Il calendario del 27 Luglio

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 1214 - Battaglia di Bouvines: In Francia, Filippo II di Francia sconfigge Giovanni d'Inghilterra

▪ 1663 - Al Parlamento britannico passa il Secondo atto di Navigazione che richiede che tutti i beni diretti verso le colonie americane siano inviati su navi inglesi da porti inglesi

▪ 1694 - Uno Statuto Reale viene concesso alla Banca d'Inghilterra

▪ 1778 - Guerra d'indipendenza americana: Prima battaglia di Ushant - scontro tra la flotta britannica e quella francese

▪ 1789 - Viene fondata la prima agenzia del governo federale statunitense, il Dipartimento degli Affari Esteri (che diverrà il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti)

▪ 1794 - Rivoluzione francese: Maximilien Robespierre viene arrestato dopo aver incoraggiato l'esecuzione di più di 17.000 "nemici della rivoluzione"

▪ 1830 - Il popolo parigino insorge contro il re Carlo X. Ci saranno 3 giorni di scontri, le famose Tre gloriose giornate o Rivoluzione di luglio finché, il 2 agosto, il monarca fu costretto ad abdicare.

▪ 1866 - Viene completato il Cavo Atlantico, che permetterà per la prima volta trasmissioni transatlantiche via telegrafo

▪ 1921 - Ricercatori dell'Università di Toronto, guidati dal biochimico Frederick Banting, isolano per la prima volta l'ormone insulina

▪ 1929 - Debutto per il primo romanzo di Alberto Moravia, Gli indifferenti

▪ 1940 - Bugs Bunny fa il suo debutto ufficiale nel cartone animato A Wild Hare

▪ 1942 - Seconda guerra mondiale: Josif Stalin emana l'Ordine numero 227 in risposta all'allarmante avanzata tedesca in Russia. In base a quest'ordine, chiunque si ritiri o abbandoni le sue posizioni senza ordine specifico, verrà giustiziato immediatamente

▪ 1943 - Seconda guerra mondiale: Pietro Badoglio dispone lo scioglimento del Partito Nazionale Fascista.

▪ 1953 - Guerra di Corea: Stati Uniti, Repubblica Popolare Cinese, Corea del Nord, e Corea del Sud firmano un accordo di armistizio

▪ 1955 - Finisce l'occupazione Alleata dell'Austria, che era iniziata alla fine della seconda guerra mondiale (9 maggio 1945)

▪ 1964 - Guerra del Vietnam: più di 5.000 consiglieri militari americani vengono inviati nel Vietnam del Sud, portando il numero complessivo delle forze statunitensi in Vietnam a 21.000

▪ 1974 - Scandalo Watergate: Il Comitato Giudiziario della Camera dei Rappresentanti vota 27 a 11 per raccomandare il primo articolo dell'impeachment contro il presidente Richard Nixon: ostacolo della giustizia

▪ 1986 - I Queen si esibiscono a Budapest, diventando il primo gruppo occidentale a esibirsi in un paese dell'est comunista.

▪ 1992- Palermo: a pochi mesi dalla strage di Capaci ed otto giorni dopo la strage in cui perse la vita Paolo Borsellino, il commissario dell'anti-racket Giovanni Lizzio è assassinato dalla mafia

▪ 1993

  1. - L'Italia è colpita da tre autobomba esplose quasi contemporaneamente dopo le 23.15: una a Milano, nei giardini di Via Palestro, dove muoiono sei persone (quattro vigili del fuoco, un vigile urbano e un immigrato marocchino); due a Roma, danneggiando gravemente la chiesa di San Giorgio al Velabro e la basilica di San Giovanni in Laterano.
  2. - Italia: cambio al vertice del SISDE: Domenico Salazar subentra ad Angelo Finocchiaro.

▪ 1994 - Nasce ALCEI, l'Associazione per la Libertà nella Comunicazione Elettronica Interattiva

▪ 1995 - A Washington, viene inaugurato il Memoriale dei veterani della guerra di Corea

▪ 1996 - Ad Atlanta (Georgia), un tubo bomba esplode al Centennial Olympic Park, durante le Olimpiadi, facendo una vittima e 111 feriti

▪ 2002 - Un caccia Sukhoi Su-27 si schianta al suolo durante una manifestazione aerea a Lviv, Ucraina, uccidendo 85 persone e ferendone più di 100

▪ 2004 - Per commemorare i 50 anni della conquista italiana del K2, nel Karakorum, un'altra spedizione italiana arriva sulla cima del K2, ad 8.611 metri, dopo 9 ore di salita. I quattro italiani sono Mario Dibona, Renato Sottsass, Marco Da Pozzo e Renzo Benedetti

