Il calendario del 28 Luglio
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Eventi
▪ 1402 - Nella battaglia di Ancyra, i Turchi ottomani sono pesantemente sconfitti dai timuridi di Tamerlano e il sultano Bajazet I è fatto prigioniero.
▪ 1443 - Grande incendio di Mosca
▪ 1480 - Battaglia di Otranto: la flotta navale turca sferra per ordine del sultano Maometto II un grande attacco all'Italia
▪ 1540 - Una delle più importanti figure politiche del regno di Enrico VIII d'Inghilterra, Thomas Cromwell, viene giustiziato su ordine del re con l'accusa di tradimento. Enrico sposa la sua quinta moglie, Caterina Howard, nello stesso giorno
▪ 1794
- - Parigi: Maximilien Robespierre viene ghigliottinato (cfr. Rivoluzione Francese)
- - Parigi: Louis Antoine de Saint-Just viene ghigliottinato (cfr. Rivoluzione Francese)
▪ 1821 - Il Perù dichiara l'indipendenza dalla Spagna
▪ 1830 - Durante la Rivoluzione di luglio, i popolani prendono l'Hotel de Ville
▪ 1866 - L'Atto metrico del 1866 diventa legge e legalizza la standardizzazione di pesi e misure negli Stati Uniti
▪ 1868 - L'adozione del XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti garantisce agli afroamericani la piena cittadinanza
▪ 1904 - Roma: inaugurazione della Sinagoga, il Tempio Maggiore
▪ 1914 - Scoppia la prima guerra mondiale: l'Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia, dopo che questa non è riuscita a rispettare tutte le condizioni dell'ultimatum del 23 luglio, posto dall'Austria-Ungheria a seguito dell'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando per mano di un nazionalista serbo
▪ 1943
- - Bari: un reparto dell'esercito schierato a protezione della sede del Pnf, spara sui manifestanti che festeggiano la caduta del Fascismo: 20 morti
- - il Partito Fascista Sammarinese si scioglie e vengono convocate nuove elezioni. Fine del Fascismo a San Marino
▪ 1944 - Follo: In seguito ad una rappresaglia nazifascista il vecchio centro storico del paese di Follo Castello viene dato alle fiamme perché ritenuto covo dei partigiani, causando la morte di due persone.
▪ 1945 - New York: un bombardiere B-25 Mitchell si schianta tra il 79° e l'80° piano dell'Empire State Building causando 14 vittime
▪ 1965 - Guerra del Vietnam: il presidente statunitense Lyndon B. Johnson annuncia il suo ordine di incrementare il numero di truppe statunitensi nel Vietnam del Sud da 75.000 a 125.000
▪ 1976
- - La Corte Costituzionale sancisce l'illegalità del monopolio Rai. Inizia così l'epoca delle cosiddette TV private, che cambierà il panorama mediatico italiano
- - Un terremoto di magnitudo tra i 7,8 e gli 8,2 gradi della Scala Richter rade al suolo Tangshan in Cina, uccidendo 242.769 persone e ferendone 164.851
▪ 1987 - Alle 7:23 una frana di enormi dimensioni dovuta alle insistenti piogge (alluvione della Valtellina) travolge drammaticamente i paesi di Sant'Antonio Morignone e di Aquilone in Valtellina spazzandoli via e provocando morti e dispersi
▪ 1995 - La Network Solutions annuncia una nuova politica per aiutare le compagnie a proteggere i propri marchi registrati su Internet
▪ 1996 - L'Uomo di Kennewick, i resti di un uomo preistorico, vengono scoperti nei pressi di Kennewick (Washington)
▪ 1998 - Scandalo Lewinsky: L'ex-stagista della Casa Bianca, Monica Lewinsky riceve l'immunità in cambio della sua testimonianza di fronte al gran giurì, circa le sue relazioni con il presidente Bill Clinton
▪ 2005 - Belfast: L'IRA annuncia la fine della lotta armata a partire dalle 16 BST, le 17 ora italiana
▪ 2007 - Hylands Park: Cerimonia di Apertura al 21 Jamboree Mondiale Degli Scout, svoltosi ad Hyland Park, Chelmsford. Partecipanti: 40000 provenienti da 158 paesi diversi.
Anniversari
▪ 1655 - Savinien Cyrano de Bergerac (Parigi, 6 marzo 1619 – Sannois, 28 luglio 1655) è stato uno scrittore e drammaturgo francese del Seicento.
La sua figura ha ispirato la celebre opera teatrale Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand del 1897. Grazie ai suoi romanzi fantastici è oggi considerato uno dei precursori della letteratura fantascientifica. In altro senso e specialmente per il suo linguaggio fortemente laicistico e poco rispettoso delle istituzioni religiose egli è considerato un intellettuale libertino. Il suo nome completo era Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac (Cyrano era in realtà il cognome e non il nome), italianizzato da alcuni in passato come Ercole Savignano.
▪ 1741 - Antonio Lucio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741) è stato un compositore e violinista italiano legato all'ambiente del tardo barocco veneziano.
Fu uno dei violinisti più virtuosi del suo tempo e uno dei più grandi compositori di musica barocca. Considerato il più importante, influente e originale compositore della penisola italiana della sua epoca, Vivaldi contribuì significativamente allo sviluppo del concerto, soprattutto solistico, genere iniziato da Giuseppe Torelli, e della tecnica del violino e dell'orchestrazione. Non trascurò inoltre l'opera lirica. Vastissima la sua opera compositiva che comprende inoltre numerosi concerti, sonate e brani di musica sacra.
Le sue opere influenzarono numerosi compositori del suo tempo, soprattutto tedeschi, tra cui Bach, Pisendel e Heinichen.
Come avvenne per molti compositori del barocco, dopo la sua morte il suo nome e la sua musica caddero nell'oblio. Fu grazie alla ricerca di alcuni musicologi del XX secolo, come Arnold Schering, Marc Pincherle, Alberto Gentili e Alfredo Casella, che Vivaldi uscì dalla dimenticanza.
Le sue composizioni più note sono i quattro concerti per violino conosciuti come Le quattro stagioni, celebre esempio di musica a soggetto.
Gli è stato dedicato un cratere su Mercurio.
La musica di Vivaldi
Innovando dal profondo la musica dell'epoca, Vivaldi diede più evidenza alla struttura formale e ritmica del concerto, cercando ripetutamente contrasti armonici e inventando temi e melodie inconsuete. Il suo talento consisteva nel comporre una musica non accademica, chiara ed espressiva, tale da poter essere apprezzata dal grande pubblico e non solo da una minoranza di specialisti. Vivaldi fu favorevolmente oggetto d'interesse della critica tedesca sua contemporanea. Tra i tedeschi si ricordano in particolare, Johann Adam Hiller, Ernst Ludwig Gerber e il flautista e compositore Johann Joachim Quantz. Costui riferì di aver ascoltato alcuni concerti (probabilmente de L'estro armonico) del Prete Rosso a Pirna nel 1714 e lui stesso li definì un nuovo genere di pezzi musicali dai magnifici ritornelli (questo fu uno dei maggiori riconoscimenti a Vivaldi da parte di personalità coeve). La sua musica ebbe infatti un notevole influsso sullo stile di diversi compositori sia austriaci che tedeschi. Tra questi il più noto fu il celebre Johann Sebastian Bach, il quale fu grandemente influenzato dalla forma del concerto vivaldiano: egli interiorizzò a tal punto alcuni concerti vivaldiani da volerli trascrivere per clavicembalo solista o per uno o più clavicembali e orchestra, tra questi il famoso Concerto per quattro violini, archi e clavicembalo op. 3 n. 10 (RV 580). Fino a poco tempo fa si credeva che fosse stato Vivaldi a trascrivere per violino alcune opere di Bach. Solo recentemente è stato dimostrato che il trascrittore fu invece Bach il quale, a dire il vero, non si limitò alla pura trascrizione, ma arricchì sistematicamente la trama vivaldiana dal punto di vista contrappuntistico.
Fu apprezzato anche dall'ambiente musicale francese, nel quale spiccano l'organista Michel Corrette e Pierre Gaviniès. La sua notorietà in Francia continuò per un certo periodo anche dopo la morte: si ricorda infatti che Jean-Jacques Rousseau nel 1775 fece un riarrangiamento per flauto della Primavera.
Fu invece attaccato duramente dagli inglesi, ad esempio Charles Avison sosteneva che la sua musica era adatta a far divertire i fanciulli. Nonostante questo in vita la sua musica strumentale ebbe successo in tutto Europa e fu oggetto di numerose ristampe sia francesi che inglesi.
In Italia, nonostante avesse fortemente influenzato e rinnovato la musica strumentale dell'epoca, fu praticamente ignorato dagli studiosi coevi e i suoi lavori teatrali dopo la sua morte caddero nell'oblio più totale, questo a causa della moda in voga nell'Italia del Settecento, ove si esigevano sempre nuovi autori e nuove musiche.
Vivaldi è considerato uno dei maestri della scuola barocca italiana, basata sui forti contrasti sonori e sulle armonie semplici e suggestive.
Praticamente dimenticato durante le stagioni del Classicismo e del Romanticismo, incontrò il gusto dei musicisti del primo Novecento. Dopo la riscoperta della sua opera nel secondo dopoguerra (grazie anche alla nascita di enti come l'Istituto Italiano Antonio Vivaldi, dediti allo studio e alla diffusione della musica vivaldiana) Vivaldi è oggigiorno uno dei compositori più amati e ascoltati del Barocco, anche se non tutti i musicisti del XX secolo mostrarono tuttavia lo stesso entusiasmo: Igor Stravinskij disse provocatoriamente che «Vivaldi avrebbe scritto per cinquecento volte lo stesso concerto».
Catalogo delle opere
Il catalogo delle opere di Vivaldi è particolarmente vasto e complesso. La grande fama di cui godette in tutta Europa portò alla dispersione dei suoi manoscritti fino agli angoli più remoti del vecchio continente. Non è quindi raro che, in seguito al riordino delle collezioni di manoscritti di una biblioteca si rintraccino composizioni inedite delle quali si era persa notizia da secoli, come accaduto recentemente a Dresda. Altro elemento di confusione è l'esistenza di diversi cataloghi delle sue opere, del tutto discordanti fra loro per ciò che riguarda la numerazione e la cronologia delle opere, fra i quali, solo di recente il Catalogo Ryom (contraddistinto dalla sigla RV) sembra aver raggiunto lo status di riferimento universale. Non è tuttavia raro imbattersi tuttora in pubblicazioni musicali che fanno riferimento ad una catalogazione diversa. Il "corpus" delle composizione vivaldiano consta in circa 600 fra concerti e sonate, quasi 300 dei quali per uno o più violini, 30 circa per violoncello, 39 per fagotto, 25 per flauto, 25 per oboe etc. fino a toccare strumenti come il liuto, il mandolino ed altri strumenti molto raramente utilizzati in funzione concertistica, all'epoca. Alle composizioni strumentali, si affianca una notevole produzione di musica sacra, che consta di poco meno di un centinaio di composizioni; notevole anche la produzione di musica vocale, comprendente oltre cento cantate ed arie. Infine la sua attività di operista è stata recentemente riscoperta. Essa si compone di circa 45 titoli, di molti dei quali, purtroppo, si è perduta la parte musicale.
