Il calendario del 29 Giugno
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Eventi
▪ 1880 - La Francia si annette Tahiti
▪ 1914 - Jina Guseva tenta di assassinare Grigorij Efimovič Rasputin nella sua casa in Siberia
▪ 1933 - Il pugile italiano Primo Carnera sconfigge lo statunitense Jack Sharkey e diviene campione mondiale dei pesi massimi
▪ 1934 - La notte tra il 29 e il 30 giugno ha luogo la cosiddetta notte dei lunghi coltelli, epurazione nazista dei vertici della Sturmabteilung e degli oppositori di Hitler
▪ 1944 - Eccidio di 244 civili a Civitella in Val di Chiana (AR), operato dalle truppe tedesche ivi stanziate
▪ 1986 - L'Argentina di Diego Armando Maradona vince il Campionato mondiale di calcio battendo in finale la Germania 3-2
▪ 1995 - Lo Space Shuttle Atlantis si congiunge con la stazione spaziale russa Mir
▪ 2006 - In occasione dell'appello di un detenuto, Salim Ahmed Hamdan, una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti stabilisce la violazione della Convenzione di Ginevra e del Codice di Giustizia Militare statunitense nel campo di prigionia statunitense nella Baia di Guantanamo
▪ 2007 - L'iPhone, rivoluzionario telefono della Apple, viene lanciato sul mercato statuintense alle 18.00 ora locale, in tutti gli Apple Store.
▪ 2008 - Finale di Euro 2008 tra Spagna e Germania: vince la Spagna 1-0 con gol di Fernando Torres.
▪ 2009 - A Viareggio un treno merci contenente 14 cisterne Gpl deraglia, una cisterna esplode causando crolli e incendi nelle case nel raggio di 200 metri, il bilancio è drammatico: 32 morti e 25 feriti.
Anniversari
▪ 1520 - Montezuma II<, chiamato anche Motecuhzoma Xocoyotzin (1466 – 29 giugno 1520), fu un tlatoani, un imperatore azteco che regnò dal 1502 al 1520.
Il nome
Montezuma II è conosciuto più comunemente come Montezuma: attualmente il numero si usa per distinguerlo dal suo omonimo, anche lui imperatore, Motecuhzoma I, che i cronisti indigeni chiamavano anche Huehuemoctezuma, ovvero Montezuma il vecchio.
In lingua spagnola il nome è Moctezuma. Il nome originale in lingua nahuatl è Motecuhzoma, e si pronuncia Mo-tek-w-zo-ma, che significa "colui che diventa sovrano con rabbia". Deriva da mo, possessivo in terza persona, tecuhtli,che significa "signore" e zoma, cioè "arrabbiato" o "dall'espressione arcigna".
Come detto, l'uso del numero progressivo è solo per distinguerlo dall'altro Montezuma, conosciuto come Montezuma I. Nella lingua nahuatl i due nomi son ben distinti: Montezuma I era Motecuhzoma Ilhuicamina e Montezuma II, Motecuhzoma Xocoyotzin. Il primo dei due nomi significa "uomo solitario che scocca una freccia verso cielo"; Xocoyotzin significa "giovane degno di onore", e si pronuncia Cho-co-yot-sin (mentre Xocoyotl significa semplicemente "il giovane").
Antecedenti
Montezuma II, erede di Ahuitzotl, era il sovrano della città di Tenochtitlán e tlatoani azteco.
La personalità di Montezuma rifletteva più che altro quella di uno studioso (tlatimine), piuttosto che quella di un guerriero. Era sacerdote e capo del Calmecac, la scuola delle classi azteche più elevate. Secondo la leggenda lui non voleva essere imperatore, un tlatoani. Dopo essere stato eletto, scomparve e messaggeri furono mandati a cercarlo. Lo trovarono mentre faceva pulizia in un tempio.
Nel 1502, dopo avere assunto la carica, licenziò la maggior parte delle autorità e le rimpiazzò con i suoi ex-studenti. Il disprezzo della gente in generale lo costrinse a creare un rituale elaborato, tale da permettergli di vivere separato dalla gente comune.
