Il calendario del 24 Agosto
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Eventi
▪ 79 - Data tradizionale, ma errata, dell'eruzione del Vesuvio che, durata circa diciannove ore, seppellirà Pompei, Ercolano e Stabiae
▪ 410 - I Visigoti di Alarico I entrano dalla Porta Salaria e danno inizio al sacco di Roma, che dura tre giorni
▪ 1215 - Papa Innocenzo III dichiara nulla la Magna Carta
▪ 1349 - 6.000 ebrei vengono uccisi a Magonza poiché incolpati dell'epidemia di peste bubbonica
▪ 1391 - Ebrei vengono massacrati a Palma de Mallorca
▪ 1456 - Viene completata la stampa della Bibbia di Gutenberg
▪ 1511 - I portoghesi conquistano Malacca
▪ 1572 - Notte di San Bartolomeo: su ordine del re Carlo IX di Francia gli Ugonotti sono massacrati.
▪ 1608 - Il primo rappresentante ufficiale britannico in India sbarca a Surat
▪ 1662 - L'Atto di Uniformità richiede all'Inghilterra di accettare il Libro delle preghiere comuni
▪ 1682 - William Penn riceve l'area che oggi è lo stato del Delaware, e la aggiunge alla sua colonia di Pennsylvania
▪ 1690 - Secondo la tradizione, viene fondata Calcutta (India)
▪ 1814 - Truppe britanniche invadono Washington e bruciano la Casa bianca e diversi altri edifici
▪ 1831 - A Charles Darwin viene chiesto di viaggiare sulla HMS Beagle
▪ 1847 - Charlotte Brontë termina di scrivere Jane Eyre
▪ 1853 - Vengono preparate per la prima volta le patatine fritte
▪ 1857 - Inizio del Panico del 1857, una delle peggiori crisi economiche della storia degli Stati Uniti
▪ 1858 - A Richmond (Virginia), 90 neri vengono arrestati con l'accusa di "apprendimento"
▪ 1891 - Thomas Edison brevetta la cinepresa
▪ 1909 - Gli operai iniziano a versare il cemento per il Canale di Panama
▪ 1912 - L'Alaska diventa un territorio degli Stati Uniti
▪ 1929 - Turchia e Persia firmano un trattato di amicizia
▪ 1931 - Francia e Unione Sovietica firmano un trattato di non-aggressione
▪ 1932 - Amelia Earhart è la prima donna a volare attraverso gli Stati Uniti senza scalo (da Los Angeles (California) a Newark (New Jersey)
▪ 1936 - Viene creato il Territorio antartico australiano
▪ 1939 - Papa Pio XII, alle ore 19, dal suo studio di Castel Gandolfo collegato con la stazione radio vaticana, legge un messaggio per implorare la pace
▪ 1941 - Adolf Hitler ordina la sospensione del Programma T4, l'uccisione sistematica dei disabili tedeschi
▪ 1942 - Seconda guerra mondiale: Nella Battaglia delle Isole Salomone orientali, la portaerei giapponese Ryuho viene affondata
▪ 1944 - Seconda guerra mondiale: truppe francesi e alleate iniziano l'attacco a Parigi (si veda Liberazione di Parigi)
▪ 1949 - Entra in vigore il trattato che istituisce la NATO
▪ 1954 - Negli USA entra in vigore l'Atto di Controllo dei Comunisti. Il Partito Comunista Americano viene messo fuorilegge
▪ 1960 - La temperatura di -88 °C, viene registrata a Vostok II, Antartide, è la più bassa mai registrata
▪ 1968 - La Francia fa esplodere la sua prima bomba all'idrogeno, divenendo la quinta potenza nucleare del mondo
▪ 1981 - Mark David Chapman viene condannato a 20 anni di prigione per l'uccisione di John Lennon
▪ 1989 - La sonda spaziale Voyager 2 oltrepassa Nettuno
▪ 1990
- - Un giudice americano sentenzia che il gruppo heavy metal Judas Priest non è responsabile per la morte di due giovani che si erano suicidati dopo aver ascoltato la loro musica.
- - Sinéad O'Connor si rifiuta di esibirsi al Garden State Arts Plaza di Holmdel (New Jersey) se The Star Spangled Banner verrà suonata prima del suo concerto, come d'abitudine
▪ 1991
- - L'Ucraina dichiara l'indipendenza dall'Unione Sovietica.
