Il calendario del 28 Giugno
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Eventi
▪ 1228 - Federico II parte da Brindisi per la Sesta crociata
▪ 1389 - Le forze ottomane sconfiggono quelle dell'Europa cristiana nella battaglia della Piana dei merli, aprendo la strada alla conquista ottomana dell'Europa sudorientale (vedi Vidovdan)
▪ 1519 - Carlo V è eletto imperatore del Sacro Romano Impero
▪ 1635 - La Guadalupa diventa una colonia francese
▪ 1651 - Battaglia di Beresteczko tra polacchi e ucraini, inizia la più grande battaglia del XVII secolo
▪ 1838 - Viene incoronata la regina Vittoria del Regno Unito
▪ 1846 - Adolphe Sax inventa il sassofono
▪ 1883 - A Milano in via Santa Redegonda viene inaugurata la prima centrale elettrica europea
▪ 1894 - La festa del lavoro diventa festa ufficiale negli USA
▪ 1914 - Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este e sua moglie Sofia vengono uccisi da un nazionalista serbo Gavrilo Princip, l'episodio diventa il casus belli della prima guerra mondiale
▪ 1916 - Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht vengono arrestati dopo il fallimento di uno sciopero internazionale e condannati a due anni di reclusione
▪ 1919 - Viene firmato il Trattato di Versailles, che pone ufficialmente fine alla prima guerra mondiale
▪ 1940 - La Romania cede parte della Bessarabia (l'odierna Moldavia) all'Unione Sovietica
▪ 1946 - Enrico De Nicola è eletto Capo provvisorio della Stato italiano
▪ 1950 - Seoul viene catturata dale truppe della Corea del Nord
▪ 1960 - Le raffinerie statunitensi a Cuba vengono confiscate e nazionalizzate
▪ 1967 - Israele si annette Gerusalemme Est
▪ 1969 - A New York inizia la rivolta di Stonewall. Per tre giorni la protesta di gay e transessuali dilaga nel quartiere gay della città
▪ 1976 - Un gruppo di terroristi del FPLP dirotta un aereo dell'Air France con 248 passeggeri a bordo
▪ 1990 - In un museo di Den Bosch, in Olanda, vengono rubati tre dipinti di Vincent Van Gogh
▪ 1992 - Giuliano Amato forma il suo primo governo
▪ 1997 - Il pugile Mike Tyson viene squalificato per aver staccato con un morso parte dell'orecchio del suo avversario, Evander Holyfield
▪ 2004 - Dopoguerra iracheno: con due giorni di anticipo sul previsto, a causa del clima teso per il susseguirsi di attentati, la CPA con mossa a sorpresa cede il controllo del paese al premier Iyad Allawi, l'ex collaboratore di CIA e MI6
▪ 2005 - Incidente durante il collaudo di un viadotto in costruzione lungo la Strada Statale 42 del Tonale e della Mendola: mentre cinque autocarri carichi di ghiaia stanno percorrendo il ponte, la struttura cede. L'autista di uno dei mezzi perde la vita, altri operai riportano ferite.
▪ 2006 - Il cestista italiano Andrea Bargnani viene scelto come numero 1 dai Toronto Raptors nel draft NBA. È la prima volta nella storia del basket professionistico americano che la prima scelta assoluta del draft è europea
▪ 2008 - Papa Benedetto XVI, nel bimilennario della nascita di san Paolo, apre lo speciale anno giubilare paolino, nella basilica di San Paolo fuori le mura, insieme con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I.
Anniversari
* 548 - Teodora (in greco: Θεοδώρα; Costantinopoli, 500 circa – Costantinopoli, 28 giugno 548) è stata un'imperatrice bizantina. Dopo una iniziale vita avventurosa divenne moglie dell'imperatore Giustiniano I, assieme al quale regnò, in parte coadiuvandolo nella gestione del potere. La sua personalità viene vista in doppia luce da Procopio di Cesarea, che da una parte ne esalta in talune sue opere l'effetto benefico, dall'altra ne vede esclusivamente il lato negativo, questo nella sua Storie Segrete, opera in un certo senso parallela e complementare di questo storico. Molto probabilmente morì a causa del cancro, una delle prime forme documentate, nel 548.
Il nome di Teodora resta legato nel campo dell'arte a numerosi monumenti a lei collegati, quali la ricostruzione giustinianea di Hagia Sophia e a Ravenna della Basilica di San Vitale.
Monofisismo di Teodora
Si può considerare sicura l'adesione di Teodora alla corrente Monofisita. Ella si convertiva dopo una sua permanenza ad Alessandria, nel corso iniziale della sua vita da attrice ed avventuriera, partita dalla capitale per quest'altra grande città dell'Impero.
Procopio nella Storie Segrete riferisce che aveva lasciato la capitale per accompagnare un personaggio di rilievo, Ecebolo di Tiro, che era stato nominato governatore della Pentapoli in Cirenaica (Libia). Come sua amante andò con lui in Libia, ma dopo un certo periodo venne in disaccordo con Ecebolo che la abbandonò. Lasciò la Cirenaica mantenendosi con la prostituzione, e sulla strada di Costantinopoli, fece tappa ad Alessandria.
Ad Alessandria incontrò il vescovo Timoteo, aderente al Monofisismo. L'incontro con il vescovo è riferito anche da un testo egiziano della fine del secolo successivo agli avvenimenti.
Il patriarca Timoteo III (517-535) esercitò un profondo ascendente su di lei, che ebbe una crisi mistica e si convertì alla sua corrente. Timoteo era il maggior difensore di questa idea, che aveva fatto di Alessandria una sua roccaforte, nella quale aveva ospitato l'esule patriarca Severo di Antiochia, allontanato dalla capitale al momento della svolta intollerante di Giustino.
Da qui Teodora avrebbe abbandonato la precedente vita, intraprendendo un altro cammino che l'avrebbe portata ad essere la moglie dell'imperatore. Grazie alla sua forte personalità avrebbe saputo conquistare Giustiniano, vincendo l'ostracismo posto contro di lei da Eufemia, e superare anche l'ostacolo del differente credo.