Due suoi atti ufficiali fanno trapelare una personalità strana: creò un tempio speciale, dedicato agli dei delle città conquistate, all'interno del tempio di Huitzilopochtli. Costruì anche un monumento dedicato a Tizoc, un tlatoani che era stato considerato debole ed incapace e che potrebbe essere stato avvelenato.
Durante il suo regno riuscì a far crescere a dismisura il potere di Tenochtitlán, fino a dominare le città sorelle, Texcoco e Tlatelolco.
I contatti con gli spagnoli
Secondo la leggenda ci sono stati otto segni, durante i dieci anni che hanno preceduto l'arrivo dei conquistatori spagnoli, che avrebbero preannunciato il crollo dell'impero azteco:
▪ una cometa apparve in cielo, in pieno giorno.
▪ una colonna di fuoco (probabilmente la cometa) apparve nel cielo della notte.
▪ il tempio di Huitzilopochtli venne distrutto dal fuoco.
▪ un fulmine colpì il tempio di Tzonmolco.
▪ Tenochtitlan subì un'inondazione.
▪ gente strana con molte teste su un corpo solo fu vista camminare per la città.
▪ si sentì la voce di una donna intonare un canto funebre per gli Aztechi.
▪ venne catturato uno strano uccello. Quando Montezuma guardò nei suoi occhi che erano come specchi, vide degli uomini dalle strane sembianze che sbarcavano sulla costa.
Nella primavera del 1519, ricevette le prime notizie di stranieri che erano sbarcati sulla costa orientale del suo impero. Montezuma inviò un ambasciatore con due costumi: uno di Tlaloc e l'altro di Quetzalcoatl. Ognuna delle due divinità azteche aveva delle particolari caratteristiche: Tlaloc aveva una maschera che lo faceva apparire come se indossasse un paio di occhiali; Quetzalcoatl aveva una maschera con la barba. L'ambasciatore azteco, quando incontrò lo spagnolo Hernán Cortés, decise che il "conquistador" assomigliava a Quetzalcoatl, e lo vestì come il dio, poi informò Montezuma. Cortez decise di marciare alla conquista di Tenochtitlàn. Montezuma cercò di impedire la sua avanzata, gli inviò un maggior numero di regali ma il fascino dell'oro risultò irresistibile per gli spagnoli. Montezuma inviò anche dei maghi, dei sacerdoti e perfino un suo ambasciatore, Tzihuacpopoca, che impersonava l'imperatore stesso. Montezuma offrì ancora regali quando Cortés arrivò vicino a Tenochtitlàn. Così lo raccontano gli aztechi (compilato da Sahagún, dopo la conquista):
Offrirono agli Spagnoli insegne d'oro, di piume di quetzal e collane d'oro. Quando videro tutto questo, le loro facce erano sorridenti ed erano assai contenti (gli Spagnoli) e soddisfatti. Quando presero l'oro cominciarono a comportarsi come scimmie, stavano seduti proprio come loro, ed era come se avessero dei nuovi cuori, risplendenti.
Perché la verità è, che quello era ciò che più bramavano. I loro toraci si ingrossavano e la bramosia li faceva impazzire. Bramavano l'oro, come maiali affamati.
Secondo un racconto di Hernando Tezozómoc, Montezuma inviò degli emissari a cercare il leggendario mago e profeta Huemac (la leggenda dice che lui predisse l'arrivo di Quetzalcoatl mille anni prima) per chiedere protezione ed essere suo servo. Tre volte inviò gli emissari e tre volte Huemac rifiutò. Raccomandò, invece, che Montezuma abbandonasse i lussi, i fiori ed i profumi, che facesse penitenza e mangiasse lo stesso cibo dei poveri, bevesse solo acqua bollita e, questo, forse, lo avrebbe aiutato a vincere. Questa è solo una leggenda ma riflette le paure più segrete di Montezuma.