- - Mikhail Gorbachev si dimette da capo del Partito Comunista dell'Unione Sovietica
▪ 1992 - Vengono stabilite relazioni diplomatiche tra la Cina e la Corea del Sud
▪ 1994 - Accordo iniziale tra Israele e l'OLP sull'autogoverno parziale dei palestinesi della Cisgiordania
▪ 1995 - Windows 95 viene messo in circolazione
▪ 1998 - I Paesi Bassi vengono scelti come luogo per il processo dei due libici sospettati dell'attentato al volo PanAm del 1988 (Strage di Lockerbie)
▪ 2003 - La sonda statunitense Voyager 2 era distante 71 unità astronomiche dalla Terra e sta uscendo dal Sistema solare alla velocità di circa 3,3 AU all'anno (ca. 15 km/s). Entro 40 000 anni Voyager 2 raggiungerà un altro sistema planetario
▪ 2004 - Due aerei russi, un Tupolev Tu-154 della Sibir Airlines e un Tupolev Tu-134 della Volga-Aviaexpress, che trasportavano complessivamente 89 passeggeri, si schiantano a pochi minuti l'uno dall'altro dopo il decollo dall'Aeroporto Internazionale di Domodedovo. Il primo aereo è esploso mentre sorvolava la città di Rostov sul Don. Il secondo aereo è stato perso dai radar alle 22:56 (ora locale) mentre sorvolava l'Oblast' di Tula a 180 km a sudest dalla capitale russa. Nessun passeggero è sopravvissuto. Le autorità sospettano che sia stato un attacco suicida da parte dei ribelli indipendentisti della Repubblica di Cecenia a provocare il disastro. Gli esperti trovarono subito tra i resti degli aerei le tracce dell'ciclotrimetilentrinitroammina. Il 17 settembre 2004 un leader della guerriglia cecena Šamil Basaev ha assunto la responsabilità dell'atto terroristico nei cieli della Russia.
▪ 2005 - Termina lo sgombero di tutte le colonie israeliane in Gaza e Cisgiordania
▪ 2006 - L'Unione Astronomica Internazionale declassa Plutone a pianeta nano
Anniversari
▪ 1536 - Quizu Yupanqui (... – Lima, 24 agosto 1536) fu il comandante in capo delle forze dislocate da Manco II nella zona di Lima durante la guerra di Riconquista che gli Inca intrapresero nel tentativo di scacciare gli invasori spagnoli dai loro antichi domini.
Il suo nome è stato variamente riportato ed alcuni cronisti lo trascrivono come Quizu, Kusi o Tey, ma tutti sono d’accordo per identificare con questi nomi il più prestigioso dei generali inca e il responsabile della campagna di Lima.
Quizu Yupanqui apparteneva alla più alta nobiltà del Cuzco. Era figlio di Tupac Yupanqui e fratello di Huayna Capac. Come tale era zio del sovrano Manco e occupava il posto di rilievo che gli era stato affidato per diritto di nascita. Aveva però delle innate doti di stratega ed era stata proprio questa qualità a raccomandarlo per il comando degli eserciti del Nord.
Il nuovo comandante aveva iniziato le sue operazioni facendo piazza pulita degli Spagnoli che ancora si trovavano fuori di Lima. Sotto i suoi colpi erano caduti tutti i coloni isolati e le guarnigioni periferiche. Parimenti aveva compiuto delle azioni di rappresaglia verso le tribù che avevano solidarizzato con gli europei, convincendo anche i più riottosi a schierarsi ai suoi ordini.
Capacità militari
Quizu aveva studiato la strategia degli Spagnoli ed aveva compreso che la forza della cavalleria era imbattibile quando le si consentiva di dispiegarsi in cariche travolgenti, per cui aveva evitato di confrontarsi, in pianura, con gli squadroni montati.
Era però tutta un’altra cosa quando lo scontro si svolgeva nei passi dirupati delle Ande dove i cavalli non potevano galoppare ed erano più un impiccio che un aiuto. Controllando tutti i valichi, tra Lima ed il Cuzco, le armate indigene ai suoi ordini avevano sorpreso diverse colonne inviate in aiuto agli Spagnoli assediati nell’antica capitale dell'impero andino.
La tattica adottata da Quizu Yupanqui era semplice: le colonne spagnole, una volta avvistate, erano lasciate proseguire fino a trovarsi in qualche gola scoscesa ed allora avveniva l’attacco. Gli Inca bloccavano l’entrata e l’uscita della gola, poi colpivano i loro nemici dall’alto delle creste rovesciando loro addosso una valanga di pietre e, solo quando li avevano resi a mal partito, scendevano per finirli.