Ascesa
Relazioni con gli Azzurri
Tornata a Costantinopoli Teodora fu presto notata da Giustiniano, un uomo di venti anni più anziano di lei e nipote dell'allora imperatore Giustino I. Colpito dalla sua bellezza Giustiniano dapprima la tenne come amante, pur elevandola al grado di patrizia. Da questo momento iniziava la carriera di Teodora.
In questo periodo la coppia era oltremodo legata alla fazione dell'Ippodromo degli Azzurri, che ne aveva guadagnato l'impunità per tutte le sue azioni. Gli Azzurri arrivarono ad assassinare un personaggio in vista, Ipazio, in Santa Sofia ed in pieno giorno. In quel momento Giustiniano era caduto ammalato, per cui la corte credette poter approfittare per far cessare gli atti criminali degli Azzurri.
Il prefetto di Bisanzio, Teodoto, detto Zucchino, fece arrestare diversi Azzurri che vennero condannati a morte. Molti di essi però potevano nascondersi grazie alle potenti protezioni godute, e quando Giustiniano guarì Teodoto venne accusato di stregoneria, anche in base alle dichiarazioni estorte sotto tortura ad alcuni suoi familiari. Teodoto si trovò isolato, l'unica voce che si levò in sua difesa fu quella di Proclo, e venne trasferito a Gerusalemme, dove rimase nascosto nella chiesa del Tempio per trovarvi asilo dai sicari di Giustiniano e Teodora.
Matrimonio con Giustiniano
Per Teodora si presentava il problema di superare gli ostacoli della morale verso il suo matrimonio con Giustiniano. Giustino, imperatore e zio di Giustiniano, non era d'accordo su questi sponsali principalmente per volere della moglie, l'imperatrice Eufemia, la quale vedeva di buon occhio il nipote ma non accettava la presenza di Teodora. Morta Eufemia, ed avendo nei suoi ultimi anni Giustino perso le proprie facoltà mentali, la via per il matrimonio tra Giustiniano e Teodora era libera.
Il problema che Le leggi di quel periodo non consentivano ad un notabile come Giustiniano il matrimonio con un'attrice quale era Teodora, ma in quel caso Giustino, ormai incapace di intendere e volere, fu convinto dal nipote ad emanare una legge che permettesse anche ciò. Grazie a questa circostanza gli sponsali poterono essere celebrati.
Teodora imperatrice
Quindi, al momento della morte di Giustino, il nipote era già pronto ad impossessarsi del potere, e divenire imperatore. Giustiniano, che aveva già nominato Teodora patrizia, senza attendere, tre giorni prima della morte di Giustino, fece celebrare la cerimonia dell'incoronazione nella quale fece nominare Teodora imperatrice, il 1 aprile 527, tre giorni prima della Pasqua.
Una volta sul trono, Teodora si mostrò una donna astuta e di forte carattere, molto influente sulle decisioni del marito tanto che spesso si è detto che Giustiniano e Teodora costituissero una vera e propria diarchia. Entrambi di personalità molto forte, la loro azione risultò complementare nel ricreare la grandezza dell'Impero Romano.
Una prima prova la coppia la diede nella sua azione durante la rivolta di Nika, quando dovettero affrontare il problema politico di ridimensionare le fazioni, soprattutto quella degli Azzurri, la cui impunità essi stessi avevano da sempre garantito. Negli eventi, dove Giustiniano si mostrava più pavido, pensando di fuggire attraverso il suo porto privato, fu Teodora a reagire con forza a riprendere il potere in mano. Ella, pronunciando un discorso, convinse il marito a desistere e a combattere in quanto «...Il trono è un glorioso sepolcro e la porpora è il miglior sudario».
Questione monofisita
Un altro problema nel quale la complementarietà tra queste due personalità ebbe a dare i suoi effetti fu quello della questione monofisita.
Al dissidio religioso corrispondevano le tendenze separatiste delle province orientali, che già dal secolo precedente si erano manifestate nella usuale forma del dissenso religioso rispetto all'ortodossia, allora trovando comprensione in Zenone. Quell'imperatore promulgando l'"Henoticon" arrivava al compromesso coi monofisiti, benché a prezzo dalla parte opposta dello scisma con Roma.
Giustiniano per la sua grandissima ambizione intendeva invece divenire un nuovo Costantino, capo e dell'Impero e della Chiesa, e per questo motivo affiancò la sua riconquista dell'Occidente alla repressione della parte orientale e siriaca, benché questa azione a lunga scadenza permettesse nel secolo successivo il cedimento all'Islam. Se le province monofisite orientali erano la parte più viva dell'Impero, una riconciliazione con l'Occidente comportava un atteggiamento antimonofisita, il che riacuiva l'antico contrasto tra Egitto e Siria da una parte e Bisanzio dall'altra, rinfocolando i sopiti separatismi copto-siriaci.
La complementarietà della coppia Giustiniano-Teodora emerge nel ruolo svolto dall'imperatrice con la protezione data alla parte che avrebbe dovuto essere repressa, e grazie a questa sua azione si poté mantenere l'unità imperiale. Teodora era di fede monofisita, ed in questo campo si mostrò più realistica del marito, del quale modificò la politica con esiti favorevoli per l'Oriente, al prezzo di un'ulteriore incomprensione da parte della Chiesa dell'Occidente. Sfruttando la sua influenza sul marito Giustiniano I, Tedora, fece si che all'interno dell'Impero si instaurasse un clima di convivenza tra gli ortodossi, detti anche duofisiti, e i monofisiti. Un esempio lampante è la promulgazione dell'editto dei Tre Capitoli che aveva l'obbiettivo di acquietare le dispute religiose accettando interpretazioni a proposito della natura di Cristo da ambo le parti. Tuttavia questo editto si tradusse nell'omonimo scisma dei Tre Capitoli che riaprì la contesa religiosa.
