Il calendario del 23 Settembre
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Eventi
? 490 a.C. - Battaglia di Maratona; origine della gara di fondo della maratona (corsa da Fidippide)
? 480 a.C. - Battaglia navale di Salamina vinta dai greci durante le Guerre persiane
? 1122 - Viene stipulato il Concordato di Worms che pone fine alla Lotta per le investiture
? 1529 - Inizio dell'Assedio di Vienna: Solimano il Magnifico comincia il suo attacco alla città
? 1642 - Primi test di ammissione all'Università di Harvard
? 1779 - La USS Bonhomme Richard, comandata da John Paul Jones, vince una battaglia contro le navi da guerra britanniche Serapis e Countess of Scarborough al largo della costa inglese
? 1803 - India: Battaglia di Assaye
? 1806 - Lewis e Clark fanno ritorno dopo aver esplorato il Pacifico nord-occidentale
? 1846 - Scoperta di Nettuno da parte dell'astronomo francese Urbain Jean Joseph Le Verrier e dell'astronomo britannico John Couch Adams; verificata dall'astronomo tedesco Johann Gottfried Galle
? 1868 - Porto Rico dichiara l'indipendenza dalla Spagna
? 1875 - William Bonney ("Billy the Kid") viene arrestato per la prima volta
? 1884 - Herman Hollerith brevetta la sua addizionatrice meccanica
? 1889 - La Nintendo è fondata a Kyoto da Fusajiro Yamauchi.
? 1907 - Si apre a Pistoia la prima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani
? 1910 - Jorge Chavez Dartnell compie la prima trasvolata delle Alpi, da Briga a Domodossola, a bordo di un Bleriot XI
? 1922 - L'Atto di costruzione del porto marino di Gdynia viene approvato dal parlamento polacco
? 1932 - Il Regno di Hejaz e Nejd viene ribattezzato Regno dell'Arabia Saudita
? 1941 - Primi esperimenti con i gas nel Campo di concentramento di Auschwitz
? 1943
-
- Seconda guerra mondiale: Nasce ufficialmente la Repubblica di Salò
- - Seconda guerra mondiale: Benito Mussolini torna in Italia, alla Rocca delle Caminate
- - Seconda guerra mondiale: Salvo d'Acquisto si offre in cambio della vita di 22 civili rastrellati dai tedeschi per rappresaglia contro un attentato compiuto il giorno prima, viene fucilato a Roma, in località Torrimpietra. Riceverà la Medaglia d'Oro al Valor Militare
? 1973 - Juan Domingo Perón ritorna al potere in Argentina
? 1983 - Saint Kitts e Nevis entra nelle Nazioni Unite
? 1991 - L'Armenia (dichiaratasi indipendente fin dall'agosto 1990) diventa ufficialmente una nazione indipendente
? 1999 - La NASA annuncia di aver perso il contatto con il Mars Climate Orbiter
? 2002 - Nasce Mozilla Firefox (Phoenix) versione 0.1
? 2007 - La Ducati vince il titolo iridato della MotoGP dopo 33 anni di dominio giapponese.
Anniversari
* 1835 - Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini (Catania, 3 novembre 1801 – Puteaux, 23 settembre 1835) è stato un compositore italiano, tra i più celebri operisti dell'Ottocento.
Le sue opere più famose e rappresentate sono La sonnambula, Norma e I puritani.
* 1939 - Sigismund Schlomo Freud, detto Sigmund (Príbor, 6 maggio 1856 – Londra, 23 settembre 1939), fu un neurologo e psicoanalista austriaco fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della moderna psicologia. Ha elaborato una teoria scientifica, secondo la quale l'inconscio esercita influssi determinanti sul comportamento e sul pensiero umano, e sulle interazioni tra individui.
Nella psicoanalisi l'impulso sessuale e le sue relazioni con l'inconscio sono alla base dei processi interpretativi. Molti dissensi con Freud, e quindi indirizzi di pensiero alternativi (Adler, Jung e altri) nascono dalla contestazione del ruolo, ritenuto eccessivo, riconosciuto da Freud alla sessualità.
In un primo momento si dedicò allo studio dell'ipnosi e dei suoi effetti nella cura di pazienti psicolabili, influenzato dagli studi di Josef Breuer sull'isteria, in particolare dal caso Anna O. (ossia Bertha Pappenheim, futura fondatrice dei movimenti di assistenza sociale e di emancipazione femminile), al quale si interessò sulla base delle considerazioni di Charcot che individuava nell'isteria un disturbo della psiche e non già una simulazione come ritenuto fino ad allora.
Dalle difficoltà incontrate da Breuer nel caso, Freud costruì progressivamente alcuni principi basilari della psicoanalisi relativi alle relazioni medico-paziente: la resistenza e il transfert. Di questo periodo furono anche le intuizioni che formano il nucleo della psicoanalisi: il metodo di indagine mediante l'analisi di associazioni libere, lapsus (da cui appunto il lapsus freudiano), atti involontari e l'interpretazione dei sogni.
Le idee di Freud e le sue teorie - viste con diffidenza negli ambienti della Vienna del XIX secolo - sono ancora oggi al centro di accesi dibattiti e di discussioni, non solo in ambito medico-scientifico, ma anche accademico, letterario, filosofico e culturale in genere.