Il catalogo Ryom delle opere di Vivaldi (Verzeichnis der Werke Antonio Vivaldis)
Diversi musicologi del XX secolo hanno creato cataloghi delle composizioni del Prete Rosso, in modo più o meno indipendente l'uno dall'altro, sulla base delle opere già note all'epoca della loro compilazione e ordinandole secondo criteri differenti. Ne consegue una certa difficoltà a riconoscerne le corrispondenze, tanto più che i primi sono ovviamente meno completi. I cataloghi sono citati con le sigle seguenti:
▪ P catalogo di Marc Pincherle,
▪ RC catalogo delle edizioni Ricordi (composto da Gian Francesco Malipiero),
▪ RN catalogo di Mario Rinaldi,
▪ F catalogo di Antonio Fanna,
▪ RV catalogo di Peter Ryom (significa : "Ryom Verzeichnis" e non "Repertorio Vivaldiano" !).
Composto nel 1973, ed aggiornato da allora in occasione di ritrovamenti di nuove opere, quest'ultimo è il più completo e si tende ormai ad utilizzarlo universalmente, soprattutto in ambiente discografico.
Per la consultazione clicca qui
Renaissance vivaldiana: il fondo Foà-Giordano
La Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino possiede la più importante collezione di partiture autografe di Vivaldi. La storia della sua acquisizione è così straordinaria da sembrare un romanzo.
Quando, nell'autunno 1926, il direttore del Collegio Salesiano San Carlo di Borgo San Martino (Casale Monferrato), don Federico Emanuel, intraprese alcuni lavori di manutenzione ebbe l'idea, per raccogliere i fondi necessari, di mettere in vendita gli antichi manoscritti musicali che possedeva la biblioteca del Collegio. Al fine di conoscere il prezzo da proporre agli antiquari, sottopose gli spartiti al musicologo e direttore della Biblioteca Nazionale di Torino, Luigi Torri (1863-1932), che affidò questo lavoro ad Alberto Gentili (1873-1954), professore di storia della musica dell'università.
I grossi volumi della collezione contenevano quattordici opere di Antonio Vivaldi, musicista allora poco conosciuto al grande pubblico; c'erano anche opere di altri compositori, in particolare di Alessandro Stradella. Interessati a non voler disperdere una raccolta così eccezionale, gli esperti cercarono una soluzione per farla acquisire dalla Biblioteca di Torino, che non disponeva del bilancio necessario.
Una soluzione finì per essere trovata da Alberto Gentili: riuscì a persuadere un ricco agente di cambio, Roberto Foà, ad acquisire la raccolta e di farne dono alla biblioteca in memoria del suo giovane figlio Mauro, morto prematuramente alcuni mesi prima e il cui fondo doveva perpetuarne il nome. Tuttavia, avendo esaminato i manoscritti vivaldiani, Gentili scoprì che questi facevano parte di una raccolta più importante di cui si mise in testa di scoprire la parte mancante. Le opere cedute dai salesiani erano un lascito del marchese Marcello Durazzo (1842-1922): grazie all'aiuto di esperti di genealogia, s'identificò nel 1930 il proprietario degli altri volumi della collezione iniziale, figlio del fratello dell'altro proprietario, Flavio Ignazio (1849-1925), che abitava a Genova. Occorse tutta la pazienza e l'abilità del marchese genovese Faustino Curlo (1867-1935) per ottenere dal detentore che questa seconda raccolta fosse ceduta per ricostituire definitivamente l'insieme iniziale.
Poiché anche in questo caso la Biblioteca di Torino non disponeva dei fondi per l'acquisto, Alberto Gentili trovò un altro mecenate, l'industriale Filippo Giordano che accettò di comprare la raccolta e di farne dono alla Biblioteca di Torino in ricordo del figlio Renzo, morto da poco all'età di 4 anni. I due fondi così riuniti rimasero comunque distinti, sotto il nome rispettivamente di Raccolta Mauro Foà e Raccolta Renzo Giordano; i 27 volumi di manoscritti vivaldiani (quasi tutti autografi) comprendono 80 cantate, 42 opere sacre, 20 opere, 307 brani strumentali e l'oratorio Juditha triumphans.
Dalle ricerche eseguite risultò che l'intera collezione era appartenuta al conte Giacomo Durazzo, ambasciatore d'Austria a Venezia dal 1764 al 1784, ed era stata trasmessa per successione nell'illustre famiglia genovese.
I musicologi non poterono sfruttare rapidamente questa scoperta eccezionale poiché Alberto Gentili, al quale i diritti di studio e di pubblicazione erano stati espressamente riservati, era ebreo e come tale fu bloccato a causa delle leggi razziali del fascismo italiano. Fu solamente dopo la seconda guerra mondiale che lo studio e la pubblicazione poterono essere condotti al loro termine.
Reputazione postuma
Vivaldi rimase sconosciuto per i suoi concerti pubblicati e largamente ignorato sino a dopo la rinascita dell'interesse per la musica di Bach, iniziata grazie a Felix Mendelssohn-Bartholdy. Perfino il suo lavoro più noto, Le quattro stagioni, non fu noto nella sua edizione originale. Agli inizi del XX secolo il concerto in stile vivaldiano composto da Fritz Kreisler[15], il quale fu fatto passare dallo stesso autore come un lavoro originale del Prete Rosso, concorse al risorgere delle fortune di Vivaldi. Questo spinse lo studioso francese Marc Pincherle ad iniziare un lavoro accademico sull'opera del compositore veneziano. La scoperta di numerosi manoscritti di Vivaldi e la loro acquisizione da parte della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino portò a un rinnovato interesse per Vivaldi. La rinascita dei lavori non pubblicati di Vivaldi nel XX secolo si ebbe grazie soprattutto all'impegno di Alfredo Casella, che nel 1939 organizzò l'ormai storica Settimana di Vivaldi, nella quale vennero riscoperti il Gloria RV 589 e L'olimpiade (RV 725). Dalla Seconda guerra mondiale le composizioni di Vivaldi furono oggetto di un successo universale e con l'avvento delle esecuzioni filologiche incrementò ulteriormente la sua fama. Nel 1947 l'uomo d'affari veneziano Antonio Fanna fondò l'Istituto Italiano Antonio Vivaldi, con il compositore Gian Francesco Malipiero come direttore artistico, con l'intento di promuovere la musica di Vivaldi la pubblicazione di nuove edizioni dei suoi lavori.
Vivaldi al cinema
In ambito cinematografico, come personaggio Vivaldi appare nel film Piccoli delitti veneziani del 1989 diretto da Étienne Périer, film incentrato su un episodio della vita di Carlo Goldoni. Un altro film - Vivaldi, un prince à Venise - completato nel 2005 da una coproduzione italo-francese, sotto la direzione di Jean-Louis Guillermou e con la partecipazione come interpreti di Stefano Dionisi, nei panni di Antonio Vivaldi e di Michel Serrault, nel ruolo del vescovo di Venezia; questa è la prima pellicola sulla vita di Vivaldi. Un ulteriore film ispirato sulla biografia del celebre compositore è in preparazione, con il titolo provvisorio Vivaldi, prodotto da Boris Damast e con Joseph Fiennes nelle vesti del musicista; il cast vede inoltre la partecipazione di Malcolm McDowell, Jacqueline Bisset e Gérard Depardieu.
Musica sacra Il Magnificat di Vivaldi clicca qui
La musica sacra di Vivaldi fu poco conosciuta fuori dall'Italia e, come tutti i suoi lavori, dopo la sua morte cadde nell'oblio e man mano tornò completamente in auge a partire dalla fine degli anni trenta del XX secolo. Ci sono prevenute circa cinquanta opere di musica sacra di genere differente: parti della Messa tridentina e loro introduzione su testo libero (Kyrie, Gloria, Credo), salmi, inni, antifone, mottetti. L'impegno del Prete Rosso nel repertorio sacro ebbe un carattere sostanzialmente occasionale, poiché il musicista non ebbe né commissioni né ricoprì mai stabilmente l'incarico prestigioso di maestro in San Marco[58]. La sua produzione appartiene al cosiddetto stile moderno (ossia concertato, tipico della musica veneziana, che si contrappone al severo stile antico della musica di Palestrina), anche se molti movimenti dei suoi lavori rimangono comunque legati allo stile osservato. Si attengono alla produzione concertata anche i suoi lavori a cappella, come il Lauda Jerusalem a 4 voci e il Credidi a 5 voci, dove gli strumenti man mano si staccano dai gruppi del coro. Questo repertorio fu inoltre soggetto alle influenze operistiche dell'epoca. Questo lo si può soprattutto osservare nei suoi mottetti per voce solista, descritti da Denis Arnold come « concerti per voce », presentano parti di pure esibizioni vocali. Vivaldi compose inoltre otto mottetti d' « introduzione », i quali dovevano servire come premessa ai lavori in larga scala (Gloria, Dixit Dominus, Miserere); questo sottogenere fu scarsamente utilizzato da altri compositori. Un'altra particolarità che contraddistingue la musica sacra del Prete Rosso è la frequente assegnazione della parte melodica al violino nei movimenti corali, lasciando quindi il coro cantare in omofonia di sottofondo (ad es. nel movimento iniziale e finale del Credo RV 591). In questo modo Vivaldi anticipò le messe sinfoniche della generazione di Haydn. Anche le influenze del concerto non esitano a manifestarsi. Basti notare il Beatus vir RV 598, il quale presenta un ampio intervallo di 420 battute nella forma del ritornello. Tra i suoi lavori sacri attualmente più noti si ricordano il Gloria RV 589, i Magnificat RV 610 e RV 611, lo Stabat Mater RV 621 e l'oratorio Juditha triumphans.
* 1750 - Johann Sebastian Bach, pronunciato in tedesco ˈjoːhan zeˈbastjan ˈbax (Eisenach, 31 marzo 1685 secondo il calendario gregoriano, 21 marzo 1685 secondo quello giuliano – Lipsia, 28 luglio 1750), è stato un compositore, organista, clavicembalista e maestro di coro tedesco del periodo barocco, di fede luterana, universalmente considerato uno dei più grandi geni nella storia della musica. Le sue opere sono notevoli per profondità intellettuale, padronanza dei mezzi tecnici ed espressivi e bellezza artistica.
Bach operò una sintesi mirabile fra lo stile tedesco (di cui erano stati esponenti, fra gli altri, Pachelbel e Buxtehude) e le opere dei compositori italiani (particolarmente Vivaldi), dei quali trascrisse numerosi brani, assimilandone soprattutto lo stile concertante. La sua opera costituì la summa e lo sviluppo delle svariate tendenze compositive della sua epoca. Il grado di complessità strutturale, la difficoltà tecnica e l'esclusione del genere melodrammatico, tuttavia, resero la sua opera appannaggio solo dei musicisti più dotati e all'epoca ne limitarono la diffusione fra il grande pubblico, in paragone alla popolarità raggiunta da altri musicisti contemporanei come Telemann o Händel.
Nel 1829 l'esecuzione della Passione secondo Matteo, diretta a Berlino da Felix Mendelssohn, riportò alla conoscenza degli appassionati la qualità elevatissima dell'opera compositiva di Bach, che è da allora considerata il compendio della musica contrappuntistica del periodo barocco.
«Bach è, secondo me, il più grande genio nella storia della musica, e questo grazie alla sua fantastica capacità di bilanciare emozioni e intelligenza (Ton Koopman)
Stile musicale
Lo stile musicale di Bach nasce dalla sua straordinaria genialità nelle invenzione contrappuntistiche, nello sviluppo dei motivi e nel suo gusto per l'improvvisazione alla tastiera. In tutta la sua adolescenza la produzione di Bach mostrò crescente abilità nell'organizzazione di opere complesse, basate sui modelli di Dietrich Buxtehude, Georg Böhm e Johann Adam Reincken. Il periodo 1713-14, quando un vasto repertorio di musica italiana si rese disponibile per l'orchestra di corte di Weimar, fu un punto di svolta. Da quel momento Bach assorbì nel suo stile i tratti della musica italiana, caratterizzati da contorni melodici semplici, maggiore concisione ritmica e modulazioni più chiare.