Anniversari

▪ 1782 - Daniel Bernoulli (Groninga, 29 gennaio 1700 – Basilea, 27 luglio 1782) è stato un matematico svizzero, uno dei più importanti matematici della famiglia Bernoulli. Egli è ricordato in particolar modo per le applicazioni della matematica alla meccanica, specialmente la fluidodinamica, e per il suo pionieristico lavoro sulla probabilità e la statistica. I lavori di Bernoulli sono ancora oggi studiati in molte ambienti scientifici in ogni parte del mondo.
Nato a Groninga, nei Paese Bassi, figlio di Johann Bernoulli, nipote di Jacob Bernoulli, fratello più giovane di Nicolaus II Bernoulli, fratello più anziano di Johann II Bernoulli, Daniel Bernoulli è stato descritto come "di gran lunga il più abile dei giovani Bernoulli".[1]. Si dice che ebbe una pessima relazione con il padre. Quest'ultimo, infatti, quando entrambi concorsero per il primo posto in una competizione scientifica all'Università di Parigi, incapace di sopportare la "vergogna" di essere confrontato con il proprio figlio, lo allontanò da casa. Johann Bernoulli tentò anche di "rubare" il libro di Daniel Hydrodynamica e rinominarlo Hydraulica. Nonostante i tentativi di Daniel verso la riconciliazione, il padre non lo perdonò fino alla sua morte.
All'età di sei anni nacque il fratello di Daniel, Johann II Bernoulli. In età scolare suo padre, Johann Bernoulli, lo incoraggiò a studi di economia e finanza, avendo poca considerazione delle sue abilità matematiche. Daniel rifiutò, essendo ferma la sua volontà di studiare matematica; tuttavia in seguito assecondò i desideri paterni e studiò economia. Suo padre poi gli chiese di studiare medicina, e Daniel fu d'accordo, a patto che suo padre gli insegnasse anche matematica privatamente, cosa che continuarono a fare per qualche tempo.
Daniel Bernoulli fu contemporaneo e buon amico di Eulero. Nel 1724 si trasferì a San Pietroburgo come professore di matematica, ma visse un periodo non felice ed una malattia nel 1733 gli offrì il pretesto per abbandonare l'incarico. Ritornò quindi all'Università di Basilea, dove tenne fino alla sua morte le cattedre di medicina, metafisica e filosofia naturale.
Alla famiglia Bernoulli è stato dedicato un asteroide, 2034 Bernoulli.

▪ 1844 - John Dalton (Eaglesfield, 6 settembre 1766 – Manchester, 27 luglio 1844) è stato un chimico e fisico inglese.
Dalton nacque a Eaglesfield, nei pressi di Cockermouth nel Cumberland. Fu allievo di suo padre (che faceva il tessitore) e all'età di dodici anni insegnava già lui stesso a una scuola privata a Kendall. Più tardi, nel 1793, si trasferì a Manchester, dove restò per tutta la vita a fare l'insegnante di fisica e matematica e il ricercatore al New College. Appassionato di meteorologia, fu indotto a interessarsi delle proprietà dei gas; pubblicò i risultati dei suoi studi nel 1803. S’interessò inoltre ai problemi della vista e descrisse il daltonismo, malattia di cui egli stesso soffriva. In seguito divenne membro della Royal Society di Londra, la più grande società culturale inglese dell'epoca. È considerato da molti l'inventore della chimica moderna.

La teoria atomica
Nel 1803, John Dalton per primo cercò di descrivere l'atomo e lo fece basandosi su due delle tre leggi fondamentali della chimica (la terza la formulò lui stesso nel 1808). Dalton, per creare il suo modello atomico, si baserà su dei punti fissi; ognuno di essi sarà in accordo con le due leggi fondamentali (e ovviamente anche con quella che formulerà Dalton stesso). In particolare, i primi tre punti implicano che in una reazione chimica gli atomi rimangono invariati in numero e in massa e ciò è in accordo con la legge di conservazione della massa di Lavoisier, mentre il punto quattro è in accordo con la legge delle proporzioni definite di Proust.
▪ La materia è formata da atomi piccolissimi, indivisibili e indistruttibili.
▪ Tutti gli atomi di uno stesso elemento sono identici e hanno uguale massa.
▪ Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri elementi.
▪ Gli atomi di un elemento si combinano, per formare un composto, solamente con numeri interi di atomi di altri elementi
▪ Gli atomi non possono essere né creati né distrutti, ma si trasferiscono interi da un composto ad un altro.
Dalton stesso enunciò la legge delle proporzioni multiple: "Quando un elemento si combina con la stessa massa di un altro elemento, per formare composti diversi, le masse del primo elemento stanno tra loro in rapporti semplici, esprimibili mediante numeri interi e piccoli."
Probabilmente Dalton immaginò l'atomo come una microscopica sfera completamente piena e indivisibile ma, come in seguito dimostrarono le esperienze di Thomson e Rutherford, l'atomo è divisibile (in particolare è formato da un nucleo e da elettroni) e quasi interamente vuoto (la massa essendo concentrata quasi del tutto nel nucleo).
Altri errori dello scienziato inglese furono il ritenere che i composti si producessero quantitativamente nel modo più semplice possibile (punto 4) e che gli elementi puri fossero composti da singoli atomi (mentre questo avviene solo per i gas nobili). La legge dei volumi di Gay-Lussac del (1808) portò infatti ad alcune contraddizioni con la teoria di Dalton che arrivò persino a rifiutare in blocco la legge del fisico francese.
La soluzione al problema fu trovata dal fisico italiano Avogadro grazie all'introduzione del concetto di molecola.