La vita
Sigismund Schlomo Freud nacque a Freiberg (od. Príbor) nel territorio ceco della Moravia, all'epoca parte dell'impero austro-ungarico. Nel 1877 abbreviò il suo nome in Sigmund.
Sigmund era figlio di Jacob Freud e della sua terza moglie Amalie Nathanson (1835-1930). Jacob, ebreo proveniente dalla Galizia e commerciante di lana, si trasferì a Vienna nel 1860, a causa di sconvolgimenti politico-economici. Dal padre non ricevette un'educazione tradizionalista, eppure già in giovanissima età si appassionò alla cultura e alle scritture ebraiche, in particolare allo studio della Bibbia. Questi primi interessi lasciarono evidenti tracce nella sua opera.
Nella Vienna di quel periodo erano presenti forti componenti antisemitiche e ciò costituì per lui un ostacolo, che non riuscì però a limitare la sua libertà di pensiero. Dalla madre e quindi dal padre ricevette i primi rudimenti. Poi fu iscritto ad una scuola privata, e dall'età di nove anni frequentò con grande profitto per otto anni l'Istituto Superiore "Sperl Gimnasyum". Sino alla maturità, conseguita a diciassette anni, dimostrò grandi capacità intellettuali tanto da ricevere una menzione d'onore.
Durante il corso di laurea maturò una crescente avversione per gli insegnanti che considerava non all'altezza; l'insoddisfazione lo spinse a sviluppare un senso critico che, di fatto, ritardò l'ottenimento della sua laurea in medicina (marzo 1881).
Dopo la laurea si recò in Inghilterra e, successivamente, lavorò in un laboratorio di zoologia diretto da Carl Friedrich Claus a Vienna. Fu qui che prese contatto con il darwinismo. Il lavoro di ricerca però, non lo soddisfece e dopo due anni cambiò lavoro e conobbe Brücke, nell'Istituto di fisiologia, dove condusse importanti ricerche nel campo della neuro-istologia. Freud lasciò l'istituto dopo sei anni di permanenza, anche se le ricerche effettuate gli assicuravano una sicura carriera nel settore, perché era animato da grande ambizione e valutò troppo lenti i successi conseguibili in quel campo ristretto. Freud fu enormemente colpito da Brücke, tanto che nella sua autobiografia lo cita come colui che maggiormente influì sulla sua personalità.
L'aspirazione all'indipendenza economica lo spinse a dedicarsi alla pratica clinica, lavorando per tre anni presso l'Ospedale Generale di Vienna con pazienti affetti da turbe neurologiche. Questa disciplina, essendo molto più remunerativa, gli avrebbe permesso di sposare la sua futura moglie, Martha Bernays.
Fu proprio mentre lavorava in questo ospedale, nel 1884, che Freud cominciò gli studi sulla cocaina, sostanza allora sconosciuta. Scoperto che la cocaina era utilizzata dai nativi americani come analgesico la sperimentò anche su se stesso osservandone gli effetti stimolanti e privi, a suo dire, di effetti collaterali rilevanti. La utilizzò in alternativa alla morfina per curare un suo caro amico, Ernst Fleischl, che era divenuto morfinomane in seguito ad una lunga terapia del dolore. Ma, la conseguente instaurazione della dipendenza da essa (più pericolosa rispetto a quella da morfina), fece scoppiare un caso che costituì una macchia nella sua carriera, anche in considerazione del fatto che un altro ricercatore, utilizzando i suoi studi, sperimentò la cocaina quale analgesico oftalmico, ricavandone rilevanti riconoscimenti nell'ambito medico internazionale. Rinunciò pertanto alle forti aspettative di ricavare successo da queste ricerche. Ulteriore risultato fu che ne divenne, notoriamente, assiduo consumatore ma non dipendente per via delle scarse dosi assunte.Il caso di Fleisch, tuttavia, che ebbe numerosi episodi paranoidei, allucinazioni e deliri, spinsero il filosofo a pubblicare il saggio: “Osservazioni sulla dipendenza e paura da cocaina”. Dopo la pubblicazione smise di far uso della sostanza e di prescriverla.
Nel 1885 ottenne la libera docenza e ciò gli assicurò facilitazioni nell'esercizio della professione medica. La notorietà e la stima dei colleghi gli permise una facile carriera accademica, sino ad ottenere la cattedra di professore ordinario. È sempre di quest'anno la notizia della distruzione delle sue carte personali, avvenimento che si ripeté nel 1907. Successivamente, le sue carte furono attentamente custodite negli "Archivi Sigmund Freud" e gestite da Ernest Jones, suo biografo ufficiale e da alcuni membri del circolo psicoanalitico. Il lavoro di Jeffrey Moussaieff Masson portò alcuni chiarimenti (nonché una feroce critica) sulla natura del materiale soppresso.[1]
Nel biennio 1885-1886 iniziò anche gli studi sull'isteria e con una borsa di studio si recò a Parigi, dove era attivo Jean-Martin Charcot. Questi suscitò notevole impressione sull'ancora giovane Freud, sia per i suoi metodi sia per la sua forte personalità. Le modalità di cura dell'isteria attraverso l'ipnosi, insegnatagli da Charcot, furono applicate da Freud dopo il suo rientro a Vienna, ma i risultati furono deludenti, tanto da attirarsi addosso le critiche di numerosi colleghi.