Ci sono diverse caratteristiche più specifiche dello stile di Bach. Nel periodo barocco alcuni compositori tendevano a scrivere solo un canovaccio dello spartito, che veniva di volta in volta arricchito dagli esecutori con abbellimenti e passaggi improvvisati. Anche se questa pratica variava notevolmente fra i vari compositori europei del periodo, Bach tendeva ad annotare tutto sullo spartito, in modo da lasciar poco spazio alla libera interpretazione degli esecutori.
Questo può essere stato causato dalla sua predilezione per il contrappunto, non permettendo così che gli esecutori potessero variarlo in maniera arbitraria. Le strutture contrappuntistiche di Bach tendono ad essere più complesse di quelle di Händel e della maggior parte degli altri compositori dell'epoca. Bach, però, in alcune opere come L'arte della fuga e l'Offerta Musicale, non diede alcuna indicazione circa gli strumenti da impiegare, lasciando intendere la possibilità di esecuzione su strumenti diversi. Molto devoto e di fede luterana, Bach pose la musica sacra al centro delle sue composizioni. In particolare, il tono degli inni luterani fu alla base di molte sue composizioni. Il suo interesse per la liturgia lo portò alla realizzazione di composizioni elevatissime sia dal punto di vista tecnico che da quello qualitativo.
Il catalogo delle opere di Bach, noto come Bach-Werke-Verzeichnis, abbreviato in BWV, è stato redatto nel 1950 dal musicologo Wolfgang Schmieder. Tale catalogo comprende sia i lavori certamente scritti dal compositore, sia quelli che gli sono stati attribuiti nel corso del tempo (dei quali solo in parte è stato possibile identificare l'autore); la numerazione procede non per ordine cronologico, ma seguendo un criterio di classificazione basato sugli strumenti impiegati e sulla forma delle varie opere (cantata, corale, oratorio, eccetera).
Opere - Lavori organistici
Bach, durante la sua vita, era molto conosciuto come organista, esperto di organi e compositore di musica per organo, sia nelle forme di preludi, fantasie, toccate, sia di corali e fughe. La sua fama iniziò in gioventù grazie alla sua abilità e creatività di integrare stili diversi nelle sue composizioni. Un'influenza nordica è stata esercitata su di lui da Georg Böhm, che Bach conobbe a Lüneburg, e da Dietrich Buxtehude, che Bach incontrò nel 1705. Successivamente Bach copiò numerosi lavori di musica italiana e francese ed arrangiò alcune opere di Antonio Vivaldi, trascrivendole per l'organo. Dal 1708 al 1714 lavorò all'Orgel-Büchlein, una collezione incompiuta che avrebbe dovuto comprendere dei brevi preludi organistici a quasi 150 corali diversi, ma di fatto Bach giunse ad elaborarne soltanto 45. Dopo aver lasciato Weimar la sua produzione di lavori per organo diminuì, anche se le sue opere più note vennero tutte composte dopo tale periodo. Uno dei punti più elevati della sua produzione è costituito dalla terza parte della Clavier-Übung.
Lavori per altri strumenti a tastiera
«Non credo che neppure una bella poesia sia più vicina ai nostri pensieri di quanto non lo sia una delle quarantotto fughe del Clavicembalo Ben Temperato. Non posso dimenticare una frase di Goethe, la più folgorante mai detta su Bach: "Un colloquio di Dio con se stesso, poco prima della creazione"»(La Revue Musicale, 1932)
Bach scrisse numerose opere per clavicembalo, alcune delle quali eseguibili anche sul clavicordo. Molte delle sue opere per strumenti a tastiera sono antologie che mostrano il desiderio di abbracciare tutti i sistemi teorici in modo enciclopedico.
▪ Il clavicembalo ben temperato, libri 1 e 2 (BWV 846-893). Ogni libro comprende un preludio ed una fuga in ciascuna delle 24 tonalità maggiori e minori. "Ben temperato" si riferisce al temperamento: alcuni temperamenti antichi, precedenti a Bach, non erano sufficientemente flessibili da consentire di muoversi attraverso le diverse tonalità.
▪ Le 15 invenzioni e sinfonie (BWV 772-801). Questi lavori sono disposti nello stesso ordine cromatico del clavicembalo ben temperato, omettendo però alcune tonalità meno utilizzate. I pezzi sono stati composti da Bach a fini didattici.
▪ Tre raccolte di suite: le suite inglesi (BWV 806-811), le suite francesi (BWV 812-817) e le partite per clavicembalo (BWV 825-830). Ogni collezione contiene sei suite, scritte sul modello standard di allemanda-courante-sarabanda-(movimento opzionale)-giga. Le suite inglesi hanno l'aggiunta di un preludio prima della allemanda. Quelle francesi non hanno il preludio, ma presentano più movimenti fra la sarabanda e la giga.
▪ Le Variazioni Goldberg (BWV 988), costituite da un'aria con trenta variazioni. La collezione ha una struttura molto complessa: le variazioni sono scritte sulla linea di basso dell'aria anziché sulla melodia, ed i canoni sono strutturati per gradi.
▪ I concerti per clavicembalo (BWV 1052-1065), composti per essere eseguiti al Caffè Zimmermann di Lipsia, sono trascrizioni da concerti propri e da musiche di Antonio Vivaldi, autore molto ammirato da Bach.
▪ Varie altre opere, come l'ouverture francese BWV 831, la fantasia cromatica e fuga BWV 903, il concerto italiano BWV 971, sette toccate BWV 910-916, quattro duetti BWV 802-805, sonate per tastiera BWV 963-967, i sei piccoli preludi BWV 933-938 e l'aria variata alla maniera italiana BWV 989.
Lavori vocali
Esclusi i periodi di quaresima ed avvento, Bach eseguì una cantata diversa ogni domenica alla chiesa di San Tommaso a Lipsia, scritte su un tema che corrispondeva alle letture sacre della settimana, come stabilito dal calendario dell'anno liturgico della chiesa luterana. In totale compose oltre 300 cantate sacre, di cui circa 195 giunte fino a noi.
Le cantate variano molto nella forma e nella strumentazione le une dalle altre. Alcune sono per cantante solista, altre sono per il coro; alcune sono per orchestra, altre solo per pochi strumenti. Il loro formato standard, comunque, comprendeva un grande coro di apertura, seguito da recitativi ed arie per solisti, o duetti, ed un altro corale conclusivo. Il recitativo era parte della lettura della settimana della Bibbia e l'aria era una riflessione su di essa. Fra le cantate più note la "Christ lag in Todesbanden" BWV 4, la "Ich hatte viel Bekümmernis" BWV 21, la "Ein feste Burg ist unser Gott" BWV 80, la "Actus Tragicus" BWV 106, la "Wachet auf, ruft uns die Stimme" BWV 140 e la "Herz und Mund und Tat und Leben" BWV 147.
Inoltre Bach scrisse un certo numero di cantate profane, di solito da eseguire in manifestazioni civili come le inaugurazioni dei consigli minicipali. Queste includono anche una cantata nuziale, la "Cantata dei Contadini" e la "Cantata del Caffè".
I grandi lavori vocali sacri comprendono le famose "Passione secondo Matteo" e "Passione secondo Giovanni", composte per il venerdì santo, e l'Oratorio di Natale, un insieme di sei cantate. Degne di nota anche il Magnificat in Re maggiore e l'Oratorio di Pasqua. Altri lavori di grandi dimensioni, come la Messa in Si minore, vennero assemblati con pezzi precedentemente composti. Tutte queste opere, a differenza dei sei mottetti ("Singet dem Herrn ein neues Lied", "Der Geist auf Schwachheit hilft unser", "Jesu, meine Freude", "Fürchte dich nicht", "Komm, Jesu, Komm!" e "Lobet den Herrn alle Heiden"), dispongono di notevoli parti solistiche.
Eredità e reputazione moderna
Dopo la sua morte la fama di Bach come compositore declinò ed i suoi lavori vennero considerati "demodé" rispetto agli autori emergenti del periodo classico. Inizialmente venne ricordato come esecutore ed insegnante e le sue opere più note erano quelle per strumenti a tastiera. Mozart, Beethoven e Chopin erano suoi convinti ammiratori. Mozart, quando visitò la chiesa di San Tommaso a Lipsia ed ascoltò l'esecuzione del mottetto "Singet dem Herrn ein neues Lied" BWV 225, esclamò: "Qui c'è qualcosa da cui possiamo imparare!". Dopo essersi fatto dare tutti gli spartiti di Bach presenti in chiesa, Mozart si sedette e non si alzò finché non ebbe finito di esaminarli tutti.
Beethoven fu un devoto ammiratore di Bach, imparò a suonare Il clavicembalo ben temperato da bambino, e, più tardi, chiamò Bach "Urvater der Harmonie" ("padre originario dell'armonia"). Parlando del significato della parola Bach, Beethoven disse: "nicht Bach, sondern Meer" ("non un ruscello, ma un mare"). Prima di iniziare un concerto, Chopin usava allenarsi suonando Bach. Diversi compositori, fra i quali Mozart, Beethoven, Robert Schumann e Felix Mendelssohn, iniziarono a scrivere in maniera contrappuntistica dopo aver conosciuto le opere di Bach. L'opera di Max Reger, ed in particolar modo quella organistica, può essere definita come un compendio tra il rigoroso contrappunto bachiano e la letteratura tardo-romantica postwagneriana.
Anche in Italia il contrappunto di Bach trovò ammiratori già nel corso del XVIII secolo, quali Giovanni Battista Martini, con le sue Sonate d'intavolatura per l'organo e il cembalo, e Ignazio Cirri, cone le sue Dodici Sonate per l'Organo e Sei Sonate per clavicembalo con accompagnamento per violino.
Però, la rinascita della fama di Bach come compositore, fra il grande pubblico, iniziò nel 1802 con la pubblicazione della celebre biografia scritta da Johann Nikolaus Forkel, che venne letta anche da Beethoven. Goethe conobbe le opere di Bach relativamente tardi nella sua vita attraverso una serie di concerti a Bad Berka fra il 1814 ed il 1815. Successivamente, in una lettera del 1827, narrò l'esperienza di ascolto della musica di Bach come "un'eterna armonia in dialogo con se stessa".[30] Ma fu Felix Mendelssohn che rilanciò maggiormente Bach grazie all'esecuzione, nel 1829, della Passione secondo Matteo a Berlino.[31] Hegel, che assistette all'esecuzione, in seguito parlò di Bach come "grande, davvero protestante, robusto, e, per così dire, il genio erudito che di recente abbiamo imparato ad apprezzare nel suo pieno valore".[32] La Bach Gesellschaft (Società bachiana) venne fondata nel 1850 per promuovere le sue opere, e, dal 1899, pubblicò l'edizione completa dei lavori di Bach.
Alcuni compositori resero omaggio a Bach impostando il suo nome in note musicali (B = Si bemolle, A = La, C = Do, H = Si naturale). Franz Liszt, ad esempio, scrisse un preludio ed una fuga sul tema BACH. Alcuni dei più grandi compositori hanno omaggiato Bach in vari modi: gli esempi includono le "Variazioni Diabelli" di Beethoven, preludi e fughe di Šostakovič e la sonata per violoncello in mi di Johannes Brahms, il cui finale si basa sul tema de L'arte della fuga.