▪ 1912 - Maria Grazia Tarallo, in religione suor Maria della Passione (Napoli, 23 settembre 1866 – San Giorgio a Cremano, 27 luglio 1912), è stata una religiosa italiana. È stata proclamata Beata da Papa Benedetto XVI nel 2006.
Maria Grazia Tarallo, nacque a Barra, oggi quartiere periferico di Napoli, ma allora Comune autonomo, il 23 settembre 1866 da Leopoldo Tarallo, giardiniere comunale e da Concetta Borriello, donna dalla grande vitalità. Fu battezzata il giorno seguente nella Chiesa dell'Ave Gratia Plena di Barra. Maria Grazia Tarallo ebbe in famiglia altri sei tra fratelli e sorelle, di cui due morti bambini, sopravvissero Gabriele e Vitaliano maschi e Drusiana e Giuditta diventate anche loro suore della stessa Congregazione, con il nome rispettivamente di Maria del Sepolcro e Maria della S. Lancia. Maria Grazia visse sempre nell’ambito familiare a Barra, ricevendo una rudimentale istruzione prima frequentando una scuola privata e poi quella delle Suore Stimmatine.
All’età di cinque anni fece voto di verginità alla Madonna, desiderava ardentemente di ricevere l’Eucaristia che le fu concessa all’età di sette anni, fece la Prima Comunione il 7 aprile 1873 eccezionalmente, con il permesso del parroco che la ritenne matura. A dieci anni ricevette il Sacramento della Confermazione. Era ancora una bambina, quando acquistò la stima e l’ammirazione di molte famiglie di Barra, diventando per il suo fervore nell’orazione, buon esempio alle sue coetanee.
A ventidue anni, quando pensava di essere tutta per Gesù, suo padre, che si opponeva a tale vocazione, cercò di dissuaderla, imponendole di accettare il matrimonio con Raffaele Aruta il quale, già malato di tubercolosi, in breve morì, rendendo possibile a Maria Grazia di farsi monaca.
Così il 1° Giugno 1891 entrò nel Monastero delle Suore Adoratrici dell'Eucaristia fondato dalla Serva di Dio Maria Pia Notari che testimoniò alla sua vita virtuosa e fama di Santità della Tarallo cui aveva dato il nome da religiosa “Suor Maria della Passione”.
Realizzò in pieno la sua vocazione per l’amore alla Passione di Gesù Crocifisso, all’Eucaristia e alla Vergine Addolorata. Diceva infatti: “Mi chiamo Suor Maria della Passione e debbo somigliare al Maestro”. Ricevette diversi incarichi, tra cui la guida spirituale delle Consorelle come Maestra del Noviziato ma anche altri più umili di cuciniera, guardarobiera, ecc. Visse l’ultimo periodo della sua vita nutrendosi della sola Eucaristia presentendo il giorno della sua morte che avvenne il 27 luglio 1912.

Il culto
Giovanni Paolo II dichiarò le sue virtù, vissute in modo eroico il 19 aprile 2004. Benedetto XVI il 19 gennaio 2006 ha promulgato il Beatificazione celebrata nella Cattedrale di Napoli il 14 maggio 2006.
Memoria liturgica il 27 luglio.

▪ 1973 - Raffaele Mattioli (Vasto, 20 marzo 1895 – Roma, 27 luglio 1973) è stato un dirigente d'azienda ed economista italiano.
Dopo la laurea in economia a Genova, con una tesi sulla stabilità delle monete, nel 1921 diviene segretario generale della Camera di Commercio di Milano e tiene corsi all'Università Bocconi di Milano (anche grazie all'aiuto del Rettore Angelo Sraffa).
Nel 1925 entra alla Banca Commerciale Italiana e nel 1931 rimpiazza l'amico Giuseppe Toeplitz nella carica di Direttore Generale, poi, nel 1933, in quella di Amministratore Delegato. Convinto antifascista, ha comunque rapporti, legati alla sua carica, con Benito Mussolini, ma incontra in segreto anche Palmiro Togliatti.
Il rapporto col Partito Comunista Italiano e con Togliatti avviene attraverso l'amicizia con Piero Sraffa, al quale fa pervenire cospicui contributi alle spese di ricovero di Antonio Gramsci; dopo la morte dell'intellettuale sardo nel 1937, Mattioli si adopererà per salvare i suoi Quaderni del carcere, facendoli consegnare, sempre tramite Sraffa, a Togliatti. In quegli anni l'ufficio studi della Comit diventa una sorta di università "segreta" della classe dirigente laica e antifascista, dove saranno accolti, tra gli altri, Ugo La Malfa, Giovanni Malagodi, Guido Carli ed Enrico Cuccia, con cui costruì il progetto dell'IRI e di Mediobanca.
Discepolo e amico di Benedetto Croce, nel 1942 partecipa alla stesura del manifesto del Partito d'Azione, ma, allo stesso tempo, lavora al salvataggio di casa Savoia. Nel dopoguerra svolse attraverso la Comit un'intensa azione di mecenatismo culturale, finanziando riviste ("La Fiera Letteraria", "La Cultura"), istituzioni (fu Presidente e finanziatore dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici), case editrici (fu consigliere culturale della Ricciardi promuovendone la storica collezione letteraria di Studi e testi).
Nell'azione di mecenatismo compiuta da Mattioli un posto a sé merita il sostegno fornito a Carlo Emilio Gadda, ospitato dopo che lo scrittore era sfollato da Firenze, bombardata nella primavera del ’44. Gadda fu soccorso con committenze e generosi prestiti e col finanziamento di un premio al suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Lo scrittore ringrazierà il banchiere dedicandogli le Novelle dal Ducato in fiamme (1953): «A Raffaele Mattioli | despota dei numeri veri | editore dei numeri | e dei pensieri splendidi | in segno di ammirata gratitudine»; Verso la Certosa (1961) «A Raffaele Mattioli | dedicando queste pagine» (con una lunga prefazione-dedica di quattro pagine); infine semplicemente «a Raffaele Mattioli» il racconto San Giorgio in casa Brocchi, nella raccolta degli Accoppiamenti giudiziosi (1963).
Fu il primo banchiere italiano a sostenere Enrico Mattei, finanziando contro ogni logica imprenditoriale la sopravvivenza dell'AGIP nei primi periodi di amministrazione Mattei.
Nel 1972 rifiutò la carica di Presidente onorario della Comit, passata, secondo le logiche della lottizzazione politica, al democristiano Gaetano Stammati, membro della loggia massonica P2 di Licio Gelli.
Scelse di essere sepolto nel cimitero dei monaci dell'Abbazia di Chiaravalle (Milano), chiesa al cui restauro aveva contribuito in modo munifico, si ritiene in ricordo di Guglielma la Boema, oggetto nel Medio Evo di un culto disapprovato dalla Chiesa cattolica.
La casa natia di Mattioli è stata donata dai figli alla cittadinanza di Vasto con destinazione culturale, insieme a un fondo librario di oltre 3800 volumi, tra cui alcuni autografi.