Il matrimonio con Martha Bernays era stato più volte rimandato a causa di difficoltà che apparivano a Freud insuperabili e quando, il 13 maggio 1886, riuscì finalmente a sposarsi, visse l'avvenimento come una grossa conquista. Appena un anno dopo (1887) nacque la prima figlia, Mathilde seguita da altri cinque figli di cui l'ultima, Anna, diventò un'importante psicoanalista.
Nel 1886 iniziò l'attività privata aprendo uno studio a Vienna; utilizzò le tecniche allora in uso, quali le cure termali, l'elettroterapia e l'idroterapia, ricorrendo anche all'applicazione dei magneti, una tecnica in uso fin dal 1700 che si credeva fosse in grado di agire sul sistema nervoso dei pazienti, ma non rilevò risultati apprezzabili. Utilizzò allora la tecnica dell'ipnosi e, per migliorare la stessa, compì un altro viaggio in Francia, a Nancy, ma non ottenne i risultati che si aspettava.
Il 23 settembre 1897 venne iniziato "nella comunità fraterna" della Loggia del B'nai B'rith di Vienna, un anno dopo la sua fondazione. Freud era professore di neuropatologia e le teorie sulla psicoanalisi avevano ancora poca eco e considerazione nella scuola di medicina dell'epoca.
Una chiave di volta nel processo evolutivo delle teorie di Freud fu l'incontro con Josef Breuer - importante fisiologo che poi, in diverse circostanze, sostenne Freud anche finanziariamente - intorno al caso di Anna O.. Breuer curava l'isteria della paziente attraverso l'ipnosi nel tentativo di guarirla da sintomi invalidanti tra i quali un'idrofobia psicogena. Sono di questo periodo le prime intuizioni sui ricordi traumatici. Il metodo, definito catartico - che fu pubblicato nel 1895 in Studi sull'isteria di Breuer e altri - venne successivamente utilizzato in modo sistematico da Freud.
La nascita della psicoanalisi
Per convenzione si usa datare la nascita della psicoanalisi con la prima interpretazione esaustiva di un sogno scritta da Freud: si trattò di un suo sogno personale della notte tra il 23 e il 24 luglio 1895, e riportato anche ne L'interpretazione dei sogni come "il sogno dell'iniezione di Irma". La sua interpretazione rappresentò l'inizio dello sviluppo della teoria freudiana sul sogno. L'analisi dei sogni, infatti, segna l'abbandono del metodo ipnotico utilizzato in quella fase del suo sviluppo, che a ragione si può definire la preistoria della psicoanalisi. Altri legano la nascita della psicoanalisi alla prima volta in cui Freud usò il termine "psicoanalitico", e cioè nel 1896 dopo aver già svolto un'esperienza di 10 anni nel settore della psicopatologia, quando scrisse due articoli nei quali, per la prima volta, parla esplicitamente di "psicoanalisi" per descrivere il suo metodo di ricerca e trattamento terapeutico. La psicoanalisi è la traduzione del neologismo impiegato da Freud a partire dal 1896 per indicare:
? un procedimento per l'indagine di processi mentali che sono altrimenti inaccessibili per altra via;
? un metodo terapeutico che trae le sue origini dall'indagine psicoanalitica ed ha per fine la cura delle nevrosi;
? un insieme di concezioni psicologiche (teoria della psiche).
Sebbene oggi la paternità del metodo psicanalitico sia comunemente attribuita a Freud, egli stesso, nella sua prima conferenza a Boston, riconobbe che l'eventuale merito non fosse spettato a lui stesso, bensì al dottor Joseph Breuer, il cui lavoro è antecedente agli studi di Freud e ne costituisce il punto di partenza.
L'internazionale della psicoanalisi
Dopo aver pubblicato un articolo sulla "Morale sessuale e le malattie nervose moderne" nel quale espresse le sue prime riflessioni sulla natura della civiltà, Freud nel 1909 venne invitato negli Stati Uniti insieme allo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung e all'ungherese Sándor Ferenczi. Poco dopo, a New York, si aggiunse a loro Ernest Jones, giunto dall'Inghilterra.
È in questa situazione che presero luce le "Cinque conferenze sulla psicoanalisi". Freud aveva cinquantatré anni e alla Clark University fu insignito del titolo di Dottore. Oltre a questa onorificenza Freud ebbe modo di incontrare personalmente il famoso filosofo americano William James.