L'8 novembre 1519, Montezuma incontrò Hernán Cortés, che lui credeva essere il dio Quetzalcoatl. Quando Cortés arrivò a Tenochtitlan, Montezuma lo onorò con fiori del suo stesso giardino: per lui, il più grande onore. Cortés ordinò di por fine a tutti i sacrifici umani: Montezuma accettò, il sangue del tempio sarebbe stato lavato via e le immagini degli dei aztechi sarebbero state rimpiazzate da icone cristiane. Montezuma accettò anche di essere battezzato e si dichiarò suddito del re Carlo I di Spagna. Montezuma ricevette Cortés nel palazzo di Axayacatl, con tutti i suoi uomini e 3.000 alleati indios.
Molto è stato scritto su questo argomento: scrittori come Leon Portilla e Laurette Séjourné pensano che le classi più elevate della società azteca fossero consapevoli di aver tradito gli ideali della religione di Quetzalcoatl. L'alto tasso di sacrifici umani tra gli aztechi era il risultato delle riforme di Tlacaelel. Montezuma era uno studioso (tlatimine) e certamente se ne rendeva conto. Montezuma non era un vigliacco — nella società azteca non sarebbe riuscito ad arrivare alla posizione di Tlatoani se non avesse dimostrato il proprio coraggio — eppure si comportò spinto dalla paura alla presenza di Cortés e si sottomise docilmente a tutte le richieste degli spagnoli.
Durante l'assenza di Cortés, il comandante lasciato in città, Pedro de Alvarado detto Tonatiuh, interruppe la celebrazione azteca di Toxcatl e uccise i personaggi più in vista delle classi nobili azteche, durante quello che fu chiamato "Il Massacro del Grande Tempio". Si è calcolato che il numero dei morti sia stato tra i 350 e i 1.000. Il popolo si sollevò in rivolta e gli spagnoli fecero prigioniero Montezuma. Il 29 giugno 1520, nel tentativo di calmare la folla inferocita, Montezuma apparve sul balcone del suo palazzo, facendo appello alla sua gente di ritirarsi. Il popolo rimase esterrefatto davanti alla complicità del loro imperatore con gli spagnoli e lo bersagliò di pietre e frecce. Lui morì poco tempo dopo l'attacco ma esistono diverse versioni su come avvenne effettivamente la sua morte. Secondo gli informatori aztechi di Padre Sahagun, Alvarado 'garrotò tutti i nobili che aveva catturato'; Cortés raccontò che era stato colpito a morte da una pietra (per alcuni storici il colpevole fu Cuauhtémoc ma la fonte non viene riportata). Nel Codice Ramirez, scritto da un anonimo azteco convertito al cristianesimo, si criticano i sacerdoti spagnoli, perché invece di amministrare gli ultimi sacramenti a Montezuma, si preoccuparono solo di cercare l'oro.
Recentemente (2009) il British Museum ha rivisto le circostanze storiche della morte di Montezuma, sostenendo che il sovrano non morì per mano del suo popolo ma per mano degli spagnoli, dopo essere stato ridotto in prigionia. Sembra infatti che venne ucciso mediante l'ingestione forzata di oro fuso[1].
Dopo Montezuma
A Montezuma successe il fratello Cuitláhuac, che morì poco dopo di vaiolo e fu rimpiazzato dal giovane e vigoroso Cuauhtémoc. In un solo anno l'impero azteco fu totalmente sottomesso dai dominatori spagnoli. Durante il periodo della conquista, la figlia di Montezuma, Techichpotzin, diventò l'erede del patrimonio del re, prese il nome di 'Isabella' e si sposò diverse volte.
Il nome di Montezuma è ancora il titolo di un casato spagnolo.
Ritratto del grande imperatore
Si racconta che prima di salire al potere, il giovane Montezuma fosse un accorto sacerdote, un buon amministratore ed un capo quieto. Dal giorno della sua incoronazione tutto cambiò. Divenne un imperatore dispotico e violento. Il giorno della sua incoronazione ed in molte altre cerimonie importanti, fece sgozzare anche diverse migliaia di prigionieri nell'arco di un solo giorno. Le poche volte che si mostrava sui meravigliosi terrazzi bianchi di Tenochtitlan appariva splendente, sempre con abiti sfarzosi ed eleganti. Viveva in una enorme reggia, dove le sue due mogli e le numerose concubine vivevano circondate da ogni lusso immaginabile. All'interno del palazzo c'erano enormi cucine che sfornavano quotidianamente pasti per gli oltre 300 abitanti della reggia e per le diverse centinaia di guardie e servi; una zona era riservata agli animali: gabbie di legno con giaguari e ocelot, trespoli con colorati uccelli, pozze con animali acquatici. Ben presto però, Montezuma si alienò le simpatie del popolo, per il quale non aveva grande stima. Essendo stato un sacerdote era terribilmente superstizioso.