▪ 1980 - Mohammad Reza Pahlavi - in lingua persiana محمد رضا پهلوی - in italiano spesso traslitterato Reza Pahlevi (Tehran, 26 ottobre 1919 – Il Cairo, 27 luglio 1980) è stato l'ultimo Scià di Persia, ha regnato tra il 1941 ed il 1979.
Figlio di Reza Pahlavi, divenuto Scià nel 1925. Uomo forte della Persia dal 1921 in seguito a un colpo di Stato, Reza Khan divenne Primo Ministro nel 1923 e nel 1925 salí infine sul Trono del Pavone con il nome di Reza Pahlavi. Mohammad Reza nacque nel 1919. Suo padre, una volta diventato Monarca assoluto, operò una feroce repressione nei confronti dei gruppi religiosi e della sinistra o democratici, terminata con la condanna a morte dei loro principali esponenti.
Nel 1941 Stalin e Churchill, preoccupati dalle relazioni amichevoli della nazione con la Germania Nazista, si misero d'accordo per invadere l'Iran (Persia), cosa che avvenne nell'agosto dello stesso anno, e costrinsero all'esilio la scià Reza Pahlavi. Secondo molti autori, il timore dell'influenza nazista fu solo un pretesto e l'Iran fu occupato dagli anglo-sovietici per permettere il trasferimento di materiale bellico all'Unione Sovietica, allora sotto attacco nazista, lungo il cosiddetto "corridoio persiano". Dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti la gestione logistica del corridoio persiano passò agli americani. I britannici mantennero il controllo delle risorse petrolifere.
In assenza di valide alternative gli inglesi permisero a Mohammad Reza di diventare Scià, il 16 settembre 1941, a 22 anni di età. Dopo la Conferenza di Teheran di Stalin, Roosevelt e Churchill del 1943 gli Alleati si impegnarono a sviluppare una monarchia costituzionale. Con la fine dell'alleanza antinazista e lo scoppio della Guerra Fredda gli inglesi consentirono l'involuzione verso un governo di tipo parlamentare sulla carta, ma dittatoriale di fatto. Per Londra era essenziale mantenere il controllo sulle risorse petrolifere persiane. Mohammad Reza partecipò più attivamente all'elaborazione della linea politica del Paese, opponendosi o ostacolando l'attività di alcuni dei Primi Ministri più volitivi e sgraditi a Londra ed eliminando avversari politici. Altra sua preoccupazione fu quella di mantenere l'esercito sotto il controllo della monarchia. Nel 1949, a seguito di un tentativo di assassinio, si ebbe la messa al bando del partito Tudeh (filo-sovietico e ritenuto responsabile dell'attentato) e l'ampliamento dei poteri costituzionali dello Scià. Nonostante la politica filo-britannica del Monarca, in Persia cresceva sempre più l'avversione alla Anglo-Iranian Oil Company, accusata di sfruttare avidamente le risorse naturali del Paese.

Mohammad Mossadeq e la crisi di Abadan
Nel 1950 la popolazione ed il Parlamento erano contrari al rinnovo della concessione petrolifera all'AIOC, caldeggiata invece dallo Scià. Il Primo Ministro Generale Ali Razmara che insisteva per il rinnovo fu assassinato nel 1951 da un fanatico religioso. Al suo posto il Parlamento (in persiano Majlis) elesse Primo Ministro Mohammad Mossadeq, il principale oppositore dell'AIOC, che fece immediatamente approvare la nazionalizzazione dell'industria petrolifera con l'attivo sostegno del clero sciita militante, guidato dall'Ayatollah Kashani. La reazione di Londra fu molto dura e provocò la crisi di Abadan. Sul piano interno l'Ambasciata britannica chiese allo Scià di sostituire Mohammad Mossadeq con un Primo Ministro più flessibile. Nel 1952 il Monarca sostituì Mossadeq con Ahmad Qavam, ma il Primo Ministro era assai popolare e scoppiarono proteste di piazza che costrinsero Mohammed Reza a richiamare al Governo Mohammad Mossadeq. Egli entrò in forte contrasto con lo Scià, sia in politica economica sia sulla delicata questione del controllo dell'esercito. il Parlamento accettò la nomina del Ministro della Difesa e capo dell'esercito da parte di Mossadeq contro il volere dello Scià, che tuttavia infine la promulgò senza avvalersi del suo diritto di veto. Mohammad Reza Pahlavi entrò sempre più in rotta di collisione col suo Primo ministro, che con nel 1952 aveva espulso l'Ambasciata britannica, accusata di ingerenza negli affari interni. Nel 1953 Mossadeq costrinse lo Scià a lasciare il paese e molti temettero che volesse proclamare la Repubblica. Mentre Mohammad Reza era in esilio a Roma, ci fu a Teheran un contro-colpo di Stato militare, sostenuto dal clero sciita e con l'appoggio dalla CIA e dal SIS britannico. Il Primo Ministro fu rovesciato e Mohammed Reza tornò trionfalmente in Iran. Agenti CIA assoldarono plebaglia di Teheran che, inneggiando allo Shah, entrò nella capitale. L'esercito, già largamente contro Mossadeq, si schierò con gli insorti eliminando i pochi reparti fedeli al governo legittimo.