Teodora proteggeva i Monofisiti, li nascondeva all'occorrenza, bloccava i procedimenti giudiziari a loro carico. La sua azione accontentava quei ceti che si potrebbero assimilare ad una classe borghese all'interno dell'Impero, mentre il marito accontentava quelli aristocratici. La loro divenne in pratica una politica bifronte svolta dai due vertici al potere, capace di bilanciare le due forze sociali vitali dell'impero. Giustiniano ne ricavava il beneficio di non farsi catturare da alcuno dei ceti in lizza, potendoli dominare entrambi, e in un paese stanco di violenze e lotte sociali, terrorizzato dalle pressioni di barbari e Persiani, mostrò di essere l'uomo giusto, come testimonia Pietro Patrizio, trattatista politico dell'epoca. Il contributo di Teodora in questa politica si evidenzia dal momento della sua morte, quando il consorte rimase solo, ed in effetti la sua capacità politica si ritrovò dimezzata nei suoi ultimi anni.
Teodora morì di malattia nel 548 (divorata dal cancro dice Procopio), e si dice che la sua morte fosse stata presagita dallo spezzarsi di una colonna.
Teodora nell'arte
Il più famoso ritratto di Teodora è un mosaico che si trova all'interno della basilica di San Vitale a Ravenna. Altri ritratti che dovevano esistere a Costantinopoli vennero sistematicamente cancellati durante il periodo dell'iconoclastia (VII secolo).
Non esistono quadri rinascimentali che ritraggono l'Imperatrice in quanto in quell'epoca essa era sconosciuta. Gli Anekdota di Procopio di Cesarea che ci tramandano della sua figura e della sua opera furono pubblicati solo nel Seicento. Teodora è inoltre il soggetto di un quadro di Milo Manara.
▪ 1022 - Notker III di San Gallo (Wil, 950 – San Gallo, 28 giugno 1022) è stato un abate e scrittore tedesco, commentatore di testi filosofici.
Fu chiamato anche Labeone (dal latino labeo, labbro grosso) e il Teutonico, per la meritoria opera di scrivere, anziché in latino, nella lingua alto-tedesca i suoi commenti di opere filosofiche, in modo da rendere più agevole lo studio dei suoi allievi nella scuola dell'abbazia di San Gallo.
È il suo allievo Ekkehard a narrare come Notker scrivesse «per primo piacevolmente in volgare, esponendo parecchi commenti in tedesco per amore dei suoi studenti» e traducesse anche il Salterio, i Moralia in Iob di Gregorio Magno e altre opere che come quelle sono tuttavia perdute.
A sua volta, lo stesso Notker informava, in una lettera scritta al vescovo Ugo di Sion, di aver tradotto in tedesco le Categorie e il De interpretatione di Aristotele, compreso il commento di Boezio, la Consolazione della filosofia di quest'ultimo, il De nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Capella e alcuni Salmi, oltre ad aver composto un De sillogismis - tutte opere che ci sono conservate - e opere perdute come gli Opuscoli teologici e la De institutione arithmetica di Boezio, i Distica Catonis, le Bucoliche di Virgilio e l' Andria di Terenzio.
I suoi commenti non hanno alcuna originalità, basandosi soprattutto su Remigio d'Auxerre e poi su Alcuino, Cassiodoro, Cicerone, Donato, Isidoro di Siviglia e Prisciano e per quanto, in controtendenza con gli studi consueti dell'abbazia - si sia preoccupato di commentare la logica di Aristotele, egli resta del tutto estraneo al pensiero classico del maestro di Stagira, la cui logica non vale, per lui, di fronte alla dogmatica patristica, come mostra anche nel suo commento al De consolatione philosophiae di Boezio. Qui Notker inserisce la sua opinione sugli scopi che la filosofia si prefigge, unendovi un abbozzo elementare di storia della filosofia, che riprende dal De civitate Dei di Agostino:
«La filosofia si divide in divina e umana. Cose divine insegnano coloro che per noi hanno scritto libri sulla natura di Dio e sulla verità della Trinità. Essi si chiamano teologi. Il più grande di loro fu Giovanni evangelista. Cose umane insegnano i naturalisti e gli etici, coloro che si occupano della natura e dei costumi. Il più antico dei fisici fu Pitagora, fra i greci, poi Talete e i suoi discepoli: Anassagora, poi Anassimandro e poi Anassimene. Essi cercano di capire da che cosa questo mondo si originasse. Uno disse dal fuoco, uno disse dall'acqua, uno disse dalla mente divina».
Coscienzioso e minuto traduttore, il Teutonico è un vero e grande realista, il primo realista della letteratura tedesca. Linguaggio pieno di succo è il suo, linguaggio vivo, linguaggio bello. La sua esperienza linguistica è parallela a quella poetica dell'autore del Ruodlieb: entrambi gli autori inseriscono il loro tedesco nel latino (e talora il loro "latino" nel tedesco) con un procedimento che può talora sembrare arbitrario ed è invece determinato da un preciso e fine senso della realtà: senso psicologico-didattico nel primo, più ampiamente artistico nel secondo».
▪ 1797 - Il Conte Pietro Verri (Milano, 12 dicembre 1728 – Ornago, 28 giugno 1797) è stato un filosofo, economista, storico e scrittore italiano.
Nasce a Milano il 12 dicembre 1728 da conte Gabriele, magistrato e politico conservatore, e da Barbara Dati della Somaglia, membro della nobiltà milanese. Intrapresa la carriera militare, compì in seguito studi di economia a Vienna. Avviati gli studi nel Collegio gesuita, frequenta negli anni '50 l'Accademia dei Trasformati, dove conosce tra gli altri Giuseppe Parini. Fra il 1759 e il 1760 si arruola nell'esercito imperiale e prende parte brevemente alla Guerra dei Sette Anni (1756-1763).
Fermatosi a Vienna, intraprende la redazione delle Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano, pubblicate poi nel 1763, che gli varranno il primo incarico di funzionario governativo; lo stesso anno pubblica anche le Meditazioni sulla felicità.
Rientrato frattanto a Milano, nel 1761 vi fonda, insieme al fratello Alessandro Verri e agli amici Cesare Beccaria, Alfonso Longo, Pietro Secchi, Giambattista Biffi e Luigi Lambertenghi, la cosiddetta Accademia dei Pugni, iniziale nucleo redazionale del foglio periodico Il Caffè, destinato a diventare il punto di riferimento del riformismo illuministico italiano. Il Caffè inizia le sue pubblicazioni nel giugno 1764 ed esce ogni dieci giorni, fino al maggio 1766, quando viene raccolto in due volumi. Tra gli articoli più importanti di Pietro Verri per Il Caffè vanno ricordati almeno gli Elementi del commercio (volume I, foglio 3), La commedia (I, 4-5), La medicina (I, 18), Su i parolai (II, 6).