Esecuzioni
Al tempo di Bach le orchestre ed i cori erano generalmente di piccole dimensioni in confronto, ad esempio, a quelli utilizzati al tempo di Brahms, ed i cori più numerosi impiegati da Bach erano composti da un numero davvero esiguo di cantori. Alcuni lavori di Bach non indicano la strumentazione, lasciando grande libertà alle orchestre. Attualmente Bach viene generalmente suonato in due modi: la cosiddetta "esecuzione filologica", che utilizza strumenti e tecniche antiche, oppure l'utilizzo di strumenti e tecniche moderne, con una tendenza ad utilizzare grandi orchestre. Quest'ultimo modo, nasce nell'800 in armonia con la sensibiltà dell'epoca romantica, assolutamente scevra di qualsiasi velleità storica. Tra i più eminenti esecutori di questa corrente, spiccano tra gli interpreti del '900, Günther Ramin, Georg Solti o Karl Richter. L'interpretazione filologica, invece, iniziò ad affermarsi negli Anni '50 e Anni '60 per mano di Gustav Leonhardt e Nikolaus Harnoncourt che, peraltro, incisero l'integrale delle cantate tra il 1971 e il 1990.
Pezzi orecchiabili della musica di Bach, utilizzati ad esempio nelle pubblicità, hanno contribuito notevolmente alla divulgazione della fama del compositore nella seconda metà del XX secolo. Fra queste le versioni di Bach dei "The Swingle Singers", che hanno rielaborato pezzi molto conosciuti come "l'aria sulla quarta corda", o il preludio corale "Wachet Auf, ruft uns die Stimme". Molti musicisti jazz hanno adottato la musica di Bach, con Jacques Loussier, Ian Anderson, Uri Caine ed i Modern Jazz Quartet.
Bach è uno degli artisti maggiori fra quelli inclusi nel Voyager Golden Record, un disco inserito nelle prime due navicelle del Programma Voyager, lanciato nello spazio nel 1977, contenente suoni ed immagini della Terra al fine di portare ad eventuali altre civiltà la conoscenza della nostra cultura.
Bach ed il cinema
Nei seguenti film si tratta la figura del celeberrimo compositore:
▪ Cronaca di Anna Magdalena Bach è un film biografico su Bach del 1967, in cui il grande compositore è interpretato dal clavicembalista Gustav Leonhardt.
▪ Mi nombre es Bach, film del 2003, di Dominique De Rivaz.
▪ The silence before Bach, pellicola del 2007, del regista Pere Portabella.
▪ Famous Composers: Johann Sebastian Bach, documentario cortometraggio del 1996.
▪ The Joy of Bach, documentario del 1980.
▪ À la rencontre de Jean-Sébastien Bach, un documentario cortometraggio del 1959.
▪ Il regista Pier Paolo Pasolini (1922-1975) utilizzò la Passione secondo Matteo come colonna sonora in due famose sue opere: Accattone e Il Vangelo secondo Matteo. Ermanno Olmi, invece, nel suo film "L'albero degli zoccoli" (1978), utilizzò le opere per organo di Bach eseguite dal maestro Fernando Germani, già organista titolare dell'organo di San Pietro in Vaticano.
Note
30. ^ Hans David ed Arthur Mendel, The New Bach Reader: A Life of Johann Sebastian Bach in Letters and Documents, New York, W.W. Norton and Company Inc., 1998, pagina 499.
31. ^ Herbert Kupferberg, Basically Bach: A 300th Birthday Celebration, New York, McGraw-Hill Book Company, 1985, pagina 126.
32. ^ Matthäus-Passion BWV 244
▪ 1794
- Louis Antoine Léon de Richebourg de Saint-Just, più noto come Louis Antoine de Saint-Just (Decize, 25 agosto 1767 – Parigi, 28 luglio 1794), è stato un rivoluzionario e politico francese. Fu tra i principali artefici del Terrore durante la Rivoluzione francese.
«Io disprezzo la polvere di cui sono fatto e che vi parla; si potrà perseguitare e far morire questa polvere, ma sfido a strapparmi la vita indipendente che mi sono dato nei secoli e nei cieli»(Saint-Just, Istituzioni repubblicane)
Figlio del cinquantaduenne Louis Jean, cavaliere di San Luigi ed ex-maresciallo della gendarmeria, e dalla trentenne Marie Anne Robinot, figlia di un notaio, si trasferisce con la famiglia, ancor prima di compiere un anno, a Nampcel, nell'Oise e, il 16 ottobre 1776, nel piccolo paese di Blérancourt, dove il padre ha acquistato una casa; alla morte del padre, avvenuta l'8 settembre 1777, viene mandato a studiare nel collegio degli Oratoriani di Saint-Nicolas a Soissons.
Diplomatosi nel 1785, l'anno dopo ha una relazione con Thérèse Sigrade-Gellé, la figlia del notaio di Blérancourt, che nega il suo consenso alle nozze; sembra che questo rifiuto, e il successivo matrimonio della ragazza, sia stato la causa della sua partenza improvvisa, il 9 settembre 1786, per Parigi, dov'è arrestato il 6 ottobre a seguito della denuncia della madre alla quale aveva sottratto dell'argenteria.
Dopo una detenzione nella casa di Madame de Sainte-Colombe, nella rue de Picpus, il 7 marzo 1787 può ritornare a casa, presso la madre e le due sorelle, Louise e Marie Françoise, e s'impiega come praticante nello studio di un avvocato di Soissons. Nell'ottobre si iscrive alla facoltà di diritto dell'Università di Reims, dove si laurea in meno di un anno, il 15 aprile 1788.
Il 5 luglio del 1788, Luigi XVI, la nobiltà e il clero, di fronte alla grave crisi finanziaria dello Stato francese e della pressione popolare, sono costretti a convocare gli Stati Generali a Versailles; è l'inizio della caduta dell'ancien régime. Nel maggio 1789 Saint-Just pubblica a Parigi un poema in 20 canti, l'Organt, nella tradizione del libertinismo del secolo e privo di valore letterario - il famoso critico Sainte-Beuve lo definirà «un detestabile poema, passatempo di un giovane ozioso che ha letto La Pucelle» - ma che mostra caratteri tipici del suo pensiero, come il disprezzo per i tiranni, la monarchia, la nobiltà e il clero. L'opera viene subito sequestrata ma riapparirà nelle librerie nel 1792.
Scriverà ancora, nel 1790, una commedia in versi, l'Arlecchino-Diogene, mai rappresentata, e un libretto storico sul castello di Coucy.
La Rivoluzione
La presa della Bastiglia e i successivi, immediati sviluppi rivoluzionari, lo vedono ancora a Blérancourt occuparsi della politica locale; il municipio provvede al sequestro del locale convento dei Foglianti e del castello. Il 3 giugno 1790 viene nominato colonnello della Guardia nazionale e partecipa in tale veste alla Festa della Federazione del 14 luglio, che si tiene al Champ-de-Mars di Parigi.
Il 19 agosto scrive a Robespierre allegando una petizione che garantisca il mercato di bestiame di Blèrancourt, minacciato di essere trasferito nella vicina città di Coucy: «A voi che difendete la patria ancora incerta di fronte alle forze del dispotismo [...] sostenete, per favore, la petizione [...] Non vi conosco di persona, ma so che siete un grande uomo. Infatti, voi non siete soltanto il deputato di una provincia, ma quello dell'umanità intera e della Repubblica [...]».
L' Esprit de la révolution
Nel settembre inizia a scrivere l'Esprit de la révolution et de la Constitution de la France, pubblicato alla fine dell'anno seguente. Vi esprime più un'adesione allo spirito di Montesquieu che di Rousseau, uno spirito molto più moderato di quanto non esprimerà negli anni cruciali del Terrore (IV, 9): «Per quanta venerazione m'imponga l'autorità di J. J. Rousseau, non ti perdono, o grand'uomo, di aver giustificato il diritto di morte; se il popolo non può trasmettere il diritto di sovranità, come potrà trasmettere i diritti sulla sua vita?»; e sulla presa della Bastiglia, esprime una fondamentale ispirazione di uomo d'ordine: per lui, il popolo, dopo i primi eccessi (I, 3) «ebbe un momento di moralità, sconfessò i delitti di cui aveva macchiato le proprie mani e fu alquanto felicemente ispirato, sia dal timore che dall'influsso dei buoni spiriti, a darsi dei capi e a obbedire».
Sui problemi sociali, si mostra favorevole al controllo delle industrie e a forti tassazioni dei redditi maggiori procurati dalle grandi proprietà, che giudica frutto dell'«avarizia» e nemiche dell'eguaglianza che deve sussistere in un'autentica Repubblica: «L'eguaglianza dipenderà soprattutto dalle imposte. Se saranno tali da ottenere che il ricco indolente abbandoni la sua vita oziosa per navigare o fondare un'industria, egli perderà di colpo l'alterigia che lo contraddistingue».
Il 20 giugno 1791 il re con la sua famiglia tenta di fuggire dalla Francia ma a Varennes è riconosciuto, arrestato e riportato a Parigi. Il 23 agosto Saint-Just si presenta candidato alle elezioni dell'Assemblea legislativa ma non può essere eletto perché non ha ancora compiuto venticinque anni: viene eletto l'anno dopo, il 5 settembre, deputato alla Convenzione per il dipartimento dell'Aisne e il 18 settembre 1792 giunge a Parigi.
Deputato della Convenzione - Il discorso per il processo a Luigi XVI
La Convenzione, l'Assemblea che aveva preso il posto della Costituente e della Legislativa per dare una nuova Costituzione alla Francia, si riunì per la prima volta il 20 settembre 1792, il giorno stesso della vittoriosa battaglia di Valmy. La Francia aveva respinto il primo attacco della coalizione dei vecchi regimi europei ma la lotta era tutt'altro che conclusa e all'interno era in corso una duro confronto fra la "destra" dei girondini, appoggiati dal centro, il "Marais", la Palude, e la "sinistra" della Montagna di Robespierre e dello stesso Saint-Just. L'insurrezione parigina del 10 agosto, abbattendo la monarchia, accusata di intelligenza con il nemico esterno, aveva posto il problema del processo a Luigi XVI, che la Gironda non voleva, temendo che l'inevitabile condanna avrebbe decisamente rafforzato i giacobini e la Comune di Parigi, il comitato insurrezionale che spingeva per una politica di radicale intransigenza repubblicana.
Proprio sul tema del processo il 13 novembre Saint-Just pronunciò il suo primo discorso alla Convenzione respingendo sia la tesi dell'inviolabilità del re che quella favorevole a processare Luigi XVI come un comune cittadino: per lui, il processo ha natura squisitamente politica: «Io dico che il re deve essere giudicato come un nemico, che dobbiamo combatterlo piuttosto che giudicarlo e che, non rientrando egli nel contratto che unisce i francesi, le forme della procedura non si trovano nella legge civile ma nella legge del diritto dei popoli [...] Gli uomini che stanno per giudicare Luigi hanno una repubblica da fondare: ma coloro che attribuiscono una qualche importanza alla giusta punizione di un re, non fonderanno mai una repubblica [...] cosa non temeranno da noi i buoni cittadini, vedendo la scure tremare nelle nostre mani, e vedendo un popolo che fin dal primo giorno della sua libertà rispetta il ricordo delle sue catene?».
Luigi XVI non può essere giudicato secondo le leggi in vigore, perché «i cittadini si legano fra di loro col contratto; il sovrano non si lega affatto [...] il patto è un contratto fra i cittadini, non con il governo; non si può rientrare in un contratto nel quale non ci si è impegnati. Di conseguenza Luigi, che non si era impegnato, non può essere giudicato come cittadino [...] quest'uomo deve regnare o morire [...] Processare il re come cittadino! Un'idea simile strabilierà la fredda posterità. Giudicare significa applicare la legge; una legge è un rapporto di giustizia; e che rapporto di giustizia ci può mai essere tra l'umanità e i re? Che cosa c'è in comune tra Luigi e il popolo francese, perché gli si usino dei riguardi dopo il suo tradimento? [...] Non si può regnare senza colpa. Ogni re è un ribelle e un usurpatore. Gli stessi re tratterebbero diversamente i loro pretesi usurpatori? [...] Cittadini, il tribunale che deve giudicare Luigi non è un tribunale giudiziario: è un consesso, è il popolo, siete voi: e le leggi che dobbiamo seguire sono quelle del diritto dei popoli [...] Luigi è uno straniero fra noi: non era cittadino prima del suo delitto, non poteva votare, non poteva portare le armi; lo è ancor meno dopo il suo delitto [...]».