Il potere assoluto e Rivoluzione bianca
Rientrato a Teheran, lo Scià sospese di fatto le garanzie costituzionali e assunse i pieni poteri. Mohammed Reza aveva 34 anni ed era padrone incontrastato della Persia e riprese la politica di modernizzazione forzata del Paese che era stata del padre. Nonostante la ricchezza petrolifera, la modernizzazione e lo sviluppo economico a tappe forzate provocarono forti squilibri sociali e malcontento, mentre l'opposizione non rinunciava a contrastare il suo assolutismo. Mohammed Reza Pahlavi quindi attuò una forte repressione, in particolare contro i gruppi religiosi che si erano opposti alla sua riforma agraria e sociale (la cosiddetta "Rivoluzione bianca") che aveva espropriato molti beni di manomorta, controllati dalle gerarchie religiose, e che aveva introdotto un certo numero di riforme laiche. Contro il clero militante furono messe in atto torture e numerosi esponenti religiosi furono uccisi o costretti all'esilio. Nel 1963 l'Ayatollah Khomeini (1900-1989) organizzò una congiura contro la Scià ma essa fu scoperta e Mohammad Reza Pahlavi, con un gesto di insolita generosità, decretò il solo esilio per Khomeini.
Negli anni '70 molti studenti iraniani inviati a perfezionarsi in Europa parteciparono alle rivolte studentesche del '68 e degli anni seguenti, chiedendo delle riforme democratiche anche per il loro Paese, ma scontrandosi con una dura repressione che contribuì ad alienare le simpatie della borghesia per il regime.

La famiglia
Nel 1939 Mohammad Reza Pahlavi sposò Fawzia, sorella di Faruq I d'Egitto, da cui divorziò dieci anni dopo. Nel 1951 sposò in seconde nozze Soraya Esfandiary Bakhtiari la quale non riuscì però a dargli un erede al trono, per questo venne ripudiata con dolore, ricevendo ricche prebende dal successivo divorzio. Quindi, dopo questo matrimonio, lo Scià Reza sposò il 21 dicembre del 1959 Farah Diba, che gli dette due figli e due figlie.