Media
Le vicende di Montezuma hanno ispirato il film d'animazione La strada per El Dorado
▪ 1936 - Ettore Petrolini (Roma, 13 gennaio 1884 – Roma, 29 giugno 1936) è stato un attore e drammaturgo italiano, specializzato nel genere comico.
È considerato uno dei massimi esponenti di quelle forme di spettacolo a lungo considerate come teatro minore, termine con il quale si identificavano il teatro di varietà, la rivista e l'avanspettacolo. Viene ricordato nello spettacolo l'atteggiamento sbeffeggiante verso la dittatura che portò il grande attore, in occasione della medaglia che Mussolini gli volle conferire, a pronunciare l'immortale ringraziamento:"E io me ne fregio!". La sua importanza nel panorama del teatro italiano è oggi pienamente riconosciuta. Riassumendo in sé l'attore e l'autore, Petrolini ha inventato un repertorio ed una maniera che hanno profondamente influenzato il teatro comico italiano del Novecento.
▪ 1940 - Paul Klee, (pronuncia pàul clé) (Münchenbuchsee, 18 dicembre 1879 – Muralto, 29 giugno 1940), è stato un pittore tedesco (richiese la cittadinanza svizzera negli ultimi anni di vita).
Figura eminente dell'arte del XX secolo, Paul Klee, nel periodo della sua formazione, si occupò di musica, poesia, pittura, scegliendo infine quest'ultima forma di espressione come ambito privilegiato e dando così inizio ad una tra le più alte e feconde esperienze artistiche del Novecento. Si mantenne comunque anche con i proventi derivati dalla sua attività di strumentista presso l'Orchestra di Berna. Esponente dell'astrattismo, considerava l'arte come un discorso sulla realtà e non come una sua semplice riproduzione. Nelle sue opere la realtà è quindi rarefatta, resa essenziale, talvolta ridotta a semplici linee o campiture colorate. La sua inesausta ricerca si manifesta anche attraverso la scelta dei supporti, che vanno dalla tradizionale tela alla carta di giornale, alla juta, a cartoncini di ogni qualità e spessore.
▪ 1967 - Primo Carnera (Sequals, 25 ottobre 1906 – Sequals, 29 giugno 1967) è stato un pugile italiano degli anni trenta. http://it.wikipedia.org/wiki/Primo_Carnera
Fu campione mondiale dei pesi massimi dal 29 giugno 1933 al 14 giugno 1934. Per antonomasia, uomo di eccezionale forza fisica e di alta statura.
* 1970 - Günther Messner (Bressanone, 11 dicembre 1946 – Nanga Parbat, 29 giugno 1970) è stato un alpinista ed esploratore italiano.
Si avvicina alla montagna da ragazzo, trascinato dal fratello Reinhold, con cui avrebbe in seguito formato una cordata molto affiatata, in cui Reinhold era il primo e lui il secondo.
La sua attività inizia sulle Dolomiti dove risiede con la famiglia. Impiegato in banca, dedica tutti i fine settimana all'attività alpinistica. All'inizio del 1967 i due fratelli Messner si dedicano in particolare all'arrampicata artificiale. Durante la seconda ripetizione della via Schubert-Werner allo Spiz delle Roé di Ciampié, Günther osserva che l'arrampicata artificiale "è una burla", e che "una volta imparata la tecnica, addio fascino, non cambia più". In seguito, i due fratelli Messner abbandonano l'arrampicata artificiale, riscoprendo l'arrampicata libera. Con questa filosofia, nello stesso anno sale la parete nord-est del monte Agner, insieme a Reinhold ed Heini Holzer, e con l'appoggio esterno di un altro fratello, Erich. Con Reinhold poi, nell'ottobre del 1967, sale la parete nord della Cima della Madonna.