Guerra sulle Ande
A fare le spese di queste azioni erano stati diversi contingenti spagnoli. Il primo a soccombere era stato quello di Gonzalo de Tapia, un cognato di Francisco Pizarro che al comando di settanta uomini e numerosi ausiliari indigeni aveva tentato di raggiungere il Cuzco. Sorpreso dopo il guado di un fiume era stato massacrato assieme a tutti i suoi uomini e nessuno era sopravvissuto. Un’altra colonna, comandata questa volta da Diego Pizarro, un nipote del Governatore, forte anch’essa di settanta uomini, aveva subito la stessa sorte al passaggio di un altro fiume.
Il presidio di Jauja era pericolante, difeso com’era da pochi uomini e Pizarro aveva pensato di rafforzarlo inviando Alonso de Gaete con trenta cavalieri. Per appoggiare l’azione militare con una misura politica aveva, in tutta fretta, nominato “Sapa Inca”” un fratello di Manco di nome Cusi Rimache e lo aveva inviato con Gaete a prendere possesso della zona. Il nuovo sovrano fantoccio si era però dileguato appena giunto nel territorio controllato da Quizu ed aveva raggiunto i suoi, schierandosi con Manco. Gaete era rimasto a far fronte agli avversari, ma era sparito nel turbine della lotta. Con lui era stato annientato anche tutto il presidio di Jauja sorpreso e travolto nel sonno.
Un altro capitano, Francisco de Godoy, era giunto per dare man forte con altri trenta soldati, ma aveva fatto appena in tempo a tornare in tutta fretta a Lima, portando con se due uomini che erano i soli superstiti della guarnigione di Jauja e della compagnia di Gaete.
Frattanto un altro contingente, comandato da Morgovejo de Quiñones aveva subito la medesima sorte. Aveva iniziato le sue operazioni con esemplare ferocia, massacrando per rappresaglia ventisette anziani del villaggio di Parcos. Morgovejo credeva con questo spietato esempio di aver domato l’insurrezione, ma dovette ben presto ricredersi quando, attraversando una gola, si trovò alle prese con gli indigeni inferociti. Gli Spagnoli si trovarono a lottare per la vita e furono obbligati a cercare la salvezza risalendo la gola sotto una tempesta di proiettili. Pochi di loro riuscirono a raggiungere la cresta e Morgovejo non era con loro. Caduto da cavallo, si era rotto un femore e aveva dovuto attendere l’arrivo dei suoi implacabili inseguitori. I suoi uomini, più attenti alla salvezza che al senso dell’onore, lo avevano abbandonato e con lui era rimasto solo un umile servo che si era sacrificato in un esemplare impulso di fedeltà.
L'attacco a Lima
L’artefice di questi trionfi, il generale Quizu Yupanqui si godette a lungo il meritato trionfo in attesa di ulteriori disposizioni da parte del suo signore. Gli ordini gli arrivarono assieme ai più alti riconoscimenti che la civiltà inca potesse concepire. Manco gli inviò una Ñusta, ovvero una principessa, di squisita bellezza, perché ne facesse la sua sposa e, insieme alla dama, alcune portantine, dette "ande", perché, da allora in poi, approfittasse di questo segno di maestà solitamente riservato ai monarchi.
Le disposizioni operative contemplavano, invece, un attacco diretto a Lima con l’ordine di uccidere tutti gli Spagnoli, tranne Pizarro che doveva essere catturato e condotto vivo di fronte al sovrano inca.
Lima si trovava in pianura e non poteva essere attaccata senza affrontare la temuta cavalleria, per cui Quizu ritenne saggio di raccogliere quante più truppe poteva per supplire col numero alla forza tattica delle truppe a cavallo. La maggior parte delle tribù inviarono loro contingenti, ma alcune tergiversarono per studiare l’esito della lotta e schierarsi soltanto quando fosse chiaro chi era il vincitore.
Quando l’esercito raggiunse una consistenza di qualche decina di migliaia di uomini, Quizu scese nella pianura e, come previsto, si trovò subito alle prese con una accanita carica dei cavalleggeri spagnoli. Ancora una volta le corazze e le spade d’acciaio brandite dall’alto delle cavalcature fecero la differenza, ma, seppur vincitori, gli Spagnoli non riuscirono a disperdere l’avversario.
A prezzo di alcune perdite, l’esercito di Quizu mantenne la sua compattezza e occupò le alture prospicienti la città fortificandole e rendendole inaccessibili. Gli Spagnoli dovettero rientrare in città, con un morto e alcuni feriti, tra cui lo stesso comandante, Pedro de Lerna, per trincerarsi a loro volta in attesa degli eventi.