Secondo la versione più diffusa della storia della psicoanalisi, in Europa il discorso freudiano era ancora tacciato di "delirio", d'essere ossessionato dal sesso e di rovinare la società mettendo in pubblica piazza ogni indecenza e perversione. Secondo alcune testimonianze, c'era l'impressione generale che l'intera comunità umana si ergesse contro il suo discorso e che volesse ridurre lui e i suoi seguaci al silenzio per metterli nell'impossibilità di nuocere. Questa "folla inferocita" non avrebbe spaventato il medico viennese; anni dopo egli accusò lo stesso Jung di codardia, chiedendogli di non utilizzare più il termine di psicoanalisi per le sue teorie basate su una teoria della libido desessualizzata.?Tuttavia, lo storico della psicologia Allen Esterson, criticando il resoconto del neuroscienziato Mark Solms secondo il quale le idee di Freud sull'esistenza di pulsioni animali primitive negli umani avevano scandalizzato i suoi contemporanei vittoriani, ha scritto:
«questo resoconto mirante a dare un quadro complessivo della situazione a quei tempi è stato confutato talmente tante volte dagli studiosi che hanno condotto ricerche su quel periodo che si dispera che i veri fatti riusciranno mai a penetrare il mondo ermeticamente chiuso dei tradizionalisti psicoanalitici.[2]»
Secondo Catherine Meyer,
«[Frank J.] Sulloway[3] giunse a stabilire che tutti gli elementi principali della teoria freudiana della sessualità - la 'bisessualità', le 'zone erogene', la 'perversione polimorfa', la 'regressione', la 'libido', la 'rimozione primaria' ecc. - provenivano in linea più o meno diretta dalla sessuologia dell'epoca (Krafft-Ebing, Albert Moll, Havelock Ellis), il che demoliva allo stesso tempo il mito dell'isolamento intellettuale di Freud e del preteso 'puritanesimo' dei suoi colleghi.[4]»
Negli Stati Uniti, Freud si sarebbe sentito più a suo agio anche se in seguito (1925) confessò che in America, dove l'ingenua "dottrina del comportamento" si vantava di aver completamente eliminato la psicologia, la portata radicale del suo pensiero era abbondantemente annacquata.
Al ritorno nel 1910, il Congresso di Norimberga (30 e 31 marzo) istituì un'organizzazione internazionale per coordinare tutte quelle associazioni psicoanalitiche nazionali già costituitesi o di nuova creazione. Il congresso era stato organizzato da Carl Gustav Jung, che veniva visto come il successore di Freud alla guida del movimento psicoanalitico.
Freud stesso, in questa occasione, fece pressione affinché la presidenza dell'internazionale della psicoanalisi venisse affidata a Jung. Alfred Adler e Wilhelm Stekel invece si incaricarono del giornale dell'associazione: lo "Zentralblatt für Psychoanalyse" (Rivista centrale di psicoanalisi). In seguito, a questa rivista si affiancò "Imago", un'altra pubblicazione che trattava gli aspetti non direttamente medici della psicoanalisi ed era diretta dallo stesso Freud. Già allora circoli medici legati alla psicoanalisi erano presenti oltre a Berlino, Vienna e Zurigo, anche a Budapest, Bruxelles, negli Stati Uniti, in Russia, Francia, Italia e Australia.
Con questi medici e psicoanalisti, che nell'insieme costituivano la prima avanguardia del nuovo movimento di pensiero del novecento (ai quali bisognerebbe aggiungere l'insieme numeroso e sofferente dei loro pazienti di entrambi i sessi, ovvero la "materia prima" della "nuova scienza"), Freud cominciò a intessere una fitta e costante corrispondenza per garantire coerenza e avvenire al movimento psicoanalitico.
Sempre nel 1910 ci fu un'altra novità, ovvero il primo tentativo di biografia psicoanalitica, quel "Un ricordo infantile di Leonardo da Vinci" che costituisce "la sola cosa piacevole che io abbia mai scritto" (come confessò lo stesso Freud).
Freud e Einstein
Nel 1926 Freud, che per ragioni di salute fu costretto a ridurre a tre il numero dei pazienti che trattava ogni giorno, compì settanta anni e per il suo compleanno giunsero al n° 19 della Berggasse telegrammi e lettere di felicitazioni da ogni parte del mondo, tra cui quello di Albert Einstein. Ma fu nel dicembre di quello stesso anno che Freud, recandosi a Berlino per rivedere figli e nipoti, incontrò per la prima volta Einstein e sua moglie andati da lui a fargli visita.
Questo fu il commento di Freud in margine a questo colloquio che si era protratto per due ore:
«È vivace, sicuro di sé, piacevole. Di psicologia ne capisce quanto me di fisica, tanto che abbiamo avuto una conversazione molto scherzosa»
Tuttavia, la credenza diffusa secondo cui Einstein era un grande ammiratore di Freud è erronea, come ha fatto notare A. H. Esterson: in una lettera a uno dei suoi figli nei primi anni trenta[5] Einstein scrisse che non era rimasto convinto dalle opere di Freud e che riteneva i suoi metodi dubbi se non fraudolenti.
Nel 1933 infine, a richiesta della Società delle Nazioni, venne pubblicata una discussione con Einstein sul tema: "Perché la guerra?". Freud, al contrario di Einstein, dimostrando un profondo pragmatismo affermò l'impossibilità della fine delle guerre, in quanto l'aggressività, fondamento di ogni guerra, è radicata indissolubilmente nell'uomo.[6]
Freud e Lou Andreas Salomé
Sicuramente una delle muse ispiratrici più enigmatiche dell'intero '800, Lou Andreas Salomé colpì e diede modo anche a Freud di rinnovare le proprie idee. Grande catalizzatrice di idee innovative, Salomé, dopo le frequentazioni con Rainer Maria Rilke, Friedrich Nietzsche, e lo stesso Jung, ebbe modo di incontrare anche Freud. Dal loro confronto, Freud smorzò quella che fino ad allora era rimasta la concezione primaria delle sue teorie, la libido come motore della vita emotiva dell'uomo. Infatti, nel suo saggio Psicologia e Metapsicologia espose per la prima volta la dualità tra pulsione di vita e pulsione di morte: usando a modello dell'uomo un globo sulla cui superficie (la coscienza) filtra il mondo pulsionale (l'essenza del "globo"), giunto dal mondo esterno vero e proprio. Un'essenza che nasconde la lotta tra volontà alla vita e all'aggregazione, da un lato, e alla morte e disgregazione dall'altro. È doveroso ricordare che un altro personaggio femminile del primo Novecento, Sabina Spielrein, ebrea russa ricoverata al Burgozli, curata da Jung e diventata poi essa stessa psicoanalista, fu la prima a scrivere sulla pulsione di morte, e Freud la citò in una nota di Al di là del principio di piacere.