Parallelamente all'impresa editoriale, Verri intraprende, con alcuni dei suoi sodali, la scalata politico-amministrativa del governo viennese di Milano, allo scopo di mettere in opera le riforme propugnate nella rivista. Nel gennaio 1764 è fatto membro della Giunta per la revisione della "ferma" (appalto delle imposte ai privati) e nel 1765 del Supremo Consiglio dell'Economia. Quest'ultimo, presieduto da Gian Rinaldo Carli, altro collaboratore del Caffè, assegna a Cesare Beccaria la cattedra di Economia pubblica e ad Alfonso Longo quella di Diritto pubblico ecclesiastico nelle Scuole Palatine. Nel 1778 Verri, Beccaria, Frisi e Secchi danno luogo alla Società patriottica milanese.
Risalgono a questi anni le Osservazioni sulla tortura (1768), le Meditazioni sull'economia politica (1771), il Discorso sull'indole del piacere e del dolore (1773), che affronta temi che avranno grande importanza per Giacomo Leopardi e i Ricordi a mia figlia (1777). Il suo è uno stile asciutto e libero, pieno di trattenuto vigore.
Con la successione di Giuseppe II al trono d'Austria (1780), gli spazi per i riformisti milanesi si riducono, e a partire dal 1786 Verri lascia ogni incarico pubblico, assumendo un atteggiamento sempre più critico nei confronti del figlio di Maria Teresa. Pubblica frattanto la Storia di Milano (1783).
All'arrivo di Napoleone (1796), Verri sessantottenne prende parte, con i compagni di gioventù Alfonso Longo (1738-1804) e Luigi Lambertenghi (1739-1813), alla fondazione della Repubblica Cisalpina (1797), culla del tricolore italiano. Muore il 28 giugno del 1797 durante una seduta notturna della Municipalità milanese, della quale era membro assieme a personalità come Giuseppe Parini.
Il fratello minore Giovanni sarebbe il padre naturale di Alessandro Manzoni, figlio di Giulia Beccaria e nipote di Cesare.
Meriti e pensiero filosofico ed economico di Pietro Verri
Grazie alla sua opera come autore e come organizzatore Milano divenne il più importante centro dell'Illuminismo italiano. L'ipotesi di civiltà che scaturiva dalla figura intellettuale di Pietro Verri era forse troppo avanzata per poter essere adeguatamente raccolta dalla nostra cultura; e comunque lo colloca a pieno titolo tra le espressioni più alte dell'Illuminismo.
Il grande merito storico di Pietro Verri consiste nel fatto di aver creato in Lombardia un grande centro di aggregazione illuminista, la rivista Il Caffè. Ciò che desta curiosità rimane il titolo con cui Pietro Verri scelse di intitolare la sua testata. È ovvio che il riferimento era ironico. Con il suo "caffè" Pietro Verri intendeva "svegliare" e aprire gli occhi a tutti coloro che vivevano immersi nella superstizione e nel dogmatismo. Con i suoi scritti sul dolore e il piacere, Verri sottoscrisse le teorie di Helvetius, nonché il sensismo di Condillac, fondando sulla ricerca della felicità e del piacere l'attività dell'uomo. L'uomo, per Verri, tendeva a se stesso, al piacere, quindi secondo Verri l'uomo è pervaso dall'idea del dolore, e il suo piacere non è altro che una momentanea interruzione di questo dolore (questa tesi è riscontrabile anche in Schopenhauer e in Leopardi); quest'ultimo potrebbe averla derivata da quella del Verri, essendo ispirato spesso dalla filosofia sensistica settecentesca. Per Verri quindi, la vera felicità dell'uomo non è quella personale, ma è quella a cui partecipa il collettivo, quasi fosse eutimia o atarassia. Anche Kant apprezzerà questa tesi.
Per quanto riguarda la politica e l'economia, il pensiero di Pietro Verri è controverso. Per quanto riguarda l'ambito economico, negli Elementi del Commercio (1769) e nella sua più grande opera economica Meditazioni sull’Economia Politica (1771), enunciò (anche, per primo, in forma matematica) le leggi di domanda e offerta, spiegò il ruolo della moneta come "merce universale", appoggiò il libero scambio e sostenne che l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti è assicurato da aggiustamenti del prodotto interno lordo (quantità) e non del tasso di cambio (prezzo). Di conseguenza, può essere visto come precursore di Adam Smith, del marginalismo e persino di John Maynard Keynes; altri però notano come assuma atteggiamenti di difesa del concetto di proprietà privata e del mercantilismo. Egli ritiene che solo la libera concorrenza tra eguali possa distribuire la proprietà privata: tuttavia pare favorevole principalmente alla piccola proprietà, per evitare il risorgere delle disuguaglianze.
Osservazioni sulla tortura
Con le Osservazioni sulla tortura esprime la sua contrarietà all'uso della tortura, definendo ingiusta e antistorica un modello così efferato di giurisprudenza e auspicando l'abolizione di questi metodi. Verri scrisse l'opuscolo influenzato dalla grande opera del collega Beccaria Dei delitti e delle pene. Nelle Osservazioni, che sono un invito ai magistrati a seguire le idee dell'amico, la dialettica di Verri è cruda e basilare: la tortura è una crudeltà, perché se la vittima è innocente, subisce sofferenze non necessarie, mentre se colpisce un colpevole presumibile rischia di martoriare il corpo di un possibile innocente. Inoltre gli accusati rinunciano nella tortura alla loro difesa naturale istintiva, e ciò viola la legge di natura. Verri ricostruisce brevemente anche il processo agli "untori" del 1630, come documento dell'ignoranza di un secolo non guidato dai "Lumi", fornendo la base per la Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni.
▪ 1918 - Giambattista Giori (Rovereto, 27 settembre 1855 – Wau, 28 giugno 1918) è stato un presbitero italiano.