Il 1968 è un anno di grande attività. Il punto saliente dell'annata è probabilmente la salita, con Reinhold, del Pilastro di Mezzo del Sass d'la Crusc. La via presenta un passaggio successivamente valutato di VIII grado /7a. Nello stesso anno, sempre con Reinhold, apre la diretta della parete nord del Sass de la Pùtia.
Nel 1969, anche per gli impegni di lavoro, dirada l'attività. Nell'autunno di quell'anno, Reinhold viene invitato ad una spedizione austriaca al Nanga Parbat, organizzata da Karl Maria Herligkoffer; a fine anno, in seguito alla rinuncia di un altro membro della spedizione, l'invito viene esteso anche a Günther.
La spedizione ha luogo nel 1970; oltre ai due fratelli Messner, vi partecipano Max von Kienlin e Hans Sale. L'obiettivo è quello di aprire la prima via sulla parete Rupal del Nanga Parbat, con metodo classico (attacco prolungato, posa di corde fisse) ma senza ossigeno. Il piano originale prevede che l'attacco finale alla vetta venga portato dal solo Reinhold, ma questi, durante la salita viene raggiunto lungo il percorso da Günther. I due fratelli proseguono insieme, e raggiungono la vetta il 27 giugno del 1970, realizzando la terza salita assoluta al Nanga Parbat. Günther è molto provato, e soffre di allucinazioni a causa del freddo e della stanchezza; inoltre, i due hanno esaurito le scorte di acqua e cibo. I due decidono quindi di scendere per il versante Diamir, considerando questa via più facile rispetto alla parete Rupal. Durante la discesa, Günther viene travolto da una valanga, e scompare.
▪ 1982 - Antonino Burrafato (Nicosia, 13 giugno 1933 – Termini Imerese, 29 giugno 1982) è stato un poliziotto italiano, vice-brigadiere in servizio presso la Casa Circondariale dei Cavallacci di Termini Imerese. Fu assassinato da mano mafiosa il 29 giugno 1982.
▪ 2000 - Vittorio Gassman - vero cognome Gassmann - (Genova, 1º settembre 1922 – Roma, 29 giugno 2000) è stato un attore e regista italiano di cinema, teatro e televisione.
Genio versatile, ma con profonde radici nel mondo del teatro più "impegnato", fondatore e direttore del Teatro d’Arte Italiano Amleto di W. Shakespeare. Con Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni fu anche uno dei "mostri", o "mattatori", della commedia all'italiana.[1] Soprannominato appunto "il mattatore", è considerato uno dei migliori attori italiani, ricordato per la sua estrema professionalità, versatilità e magnetismo. La sua lunga carriera da attore di teatro, cinema e televisione in Italia e all'estero comprende produzioni importanti, così come dozzine di divertissement, che gli diedero una vasta popolarità.
Nato nel quartiere di Struppa, allora comune autonomo incluso dal 1926 nella Grande Genova, era figlio dell'ingegnere civile tedesco Heinrich Gassmann (Vittorio in seguito eliminerà la seconda "n" per il nome d'arte) e della pisana Luisa Ambron.
La vita privata
Vittorio Gassman sposò soltanto attrici:
▪ Nora Ricci (figlia di Renzo Ricci) dalla quale ebbe la prima figlia Paola, attrice ella stessa e moglie di Ugo Pagliai;
▪ Shelley Winters, dalla quale ebbe la seconda figlia Vittoria;
▪ Juliette Mayniel, che gli diede Alessandro, anche lui attore;
▪ Diletta D'Andrea, dalla quale nacque Jacopo, regista.
Molto acclamato come attore, Gassman venne talvolta criticato a causa della sua vita privata, specie per i suoi divorzi (che suscitarono scandalo negli anni cinquanta e sessanta), e per il suo iniziale ateismo (in seguito sviluppò una fede molto personale). Inoltre, nelle sue dichiarazioni e interviste, espresse sovente commenti originali o poco convenzionali, talvolta con il chiaro intento di disturbare le posizioni culturali moderate: si guadagnò infatti vari nemici nel mondo dell'arte per i suoi franchi giudizi.