Nei giorni che seguirono gli scontri si ripeterono e rivelarono che gli Inca avevano migliorato sensibilmente la loro tattica guerresca. Le truppe del Cuzco affrontavano il nemico in squadroni separati e quando uno di questi veniva travolto, un altro subentrava a dargli il cambio, permettendo ai fuggiaschi di ricompattarsi. Gli Spagnoli, con questo sistema, erano costantemente impegnati e non potevano riposarsi ne dare respiro alle loro cavalcature. Solo il massiccio impiego di ausiliari indigeni, ostili agli inca, permise loro, in questo frangente, di ottenere un poco di tregua.
Morte di Quizu Yupanqui
Quando Pizarro e i suoi disperavano ormai di ottenere la vittoria, Quizu Yupanqui cambiò improvvisamente la sua tattica.
Inspiegabilmente, il sesto giorno dell’assedio, le truppe inca si disposero in assetto di battaglia nel bel mezzo della pianura. Quizu e i suoi capitani, nelle loro ande da combattimento erano orgogliosamente alla testa dello schieramento e sfidavano il nemico a combattere. Dietro di loro, l’intero esercito, diviso in squadroni, attendeva a pié fermo la immancabile carica.
Questa non si fece attendere e le schiere inca furono travolte. I capi, che erano in prima fila, subirono il terribile impatto e vennero quasi tutti uccisi, ma l’esercito dopo un attimo di smarrimento, rinserrò coraggiosamente le file e riuscì a disimpegnarsi in buon ordine riguadagnando compatto la sicurezza delle alture fortificate.
Gli Spagnoli divennero raggianti quando si diffuse la notizia della morte di Quizu Yupanqui. I loro nemici erano ancora lì con tutta la loro potenza, ma, privi del loro prestigioso capo e demoralizzati, avrebbero potuto essere affrontati già l’indomani con buone speranze di successo. La notte passò così, in fiduciosa attesa degli scontri che l’alba avrebbe portato.
Al sorgere del sole, agli occhi dei cittadini di Lima si presentò però uno spettacolo inatteso. Degli Inca non vi era più traccia. Tutto l’esercito composto da diverse decine di migliaia di uomini si era dileguato nella notte senza che nessuno se ne accorgesse.
Gli Inca, privi della tenacia di Quizu Yupanqui avevano abbandonato il progetto di conquistare la città di Lima ed erano rientrati nelle loro montagne in attesa di nuove disposizioni.
Esistono diverse versioni circa la morte di Quizu Yupanqui. Guaman Poma de Ayala ritiene che venne ucciso da un capitano spagnolo di nome Dávalos de Ayala, nella località di Ate. Martin de Murua sostiene che venne ferito ad un ginocchio da un colpo di archibugio, nella battaglia di Lima e che morì, in seguito alla ferita, in Chinchaykocha dove si era ritirato. Altri documenti ufficiali, quali ad esempio la Probanza de Pero Martin de Sicilia, controfirmata da autorevoli testimoni presenti all’assedio, dichiarano espressamente che Quizu Yupanqui cadde nella mischia che caratterizzò l’ultimo combattimento davanti alla città assediata.
▪ 1540 - Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (Parma, 11 gennaio 1503 – Casalmaggiore, 24 agosto 1540), è stato un celebre pittore italiano, esponente della corrente manierista.
«... per investigare le sottigliezze dell'arte, si mise un giorno a ritrarre se stesso, guardandosi in uno specchio da barbieri, di que' mezzo tondi. Nel che fare, vedendo quelle bizzarrie che fa la ritondità dello specchio....gli venne voglia di contrafare per suo capriccio ogni cosa. Laonde, fatta fare una palla di legno al tornio, e quella divisa per farla mezza tonda e di grandezza simile allo specchio, in quella si mise con grande arte a contrafare tutto quello che vedeva nello specchio e particolarmente se stesso....E perché tutte le cose che s'appressano allo specchio crescono, e quelle che si allontanano diminuiscono, vi fece una mano che disegnava un poco grande, come mostrava lo specchio, tanto bella che pareva verissima; e perché Francesco era di bellissima aria et aveva il volto e l'aspetto grazioso molto e più tosto d'Angelo che d'uomo, pareva la sua effigie in quella palla una cosa divina» (Vita di Francesco Mazzuoli pittore parmigiano - Giorgio Vasari)
▪ 1617 - Rosa di Santa Maria, al secolo Isabel Flores de Oliva (Lima, 20 aprile 1586 – ivi, 24 agosto 1617), è stata una religiosa peruviana del terz'ordine domenicano: è stata canonizzata nel 1671 da papa Clemente X.