Nato a Borgo Sacco il 27 settembre 1855 da Antonio e Rosa Poli è stato un missionario comboniano morto a Wau, nel Sudan il 28 giugno 1918. La famiglia Giori era giunta a Sacco alla metà del 1700 e nel 1842 aveva acquistato dal filosofo Antonio Rosmini una casa nell'attuale via Baroni.
La vocazione e la partenza
Sin dalla tenere età fu animato dal desiderio di dedicarsi interamente alle missioni in Africa, fortemente influenzato dall'incontro con mons. Daniele Comboni avvenuto nel novembre del 1879 a Limone sul Garda. Alla fine del 1882 si trasferisce a Verona dove comincia il noviziato, conclusosi con i voti che lo fanno missionario. Torna a Sacco l'ultima domenica di novembre del 1887 per salutari i genitori e i cari, prima di partire il primo dicembre da Trieste alla volta dell'Africa.
In Africa
Giunto al Cairo viene mandato nell'isola di Gesira, sul Nilo, dove mons. Sogaro aveva dato inizio ad una colonia antischiavista, che dava rifugio a tutti gli schiavi che riuscivano a scappare dai propri padroni. Lì diventa istruttore di tutti questi uomini e insieme a loro costruisce strade, ponti, canali, edifici, regola le coltivazioni di cotone e grano e cura l'allevamento del bestiame ricavando latte e formaggio. Durante le pause dal lavoro assume il ruolo di catechista, radunando gli ex-schiavi con i quali lavora e parlando loro di Gesù e delle Sacre Scritture. Eccellente suonatore di ocarina, con la quale rallegra le serate e i giorni di festa, da vita ad una banda musicale come quella di cui faceva parte nella sua Sacco. Quando, dopo 12 anni, si allontanò da Gesira, poteva dirsi molto fortunato: ogni angolo di quella terra, anche il più recondito, era legato a lui in qualche modo, perchè vi aveva lavorato, l'aveva costruito o vi aveva raccontato le storie della Bibbia.
Capitano del Redemptor
Il 21 aprile 1895 succede come Vescovo a mons. Sogaro padre Roveggio. Nel 1898 le orde del Mahdi vennero sconfitte dagli inglesi e il Sudan si riaprì all'attività missionaria. I tempi erano cambiati e anche i missionari dovevano modernizzarsi quindi ai cantieri Jarrow di Londra venne commissionato un battello a vapore dalla chiglia piatta in acciaio, in modo da potersi spostare agevolmente sul Nilo in merito del poco pescaggio. Venne commissionato anche un barcone con cabine su due piani che doveva essere trainato dal battello, in più Giori realizzò anche una piccola barca con la quale trasportare il combustibile. Serviva però un capitano per il battello: venne scelto senza esitazioni Giori, che durante la sua attività missionaria aveva dato prova di essere affidabile ed efficiente; venne quindi mandato presso i cantieri di Alessandria d'Egitto per far pratica di navigazione fluviale e di meccanica.
▪ 1937 - Max Adler (Vienna, 15 gennaio 1873 – Vienna, 28 giugno 1937) è stato un filosofo, sociologo e politico austriaco.
Diresse con Rudolf Hilferding i Marxstudien.
Di impostazione neokantiana, fu uno dei fondatori e teorici dell'austromarxismo. Il motivo essenziale della sua riflessione è quello del possibile raccordo tra la filosofia di Kant e il materialismo storico di Karl Marx, del quale accetta l'impostazione dialettica. Sensibile ai profondi motivi etici ispiratori della problematica del cosiddetto "socialismo neokantiano" di Eduard Bernstein, Franz Staudinger e Karl Vorländer, ritenne necessario utilizzare i temi metodologici della filosofia di Immanuel Kant per far fronte agli aspetti troppo rigidamente deterministici presenti nella concezione della storia del marxismo della Seconda Internazionale e più vicini alle concezioni del positivismo ottocentesco.
▪ 1940 - Italo Balbo (Quartesana, 6 giugno 1896 – Tobruk, 28 giugno 1940) è stato un politico, militare e aviatore italiano. Fu ministro dell'Aeronautica e governatore della Libia.
Prima della Grande guerra
Italo Balbo nacque a Quartesana, frazione del comune di Ferrara, il 6 giugno 1896. Figlio di Camillo Balbo e Malvina Zuffi, entrambi maestri elementari: il padre era di origini piemontesi, mentre la madre era romagnola. In famiglia vigeva il rispetto assoluto per la monarchia e per il servizio militare.
Dopo la nascita, la famiglia Balbo si trasferisce da Quartesana a Ferrara, centro politico rilevante, percorso da fermenti di classe contadina e animato da idee socialiste. Le accese dispute tra monarchici e repubblicani si svolgevano spesso al Caffè Milano, soprannominato all'epoca "sitùzz", ovvero piccolo sito, posticino. Anche il giovane Italo Balbo partecipò attivamente alle discussioni politiche, che esercitarono senz'altro una certa influenza sulle sue opinioni politiche.
In famiglia i contrasti si accentuavano, poiché Italo, di idee repubblicane ma conservatrici, si scontrava con lo spirito monarchico del padre. Nel 1911, appreso al Caffè Milano circa l'iniziativa organizzata da Ricciotti Garibaldi per liberare l'Albania dal controllo turco, fuggì da casa e si aggregò alla spedizione militare. Non riuscì a partecipare alla spedizione, bloccato dalla polizia, avvisata dal padre.
Nel 1914 Italo Balbo si schierò decisamente con il movimento interventista, e durante la partecipazione ad una manifestazione interventista a Milano, conobbe Benito Mussolini. Balbo divenne poi guardia del corpo di Cesare Battisti durante i comizi da lui tenuti a favore dell'intervento in guerra.
Prima guerra mondiale
Durante la prima guerra mondiale prestò servizio nell'7º Reggimento Alpini "Feltre". Promosso sottotenente, il 16 ottobre 1917 lascia il battaglione perché destinato, su sua domanda, al Deposito Aeronautico di Torino per un corso di pilotaggio, la sua vera grande passione. Pochi giorni dopo, a causa dell'offensiva austro-tedesca, fu costretto a ritornare al fronte. Nel 1918, al comando del reparto d'assalto del Battaglione Pieve di Cadore, partecipa all'offensiva sul Monte Grappa, liberando la città di Feltre.