Anni quaranta
Ancora molto giovane si trasferì a Roma, dove ottenne la maturità classica al liceo Tasso, e frequentò l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, nella quale studiavano anche altre importanti figure del cinema e del teatro italiano, come Paolo Stoppa, Rina Morelli, Adolfo Celi, Luigi Squarzina, Elio Pandolfi, Rossella Falk, Lea Padovani e, successivamente, Paolo Panelli, Nino Manfredi, Tino Buazzelli, Gianrico Tedeschi, Monica Vitti, Luca Ronconi e molti altri.
In questi anni si distinse anche come giocatore di pallacanestro, arrivando a far parte della nazionale universitaria: l'attività sportiva contribuì a dotarlo di un fisico atletico.
Il suo debutto teatrale avvenne a Milano nel 1943, con Alda Borelli, nella Nemica di Dario Niccodemi. Si spostò quindi a Roma, al Teatro Eliseo, unendosi a Tino Carraro ed Ernesto Calindri in un trio che rimase celebre: con loro recitò in diverse opere, dalla commedia borghese al teatro intellettuale sofisticato, senza nessuna difficoltà apparente nel passare da uno stile all'altro.
Fu con la compagnia di Luchino Visconti che Gassman ottenne i successi della maturità, assieme a Stoppa, Rina Morelli e Paola Borboni. Gassman interpretò Kowalski in Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams, quindi recitò in Rosalinda di Shakespeare e nell'Oreste di Vittorio Alfieri. Successivamente entrò nel Teatro Nazionale con Tommaso Salvini, Massimo Girotti e Arnoldo Foà, per un Peer Gynt (Ibsen) di successo.
Del 1945 è il suo debutto cinematografico, in Incontro con Laura, di Carlo Alberto Felice: la pellicola è però andata perduta, pertanto il suo primo film distribuito nelle sale rimane Preludio d'amore (1946), di Giovanni Paolucci. Ma il successo e l'apprezzamento del pubblico dovevano ancora arrivare.
Anni cinquanta
Nel 1952, assieme a Luigi Squarzina, fondò e diresse il Teatro d'Arte Italiano, producendo la prima versione completa dell'Amleto in Italia, oltre a opere rare come il Tieste di Seneca o I Persiani di Eschilo.
Nel 1956, anno chiave della sua carriera artistica, Gassman interpretò l'Otello con il grande attore Salvo Randone, con il quale si scambiava nei ruoli del Moro e di Iago. Poco dopo, in un programma televisivo intitolato Il Mattatore, ottenne un inaspettato successo, e il Mattatore divenne ben presto il soprannome che lo avrebbe accompagnato per il resto della vita.
Per il cinema invece, oltre che protagonista, Gassman è stato anche regista di Kean (1957), L'alibi (1969) e Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto (1972).
Anni sessanta
Gli anni sessanta si rivelarono molto gratificanti per la carriera cinematografica di Vittorio Gassman, sulla scia del grande successo ottenuto nel 1958 con I soliti ignoti di Mario Monicelli. Il cinema lo aveva impegnato sino ad allora, in Italia e ad Hollywood, in ruoli cinematografici atletici e di seducenti villain (dopo il trionfo di Riso amaro, 1949); Monicelli lo rivelò anche ottimo attore di ruoli comici ed egli acquistò in breve una vasta notorietà con prodotti più popolari come La grande guerra (1959), Il sorpasso (1962), I mostri (1963) e L'armata Brancaleone (1966).
Anni settanta e ottanta
Sempre per gli schermi, Gassman ha interpretato C'eravamo tanto amati (1974), Profumo di donna (1974), Anima persa (1977), Caro papà (1979), La famiglia (1987), Lo zio indegno (1989) e Tolgo il disturbo (1990) in Italia; all'estero si è fatto invece apprezzare in Un matrimonio di Altman (1978), La tempesta di Mazursky (1982), Benvenuta di Delvaux (1983), La vita è un romanzo di Resnais (1983).
Anni novanta
Nell'ultimo decennio di vita ha continuato a lavorare per il cinema in Il lungo inverno di Jaime Camino (1992), Sleepers di Barry Levinson (1996), regalando una splendida caratterizzazione del vecchio mafioso King Benny, e La cena di Ettore Scola (1998).