Nacque a Lima, capitale dell'allora ricco Perù, il 20 aprile 1586, decima di tredici figli. Il suo nome di battesimo era Isabella. Era figlia di una nobile famiglia, di origine spagnola. Il padre si chiamava Gaspare Flores, gentiluomo della Compagnia degli Archibugi, la madre donna Maria de Oliva. Per cui, il nome della Santa era Isabella Flores de Oliva. Ma questo sarà dimenticato in favore del nome che le diede, per la prima volta, la serva affezionata, di origine india, Mariana, che le faceva da balia, la quale, colpita dalla bellezza della bambina, secondo il costume indios, le diede il nome di un fiore.
“Sei bella - le disse - sei rosa”.
Fu cresimata per le mani dell'arcivescovo di Lima ed anche lui Santo, Toribio de Mogrovejo, che le confermò, tra l'altro, in onore alle sue straordinarie doti fisiche e morali, quell’appellativo datole dalla serva india. Rosa ad esso aggiunse “di Santa Maria” ad esprimere il tenerissimo amore che sempre la legò alla Vergine Madre del cielo soprattutto sotto il titolo di Regina del Rosario, la quale non mancò di comunicarle il dono dell'infanzia spirituale fino a farle condividere la gioia e l'onore di stringere spesso tra le braccia il Bambino Gesù. Visse un'infanzia serena ed economicamente agiata. Ben presto, però, la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa, che aveva studiato con impegno, aveva una discreta cultura ed aveva appreso l'arte del ricamo. Si rimboccò, quindi, le maniche, aiutando la famiglia in ogni genere di attività, dai lavori casalinghi alla coltivazione dell'orto ed al ricamo, onde potersi guadagnare da vivere. Sin da piccola aspirò a consacrarsi a Dio nella vita claustrale, ma il Signore le fece conoscere la sua volontà che rimanesse vergine nel mondo. Ebbe modo di leggere qualcosa di S. Caterina da Siena. Subito la elesse a propria madre e sorella, facendola suo modello di vita, apprendendo da lei l'amore per Cristo, per la sua Chiesa e per i fratelli indios. Come la santa senese vestì l'abito del Terz'ordine domenicano. Aveva vent'anni. Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, in special modo a quelli di origine india. Sempre come Caterina, fu resa degna di soffrire la passione del Suo divino Sposo, ma provò pure la sofferenza della “notte oscura”, che durò ben 15 anni.
Ebbe anche lo straordinario dono delle nozze mistiche. Fu arricchita dal suo Celeste Sposo altresì di vari carismi come quello di compiere miracoli, della profezia e della bilocazione. Dal 1609 si richiuse in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa, dove trascorreva gran parte delle sue giornate in ginocchio, a pregare ed in stretta unione con il Signore e delle sue visioni mistiche, che iniziarono a prodursi con impressionante regolarità, tutte le settimane, dal giovedì al sabato. Nel 1614, obbligata a viva forza dai familiari, si trasferì nell'abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo. Grande, già in vita, fu la sua fama di santità. L'episodio più eclatante della sua esistenza terrena ce la presenta abbracciata al tabernacolo per difenderlo dai calvinisti olandesi guidati all'assalto della città di Lima dalla flotta dello Spitberg. L’inattesa liberazione della città, dovuta all’improvvisa morte dell’ammiraglio olandese, fu attribuita alla sua intercessione. Condivise la sofferenza degli indios, che si sentivano avviliti, emarginati, vilipesi, maltrattati soltanto a motivo della loro diversità di razza e di condizione sociale. Sentendosi avvicinare la morte, confidò “Questo è il giorno delle mie nozze eterne”. Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo. Aveva 31 anni. Il suo corpo si venera a Lima, nella basilica domenicana del S. Rosario. Fu beatificata nel 1668. Due anni dopo fu insolitamente proclamata patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali: si trattava di un riconoscimento singolare dal momento che un decreto di Papa Barberini (Urbano VIII) del 1630 stabiliva che non potessero darsi quali protettori di regni e città persone che non fossero state canonizzate. Fu comunque canonizzata il 12 aprile 1671 da papa Clemente X. È anche patrona dei giardinieri e dei fioristi. È invocata in caso di ferite, contro le eruzioni vulcaniche ed in caso di litigi in famiglia. Autore: Francesco Patruno
▪ 1943 - Simone Weil (Parigi, 3 febbraio 1909 – Ashford, 24 agosto 1943) è stata una mistica e filosofa francese.