Per alti meriti militari si guadagnò una medaglia di bronzo e due di argento, raggiungendo il grado di capitano. Congedato nel 1920, incontra, nello stesso anno, la contessina Emanuella Florio (1901 - 1980) e se ne innamora, subito ricambiato. Lei è timida, gentile, riservata; sono due caratteri opposti (il diavolo e l'acqua santa, dicono gli amici di suo padre), ma si vogliono bene e nel 1924 si sposano. Per amore di Emanuela, si rimette a studiare ed a Firenze si laurea in scienze sociali, dopo essersi accapigliato con un professore universitario che aveva offeso i reduci della grande guerra. Dopo la laurea tornò alla sua città natale dove fu assunto come impiegato da una banca.
Adesione al fascismo
Dopo essere stato in gioventù di idee repubblicano-mazziniane nonché frequentatore della loggia massonica Gerolamo Savonarola di Ferrara, Balbo, dopo la guerra, aderì al fascismo e presto divenne segretario della federazione fascista ferrarese. Iniziò ad organizzare bande di squadristi e formò un suo gruppo soprannominato «Celibano», nome derivante dalla storpiatura ferrarese del suo drink preferito, il cherry-brandy conosciuto anche come Sangue Morlacco.
Il gruppo di Balbo, in parte finanziato dai proprietari terrieri locali, contrastava i disordini provocati dagli scioperi e dal monopolio instaurato violentemente dalle leghe socialiste[2] attraverso spedizioni punitive che colpivano i comunisti, i socialisti e le organizzazioni contadine di Portomaggiore, Ravenna, Modena e Bologna. Le leghe rosse detenevano un enorme potere che permetteva di emarginare coloro che non aderivano, dirottando solo verso i propri affiliati i finanziamenti pubblici e facendosi rimborsare dalla comunità le spese elettorali
Il gruppo guidato da Balbo si scontrò il 20 dicembre 1920 con le Guardie rosse che si erano appostate dentro il Castello Estense di Ferrara.
Nell'ottobre del 1922 Italo Balbo fu uno dei «quadrumviri» della marcia su Roma, insieme ad Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi e Michele Bianchi. Guidò in particolare la spedizione punitiva contro il quartiere di San Lorenzo che aveva attaccato una colonna fascista.
Nel 1923 venne accusato di essere coinvolto nell'omicidio del parroco antifascista don Giovanni Minzoni, ad Argenta ma fu prosciolto da ogni accusa. Il processo venne ripetuto nel 1947 e la Corte di Assise di Ferrara escluse ogni sua responsabilità. Nel 1924 divenne comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e sottosegretario all'economia nazionale nel 1925.
Il 30 agosto del 1925, accompagnò a Forlì il segretario del partito fascista Roberto Farinacci, per compiere un gesto di grande importanza propagandistica: la fondazione di Predappio Nuova, per celebrare il luogo di nascita del Duce.
La passione per il volo
Il 6 novembre 1926 venne nominato segretario di Stato all'aviazione e si apprestò a organizzare la neocostituita Regia Aeronautica. Il 19 agosto 1928 divenne maresciallo delle Forze Aeree e il 12 settembre 1929, a soli trentatré anni, ministro dell'Aviazione (all'epoca era il più giovane ministro europeo).
Balbo guidò due voli transatlantici. Il primo, nel 1930, con 12 idrovolanti Savoia-Marchetti S.55A partiti da Orbetello alla volta di Rio de Janeiro, in Brasile, si svolse dal 17 dicembre 1930 al 15 gennaio 1931.
La seconda crociera atlantica, crociera aerea del Decennale, venne organizzata per celebrare il decennale della Regia Aeronautica in occasione della Century of Progress, esposizione universale che si tenne a Chicago tra il 1933 ed il 1934.
Dal 1º luglio al 12 agosto del 1933 guidò la trasvolata di 25[5] idrovolanti S.55X[6] partiti da Orbetello verso il Canada e con destinazione finale gli Stati Uniti.
La traversata di andata approdò in Islanda proseguendo poi verso le coste del Labrador. Il governatore dell'Illinois, il sindaco e la città di Chicago riservarono ai trasvolatori un'accoglienza trionfale, ed a Balbo venne intitolata una strada, tutt'oggi esistente, in prossimità del lago Michigan, la Balbo avenue (ex-7th avenue). I Sioux presenti all'Esposizione di Chicago lo nominarono capo indiano con il nome di Capo Aquila Volante. In quell'epoca infatti i rapporti fra Italia e USA erano ottimi e un'impresa di questo tipo era molto seguita e considerata straordinaria.
Il volo di ritorno proseguì per New York dove venne organizzata in suo onore e degli altri equipaggi una grande ticker-tape parade, secondo italiano dopo Diaz ad essere acclamato per le strade di New York, e si intitolò a Balbo uno dei suoi viali. Il presidente Roosevelt lo ebbe ospite.
Di ritorno in Italia, venne nominato maresciallo dell'aria. Dopo questo episodio il termine Balbo divenne di uso comune per descrivere una qualsiasi formazione numerosa di aeroplani. Meno noto è che negli Stati Uniti il termine "balbo" sia utilizzato anche per indicare il pizzo lungo con baffi.
Al di là di queste imprese, Balbo dispiegò grande energia nell'imporre disciplina e rigore alla neonata Regia Aeronautica, accantonando gli aspetti romantici ed individualistici dell'aviazione pionieristica, e indirizzandola piuttosto, a formare una Forza Armata coesa e disciplinata. I voli transoceanici in formazione erano un esempio di tale indirizzo, non più imprese individuali ma di gruppo e minuziosamente programmate e studiate. È da rilevare che se Balbo avallò le idee di Giulio Douhet sull'aviazione strategica, nel contempo sostenne fattivamente la costituzione dello Stormo d'assalto sotto il comando di Amedeo Mecozzi, in altre parole incoraggiando lo sviluppo dell'aviazione tattica.