Deposizione
Mohammad Reza Pahlavi attuò una politica economica estremamente favorevole agli Stati Uniti e all'occidente, permettendo alle multinazionali di sfruttare le risorse del Paese. Al contempo lo Scià avviava il programma "Grande Civiltà", che, nelle intenzioni originarie, avrebbe dovuto condurre l'Iran ad un livello di sviluppo economico e sociale paragonabile a quello dei Paesi occidentali attraverso l'investimento degli enormi proventi petroliferi. Di fatto il progetto fu un fallimento su tutti i fronti, in quanto i proventi petroliferi venivano in buona parte incamerati dall'entourage di corte e dalla famiglia imperiale; la parte rimanente delle entrate dell'Iran venne investita perlopiù in infrastrutture militari e apparecchiature belliche costosissime. Vennero, sì, importati materiali, derrate e attrezzature di uso civile dall'estero, ma essendo l'Iran cronicamente privo di infrastrutture e di manodopera specializzata lo Scià fu costretto a importare tecnici e altri lavoratori qualificati (tra i quali un posto di preminenza assoluta occupavano gli addetti alle apparecchiature belliche) dagli USA e dall'Europa. Ancora oggi in Iran sono presenti, in alcune aree, quantità impressionanti di veicoli, materiali e attrezzature, abbandonati vista l'impossibilità di poterli utilizzare concretamente. Lo Scià fu attivo altresì nella sua attività di repressione del dissenso da parte del clero, sebbene pubblicamente partecipasse a funzioni religiose, mantenendo un atteggiamento ambivalente i questo ambito. Numerosi furono i mullah torturati e incarcerati dalla Savak durante il suo regno. Anche la riforma agraria da lui varata, basata sull'esproprio delle proprietà fondiarie delle moschee (derivanti dai cospicui lasciti dei fedeli) si risolse di fatto in un'operazione di accaparramento e distribuzione delle terre migliori ai favoriti di corte (senza dimenticare sè stesso), venendo a creare uno squilibrio economico tra la ristretta cerchia dei beneficiari dello Shah e la grande maggioranza della popolazione. Di fatto l'opposizione, non trovando sbocchi altrove si concentrò nella moschea, l'unica istituzione in qualche misura politica tollerata dal regime al di fuori del Rastakhiz (il partito dello Shah, nel quale tutti dovevano essere regolarmente iscritti).
Numerosi tentativi di assassinio o di colpo di stato furono organizzati, soprattutto da gruppi religiosi islamici, cui lo Scià rispose con una repressione inefficace quanto brutale. Tuttavia, la sua posizione ambivalente nei confronti della religiosità iraniana, della quale era virtualmente anche il capo (incarnando un modello cesaropapistico) lo poneva in difficoltà impedendogli di prendere provvedimenti drastici al fine di evitare lo scontento aperto delle masse popolari.
Si calcola che dal 1953 al 1978 diverse centinaia di migliaia di persone siano state arrestate per reati politici ma meno di 3.000 torturate. L'opposizione esplose a fine 1978: Khomeini riuscì a ritornare in Persia (dopo un lungo esilio nella Città Santa irachena di Najaf) e i soldati passarono dalla sua parte grazie agli accordi con vari generali tra cui il Gen. Fardoust, amico d'infanzia dello Scià e suo confidente, che passò indenne a far parte del nuovo regime con l'incarico di capo della SAVAMA (la nuova SAVAK del regime islamico) e il Gen. Gharabaghi, ultimo Capo di Stato Maggiore della Difesa dell'esercito imperiale (anch'egli poi morto di vecchiaia a Parigi).
Lo Scià fu di fatto vittima della sua stessa debolezza e arroganza: credendo di essere amato dal popolo iraniano al quale, a suo dire, aveva portato prosperità e ricchezza ma di fatto non si rese mai conto delle precarie condizioni in cui versava il Paese. Ciò fu essenzialmente conseguenza del suo distacco dalla realtà concreta e del suo estraniarsi dal vero Iran, preferendogli gli svaghi e la vita di corte. La scelta di Khomeini d'altronde appare storicamente l'unica possibile, vista la decapitazione delle élite culturali del Paese portatrici di istanze democratiche sistematicamente attuata sotto il regime dello Scià. La classe dirigente religiosa, potendo contare su una capillare presenza sul territorio grazie alle moschee e ai mullah locali, diventava in quest'ottica l'unica scappatoia al regime monarchico.
Va ricordato che lo Scià, negli anni, aveva accresciuto la collaborazione con lo Santa Sede (tanto da farsi nominare cavaliere e difensore della fede cristiana nel mondo) attirandosi inimicizie negli stati di religione islamica. Nel 1978 iniziarono in Iran una serie di manifestazioni di protesta e scioperi che, a fronte della repressione da parte di Mohammed Reza, continuò a crescere d'ampiezza fino a diventare un movimento rivoluzionario. Verso la fine dell'anno, lo Scià cercò, molto tardivamente, di avviare una politica di dialogo che calmasse la marea di proteste. Era tuttavia troppo tardi e dall'esilio in Francia l'Ayatollah Khomeini, ormai riconosciuto come leader indiscusso della rivoluzione, esigeva solo la sua deposizione. Nel gennaio del 1979, già malato, abbandonò l'Iran per evitare un bagno di sangue tra i suoi sostenitori ed i rivoluzionari i quali, preso il potere provvidero a giustiziare indiscriminatamente tutti coloro che erano appartenuti al regime imperiale, senza veri processi. Il suo esilio terminò in Egitto, l'unico paese che si dichiarò disposto ad accoglierlo. Proprietario di una immensa fortuna, questa passò in parte al nuovo regime di Tehran e da qui ai nuovi dignitari.

Morte
Nonostante la vittoria della Rivoluzione, quando Mohammed Reza si recò negli Stati Uniti, molti a Teheran temettero che l'America stesse tramando qualcosa per farlo tornare come già fatto nel 1953 al tempo di Mohammad Mossadeq. Nel novembre 1979 studenti universitari, influenzati dalle idee di Khomeini, occuparono allora l'Ambasciata americana e per un anno tennero in ostaggio i 52 statunitensi che costituivano lo staff diplomatico Usa, minacciando di ucciderli se gli Stati Uniti non avessero consegnato lo Scià. A fronte di questa crisi degli ostaggi, Carter e il Congresso si rifiutarono di cedere per rispetto al diritto di asilo che gli era stato concesso per motivi umanitari (lo Scià era malato terminale di cancro e voleva farsi curare a New York).
Dopo oltre un anno sotto sequestro, gli ostaggi furono rilasciati soltanto pochi minuti dopo l'elezione del nuovo presidente americano, Ronald Reagan. Le nuove istituzioni iraniane rappresentarono un'esperienza senza precedenti in tutto il mondo islamico, fu infatti creato un "Consiglio di giurisperiti" cui era affidato ogni potere di veto sulle norme non ritenute in linea con gli assunti dell'Islam sciita (vilāyet-e faqih) che decretò il pieno allineamento del paese alla Sharīʿa islamica sciita, reintroducendo la pena di morte per l'adulterio e la bestemmia e introducendo l'obbligo del velo muliebre.
Mohammad Reza Pahlavi non sopravvisse molto alla sua deposizione: morì infatti l'anno dopo, nel 1980, in Egitto. Lo Scià aveva infatti trovato ospitalità presso Sādāt, dopo che la sua permanenza negli Stati Uniti era stata utilizzata come pretesto per assaltare l'ambasciata americana di Teheran. È sepolto al Cairo, nella moschea di al-Rifāʿī.

▪ 1981 - William Wyler, all'anagrafe Wilhelm Weiller (Mulhouse, 1 luglio 1902 – Los Angeles, 27 luglio 1981), è stato un regista statunitense.
Durante la Seconda guerra mondiale è stato regista di guerra, e dopo la guerra ha vinto molti Oscar. Il suo film di maggior successo è Ben-Hur (1959), vincitore di 11 premi Oscar.