E conclude: «Luigi ha combattuto il suo popolo ed è stato vinto. È un barbaro, uno straniero prigioniero di guerra [...] È l'assassino della Bastiglia, di Nancy, del Campo di Marte, di Tournay, delle Tuileries: quale nemico, quale straniero ci ha fatto più male di lui? Deve essere processato rapidamente: lo consigliano la saggezza e la sana politica; egli è una specie di ostaggio che i furfanti ci conservano. Si cerca di muovere a pietà, presto si compreranno le lacrime; si farà di tutto per renderci interessati, per corromperci, anche. Popolo, se il re sarà assolto, ricordati che noi non saremo più degni della tua fiducia e tu potrai accusarci di perfidia».
Profonda fu l’impressione del discorso di Saint-Just in tutti i settori dell’Assemblea: lo stesso girondino Brissot scrisse che «in questo discorso ci sono bagliori, un talento che può onorare la Francia».
La scoperta, in un armadio segreto alle Tuileries, dei documenti che dimostravano inequivocabilmente le trame di Luigi XVI con i nemici della Francia, fu decisiva: nel processo, iniziato l’11 dicembre 1792 di fronte alla Convenzione, i deputati si pronunciarono a maggioranza sulla pena di morte e il re, con enorme scandalo dei governi di tutta Europa, fu ghigliottinato il 21 gennaio 1793.
La crisi economica
Alla crisi economica, il Comitato finanziario cerca di far fronte con una continua emissione degli assegnati, che in meno di un anno arrivano a svalutarsi del 50%; il pane è caro, anche se il raccolto è stato buono, perché i contadini non intendono cambiare il grano con cartamoneta svalutata.
Nel suo discorso alla Convenzione del 29 novembre 1792 Saint-Just, che dal 15 novembre è membro della Commissione incaricata di redigere la nuova Costituzione e dal 24 novembre è presidente dei giacobini, difende la libertà di commercio: «la libertà nel commercio è madre dell'abbondanza, ma da dove vengono gli ostacoli a questa libertà? [...] Ciò che ha sconvolto in Francia il sistema del commercio dei grani dopo la rivoluzione è stata la sregolata emissione dei simboli monetari [...] Noi abbiamo molti simboli monetari ma pochissime cose [...] Un tempo il denaro era meno abbondante; ce n'era sempre una buona parte tesaurizzata e questo diminuiva ancora il prezzo delle cose [...] Oggi non si tesaurizza più, non abbiamo più oro; ma per uno Stato esso è necessario, altrimenti si ammassano o si accaparrano le derrate e il denaro perde sempre più valore. la penuria dei grani non deriva da altro. L'agricoltore, che non vuole riempirsi di cartamoneta, vende malvolentieri il suo grano».
Propone la vendita dei beni degli emigrati, il pagamento in natura dell'imposta fondiaria, la libera circolazione dei grani all'interno, il divieto della loro esportazione e la libertà di commercio senza restrizioni; la Convenzione approvò le sue proposte l'8 dicembre ma la crisi economica si aggravò.
La riorganizzazione dell'esercito
I successi militari francesi a Valmy e a Jemappes contro la coalizione austro-tedesca non sono decisivi e permangono i problemi della direzione delle operazioni militari e dell'organizzazione dell'esercito. Il 28 gennaio 1793 Saint-Just si oppone invano alla proposta di Sieyès di una riorganizzazione del Ministero della Guerra che di fatto concedeva troppo potere alle alte cariche militari e, il 12 febbraio, appoggia la proposta del deputato Dubois-Crancé di una riorganizzazione dell'esercito. Questo era allora costituito da reggimenti dell'ex esercito reale e da nuovi reggimenti di volontari, che godevano di una paga maggiore ed erano comandati da ufficiali eletti dai soldati. La proposta dell'"amalgama", ossia della ricostituzione dei reggimenti mediante la fusione di due battaglioni di volontari con uno di regolari a eguale paga, fu approvata dalla Convenzione il 24 febbraio 1793.
Intervenne più volte nelle discussioni sul progetto costituzionale, che fu approvato dalla Convenzione il 24 giugno 1793.
Saint-Just ebbe parte di primo piano nella difesa del territorio nazionale con le missioni svolte presso le armate del Reno (ottobre 1793) e del nord (gennaio 1794). Eletto presidente della Convenzione il 10 febbraio del 1794, si scagliò in maniera vigorosa contro Georges Danton e Jacques-René Hébert, entrambi condannati alla pena capitale.
Difensore coraggioso degli ideali repubblicani, nel giugno del 1794 fu presente come controllore inviato dal Comitato di salute pubblica alla battaglia di Fleurus, vinta dal generale Jean-Baptiste Jourdan contro l'alleanza della prima coalizione. Sostenitore di Robespierre anche durante il periodo del terrore, il 27 luglio tornò a Parigi tentando di salvare "l'incorruttibile" con un discorso conciliante tenuto davanti ai membri della Convenzione.
Poco dopo l'arresto dell'amico egli riuscì con una banda di partigiani a liberarlo, ma la soverchiante forza nemica lo costrinse ad arrendersi. Sconfitto militarmente e non più sostenuto dal popolo, il 28 luglio fu messo alla ghigliottina insieme ad altri ventidue giacobini.
- Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre (Arras, 6 maggio 1758 – Parigi, 28 luglio 1794) è stato un politico e rivoluzionario francese. Probabilmente è il più noto e uno dei più controversi protagonisti della Rivoluzione Francese e del Terrore.
Le origini
Maximilien-François-Isidore de Robespierre nacque ad Arras, nel nord della Francia, alle due di notte del 6 maggio 1758,[1] da una famiglia i cui ascendenti paterni esercitavano la professione notarile fin dal XVII secolo e appartenevano pertanto alla nobiltà di toga: il trisavolo Robert (1627-1707) fu notaio a Carvin e balivo di Oignies, il bisnonno Martin (1664-1720) fu procuratore e il nonno paterno Maximilien (1694-1762) era stato avvocato ad Arras, così come il figlio Maximilien-Barthélémy-François de Robespierre (1732-1777) che il 2 gennaio 1757 sposò Jacqueline Marguerite Carraut (1735-1764), figlia di un birraio.[2]
Maximilien fu il primogenito. La coppia ebbe altri quattro figli: Charlotte (1760-1834), Henriette-Eulalie-Françoise (1761-1780) e Augustin (1763-1794); un ultimo figlio visse il solo giorno della nascita, il 4 luglio 1764. In conseguenza del parto, dieci giorni dopo morì anche la madre e, se si deve credere alle Memorie di Charlotte, il marito avrebbe abbandonato i figli poco dopo. In effetti, si trovano ancora notizie della sua presenza ad Arras nel marzo 1766 e nell'ottobre 1768 ma due sue lettere, datate giugno 1770 e ottobre 1771, ci informano che egli viveva allora a Mannheim, in Germania. Dopo un ritorno ad Arras nella primavera del 1772, del padre si perdono le tracce,[3] finché un atto d'inumazione, scoperto nel 1958, attesta che egli morì a Monaco di Baviera il 6 novembre 1777.[4]
Dopo la morte della madre, le due figlie furono accolte dalle zie paterne, che le mandarono in un convento di Tournai, e i due figli furono allevati dal nonno materno, Jacques-François Carraut. Maximilien entrò nel 1765 nel collegio di Arras: la sorella Charlotte, nelle sue Memorie, lo descrive come giovane serio e posato. Nel 1769, grazie al suo impegno e alla raccomandazione del canonico Aymé presso il vescovo di Arras Louis-François de Conzié, Maximilien ottenne una borsa di studio di 450 lire annue dall'abbazia di Saint-Vaast e poté così entrare nel Collegio Louis-le-Grand, a Parigi.[5]
Gli studi
Il suo profitto negli studi fu brillante. Nel liceo ebbe per compagni, tra gli altri, Camille Desmoulins, che fu l'unico amico di quel periodo, i futuri ministri Lebrun-Tondu e Duport-Dutertre, e Louis-Marie Stanislas Fréron. Le testimonianze di quest'ultimo[6] e quelle dell'abate Proyart,[7] prefetto del Collegio, concordano nel descrivere Robespierre allievo studioso, assiduo, solitario, poco espansivo e sognatore. Ben voluto dagli insegnanti, nel 1775 fu scelto per pronunciare un elogio in versi diretto al nuovo re Luigi XVI, venuto a visitare il Collegio, il quale espresse parole di elogio al giovane allievo.[8]
I suoi maestri l'avevano introdotto allo studio dell'eloquenza e Maximilien aveva prontamente assimilato lo spirito dell'orazione classica: il suo maestro di eloquenza, l'abate Herivaux, ammirato dalla limpida forma letteraria e dal vigore delle sue orazioni, improntate alla morale stoica, lo aveva soprannominato «il Romano».[9] Come allora era in voga il classicismo nell'arte, così si ammiravano le virtù austere delle figure storiche dell'antichità e le forme politiche della Roma repubblicana, benché incompatibili con l'assolutismo dominante in Francia e nell'Europa intera. Tra i contemporanei, l'uomo che sembrava incarnare virtù antiche era certamente Rousseau che una tradizione vuole aver ricevuto nel 1778 una visita di Robespierre, come sembra confermare la Dedica di Maximilien Robespierre ai Mani di Jean-Jacques Rousseau, un foglio scritto di pugno dal rivoluzionario nel 1791:[10]
«O Rousseau, io ti vidi nei tuoi ultimi giorni [ ... ] ho contemplato il tuo viso augusto [ ... ] da quel momento ho compreso pienamente le pene di una nobile vita che si sacrifica al culto della verità, e queste non mi hanno spaventato. La coscienza di aver voluto il bene dei propri simili è il premio dell'uomo virtuoso [ ... ] come te, io conquisterò quei beni, a prezzo di una vita laboriosa, a prezzo anche di una morte prematura».
Robespierre ottenne il baccellierato in diritto il 31 luglio 1780 e il diploma di licenza il 15 maggio 1781, insieme con la lode e 600 franchi, la somma più alta che fino ad allora un licenziato del Louis-le-Grand avesse mai ricevuto,[11] che Maximilien devolse a favore degli studi del fratello Augustin.[12]
L'avvocato Robespierre
Iscritto al registro degli avvocati del Parlamento di Parigi il 29 maggio, Maximilien tornò ad Arras per esercitarvi la propria professione. La situazione della sua famiglia era mutata: erano morti nel 1775 la nonna, il nonno materno nel 1778, lasciando un'eredità di 4.000 lire, e la sorella Henriette nel 1780. Le due zie paterne si erano sposate entrambe all'età di 41 anni: Eulalie il 2 gennaio 1776 con un anziano notaio dedicatosi al commercio, Robert Deshorties, Henriette il 6 febbraio 1777 con il medico Gabriel-François Du Rut. Domiciliato in un piccolo appartamento di rue Saumon con la sorella Charlotte, Maximilien s'iscrisse l'8 novembre 1781 al Consiglio provinciale di Artois, seguendo così le orme del padre e del nonno paterno, cominciandovi a esercitare l'avvocatura dal 16 gennaio 1782.[13]
Il 9 marzo 1782 fu nominato dal vescovo de Conzié giudice del Tribunale vescovile. La Camera episcopale di Arras, composta da un balivo e da cinque avvocati, assicurava l'alta, la media e la bassa giustizia ad Arras, a Vitry, nel villaggio di Marcœuil e in 26 parrocchie della regione. Si rese conto che la funzione di giudice non faceva per lui: allora contrario per principio alla pena di morte, dovette tuttavia applicarla una volta nei confronti di un criminale e diede subito dopo le dimissioni.[14]
Robespierre continuò pertanto a esercitare soltanto la libera professione di avvocato, distinguendosi nel delicato Affare Deteuf: egli difese una ragazza, Clementine Deteuf, guardarobiera della storica abbazia di Saint Sauveur d'Anchin, a Pecquencourt la quale, invano insidiata dal monaco dom Brognart, per vendetta era stata falsamente accusata di furto da costui, che fu riconosciuto colpevole di diffamazione e condannato a risarcire la giovane Deteuf.
