velocista su strada, fu anche un inseguitore per quanto riguarda l'attività su pista. Bevilacqua, ha raccolto molto nel corso della sua carriera, su strada una trentina di vittorie, su tutte la Parigi-Roubaix del 1951 oltre a undici tappe del Giro d'Italia, ininterrottamente dal 1946 al 1952, ed un Campionato italiano su strada nel 1950, giungendo terzo l'anno successivo, anno in cui ottenne anche un bronzo mondiale dietro due campionissimi quali Kubler e Magni, ed anche diverse classiche italiani, quali la Tre Valli Varesine, il Giro del Veneto e la Milano-Vignola.
Deceduto a causa di un incidente stradale nel 1972 gli stato è dedicato come eterno ricordo il museo della bicicletta a Cesiomaggiore, in provincia di Belluno.
▪ 1982 - Carl Orff (Monaco di Baviera, 10 luglio 1895 – Monaco di Baviera, 29 marzo 1982) è stato un compositore tedesco, famoso principalmente per i Carmina Burana (1937) e per i Catulli Carmina (1943). Essendosi occupato intensamente anche di pedagogia e didattica, ha influenzato profondamente, attraverso lo Orff-Schulwerk, l’educazione musicale.