Si oppose invece alla realizzazione di navi portaerei che riteneva avrebbero sottratto fondi e materiale alla Regia Aeronautica riducendo anche l'indipendenza della neonata Arma Aerea. La mancata realizzazione di portaerei influì negativamente sulle operazioni della Regia Marina nel secondo conflitto mondiali (vedasi battaglia di Capo Matapan), ma sarebbe un errore attribuirne la responsabilità alla sola opposizione di Balbo, vista la posizione conservatrice dei vertici della Regia Marina. (Alberto Santoni, Da Lissa alle Falkland, Milano, Mursia, 1987, Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare, Milano, Mondadori, 2000, Claudio G. Segre, Italo Balbo, Bologna, il Mulino, 1988)
La Libia
Proprio nel momento in cui Balbo raggiungeva il massimo della sua popolarità, egli si era attirato delle inimicizie all'interno del partito, dovute a gelosia e al suo comportamento individualista. Tutti i trionfi di Balbo ingelosiscono Mussolini (e accendono sospetti). Il regime si basava su una diarchia: il Duce e il re.
Non è dato sapere se Balbo avesse in mente d'inserirsi e di dar vita ad una triarchia ma sembra abbastanza chiaro che Mussolini temesse la popolarità dell'ex quadrumviro, del quale conosceva, ingigantite dagli interessati rapporti delle polizie segrete, le sue critiche al regime. Decide, perciò, di prevenire ogni pericolo. Allontana Balbo togliendo al neo nominato maresciallo dell'Aria l'incarico di ministro dell'Aeronautica, estromettendolo dal governo, "promuovendolo" governatore della Tripolitania e della Cirenaica, che, nel 1934, e sotto il patronato di Balbo si fondono, unitamente al Fezzan, nell'unica colonia: la Libia. Qualche settimana prima, quando gli era stato comunicato la nomina a governatore della colonia, Balbo aveva compreso che non si trattava esattamente di una promozione: sarebbe stato più appropriato dirla un esilio.
Il 16 gennaio 1934 sbarca a Tripoli e lancia un proclama: «Assumo da oggi, in nome di Sua Maestà il governo, i miei tre predecessori, Volpi, De Bono, Badoglio, hanno compiuto grandi opere. Mi propongo di seguire le loro orme». In Libia avviò progetti di opere pubbliche e costruzione della rete stradale, in particolare la litoranea che segue il Mediterraneo per centinaia di chilometri e che in suo onore si chiamò "via Balbia".
Cercò inoltre di attirare coloni italiani e seguì una politica di integrazione e pacificazione con le popolazioni musulmane. Dopo l'invasione tedesca della Polonia nel settembre del 1939, Balbo, in visita a Roma, espresse ripetutamente malcontento e preoccupazione per l'alleanza militare con la Germania e per la politica seguita da Mussolini sia sul piano interno che sul piano internazionale. Del resto il suo dissenso nei confronti del Duce si era sempre più acuito a partire dal 1938, quando, in più occasioni, manifestò a Mussolini la sua contrarietà alla promulgazione delle leggi razziali.
La morte
Il 28 giugno 1940 Italo Balbo rimase ucciso mentre era di ritorno da una ricognizione in territorio egiziano quando il suo aereo, un Savoia-Marchetti S.M.79, venne abbattuto da un cannone antiaereo italiano. Il giorno dopo il bollettino delle Forze Armate diramò il seguente bollettino:
«Il giorno 28, volando sul cielo di Tobruk, durante un'azione di bombardamento nemica, l'apparecchio pilotato da Italo Balbo è precipitato in fiamme. Italo Balbo e i componenti dell'equipaggio sono periti. Le bandiere delle Forze Armate d'Italia s'inchinano in segno di omaggio e di alto onore alla memoria di Italo Balbo, volontario alpino della guerra mondiale, Quadrumviro della Rivoluzione, trasvolatore dell'Oceano, Maresciallo dell'Aria, caduto al posto di combattimento»
L'equipaggio era composto da Ottavio Frailich, Enrico Caretti, Lino Balbo, Claudio Brunelli, Nello Quilici, Gino Cappannini, Cino Florio e Giuseppe Berti. Il giorno successivo, un aereo britannico paracadutò sul campo italiano un biglietto di cordoglio a nome dell'esercito di Sua Maestà.
«Le forze britanniche esprimono il loro sincero compianto per la morte del Maresciallo dell'Aria Italo Balbo, un grande condottiero e un valoroso aviatore che conoscevo personalmente e che il fato pose in campo avversario… Air Officer-Commander-in-Chief British Royal Air Force… Sir Arthur Laymore»
Ufficialmente l'incidente venne considerato uno sfortunato caso di fuoco amico, ma la vedova di Balbo, Emanuela Florio, riteneva che si fosse trattato di un assassinio ordinato da Mussolini. Questa ipotesi è liquidata come "stupidaggine" dal capopezzo che abbatté l'aereo di Balbo, Claudio Marzola, imbarcato sull'incrociatore della Regia Marina San Giorgio.
Attualmente è stato definitivamente appurato che Balbo fu abbattuto dalla contraerea italiana di Tobruk per un fatale errore di valutazione, mentre sono totalmente prive di fondamento tutte le altre ipotesi.
Più recentemente Folco Quilici (figlio di Nello Quilici), nel suo volume Tobruk 1940 (edito da Mondadori), sostiene che l'aereo sarebbe stato abbattuto da una raffica sparata dalla torretta del sommergibile posamine italiano Bragadin proveniente da Napoli, che, nella confusione che seguì l'abbattimento, ripartì dal porto libico la sera stessa, ragione per la quale le relazioni ufficiali non ne parlano.
I commenti dei contemporanei
Di lui lo stesso Mussolini dirà:
«Balbo. Un bell'alpino, un grande aviatore, un autentico rivoluzionario. Il solo che sarebbe stato capace di uccidermi.»
Galeazzo Ciano invece il giorno 29 giugno annoterà sul suo diario:
«Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. […] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata fino all'ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della nostra razza.»
▪ 1971 - Mario Apollonio (Ortano, 28 settembre 1901 – Milano, 28 giugno 1971) è stato uno storico, accademico e antifascista italiano.
Si laurea nel 1923 in filologia moderna discutendo una tesi sul linguaggio nella Commedia dell'Arte e, intrapresa la carriera di insegnante liceale, diventa ben presto anche docente accademico di letteratura italiana presso le università di Oslo, Urbino e la Cattolica di Milano, dove nel 1955 presediette la prima cattedra di Storia del teatro in Italia.