Nel maggio del 1783, Robespierre si distinse nel cosiddetto Affare del parafulmine che il signor de Vissery de Bois-Valé era stato costretto a disinstallare dal tetto della sua casa per ordine delle autorità cittadine, le quali temevano avesse effetti nefasti. Il Bois-Valé, seguace dei Lumi e ammiratore della scienza, fece ricorso al Consiglio superiore dell'Artois e affidò il suo patrocinio a Robespierre, il quale pronunciò un'arringa rimasta famosa che gli valse la vittoria nella causa. Ne scrisse anche il Mercure de France: «Il signor Robespierre, giovane avvocato di raro talento, ha dimostrato in questo affare, che era la causa delle scienze e delle arti, un'eloquenza e una sagacia che danno un'ottima idea delle sue capacità».[15]
Nel 1789 difese un certo Dupont il quale, incarcerato ingiustamente per dodici anni con la semplice emissione di una lettre de cachet, richiedeva di ritornare in possesso di una sua legittima eredità. Nel processo, Robespierre si scagliò contro quell'odioso sistema, richiedendone la soppressione: «Come può ammettere l'autorità regia che dei privati, armati di lettres de cachet in bianco, che possono riempire a loro buon grado con i nomi di presunti criminali, tengano nei propri portafogli il destino di molti uomini, rievocando così il ricordo storico di quei famosi autori delle liste di proscrizione la cui mano tracciava, su tavolette insanguinate, la vita o la morte di una moltitudine di Romani?».[16]
L'accademico Robespierre
Intanto, dalla fine del 1782, Maximilien era andato ad abitare con la sorella in una casa in rue des Jésuites, dove visse fino alla partenza per Parigi. Il 15 novembre del 1783 Robespierre fu ricevuto nell'Académie di Arras grazie ai patrocini del collega Antoine-Joseph Buissart, con il quale aveva collaborato nell'Affare del parafulmine, e di Dubois de Fosseux, amico suo e di Babeuf. Nell'occasione della cerimonia di insediamento, tenuta il 21 aprile 1784, vi lesse la dissertazione su L'origine dell'opinione che estendeva a tutti i componenti di una famiglia parte dell'ignominia associata alla pena infamante subita da un colpevole, che mandò all'Académie di Metz ottenendo il secondo premio, consistente in una medaglia e 400 lire; la memoria fu oggetto della recensione di Pierre Louis de Lacretelle nel Mercure de France.
Robespierre pubblicò anche le memorie Elogio di Gresset, inviata al concorso bandito dall'Académie di Amiens del 1785, nella quale proponeva una legislazione più favorevole nei confronti dei figli illegittimi, e l'Elogio del presidente Dupaty, pubblicato nel 1789 in ricordo di Mercier Dupaty, presidente del Parlamento di Bordeaux, deceduto l'anno prima, un magistrato conosciuto e apprezzato dal Robespierre studente a Parigi, un filantropo avversario della barbarie delle pene in vigore a quei tempi.
Il 15 novembre 1785 fu accolto nel circolo letterario e musicale «Rosati», fondato ad Arras il 15 giugno 1778, che contava tra i suoi soci la migliore società della cittadina: dal capitano Lazare Carnot al musicista Pierre Cot, dal poeta Legay al conte de la Roque Rochemont. Al candidato veniva consegnato un diploma rosa, profumato di rosa, con un timbro a forma di rosa, sul quale erano scritti dei versi, al quale egli era tenuto a rispondere, improvvisando dei versi. E Robespierre improvvisò:[17]
«Je vois l'épine avec la rose
Dans les bouquets que vous m'offrez
Et lorsque vous me célébrez
Vos vers découragent ma prose [ ... ] »
Il 4 febbraio 1786 fu eletto direttore dell'Académie royale des Belles-Lettres di Arras: qui sostenne, seguendo l'opinione razionalista, il principio dell'eguaglianza dei sessi e il diritto delle donne a far parte delle Accademie scientifiche e umanistiche, favorendo così nel febbraio del 1787 l'ingresso nell'Accademia di Arras di due letterate, Marie Le Masson Le Golft e Louise de Kéralio.[18]
Robespierre e le donne
Robespierre non si sposò mai. Ad Arras coltivò tuttavia diverse relazioni femminili: ebbe un idillio con un'amica della sorella, M.lle Dehay, con la giovane inglese Ophelia Mondien, alla quale dedicò un madrigale che ci è conservato,[19] e con una certa M.lle Henriette. Tenne anche una corrispondenza con una signora dell'alta società, forse M.me Necker, e frequentò la casa di M.me Marchand, futura direttrice del Journal du Pas-de-Calais.
Secondo la sorella Charlotte, M.lle Anaïs Deshorties, figlia di primo letto del marito di sua zia Eulalie, lo amò e fu ricambiata con un corteggiamento che durò dal 1789 fin verso il 1791: la Deshorties sposò poi, nel 1792, un amico dello stesso Robespierre, l'avvocato Leduc.[20] Pierre Villiers sostiene che Robespierre avrebbe avuto nel 1790 una relazione con una giovane ventiseienne di modesta condizione[21] e che sia stato fidanzato con una delle figlie del padrone della sua casa di Parigi, Éléonore Duplay, la quale sperò di poter sposare Maximilien.[22]
Deputato dell'Assemblea Costituente
Già al tempo del collegio Robespierre non aveva mostrato interesse per alcuna confessione religiosa, come notarono con scandalo i suoi maestri, ma non per questo si riconosceva con lo scetticismo o il materialismo degli Enciclopedisti. Figlio del proprio tempo, aveva assimilato le idee dei philosophes avvicinandosi con convinzione alle idee di Rousseau, e riteneva che la religione svolgesse un'importante funzione sociale: se essa rappresentava per lui soltanto un'illusione, riconosceva che quell'illusione poteva essere almeno una consolazione per le masse dei diseredati e degli umili. Al servizio di costoro aveva messo le risorse della sua eloquenza «elegante e castigata»: aveva difeso un'inserviente accusata ingiustamente di furto da un abate solo perché non era sottostata ai suoi desideri, e la cameriera di Lazare Carnot che si voleva privare di un'eredità. Con le sue memorie accademiche aveva denunciato i pregiudizi di chi condannava i figli per gli errori dei padri e gli abusi del sistema giudiziario, lassista con i forti e inesorabile con i deboli.[23]
Con tutto ciò, Robespierre sarebbe probabilmente rimasto un illuminato avvocato di provincia se la crisi dell'Ancien Régime non fosse rapidamente precipitata: nel 1788 si aprì la campagna per l'elezione dei rappresentanti agli Stati Generali, convocati per il maggio del 1789 e Robespierre presentò la memoria À la Nation artésienne, sur la nécessité de réformer les États d'Artois, nel quale criticava il sistema elettorale in vigore che non garantiva un'equa rappresentanza dei cittadini, sbilanciata a favore della classe nobiliare. Denunciò anche i tentativi di alcuni nobili di presentarsi candidati per il Terzo Stato e le manovre dei notabili durante le assemblee elettorali con il pamphlet Les ennemis de la patrie démasqués par ce qui s'est passé dans l'Assemblée du Tiers état de la ville d'Arras.
Eletto tra i ventiquattro rappresentanti del Terzo Stato, il 25 marzo 1789 scrisse il cahier de doléances a favore della corporazione dei ciabattini, la più povera e numerosa della provincia e indirizzò un Avis aux habitants de la campagne, garantendosi un appoggio degli elettori della provincia di Arras sufficiente per essere scelto, il 26 aprile 1789, tra i dodici deputati dell'Artois. A Versailles prese alloggio, con tre deputati contadini, nella locanda del Renard, in rue Sainte-Elisabeth.[24]
Nell'Assemblea costituente, Robespierre perseguì «la realizzazione di un piano accuratamente studiato». Il suo primo intervento dalla tribuna data al 18 maggio 1789 e prese la parola 69 volte in quell'anno, 125 volte nel 1790 e ben 328 nei primi nove mesi del 1791. È presente durante il giuramento della Pallacorda, con il quale il Terzo Stato trasformò l'anacronistica assemblea degli Stati Generali in una moderna Assemblea Nazionale, si iscrive al Club bretone – che diventerà il noto Club dei Giacobini – e il 14 luglio 1789 assiste alla presa della Bastiglia: «Ho visto la Bastiglia, mi ci ha condotto un reparto di quella valorosa milizia cittadina che l'ha presa [...] Non potevo separarmi da questo luogo la cui vista suscita oggi in tutti i cittadini onesti soltanto soddisfazione e il pensiero della libertà».[25]
Nei suoi interventi a riguardo dell'elaborazione della nuova Costituzione si batté perché non fossero concessi privilegi: il 21 settembre 1789 si oppone alla concessione al re del diritto di veto sulle leggi approvate dall'Assemblea e il 5 ottobre dichiara che «nessun potere può stare al di sopra della nazione e nessun potere che emani dalla nazione può imporre la sua censura alla Costituzione che la nazione si è data». Si oppose al sistema elettorale, formulato dall'Assemblea, che divideva i cittadini in «passivi», «attivi», ed «elettori», e richiedeva che il deputato dovesse almeno possedere una proprietà fondiaria e pagasse un contributo di un marco d'argento, sostituendo così all'aristocrazia del sangue l'aristocrazia del denaro, al predominio nobiliare il privilegio borghese.[26] A questo proposito, il 22 ottobre, dichiara all'Assemblea che[27]
«Tutti i cittadini, di qualunque condizione, hanno diritto di aspirare a tutti i gradi di rappresentanza politica. Nulla dovrebbe essere più conforme alla vostra Dichiarazione dei diritti, di fronte alla quale ogni privilegio, ogni distinzione, ogni eccezione deve scomparire. La Costituzione stabilisce che la sovranità risiede nel popolo, in ogni individuo del popolo. Ogni individuo ha dunque diritto di partecipare alla formulazione della legge cui è sottomesso e all'amministrazione della cosa pubblica che è la sua, altrimenti non è vero che tutti gli uomini sono eguali nei diritti e che ogni uomo è un cittadino.»