Figlia di un ricco medico ebreo e sorella minore del matematico André Weil, Simone Weil nasce il 3 febbraio 1909 a Parigi, ricevendo in famiglia un'educazione severa e raffinata. Soffre, fin dall'adolescenza, di forti e ricorrenti emicranie.[1]
Fra il 1919 e il 1928 studia in diversi licei parigini, dove ha come professori di filosofia René Le Senne e Alain. Ammessa all'École Normale Supérieure, nel 1931 vi supera l'esame di concorso per l'insegnamento nella scuola media superiore. Insegna filosofia fra il 1931 e il 1938 nei licei di varie città di provincia (Puy, Auxerre, Roanne, Bourges, Saint-Quentin).[2]
Al Puy, suo primo luogo d'insegnamento, suscita scandalo distribuendo lo stipendio fra gli operai in sciopero e guidando la loro delegazione in municipio. È l'inverno 1934-1935: desidera conoscere la condizione operaia nella sua terribile monotonia e dipendenza. Inizia a lavorare nelle fabbriche metallurgiche di Parigi. L'esperienza di otto mesi di lavoro nelle officine Renault – che ha conseguenze gravi per la sua salute – verrà raccolta, sotto forma di diario e di lettere, nell'opera La condizione operaia (1951). Si reca anche in Portogallo dove conosce e vive la miseria dei pescatori.[3]
In questi anni è vicina ad ambienti sindacali e politici anarchici e trotskisti.[4]
Nel 1936 va a combattere con i repubblicani anti-franchisti nella Guerra civile spagnola. Ma, vittima di un incidente, torna a Parigi.[5]
Nel 1937, mentre viaggia, ammalata, per l'Italia, si inginocchia in una chiesa di Assisi, sentendosi trascinata da una forza irresistibile. Iniziano le sue esperienze mistiche, che proseguono nel 1938 quando trascorre la pasqua a Solesmes.[6] Ma non si decide a entrare nella Chiesa cattolica per timore di trovare in essa un facile riparo che l'avrebbe potuta allontanare dalla mistica della passione patita insieme a Cristo.[7]
Nel 1940 abbandona Parigi a causa dell'invasione tedesca; resta dai genitori, a Marsiglia, fino al 1942 e, dopo un breve soggiorno a New York, raggiunge Londra per unirsi all'organizzazione France Libre della Resistenza francese. Digiunando, si sente spiritualmente vicina ai francesi della zona occupata.[8]
Affetta da tubercolosi, muore nel sanatorio di Ashford il 24 agosto del 1943, all'età di soli 34 anni.
Tutte le sue opere principali vengono pubblicate postume.
Pensiero - Filosofia
La posizione etica fondamentale di Simone Weil è quella di mettersi sempre dalla parte degli oppressi. In questa prospettiva, matura anche la sua critica al marxismo; di Marx ella rifiuta il materialismo, la riduzione delle idee all'espressione di un gioco di forze e la fede che gli ingranaggi sociali, se lasciati alle loro leggi materiali, producano il bene. Contro il necessitarismo storico ella riafferma, recuperando Platone, che, nel regno spirituale, dal male non può nascere il bene, e che l'umanità, nella sua lontananza dalla perfezione divina, è in sé misera e limitata e quindi non può autoredimersi attraverso la dialettica materialista.[9]
Teologia mistica
Nel 1948 fu pubblicato L'ombra e la grazia, una raccolta di pensieri religiosi estratti da Gustave Thibon dai diari intimi (1940-1942) di Simone Weil. Le riflessioni contenute nel libro ricordano quelle di Pascal e di Kierkegaard.[10]
Nella Weil è centrale il problema del difficile percorso di unione tra l'anima e Dio.
Il cammino che l'anima sedotta intraprende per raggiungere Dio, è lo stesso, drammatico, che Dio ha compiuto per avvicinarsi all'essere umano: la croce.