"Analisi terminabile e analisi interminabile" (1937)
Durante lo sviluppo della disciplina psicoanalitica, in Freud si faceva sempre più chiaro che questa sua "figlia" era qualcosa che andava ben oltre una semplice psicoterapia come era invece nei suoi intenti iniziali di medico. Così scrive infatti nel 1925:
«Probabilmente il futuro stabilirà che l'importanza della psicoanalisi come scienza dell'inconscio oltrepassa di gran lunga la sua importanza terapeutica.[7]»
Partendo dal confronto con i problemi psicoterapeutici, la psicoanalisi si era mossa lentamente verso il superamento della semplice psicoterapia.
Andando ancora più in là, a due anni dalla sua morte, in Analisi terminabile e interminabile Freud pose una delle questioni se non la questione fondamentale della psicoanalisi, ormai nota con le stesse parole di Freud come problema del "fondo roccioso della psicoanalisi", ovvero ancora dell'impossibilità o per lo meno della difficoltà a proseguire il lavoro psicoanalitico oltre un certo limite.
Detto in altri termini, qui Freud si riferisce al fatto che la psicoanalisi è impotente davanti alla realtà biologica. Quando cioè il paziente pone domande che affrontano l'aspetto biologico della divisione sessuale, l'analisi diventava interminabile. Tuttavia è invece proprio in questa questione capitale che si cela, quale implicazione, un'altra questione: quella della funzione adattativo-conservatrice della psicoanalisi che ha attraversato tutta la storia della psicoanalisi e ricevuto le critiche più attente da parte di coloro che considerano l'umanità impegnata in altre vie per la propria trasformazione oltre lo status quo.
Una parte delle critiche alla psicoanalisi infatti proveniva da coloro che al contrario si domandavano se la psicoanalisi costituisse una vera e propria pratica rivoluzionaria conseguentemente evolutiva o se invece fosse solo una semplice pratica normativa e adattativa, atta a esorcizzare ogni naturale movimento eversivo.
L'esilio a Londra
Quando nel 1933 Hitler prendeva il potere in Germania, le origini ebraiche di Freud costituirono un problema. Nello stesso anno, il suo nome entrò nella lista nera di autori le cui opere dovevano essere mandate al rogo. La situazione cominciò ad aggravarsi seriamente a partire dal 1938, anno in cui l'Austria venne annessa al Terzo Reich: quattro sorelle di Freud morirono nei campi di sterminio mentre la figlia Anna venne sequestrata dalla Gestapo.
Freud si preparò così a lasciare Vienna: pochi giorni dopo, accompagnato da Martha e da Anna, che nel frattempo era stata rilasciata, Freud partì per Londra. Secondo gli storici B.R. Sullivan e P.V. Cannistraro, a salvargli la vita fu l'intervento personale di Benito Mussolini.
La sua casa di Londra è nel famoso quartiere residenziale Hampstead nella zona Camden, non lontano dal centro di psicoanalisi, dove lavorerà, anni dopo, la stessa figlia Anna. Dopo la morte della figlia Anna questa casa è stata trasformata per volontà della figlia stessa in museo[8]
Psicoanalisi e Surrealismo
A Londra Freud incontrò Salvador Dalí, uno dei più importanti esponenti dell'avanguardia artistica del surrealismo. L'artista spagnolo fu accompagnato a far visita a Freud da Stefan Zweig, il loro incontro avvenne in un caffè, dove Dalí, su un tovagliolo, fece rapidamente uno ritratto di Freud, che ne rimase stupito.
In merito a questo incontro con il pittore surrealista, Freud scrive a Zweig:
«Finora, ero portato a considerare completamente insensati (o diciamo al 95% come per l'alcool) i surrealisti, che pare mi avessero adottato quale santo patrono. Questo giovane spagnolo con i suoi occhi candidi e fanatici e la sua innegabile padronanza tecnica mi ha fatto cambiare idea.»
La morte
Un anno prima della morte, nel 1938, al suo arrivo a Londra aveva concesso un'intervista alla BBC. L'intervista si era conclusa con uno sguardo alla strada ancora da percorrere per la scienza neonata: "La lotta non è ancora terminata", affermava. Il suo attaccamento estenuante nei confronti della madre Amalie Nathanson, gli aveva fatto dire, dopo la morte di lei nel 1930, che solo ora e certamente non prima anche lui avrebbe potuto morire.
Il 21 settembre 1939, il medico viennese consumato fra atroci sofferenze sul letto di morte mormorò al proprio medico di fiducia: "Ora non è più che tortura, non ha senso" e poco dopo ancora: "Ne parli con Anna, e se lei pensa che sia giusto, facciamola finita". Freud si affidò al sentimento della figlia. Morì due giorni dopo, senza risvegliarsi dal sonno tranquillo che la morfina gli aveva provocato.