Quando, nell'ottobre del 1789, l'Assemblea Costituente trasferì la propria sede da Versailles a Parigi, Robespierre prese alloggio in un appartamento sito al terzo piano del numero 9 della rue de Saintonge dove, dal 1790, per circa sette mesi, l'ufficiale dei dragoni e autore drammatico Pierre Villiers lo servì come segretario.[28] Continuò a frequentare il Club bretone di Versailles, che intanto aveva mutato il proprio nome in quello di Société des Amis de la Constitution e si unì anche all'omologa Société di Parigi, più nota con il nome di Club dei Giacobini, per il fatto di essere situata nei locali dell'ex-convento dei Giacobini di rue Saint-Honoré, vicino alle Tuileries. Robespierre divenne presto il maggior animatore delle sedute del circolo e intrattenne rapporti con i gruppi patriottici della provincia parigina.[29]
Il periodo del Terrore
Entrato nel Comitato di Salute Pubblica il 27 luglio 1793, in veste di suo rappresentate intraprese un'azione politica volta ad alleviare la miseria delle classi più umili e a recepire le indicazioni dei sanculotti. Seppure contrario alla guerra, fu tra i più attivi nel rafforzare militarmente l'esercito repubblicano attraverso provvedimenti di controllo dell'economia (per esempio, la razione minima sul pane, sul sale e sulla farina). Questi ed altri provvedimenti sarebbero stati ripresi dalla Costituzione del 1793, sebbene questa non sia mai effettivamente entrata in vigore. Preoccupato dagli eventi bellici, dai tentativi contro-rivoluzionari e deciso a estirpare ogni residuo della monarchia e dell'Ancien régime, decise di sostenere la politica del cosiddetto Terrore, nel corso del quale si procedette all'eliminazione fisica di tutti i possibili rivali della Rivoluzione francese.
Il numero delle vittime causate dal periodo del Terrore è quantificabile con difficoltà: Aurelio Musi ne conta 16.594[30].Secondo altri storici i morti sarebbero stati 70.000, prevalentemente appartenenti alla media borghesia. Altri ancora parlano - con le approssimazioni del caso - di circa 35.000 esecuzioni, delle quali ben 12.000 senza processo. La metodica cancellazione di ogni forma di dissenso fu eseguita anche mediante l'incarcerazione di circa 100.000 persone (alcuni studiosi arrivano addirittura a stimarne 300.000) soltanto perché sospettate di attività controrivoluzionaria.
Va ricordato che la Rivoluzione, secondo la sensazione di molti suoi sostenitori, era attaccata sia dall'estero che internamente.
Durante il Terrore furono ghigliottinati, tra gli altri, Jacques-René Hébert e Georges Danton, popolari capi rivoluzionari, e il duca Filippo d'Orléans, soprannominato Filippo Égalité (uguaglianza). Per questi eventi si disse che la rivoluzione divora i suoi figli. Inoltre fu decapitata Olympe de Gouges, fondatrice del Centre Socìal, che si batteva attivamente per i diritti delle donne, da sempre negati da Robespierre.
Contrario a ogni affievolimento e a ogni tentativo moderato (fu per questo soprannominato "l'Incorruttibile"), Robespierre, temendo l'influenza della religione cattolica, proclamò religione dello stato il culto laico dell "Essere Supremo", basato sulle teorie di Rousseau, ma il suo decreto gli attirò l'ostilità sia dei cattolici sia degli atei.
Conscio dell'odio che la Convenzione Nazionale provava per lui, era convinto che il suo destino fosse nelle mani dell'esercito francese. Paradossalmente fu invece proprio la vittoria dell'esercito repubblicano a Fleurus (in Belgio) contro l'armata alleata di Inghilterra, Olanda ed Austria, il 26 giugno 1794, a contribuire alla fine dell'Incorruttibile.
La caduta
Venuto meno il pericolo di un'invasione straniera, le misure eccezionali emanate durante il Terrore iniziarono a sembrare eccessive e i loro responsabili a essere malvisti, anche perché il crescente clima di terrore faceva sì che chiunque si sentisse un possibile bersaglio e futura vittima, in particolare dopo che era stato ghigliottinato anche Danton, uno dei capi più accesi e popolari. Tale cambiamento di situazione internazionale assicurò un ampio sostegno al colpo di stato organizzato dagli avversari politici di Robespierre anche all'interno dell'Assemblea della Convenzione.
Dopo quattro settimane di assenza, finalmente, il 26 luglio 1794 Robespierre si presentò alla convenzione dove tenne un discorso di più di due ore. Egli ammonì sulla possibilità di una cospirazione contro la Repubblica, minacciò alcuni deputati che avevano, a suo parere, agito ingiustamente e avevano ecceduto nei loro poteri e che andavano dunque puniti, infine suggerì che il Comitato di Salute Pubblica e quello della Sicurezza generale fossero rinnovati.
Tali velate minacce crearono grande agitazione nella Convenzione, Robespierre non aveva fatto nomi e ci si chiese chi fossero i deputati destinati ad essere puniti. Tutti erano peraltro sorpresi che l'Incorruttibile imputasse il terrore agli eccessi di quel Comitato di Salute Pubblica di cui lui stesso era membro.
La maggioranza del Comitato di Salute Pubblica era determinata ad agire prontamente. La Convenzione, di primo acchito, mossa dall'eloquenza di Robespierre approvò la sua mozione. Il giorno successivo, 27 luglio, o secondo il calendario rivoluzionario 9 termidoro, tuttavia, a dimostrazione che il clima era decisamente cambiato, quando Saint-Just, molto vicino a Robespierre, iniziò a parlare alla Convenzione, fu continuamente interrotto da violente proteste. Jean Lambert, Tallien, Billaud-Varenne e Vadier attaccarono nuovamente Robespierre e numerose furono le grida di "abbasso il tiranno!".
Quando Robespierre esitò nel replicare a questi attacchi, si alzò il grido C'est le sang de Danton qui t'étouffe (è il sangue di Danton che ti soffoca). Robespierre tentò invano di continuare a parlare, ma, alle cinque del pomeriggio, Robespierre, Couthon e Saint-Just, con due altri giovani deputati, Augustin Robespierre (il fratello) e Philippe-François-Joseph Le Bas, gli unici rimasti nella convenzione a sostenere Robespierre, furono arrestati.
Nessuna prigione accettò però di incarcerarlo e nelle ore successive Robespierre si ritrovò libero con gli altri suoi sostenitori e fu condotto dalle truppe della Comune di Parigi all'Hôtel de Ville dove fu raggiunto dai suoi fedeli guidati da Payan e Coffinhal.
Erano tuttavia passati i giorni in cui la Comune poteva dettar legge alla Convenzione. Alla notizia della liberazione di Robespierre la Convenzione si riunì nuovamente e dichiarò fuori legge i membri della Comune e i deputati da questi liberati. La Guardia nazionale sotto il comando di Barras ebbe grandi difficoltà nel raggiungere l'Hôtel de Ville.
Nella mattinata del 28 luglio 1794, le Guardie Nazionali, fedeli della Convenzione, si impadronirono, senza trovare ulteriore resistenza, dell'Hotel de Ville e arrestarono numerosi dirigenti giacobini fedeli a Robespierre, tra cui nuovamente Saint-Just, Couthon, Le Bas e il fratello di Robespierre, Augustin, il quale, nel tentativo di sfuggire alla cattura, si gettò dalla finestra sul selciato, dove fu raccolto moribondo. Su ciò che successe a Maximilien le opinioni degli storici divergono. C'è chi sostiene che egli cercò di opporre resistenza, ma un colpo di pistola, sparato dal gendarme Charles-André Merda, gli fracassò la mascella. Altri storici, fra cui Thomas Carlyle e, soprattutto, Albert Mathiez, accreditano la tesi del tentato suicidio. Altra ipotesi quella dello sparo accidentale dell'arma impugnata dallo stesso Robespierre per propria difesa, nel momento in cui lo stesso cadde in terra nei momenti concitati della tentata fuga per le scale del palazzo.
Tutti i prigionieri catturati, una ventina, vennero condotti alla Conciergerie per un formale atto di riconoscimento e quindi inviati alla ghigliottina, tra la folla esultante per la fine del "tiranno" Robespierre. La stessa sorte toccò il giorno dopo ad altri 80 seguaci di Robespierre, facendo quindi diminuire nettamente l'influenza giacobina in Francia.
Con la morte di Robespierre finì il periodo del Terrore giacobino, iniziò il governo dei Termidoriani, espressione della borghesia moderata, che diedero corso per un certo periodo al cosiddetto Terrore bianco (volto ad eliminare gli oppositori e segnatamente i giacobini).
Valutazione storica della figura di Robespierre
Robespierre è una figura storica molto controversa, ma che ha comunque affascinato gli storici, non soltanto francesi. Lo storico Albert Soboul, ad esempio, ha sottolineato la bontà delle sue riforme, ma ha anche ricordato la sua severità durante il periodo del Terrore. Simon Schama, invece, punta il dito contro i collaboratori di Robespierre, e rimprovera all'Incorruttibile l'estremizzazione del concetto rivoluzionario. Contribuì alla diffusione del pensiero di Robespierre anche Filippo Buonarroti, suo sostenitore, che lasciò la Francia dopo la cospirazione di Babeuf.
Scritti di Robespierre
La principale opera letteraria di Robespierre è Il terrore e la virtù (1793), nel quale egli sosteneva con grinta le motivazioni che lo avevano spinto ad attuare il Terrore e la necessità di prolungarlo. I suoi scritti precedenti, invece, non ci sono giunti in maniera organica: sappiamo solo che non piacquero al conte Honoré-Gabriel de Mirabeau. Interrogato a tal proposito, il conte Mirabeau disse di Robespierre: "Non andrà lontano, perché egli crede in tutto ciò che dice". La società degli studi robespierristi ha pubblicato (1910-1967) le Œuvres di M. Robespierre, in cui sono presenti le opere edite, parte della corrispondenza, i giornali pubblicati e quasi tutti i discorsi pronunciati dall'Incorruttibile. Nel 2000 è stata fatta un riedizione anastatica delle Œuvres.
Note
1. ^ Le origini familiari accertate dal 1452 dei Robespierre, sono analizzate da A. Lavoisne, in «Revue du nord», maggio 1914
2. ^ Sulla famiglia di Robespierre, cfr. anche Gérard Walter, Maximilien de Robespierre, Paris, Gallimard, 1989, p. 14.
3. ^ G. Walter, cit., pp. 15-17.
4. ^ Scoperto da Irmgard Hörl l'atto, che lo qualifica come insegnante di lingue, è stato pubblicato negli Annales historiques de la Révolution française, 1958, 2. Tuttavia, un'altra versione lo dà emigrato in America: cfr. Albert Mathiez, Le père de Robespierre est-il mort en Amérique, in «Annales révolutionnaires», 1924, che riporta la testimonianza dell'abate Proyart, il quale avrebbe conosciuto personalmente il padre del rivoluzionario.
5. ^ G. Walter, cit., pp. 17-19 e 25. La borsa gli dava diritto a una camera con un letto, un tavolo e una sedia.
6. ^ Edme-Bonaventure Courtois, Papiers inédits trouvés chez Robespierre, Saint-Just, Payan, etc., Paris, Baudouin Frères, 1828, pp. 154 e ss.
7. ^ Liévin-Bonaventure Proyart è autore della biografia La vie et les crimes de Robespierre, surnommé le tyran, depuis sa naissance jusqu'à sa mort, pubblicata sotto il nome «Le Blond de Neuvéglise, colonnello di fanteria leggera» nel 1795 ad Augsburg, in Germania, ispirata a criteri reazionari.
8. ^ G. Walter, cit., pp. 19-28, che cita Proyart.
9. ^ Albert Mathiez, Robespierre, 2006, p. 15.
10. ^ Trovato tra le carte della sorella Charlotte, che lo cita nelle sue Memorie.
11. ^ A. Mathiez, Robespierre, ivi
12. ^ G. Walter, cit., p. 29.
13. ^ G. Walter, cit., pp. 29-31.
14. ^ Mario Mazzucchelli, Robespierre, 1955, p. 29.
15. ^ G. Walter, cit., pp. 31-41 e 49-55; A. Mathiez, cit., p. 16.
16. ^ Citato in M. Mazzucchelli, cit., pp. 38-39.