«Dio pena, attraverso lo spessore infinito del tempo e della specie, per raggiungere l'anima e sedurla. Se essa si lascia strappare, anche solo per un attimo, un consenso puro e intero, allora Dio la conquista. E quando sia divenuta cosa interamente sua, l'abbandona. La lascia totalmente sola. Ed essa a sua volta, ma a tentoni, deve attraversare lo spessore infinito del tempo e dello spazio alla ricerca di colui ch'essa ama. Così l'anima rifà in senso inverso il viaggio che Dio ha fatto verso di lei. E ciò è la croce.[11] »
Unità del percorso filosofico ed esistenziale di Simone Weil
Per la sua scelta di esplicitare il suo pensiero soprattutto mediante la pratica di vita, anziché mediante opere scritte, risulta difficile un'esposizione sintetica della riflessione weiliana; essa in ogni caso risente dell'evoluzione biografica della Weil, passata dalla prima fase di impegno militante di ispirazione comunista-sindacalista a una seconda fase religiosa, mistica. Una svolta importante avviene allorché editorialmente si è proceduto alla pubblicazione integrale e rispettosa del materiale scritto dalla Weil, secondo criteri filologici e non arbitrari. In particolar modo si sono mostrati assai preziosi gli scritti giovanili, scolastici, decisivi per rilevare la profonda continuità del suo pensiero e le problematiche costanti che portano Simone a un percorso tanto travagliato quanto sviluppato filosoficamente.
Simone Weil fu allieva di Emile Chartier, più noto come Alain e da lui eredita un'impostazione e una serie di questioni aperte che risalgono alla tradizione spiritualista laica e radicale della filosofia francese, tra la seconda metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. Gioca un ruolo importante in questo contesto la ricezione del kantismo tradotto coi concetti di Maine de Biran, quindi l'importanza dell'esperienza volontaristica dell'"effort" (lo sforzo) come fondazione autonoma dello spirito e decisione sul valore della conoscenza. Già solo questa tematica, la fondazione dei valori (l'armonia tra sensazioni e concetti e quindi i valori del bello, del vero e del bene), rappresenta un tratto di forte continuità nel pensiero di Simone Weil, preponderante tanto nei primissimi scritti come Le Beau et le Bien quanto negli ultimi Cahiers.
Un altro problema decisivo che la Weil affronta subito (ancora di matrice kantiana) riguarda una questione gnoseologica e semiotica. Abbiamo di fronte soltanto cose individuali e concrete eppure per conoscere usiamo termini universali e astratti, come si concilia la dicotomia? Ad emergere è una soluzione accostabile alla spinoziana conoscenza di terzo genere, ciò che con linguaggio hegeliano si potrebbe definire anche come universale concreto.
Tenere a mente questa problematica consente una maggiore comprensione della svolta religiosa e cristiana della Weil.
Se dapprima infatti a mediare tra concetti e cose, tra spirito e materia è la volontà coraggiosa e generosa dell'uomo (così come le aveva insegnato Alain), la crisi che attraversa nella sua esperienza di fabbrica, crisi e sfiducia nei confronti dell'umanesimo antropocentrico laico, la porta a una soluzione teologica e cristocentrica, di rivalutazione dell'esperienza del sacrificio cristiano e di tutta la simbologia religiosa come mediazione tra l'ordine materiale e quello spirituale e ponte per il soprannaturale.
Hanno detto di lei
«Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia, Simone Weil ci commuove, ci dà nutrimento»(Susan Sontag)
Note
1. Cfr. l'introduzione di Georges Hourdin in Simone Weil, L'ombra e la grazia, trad. di Franco Fortini, Rusconi, Milano 1985, p. 10.
2. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , pp. 8-9.
3. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , pp. 8-9.
4. Cfr. Weil, Simone in L'Universale. La Grande Enciclopedia Tematica – Letteratura, Garzanti, Milano 2003, p. 1159.
5. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , p. 9.
6. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , ibidem.
7. Cfr. Weil, Simone in L'Universale. La Grande Enciclopedia Tematica, Garzanti, Milano 2003, p. 1214.
8. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , p. 10.
9. Cfr. Weil, Simone in L'Universale. La Grande Enciclopedia Tematica – Filosofia, Garzanti, Milano 2003, p. 1213.
10. Cfr. Georges Hourdin op. cit. , p. 7.
11. Simone Weil, L'ombra e la grazia, trad. di Franco Fortini, Rusconi, Milano 1985, p. 98.
▪ 1957 - Ronald Arbuthnott Knox (Leicestershire, 17 febbraio 1888 – 24 agosto 1957) è stato un teologo, prete e scrittore britannico.
Educato ad Eton ed Oxford, figlio di un vescovo anglicano, fu ordinato prete nella confessione anglicana, si convertì al cattolicesimo dall'anglicanesimo.