Altre note biografiche
La figlia di Freud, Anna, si distinse anch'essa quale psicologa, specialmente nella psicologia dell'infanzia e dello sviluppo del bambino. Freud è anche il nonno del pittore Lucian Freud e del commediografo Freud Clemente, nonché il bisnonno della giornalista Emma Freud e della stilista di moda Bella Freud. Freud è zio di Edward Bernays (il padre Ely Bernays era il fratello di Martha Bernays, moglie di Freud. La madre Anna era la sorella di Freud). Bernays è considerato uno dei padri del settore delle pubbliche relazioni e della propaganda, è stato uno dei primi a sperimentare la manipolazione dell'opinione pubblica utilizzando la psicologia subliminale.
Freud fumò sigari per la maggior parte della sua vita. Anche in seguito alla asportazione della mascella a causa del cancro ha continuato a fumare. Si dice che abbia fumato una scatola di sigari al giorno sino alla morte. Sull'uso e abuso di cocaina da parte dell'illustre studioso della psiche parimenti molto si è dibattuto.
Le innovazioni di Freud
L'influenza di Freud fu determinante in due campi correlati ma distinti. Sviluppò simultaneamente una teoria della mente e del comportamento e tecniche cliniche finalizzate all'apporto terapeutico nella risoluzione delle nevrosi. Alcuni sostengono che abbia influenzato solo il primo campo.
Secondo i più, il contributo più significativo di Freud al pensiero moderno fu l'elaborazione del concetto di inconscio. Secondo una versione diffusa della storia della psicologia, durante il XIX secolo la tendenza dominante nel pensiero occidentale era il positivismo, che credeva nella possibilità degli individui di controllare la conoscenza reale di se stessi e del mondo esterno, e nella capacità di esercitare un controllo razionale su entrambi. Freud, invece, suggerì che questa pretesa di controllo fosse in realtà una illusione; che persino ciò che pensiamo sfugge al controllo e alla comprensione totale, e le ragioni dei nostri comportamenti spesso non hanno niente a che fare con i nostri pensieri coscienti.
Il concetto di inconscio è stato rivoluzionario in quanto sostiene che la consapevolezza è allocata nei vari strati di cui è composta la mente e che ci sono pensieri non immediatamente disponibili in quanto "sotto la superficie" (livello cosciente). Tuttavia, come lo psicologo Jacques Van Rillaer, fra gli altri, ha sottolineato, "contrariamente a quanto crede il grande pubblico, l'inconscio non è stato scoperto da Freud. Nel 1890, quando ancora non si parlava di psicoanalisi, William James, nel suo monumentale trattato di psicologia, esaminava il modo in cui Schopenhauer, Eduard von Hartmann, Pierre Janet, Alfred Binet e altri avevano utilizzato il termine "inconscio" e "subconscio".[9]
Inoltre, lo storico della psicologia Mark Altschule ha scritto nel 1977: "È difficile - o forse impossibile - trovare uno psicologo o psicologo clinico del diciannovesimo secolo che non riconoscesse la cerebrazione inconscia come non solo reale ma anche della massima importanza".[10]
I sogni, proposti come "la via regia che conduce all'inconscio", sono gli indizi migliori per la comprensione della nostra vita inconscia e, ne L'interpretazione dei sogni, Freud sviluppò l'argomento dell'esistenza dell'inconscio e descrisse una tecnica per accedervi.
Il preconscio venne descritto come uno strato a cui si può accedere con meno sforzo, in quanto interposto tra il conscio e l'inconscio (il termine subcosciente, benché usato popolarmente, è una parola derivante dalla traduzione anglosassone e non fa parte della terminologia psicoanalitica). Anche se molti aderiscono ancora alla concezione razionalista e positivista, è ormai comunemente accettato, anche da coloro che rifiutano altre parti delle teorie di Freud, che l'inconscio è una parte della mente e che parte dei comportamenti possono avere luogo senza il controllo della coscienza.
Nel 1910, in una conferenza all'università di Clark, Freud spiegò la sua nuova concezione del funzionamento della mente umana e raccontò il rifiuto dei suoi lavori da parte dei suoi colleghi e del pubblico:
«l'arroganza della coscienza che, per esempio, rigetta i sogni con leggerezza, generalmente è causata da un forte apparato protettivo che li custodisce, impedendo ai complessi inconsci di farsi strada, rendendo difficile convincere gli interlocutori dell'esistenza dell'inconscio e spiegare nuovamente ciò che la loro conoscenza cosciente rifiuta.»
Elemento cruciale del funzionamento dell'inconscio è la rimozione. Secondo Freud, spesso i pensieri e le esperienze sono così dolorosi che la gente non può sopportarli. Tali pensieri ed esperienze, e i ricordi associati, ha argomentato Freud, sono banditi dalla mente, ma potrebbero essere banditi anche dalla coscienza. In questo modo costituiscono l'inconscio. Benché Freud più tardi tentasse di trovare strutture di rimozione tra i suoi pazienti per derivare un modello generale della mente, egli ha anche osservato la diversità tra i singoli pazienti dovuta alla rimozione di pensieri ed esperienze differenti. Freud ha osservato, inoltre, che il processo stesso di rimozione è in sé un atto non-cosciente (cioè si presenta con pensieri o sensazioni non dipendenti dalla volontà). Freud ha supposto, insomma, che ciò che viene rimosso è in parte determinato dall'inconscio. L'inconscio, per Freud, era sia causa sia effetto della rimozione.