▪ 1984 - Carlo Cremaschi (Calcinate, 22 gennaio 1917 – Bergamo, 27 luglio 1984) è stato un politico e partigiano italiano.
Penultimo dei sette figli di Serafina Belotti e Luigi Cremaschi (l'ultima figlia è deceduta nel 2007), il padre, contadino, muore nell'estate del 1926, quando Carlo sta svolgendo gli esami di terza elementare. Il bambino viene "adottato" dal primogenito don Giovanni, che lo fa vivere con sé e studiare fino alla maturità classica, superata come privatista al Liceo Sarpi nel 1937.

L'insegnamento
Si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove si lega molto al prof. Enzo Franceschini, che sarà suo relatore di laurea. Appassionato di latino, vince nel 1940 il Concorso di prosa latina. L'anno dopo si laurea a pieni voti con la tesi su Cicerone. Inizia immediatamente il servizio militare presso il Distretto Militare di Bergamo: farà qui tutto il servizio, ottenendo anche il permesso di insegnare: il primo incarico sarà nel 1941-42, come supplente, alla Scuola media Petteni in città. Contemporaneamente è lettore alla cattedra di latino dell'Università Cattolica. Nel corso del servizio militare viene nominato caporale: "e mi gloriavo di questo grado – scriverà - perché anche Mussolini era caporale, Hitler era caporale, Stalin era caporale, Churchill era caporale e quindi anche Carlo Cremaschi poteva essere caporale".
A fine estate del 1942 si sposa con Marussia Galmozzi, di due anni più giovane, compagna di studi universitari.
Nell'anno scolastico 1942-43 Carlo è supplente all'Istituto magistrale Paolina Secco Suardo, in città, mentre dal 1943 ottiene la cattedra di ruolo come insegnante di latino e greco presso il Liceo classico Paolo Sarpi, dove si svolgerà tutta la sua vita di insegnante.
Nel 1943 nasce il primo figlio, cui viene dato il nome del nonno materno, Ferruccio. I figli saranno dieci: i primi nove frequenteranno il Liceo Sarpi, per inderogabile decisione paterna.

L'impegno politico
Insieme a quasi tutti i colleghi, rifiuta il giuramento alla Repubblica di Salò. Commenterà: “Vivevamo quei giorni con la paura che ci esonerassero dall'insegnamento o ci spedissero a Dachau… L'unica soddisfazione per noi fu che una mattina trovammo sulla lavagna in classe ‘W i nostri professori’. Nessuno parlava, ma forse avevan capito il significato nel nostro gesto”. Dopo il processo di Verona viene denunciato da uno studente per aver dettato il tema: “I fratelli hanno ucciso i fratelli. Questa orrenda novella vi do”. La rivista dell'Università Cattolica Aevum pubblica il suo saggio “Sull'atteggiamento spirituale di Cicerone durante l'esilio” e Carlo riesce ad ottenere la sospirata nomina ad assistente (volontario) per gli anni accademici 1944-45 e 45-46 alla cattedra di letteratura latina dell'Università Cattolica, retta dal prof. Giovanni Battista Pighi.
Nei giorni della liberazione, Carlo – che dal gennaio 1944 aveva avuto un ruolo quale organizzatore e comandante delle Brigate del popolo nella zona di Calcinate - viene nominato presidente del Fronte della Gioventù (aveva 28 anni) e in tale qualità membro del CLN provinciale, nonché presidente del CLN Scuola.
Con l'inizio della vita politica democratica, aderisce immediatamente e con passione alla Democrazia Cristiana: è delegato provinciale del Movimento Giovanile e quindi segretario della sezione cittadina dal luglio 1945 al 2 giugno 1946. Nel 1945 scrive il testo “Fede e libertà”, inno ufficiale della DC bergamasca.

Deputato
Nel 1946 – dopo che il suocero Ferruccio Galmozzi è eletto sindaco di Bergamo, carica che coprirà per 10 anni - alle elezioni del 2 giugno per l'Assemblea Costituente, viene eletto deputato nelle liste della DC. Con i suoi 29 anni è il più giovane dei 18 parlamentari del collegio Bergamo-Brescia. Partecipa ai comizi con molta vis: “La mia polemica può aver avuto degli accenti anche sproporzionati, qualcuno ha scritto che ebbe degli accenti da crociata. Forse non era del tutto vero, certo che desideravamo non subire un’esperienza rossa dopo la triste esperienza nera”. L'Eco di Bergamo lo presenta gli elettori con queste parole: “Il nuovo deputato è uno dei propagandisti più caldi e noti del periodo comiziale”.

La Costituente
Durante la Costituente partecipa ai lavori della Commissione permanente legislativa. Fa parte anche della seconda Commissione ministeriale per l'inchiesta sulla riforma scolastica.
Sono anni davvero intensi, in cui peraltro non trascura studi e pubblicazioni: nel 1947 l'Istituto Italiano d’Arti Grafiche edita il suo volumetto “Nozioni di prosodia e metrica latina per le scuole medie superiori” e La Scuola di Brescia pubblica il volume “Cicerone” nella collezione “Gli uomini e le civiltà: scrittori latini”. Tra il 1947 ed il 1948 pubblica due testi scolastici, entrambi editi dall'Istituto Italiano d'Arti Grafiche e redatti insieme a Renato Verdina: “Millefoglie: Antologia della Lingua italiana per le scuole medie inferiori” e “Calendimaggio: antologia italiana per il Ginnasio superiore e il Liceo Scientifico”.
Nelle elezioni del 18 aprile 1948 per il Primo Parlamento italiano viene rieletto deputato per la DC. È segretario del Gruppo parlamentare DC fino al 1950. Si occupa – oltre che di molte questioni di interesse locale – di temi quali il federalismo e la regolamentazione della radiodiffusione; fa parte delle commissioni per l'istruzione e per l'agricoltura.
Come sviluppo di una prima esperienza editoriale nata in seno alle Arti Grafiche, nasce nel 1949 l'Istituto Italiano Edizioni Atlas (soci Gino Giavazzi, Gianni Arnoldi, Carlo Cremaschi e Nicolini), casa editrice specializzata nella scolastica. Due anni dopo Cremaschi e Arnoldi, coinvolgendo l'imprenditore Daniele Turani e l'insegnante Severino Citaristi, fondano la Minerva Italica. Nel 1950 esce per le edizioni Marzorati l'edizione da lui curata del testo “Cicero Marcus Tullius, Cato maior de senectute”; la data dell'introduzione è però del 1944.