17. ^ «Vedo la spina con la rosa / Nei bouquets che mi offrite / E celebrandomi / I vostri versi scoraggiano la mia prosa. / Tutto quel che mi si è detto di lusinghiero / Signori, ha il diritto di confondermi; / La rosa è il vostro complimento / La spina è l'obbligo della risposta [ ... ]». Vi è chi sostiene che quelle tre strofe di 24 versi non sarebbero di Robespierre, ma di Beffroy de Regny: l'errore di attribuzione sarebbe stato di Charlotte Robespierre.
18. ^ La Réponse de Maximilien de Robespierre, avocat au Parlement et directeur de l'Académie, au discours de M.lle Kéralio è in «Œuvres de Maximilien Robespierre, tome XI, Compléments (1784-1794)», a cura di Florence Gauthier, Société des études robespierristes, Paris 2007, pp. 189-191.
19. ^ «Crois-moi, jeune et belle Ophélie, / Quoiqu'en dise le monde et malgré ton miroir, / Contente d'être belle et de n'en rien savoir, / Garde toujours ta modestie. / Sur le pouvoir de tes appas / demeure toujours alarmée, / Tu n'en seras que plus aimée / si tu crains de ne l'être pas».
20. ^ G. Walter, cit., p. 34 e 57-58; Charlotte Robespierre, Memorie, c. II, p. 24.
21. ^ Pierre Villiers, Souvenirs d'un déporté, 1802, p. 2.
22. ^ Charlotte Robespierre sostiene che Éléonore Duplay corteggiava inutilmente il fratello dal momento che Maximilen non era minimamente interessato a lei: cfr. Memorie, c. III, pp. 48-49.
23. ^ A. Mathiez, cit., pp. 17-19.
24. ^ Gérard Walter, cit., pp. 60-71.
25. ^ Robespierre, Lettera ad Antoine-Joseph Buissart, 23 luglio 1789.
26. ^ Albert Soboul, La Rivoluzione francese, 1974, p. 148.
27. ^ Ivi, p. 149.
28. ^ Secondo le Memorie di Charlotte Robespierre, cit., p. 37, Villiers abitava con Maximilien, circostanza esclusa da Gérard Walter, cit., pp. 137-138.
29. ^ Gérard Walter, cit., pp. 148-162; Marianne Becker, Le tribun de la Constituante: histoire de Robespierre, 1998, p. 219.
30. ^ Aurelio Musi, Le vie della modernità, pag. 424, Sansoni Editore, Milano 2000. Secondo lo storico l'8,5% di essi erano nobili, il 6,5% ecclesiastici, il 25% borghesi, il 31% artigiani e lavoratori urbani, il 28% contadini
▪ 1858 - Carlo Troya o Carlo Troja (Napoli, 7 giugno 1784 – Napoli, 28 luglio 1858) è stato uno storico e politico italiano, primo ministro costituzionale del Regno delle Due Sicilie.
Laureato in legge, si compromise agli occhi delle autorità durante la rivoluzione napoletana del 1820-21, nel corso della quale collaborò alla rivista liberale Minerva napolitana e fu intendente in Basilicata, tanto da essere condannato all'esilio dal 1824 al 1826.
Tornato successivamente a Napoli, pur senza abbandonare completamente l'attività politica si dedicò prevalentemente alla ricerca storica, soprattutto sul Medioevo; nel 1844 fu uno dei fondatori della Società storica napoletana, della quale fu anche presidente fino al 1847. Fu inoltre collaboratore del giornale liberale Il Tempo fondato con Saverio Baldacchini.
Esponente del "neoguelfismo" (il movimento che aspirava a una confederazione di stati italiani sotto la presidenza del papa, secondo quando teorizzato nel 1843 da Gioberti nel Del primato morale e civile degli italiani) il 3 aprile 1848 ottenne da Ferdinando II la nomina a primo ministro del regno delle Due Sicilie, secondo la costituzione emanata dallo stesso Ferdinando II l'11 febbraio 1848. Il governo Troya inviò un corpo di spedizione di 15 mila uomini in Lombardia, al comando di Guglielmo Pepe (vedi Prima guerra di indipendenza). Il governo costituzionale non ebbe vita lunga: il 15 maggio 1848, con un colpo di mano, Ferdinando II sciolse il parlamento democratico, licenziò Carlo Troja sostituendo il suo ministero con uno, guidato da Gennaro Spinelli di Cariati, composto esclusivamente da elementi conservatori.
Anche suo fratello Ferdinando fu primo ministro di Ferdinando II dal 1852 al 1859.
Il 29 agosto 1854 fu eletto socio corrispondente dell'Accademia della Crusca
▪ 2004 - Tiziano Terzani (Firenze, 14 settembre 1938 – Orsigna, 28 luglio 2004) è stato un giornalista e scrittore italiano.
Tiziano Terzani nacque a Firenze, nel quartiere di Monticelli, mercoledì 14 settembre 1938.
Dei suoi genitori (la madre era di origini benestanti, il padre meccanico) disse: "Mio padre era un comunista, ex partigiano, mia madre cattolicissima [...] debbo a loro forse un senso di tolleranza e questa cosa profonda [...] di vedere il bello della vita nella sua diversità e vedere la vera essenza della vita nell'armonia degli opposti". Visse l’infanzia in ristrettezze economiche ma con la dignità dei semplici ma saldi principi morali dei genitori che Tiziano fece propri. L’acuta intelligenza che lo distingueva, la sua predisposizione allo studio, l’incontro fortunato con insegnanti che ne colsero le qualità già nell’istruzione primaria, gli valsero la possibilità del riscatto culturale e sociale dalla povertà dell’ambiente familiare che si convinse a concedergli la possibilità del proseguimento degli studi e a frequentare il liceo classico "Galileo" di Firenze, dove, sedicenne ebbe il primo contatto col mondo, impiegando le vacanze scolastiche come lavapiatti in Svizzera: con lo stipendio ricevuto visitò Parigi, quindi un passaggio in Belgio e in Germania. Brillantemente diplomato, rischiò l’impiego in banca: lo salvò l’ammissione alla borsa di studio presso il prestigioso Collegio medico-giuridico di Pisa (allora facente capo alla Scuola Normale Superiore), attuale Scuola Superiore Sant'Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento (tra i compagni di corso c'era Giuliano Amato), laureandosi brillantemente in giurisprudenza nel 1961.
Nello stesso anno sposò Angela Staude, fiorentina di genitori tedeschi (suo padre era il pittore Hans-Joachim Staude). Trascorsi sei mesi per un Master in Inghilterra, nel 1962 iniziò a lavorare per la Olivetti dapprima come venditore e successivamente occupandosi del personale estero. Nel 1965, l'azienda lo inviò a tenere corsi di formazione in molte aree del mondo (fra cui il Giappone ed il Sud Africa), dove entrò in contatto con le problematiche dell’apartheid e dello sfruttamento sociale del continente africano: tema dei suoi primi scritti giornalistici che l’Astrolabio, rivista diretta da Ferruccio Parri, gli pubblicò in Italia contribuendo a maturargli la decisione di cambiare radicalmente vita ed esplorare il mondo scrivendone.
L'esordio nel giornalismo
Una borsa di studio offertagli dalla Columbia University di New York per dedicarsi allo studio della lingua e della cultura cinese gli fornì la motivazione e la possibilità di licenziarsi dall'Olivetti (1969) per investire sulla professione giornalistica attrezzandosi di conoscenze sul paese asiatico e sugli esperimenti di nuova e utopistica organizzazione sociale in esso in atto in un'epoca di grandi fermenti e fenomeni politici di ripensamento critico dell’organizzazione occidentale. Dello stesso anno, in agosto, la nascita del suo primogenito Folco.
Dopo qualche collaborazione, prima per L'Astrolabio e poi per Il Giorno, Terzani finalmente ebbe l'opportunità, grazie al settimanale tedesco Der Spiegel, di recarsi in Asia come corrispondente.
Gli anni da corrispondente
Nel marzo del 1971 nacque la figlia Saskia. Terzani, con la moglie ed i due figli piccoli, si trasferì a Singapore. In quegli anni Tiziano ebbe l'opportunità di seguire da molto vicino le fasi decisive della Guerra del Vietnam, esperienza che diede origine ai suoi primi due libri.
In seguito collaborò anche con i quotidiani italiani Corriere della Sera e La Repubblica, diventando uno dei più importanti giornalisti italiani a livello internazionale.
Terzani è stato un profondo conoscitore dell'Asia, non solo per quanto riguarda le vicende storiche e politiche, ma anche dal punto di vista filosofico e culturale. Ha vissuto a Pechino, Tokyo, Singapore, Hong Kong, Bangkok e Nuova Delhi, che negli ultimi anni aveva eletto come sua seconda casa. Il suo soggiorno a Pechino si concluse quando venne arrestato e "rieducato" per un mese prima di essere espulso dalle autorità cinesi per "attività controrivoluzionarie".
Le esperienze di Terzani in Asia sono confluite, oltre che negli articoli per i giornali, anche in numerosi libri, a cominciare da Pelle di leopardo. Diario vietnamita di un corrispondente di guerra 1972-1973 (1973), che racconta le ultime fasi della guerra del Vietnam, e per finire con il suo ultimo lavoro: Un altro giro di giostra. Tra i libri più interessanti di Terzani si ricorda Un indovino mi disse, cronaca di un viaggio di un anno attraverso numerosi paesi dell'Asia, compiuto senza mai prendere un aereo, per seguire l'avvertimento datogli da un indovino.
Nel 1997 a Terzani è stato conferito il "Premio Luigi Barzini all'inviato speciale". Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 diede una sua risposta alle invettive anti-islamiche della scrittrice fiorentina Oriana Fallaci nel libro Lettere contro la guerra.
Gli ultimi anni
Il libro "Un altro giro di giostra" tratta del suo modo di reagire alla malattia, un tumore all'intestino, viaggiando per il mondo e osservando con lo stesso spirito giornalistico di sempre le tecniche della più moderna medicina occidentale e le medicine alternative; il viaggio più difficile, alla ricerca di una pace interiore, che lo portò ad accettare serenamente la morte.
«Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere – si legge nel libro – e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso.»(Un altro giro di giostra)
Terzani si ritirò a trascorrere i suoi ultimi giorni ad Orsigna, il rifugio di una vita, sull'Appennino tosco-emiliano (Pistoia), spegnendosi il 28 luglio 2004.
Le sue ultime memorie sono registrate in un'intervista televisiva intitolata "Anam, il senzanome" (dove Terzani parla anche della sua scelta etica in favore del vegetarismo) e nel libro postumo La fine è il mio inizio, in cui Terzani riferisce al figlio Folco le proprie riflessioni di tutta una vita.
La sua attività di scrittore ricade in buona parte nell'ambito della periegesi, termine con cui si intende quel filone storiografico che, intorno ad un itinerario geografico, raccoglie notizie storiche su popoli, persone e località, verificate, per quanto possibile, dall'esperienza diretta.
Terzani non fu molto conosciuto in Italia durante la sua attività giornalistica, poiché la testata per la quale lavorava principalmente era un periodico tedesco, Der Spiegel, sebbene oggi sia riconosciuto quale uno dei massimi scrittori italiani di viaggi del XX secolo, appassionato cronista del proprio tempo, entusiasta ricercatore della verità degli avvenimenti, dei suoi protagonisti e degli uomini suoi compagni di viaggio, fisico e spirituale: una mente tra le più lucide, progressiste e non violente di inizio XXI secolo.
Controversie
Fu tra gli intellettuali che firmarono un manifesto, pubblicato su L'espresso, con cui accusarono il commissario Luigi Calabresi di essere un torturatore e di essere responsabile della fine dell'anarchico Giuseppe Pinelli.