Freud ha cercato di spiegare come l'inconscio opera e ne ha proposto una particolare struttura suddivisa in tre parti: Id (Es in tedesco), Ego (Ich in tedesco, o "Io" in italiano) e Superego (Überich" in tedesco, Super-Io in italiano).
L'Id viene rappresentato come il processo di identificazione–soddisfazione dei bisogni di tipo primitivo. Il Superego rappresenta la coscienza e si oppone all'Id con la morale e l'etica. L'Ego si frappone tra Id e Superego per bilanciare sia le istanze di soddisfazione dei bisogni primitivi, sia le spinte contrarie derivanti dalle nostre opinioni morali ed etiche. Un Ego ben strutturato garantisce la capacità di adattarsi alla realtà e di interagire con il mondo esterno, soddisfacendo le istanze dell'Id e del Superego. L'affermazione di principio che la mente non è monolitica o omogenea, continua ad avere un'influenza enorme al di fuori degli ambienti della psicologia.
Freud era particolarmente interessato al rapporto dinamico tra queste tre parti della mente, argomentando che fosse governato da desideri innati, ma ha anche asserito che il rapporto mutasse col cambiare del contesto dei rapporti sociali. Alcuni hanno criticato Freud per aver dato troppa importanza all'uno o all'altro aspetto. Allo stesso modo, molti dei seguaci di Freud hanno concentrato la loro attenzione privilegiando l'uno o l'altro.
Freud ha sviluppato il concetto di "sovradeterminazione" per evidenziare le molteplici cause che sottendono alla interpretazione dei sogni, piuttosto che contare su un modello di semplice corrispondenza biunivoca tra cause ed effetti. Ha creduto che gli esseri umani fossero guidati da due pulsioni basilari: dalla libido (Eros) e dalla pulsione di morte (Thanatos). La descrizione di Freud della libido comprende la creatività e gli istinti. La pulsione di morte è definita come un desiderio innato finalizzato alla creazione di una condizione di calma, o non-esistenza, ed è ricavato da Freud dai propri studi sui protozoi (cfr. Al di là del principio di piacere).
Freud credeva anche che la libido si sviluppasse negli individui cambiando oggetto. Egli ha argomentato che gli esseri umani nascessero "polimorficamente perversi", volendo con ciò significare che qualsiasi oggetto può essere sorgente di piacere. Egli più tardi ha sostenuto che gli esseri umani si sono sviluppati in differenti stadi di sviluppo identificati nella fase orale (piacere del neonato nell'allattamento), quindi nella fase anale (esemplificato dal piacere del bambino nel controllo della defecazione) e ancora nella fase genitale, che prende anche l'aspetto di fase fallica. Freud argomenta che i bambini passano da uno stadio nel quale si identificano con il genitore di sesso opposto, mentre il genitore dello stesso sesso viene visto come rivale. Egli ha cercato di inquadrare questa struttura di sviluppo nel dinamismo mentale. Ogni stadio è una progressione della maturità sessuale, caratterizzata da un Ego più forte e dalla capacità di ritardare la soddisfazione dei bisogni (principio di piacere e principio di realtà) (cfr. Tre saggi sulla teoria sessuale).
Freud cercò di dimostrare che il suo modello, basato soprattutto sulle osservazioni della borghesia viennese, fosse universalmente valido. Ha per questo orientato i suoi studi verso la mitologia antica e l'etnografia del suo tempo per trovare materiale comparativo. Ha utilizzato la tragedia greca Edipo Re di Sofocle per evidenziare, soprattutto negli adolescenti, la presenza del desiderio d'incesto e contemporaneamente la necessità di reprimere quel desiderio. Il complesso di Edipo è stato descritto come condizione dello sviluppo e della consapevolezza psicosessuale. Ha inoltre orientato i suoi studi sull'antropologia e sul totemismo, sostenendo che il totem riflette la codificazione di un complesso di Edipo relativo alla tribù (cfr. Totem e Tabù).
Egli sperava che le sue ricerche fornissero una solida base scientifica per le proprie tecniche terapeutiche. L'obiettivo della terapia psicoanalitica (psicoanalisi), era di portare allo stato cosciente i pensieri repressi/rimossi, rafforzando così il proprio ego. Per portare i pensieri inconsci al livello della coscienza, il metodo classico prevede delle sedute in cui il paziente è invitato a effettuare associazioni libere e a descrivere i sogni. Un altro elemento importante della psicoanalisi è l'assunzione, da parte dell'analista, di un atteggiamento distaccato che permette al paziente di proiettare durante l'analisi i pensieri e le sensazioni sull'analista. Attraverso questo processo, chiamato transfert, il paziente può riesumare e risolvere i conflitti rimossi, particolarmente quelli infantili, legati alla formazione e alla famiglia d'origine.
Un altro degli interessi considerati minori di Freud era la neurologia. Fu uno dei pionieri delle ricerche sulla paralisi cerebrale e pubblicò numerosi documenti medici sull'argomento. Dimostrò anche, precedendo altri ricercatori suoi contemporanei che iniziavano lo studio sugli stessi argomenti, l'esistenza della neuropatia. Affermò che William Little, il quale per primo identificò la paralisi cerebrale, aveva torto nell'inferire che la mancanza d'ossigeno durante il parto fosse causa della malattia. Suggerì, invece, che le complicazioni del parto fossero solo un sintomo del problema. Solo alla fine degli anni 1980 le sue speculazioni sono state confermate da ricerche più avanzate.