La carriera accademica lo vede come studioso del teatro, in un'epoca nella quale la disciplina della storia del teatro non era ancora nata: in tal senso, Apollonio è tra i precursori del genere. Riuscì, in effetti, a rendere tangibile in forma di saggio ciò che era sempre stato considerato effimero ed evanescente, ossia l'arte teatrale nel suo complesso e non solo dal punto di vista del testo letterario. Con Apollonio si approfondiscono e in alcuni casi si avviano gli studi sull'interpretazione, la teatrografia e lo studio del testo teatrale in vista della sua rappresentazione e non solo dal punto di vista letterario.
Animatore culturale, fu con Giorgio Strehler, Virgilio Tosi e Paolo Grassi fra i promotori della nascita del Piccolo Teatro di Milano. Progettò la rivista Drammaturgia e scrisse una imponente Storia del teatro italiano oltre che varie opere su autori italiani e la letteratura del paese. Nel 1961 fonda e dirige a Bergamo la Scuola Superiore di Giornalismo e Mezzi Audiovisivi.
Alla sua memoria è dedicato il Teatro Mario Apollonio di Varese.
Nella Resistenza
Assieme a Teresio Olivelli, Carlo Bianchi, David Maria Turoldo, Giovanni Barbareschi, Dino Del Bo, partecipa agli incontri che porteranno alla fondazione del giornale Il Ribelle. Il giornale delle Brigate Fiamme Verdi esce quando può per 26 numeri, correndo grandi rischi sia per stamparlo sia poi per distribuirlo. Infatti uno dei tipografi Franco Rovida e lo stesso Teresio Olivelli, finiranno la loro esistenza in un campo di concentramento.
Ecco un giudizio di padre Fabro sullo scrittore Eugenio Corti e di conseguenza sull'opera di Mario Apollonio
Che meraviglia allora se i seminari oggi nella quasi totalità si sono svuotati? L’opera eroica di professori del calibro di Mario Apollonio, emarginato all’Università Cattolica per la sua resistenza impavida, ed ora passato all’eternità, e di Gabrio Lombardi della Statale di Milano, ideatore e presidente del Comitato antidivorzista, era caduta nel vuoto perché le anime di troppi cattolici si erano svuotate, la fede spenta anche in certi pastori allontanatisi scandalosamente da ogni dimensione soprannaturale. La speranza avrebbe cominciato a risvegliarsi - nota con coraggio il Corti - soltanto più tardi, quando Iddio, dopo tante disfatte, avrebbe fatto alla sua Chiesa "l’immenso dono del papa polacco: un papa di nuovo ‘pietra’ e ‘roccia’ finalmente!".
[...] Il cavallo rosso è certamente anche il romanzo del trionfo cristiano del bene sul male, ma non qui in terra come ne I promessi sposi, bensì nella luce eterna di Dio, che non conosce tramonto. Tale sembra lo schema di questo romanzo che può dirsi anche la lettura cristiana in filigrana della storia della Chiesa italiana del post-concilio in un settore paradigmatico e privilegiata com’è la Brianza, la Vandea d’Italia. Romanzo unico nel suo genere.
[...] A quando una degna visione televisiva? Se fosse tale da rendere fedelmente il libro, essa potrebbe avviare un autentico risveglio spirituale di tutta la nazione.
▪ 1987 - Dante Gorreri (Parma, 15 maggio 1900 – 28 giugno 1987) è stato un partigiano e politico italiano.
È stato un antifascista, comunista, ardito del Popolo, comandante partigiano, membro della Costituente.
Mandato al fronte nella prima guerra mondiale, al ritorno entra nella Gioventù Socialista e nel 1921 passa immediatamente nel Partito Comunista d'Italia, fra i dirigenti del settore giovanile. Esercita il mestiere di idraulico o meglio lattoniere, come si dice ancora adesso in gergo e/o dialetto. Come sindacalista è attivo nella UIL, in cui c'è una forte componente sindacalista rivoluzionaria.
Durante l'assalto degli squadristi di Italo Balbo guida la difesa della barricate di Oltretorrente, lo storico quartiere operaio di Parma, nello specifico, in via Massimo D'Azeglio, in qualità di capo squadra degli Arditi del Popolo. A fascismo affermato viene ripetutamente arrestato e poi spedito per 5 anni al confino aFavignana e Lipari, la condanna viene prolungata per altri 4 anni a Ponza, poi nel seguito in diversi luoghi e nuovamente a Ponza fino al 1937. Nel 1942, in qualità di segretario federale in clandestinità del partito comunista ,rientra a Parma; dopo l'8 settembre del 1943 è organizzatore della resistenza a Parma e a Como, dove dirige la federazione clandestina, ovviamente.
Nel 1945 viene catturato da un reparto delle Brigate Nere ma riesce a fuggire in Svizzera e nuovamente a raggiungere la 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici", che al comando di "Pedro" (Pier Luigi Bellini Delle Stelle), nell'aprile cattura Benito Mussolini e altri gerarchi fascisti che cercano di arrivare al confine svizzero.
In questo periodo e nell'immediato dopoguerra,si svolge la vicenda legata all'oro di Dongo, con forti tensioni fra Gorreri ed altri epici e riconosciuti dirigenti comunisti della Resistenza locale. Nel 1946 è eletto all'Assemblea Costituente. Nel 1949 viene arrestato per i fatti di Dongo, l'ipotizzato trafugamento di oro che sarà chiarito in tribunale, scagionando gli imputati, anche da Enrico Mattei, responsabile amministrativo di tutte le formazioni partigiane durante la Resistenza.
Gorreri viene comunque liberato nel 1953 in quanto viene eletto deputato. Il processo che risolverà il problema dei fatti di Dongo si protrarrà a lungo (non furono chiariti supposti omicidi all'interno dello stesso PCI, e ancora non chiariti,son state fatte supposizioni in un documentario televisivo di interventi dell'intelligence britannica per far sparire il carteggio Mussolini-Churchill e a questo è stata collegata la serie di sparizioni nei dintorni di Dongo).