Fu amico di Gilbert Keith Chesterton, con cui condivideva la passione per la scrittura di romanzi gialli, e da cui fu portato al cattolicesimo prima che Chesterton stesso si convertisse. Fu autore di numerosi testi ecclesiastici, nonché della prima traduzione inglese della Bibbia.
Come autore di libri gialli, scrisse sei romanzi tra il 1925 e il 1937. I suoi romanzi sono i tipici esempi del cosiddetto giallo-enigma, in cui si giunge alla soluzione del caso solo dopo una minuziosa raccolta ed analisi degli indizi. Il personaggio principale dei suoi romanzi è Miles Bredon, arguto investigatore di una compagnia di assicurazioni.
Knox è anche noto per il suo decalogo sulle dieci regole da seguire nella stesura di romanzi gialli.
▪ 1989 - Jacques Godechot (Lunéville, 3 gennaio 1907 – Saint-Lary-Soulan, 24 agosto 1989) è stato uno storico francese.
Nato nella Lorena ancora occupata dalla Germania dopo la sconfitta francese del 1870, ebbe, sin dall'inizio della sua formazione culturale, un vivo interesse per la storia della Rivoluzione francese, il cui ricordo era vivo nella sua famiglia, e per la filosofia di Baruch Spinoza. Decise infine di dedicarsi agli studi storici prima a Nancy e in seguito a Parigi. Vinse nel 1928 l'"Agrégation d'histoire", un concorso di reclutamento per l'insegnamento nei licei che offre anche una possibilità per una carriera accademica.
A Parigi vinse una borsa alla Fondation Thiers, dove venne fortemente influenzato dall'insegnamento di Albert Mathiez sotto la direzione del quale cominciò l'elaborazione della sua tesi di dottorato su Les Commissaires aux armées sous le Directoire, la cui stesura richiese una visita in Italia e l'incontro con Benedetto Croce[1]. Alla morte di Mathiez nel 1932 terminò la sua tesi sotto la guida di Georges Lefebvre, discutendola infine nel 1937.
A Strasburgo incontrò Lucien Febvre e Marc Bloch, fondatori degli Annali di Storia economica dai quali, pur senza entrare a far parte della scuola de Les Annales, rimase molto impressionato.
Per le sue origini ebraiche venne destituito dall'insegnamento secondario ad opera del regime di Vichy.
Nel 1945, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, venne nominato professore nella facoltà di lettere dell'università di Tolosa.
La teoria della rivoluzione occidentale
Godechot è noto tra gli storici soprattutto per aver esteso l'ambito degli avvenimenti della Rivoluzione francese sia nel tempo che nello spazio secondo la sua teoria storiografica della "Rivoluzione occidentale" o "atlantica".[2]
L'occasione di rendere nota questa visione storiografica atlantica, descritta nel suo saggio su Il problema dell'Atlantico nel XVIII secolo, gli fu data nel "Congresso internazionale di scienze storiche" di Roma, tenutosi nel marzo 1955, quando la presentò assieme allo storico statunitense Robert R. Palmer. Questa sua relazione suscitò delle accese critiche per le quali , nel contesto della Guerra fredda , dove i contrasti tra gli storici d'indirizzo marxista e quelli di scuola liberale erano accesi, Godechot fu accusato d'essere stato pagato dalla Nato o dalla CIA.
La sua teoria della Rivoluzione occidentale è stata sviluppata nelle opere La Grande Nation (1956), Les Révolutions (1963), L’Europe e l’Amérique à l’époque napoléonienne (1967): per questi suoi studi Godechot venne scelto dal Comitato internazionale di scienze storiche a dirigere la Commissione internazionale di storia della Rivoluzione francese.
Altre sue opere sulla Rivoluzione francese sono La Contre-révolution (1961), La Pensée révolutionnaire en France et en Europe (1964), La Prise de la Bastille (1965) e La Vie quotidienne sous le Directoire (1977).
Una riappacificazione con gli storici marxisti, in particolare con Albert Soboul, si ebbe nel 1959 quando fu designato alla coopresidenza della Società di studi robespierriani.
Morì nel 1989 nel pieno delle celebrazioni, per la cui preparazione egli stesso aveva dato il suo aiuto, per il bicentenario della rivoluzione francese.
Note
1. Cfr. J. Godechot, Une visite à Benedetto Croce en avril 1933, in M.G. Giordano - T. Iermano (a cura di), Benedetto Croce e la cultura del Novecento, Sabatia, Atripalda 1988, pp. 105-108.
2. cfr. J.Godechot, La Grande Nazione, Bari 1962