Fu probabilmente a lungo vittima della sindrome bipolare, della quale hanno patito anche altri grandi artisti quali Charles Baudelaire, Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Lord Byron, Virginia Woolf e Vincent Van Gogh. Morì per un improvviso attacco cardiaco nella sua casa di Roma.
Ritorno al teatro
Nonostante i suoi successi cinematografici Gassman non abbandonò mai il teatro. Nell'ultima parte della sua carriera aggiunse la poesia al suo repertorio, aiutando a far conoscere in Italia alcune opere straniere.
Vero perfezionista, aveva in odio la dizione imperfetta o le inflessioni dialettali, pur essendo in grado di rendere perfettamente, quando richiesto, la maggior parte dei dialetti italiani. In modo abbastanza coraggioso, accettò la sfida di dirigere l' Adelchi, una delle opere meno note e meno "facili" di Alessandro Manzoni. La tournée di questo spettacolo raccolse mezzo milione di spettatori, attraversando l'Italia con il suo Teatro Popolare Itinerante (una nuova edizione del famoso Carro di Tespi).
Le sue produzioni teatrali comprendono molti dei più famosi autori del XX secolo, oltre a frequenti ritorni ai classici come Shakespeare, Dostoevskij e i grandi drammaturghi greci.
Fondò inoltre una scuola di teatro a Firenze, quella Bottega Teatrale che diresse personalmente dal 1979 al 1991 e che è stata una protagonista del mondo culturale fiorentino, richiamando a Firenze moltissimi dei nomi più noti del teatro e del cinema italiano e mondiale: da Giorgio Albertazzi (per molti anni vicedirettore) a Orazio Costa, da Antonella Daviso a Ettore Scola, da Yoves Le Bretton a Siro Ferrone, solo per ricordarne alcuni.
Televisione
In televisione dosò le sue apparizioni nei programmi popolari, tuttavia partecipò alle trasmissioni di Corrado e Pippo Baudo soprattutto, coinvolgendo i conduttori in scenette memorabili. Esilarante fu la sua interpretazione di Nostradamus nella campagna pubblicitaria dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino nel 1997 con il tormentone: «Questo lo ignoro!»
Gassman fu uomo di intense emozioni e di grande onestà intellettuale; i suoi notevoli senso dell'umorismo e autoironia lo portarono negli anni novanta a prendere parte ad un programma televisivo (Avanzi) nel quale, in maniera molto formale e seria, recitava documenti come la bolletta del gas o il menù del ristorante. Queste "letture" vennero eseguite con la stessa abilità professionale che lo rese famoso recitando la Divina Commedia di Dante.
Altre attività
Scrittore
Ha coltivato anche una sua attività letteraria, pubblicando sia volumi autobiografici come Un grande avvenire dietro le spalle (1981) e Memorie del sottoscala (1990), sia opere come Ulisse e la balena bianca (1992), Mal di parole (1992) e Lettere d'amore sulla bellezza (1996) con Giorgio Soavi.
Doppiatore
Ha avuto una parentesi come doppiatore nel 1994, dando la voce al commovente personaggio di Mufasa nel film della Disney Il Re Leone (interpretato nella versione americana da James Earl Jones).
Curiosità
Il 29 Giugno 2010, in occasione del decennale della scomparsa dell'attore, il Comune di Milano ha intitolato in suo nome una via del quartiere periferico Adriano - Marelli.
▪ 2003 - Katharine Houghton Hepburn (Hartford, 12 maggio 1907 – Old Saybrook, 29 giugno 2003) è stata una attrice teatrale e attrice cinematografica statunitense.
Nella sua carriera, durata più di settant'anni, ricevette dodici nomination al Premio Oscar come miglior attrice protagonista, e ne vinse quattro, tutti come migliore attrice protagonista, primato tuttora ineguagliato. Nel 1976 la Hepburn vinse anche un Premio Emmy, sempre come miglior attrice protagonista. Secondo la AFI's 100 Years... 100 Stars, è ritenuta essere la più grande attrice di tutti i tempi.