Anni '50
Nel 1953, dopo una furibonda battaglia per le preferenze tra le correnti Dc, non viene rieletto alla Camera: torna a insegnare al Sarpi e comincia una presenza assidua alla Minerva Italica. Continua la vita politica nella DC. Acquista nella località turistica di Bratto (Castione della Presolana) una villa per le vacanze familiari. Ogni estate, dopo gli esami di maturità, invita per una merenda la “sua” Terza B del Liceo Sarpi.
Nel 1956 ritorna alla vita amministrativa con l'elezione al Consiglio comunale di Bergamo, dove svolgerà il ruolo di capogruppo Dc. Pubblica il volumetto “Tormenta (Mario Zeduri)” in cui ricostruisce il profilo di un giovanissimo partigiano cattolico ucciso nel corso della battaglia alla Malga Lunga con Giorgio Paglia. Nel 1958 la rivista della Biblioteca Mai Bergomum pubblica nel numero 1-2 il suo saggio “Cicerone intimo”.

Anni '60-'70
Nel 1960 viene rieletto consigliere comunale di Bergamo. Colpito da un ictus nel settembre 1963 mentre è nel suo ufficio alla Minerva Italica, rimane in pericolo di vita per alcune settimane. Lascia per un anno ogni attività professionale e pubblica. Rimarrà assente dalla scuola fino all'inizio dell'anno scolastico 1965-1966, anno in cui la Minerva Italica riedita il volumetto “Nozioni di prosodia e metrica latina per le scuole medie superiori”. Nel 1969 rileva dalla Minerva Italica il marchio Juvenilia e si mette in proprio. Non rientrerà più nella vita politica, pur seguendola sia tramite i giornali che con accese discussioni con i figli. Nel settembre 1973 viene collocato in pensione. Ai colleghi che gli regalano una sveglia, Carlo risponde con una lettera: “I maligni hanno detto che dopo 40 anni di ritardo alla lezione della prima ora, finalmente avrò una ‘sveglia’ per essere puntuale ai prossimi appuntamenti… di pensionato. (…) Posso attestare che la virtù della sopportazione è stata ammirevole nei miei colleghi. Mi auguro che le colpe del padre possano non ricadere sui figli…” Si occupa a tempo pieno della Juvenilia fino al 1983, quando si ritira per motivi di salute.

Exitus
Colpito da tumore al fegato, il 27 luglio 1984 muore dopo due mesi di malattia. Lascia, oltre alla moglie e ai dieci figli, otto nipotini. Al funerale, lunedì 31 luglio nella Chiesa parrocchiale di Santa Caterina, viene letto in latino un brano tratto dalle “Epistole morali” di Seneca.

* 1992 - Giovanni Lizzio, investigatore della squadra antiracket della squadra mobile della Questura etnea, è stato assassinato il 27 luglio del 1992 da un gruppo di 'fuoco' composto da Di Fazio, Squillaci e da un altro sicario, Salvatore Pappalardo, poi a sua volta eliminato dalla mafia, il 29 ottobre del 1999, con delitto di 'pulizia interna' alla stessa 'famiglia'.
Il movente è da collegare alla strategia della tensione decisa da Cosa nostra anche nella Sicilia orientale dopo la strage di Via D'Amelio a Palermo. Giovanni Lizzio fu assassinato nella sua Alfa Romeo "75", mentre era incolonnato a un semaforo rosso di via Leucatia nel rione periferico Canalicchio. Due sicari si affiancarono alla vettura e spararono numerosi colpi di pistola alla testa e al torace. Morì nell' ospedale Cannizzaro dove fu trasportato in ambulanza. Per 10 anni era stato fra gli investigatori di punta della sezione omicidi della Questura di Catania.
A sparare materialmente, secondo l'accusa, furono proprio il boss Di Fazio, con una pistola automatica che si inceppò dopo il primo colpo, e Francesco Squillaci, con un'arma a tamburo. L'agguato fu portato a termine al secondo tentativo, il primo, infatti, sarebbe andato a vuoto.
Per l'omicidio è stato condannato all'ergastolo, con sentenza passata in giudicato, in qualità di mandante, il capomafia Benedetto Santapaola. Assolti il vice il nipote e alter ego del boss, Aldo Ercolano, e il loro luogotenente di fiducia, Carletto 'Calogero' Campanella.

▪ 2007 - Giovanni Pesce (Visone, 22 febbraio 1918 – Milano, 27 luglio 2007) è stato un comandante partigiano e politico italiano. È stato consigliere comunale di Milano dal 1951 al 1964.