Sua è anche la definizione di carica psichica, intesa come energia derivata dagli istinti che si manifesta in qualsiasi processo psichico, conservando la possibilità di spostarsi per attivare vari contenuti di coscienza.
Nel suo ultimo libro, Compendio di psicoanalisi, scritto sul letto di morte, Freud individua i pilastri della psicoanalisi nel complesso edipico, nella teoria della rimozione e nella sessualità infantile, analizzando anche la scissione dell'Io.
La psicoanalisi freudiana
La formazione di Freud era di tipo medico. Per questo egli ha coerentemente dichiarato che i suoi metodi e le sue conclusioni di ricerca erano "scientifici". Tuttavia, la sua ricerca così come la pratica sono state messe in discussione da diversi studiosi. Inoltre, sia i critici sia i seguaci di Freud hanno osservato che l'affermazione di base secondo la quale molti dei nostri pensieri e delle nostre azioni coscienti siano motivati da paure e desideri inconsapevoli sfida esplicitamente le principali concezioni sulla mente fino ad allora elaborate.
In ambito sia psicologico sia psichiatrico sono state elaborate numerose evoluzioni della metapsicologia e della teoria della tecnica freudiana (ad esempio, nelle varietà di modelli e forme di Psicoterapia psicodinamica), mentre altri autori hanno rifiutato il modello della mente proposto da Freud pur adottando spesso alcuni elementi del suo metodo terapeutico, specialmente nel privilegiare il colloquio clinico col paziente come parte dell'intervento terapeutico.
Nietzsche
Friedrich Nietzsche, partendo dall'antico concetto greco del "conosci te stesso e diventa ciò che sei" e portando tutto il sapere umano al livello psichico (scrisse infatti che «"conosci te stesso" è tutta la scienza.»[11]), fu il precursore d'una epistemologia e gnoseologia naturalista della conoscenza umana, intesa come prodotto di capacità acquisite in modo evolutivo.
Con la sua critica all' idealismo ed a Kant, alle vuote fantasie metafisiche, all'immoralità della morale e alla retorica filosofia accademica per un ritorno alla filosofia estetica (scientifico-naturalista) presocratica e fisiologico-istintuale della conoscenza umana, spianò la via alla psicoanalisi («Secondo l'ambiente e le condizioni della nostra vita, un istinto emerge come il più stimato e dominante; in particolare, pensiero, volontà e sentimento si trasformano in suoi strumenti» [12])[13][14], l'etologia e quindi l'epistemologia evoluzionista.
Il Novecento
Attraverso il pensiero di Freud, il concetto di uomo e della sua personalità acquisisce una precisa connotazione in ambito filosofico. La grande rivoluzione da lui operata, nella civiltà e nella cultura contemporanea, riguarda essenzialmente il tentativo di indagare in maniera profonda l'enorme complessità dell'animo umano e in particolare le possibilità d'inganno o d'autoinganno della coscienza. Proprio la scoperta freudiana dell'inconscio -e di tutte le sue inevitabili conseguenze- ha determinato uno dei grandi travolgimenti ideologici cui il Novecento ha dovuto far fronte. Tramite la psicoanalisi, Freud ha proposto una nuova antropologia, in cui il soggetto non viene più considerato un essere esclusivamente razionale - come sostenuto dall'Idealismo e da Georg Wilhelm Friedrich Hegel - ma, piuttosto, un'entità caratterizzata anche da una dimensione puramente istintuale.
Proprio per questa ragione, Freud rientra tra quei maestri del sospetto - così denominati dal filosofo francese Paul Ricoeur - insieme a Friedrich Nietzsche e Karl Marx. «Marx, Nietzsche e Freud: [...] questi tre maestri del sospetto non sono tre maestri di scetticismo. Certamente sono tre grandi "distruttori", e tuttavia anche questo non deve farci sentire perduti; la distruzione, dice Heidegger in Sein und Zeit, è un momento di una fondazione del tutto nuova. La "distruzione" dei mondi retrogradi è un compito positivo, ivi compresa la distruzione della religione»; «Il processo del nichilismo non ha raggiunto la sua conclusione, forse neppure il suo culmine: il lavoro del lutto [che spodesta gli idoli degli] dèi morti non è ancora terminato.»[15]
Critiche a Freud
Il dibattito interno ed esterno rispetto alle teorie psicoanalitiche è stato sempre piuttosto acceso. Questi dibattiti hanno spesso permesso di sviluppare ed articolare la teorizzazione freudiana originaria, facilitando l'evoluzione della psicoanalisi dagli originari modelli pulsionalisti ai più recenti modelli relazionali.
Critiche alla teoria dell'eziologia sessuale delle nevrosi
Le prime critiche a Freud riguardarono la teoria dell'eziologia sessuale delle nevrosi, che Freud definiva il "dogma della psicoanalisi" e che, all'epoca, suscitava il disappunto dei perbenisti. In effetti, il modello sessuale-pulsionalista fu in seguito criticato anche alcuni seguaci di Freud; Alfred Adler, per esempio, propose di sostituirlo con una teoria della volontà di potenza di derivazione nietzschiana, e Carl Gustav Jung elaborò invece una teoria della libido intesa come energia psichica più generale, e non necessariamente ridotta a "forza sessuale"
Critiche delle impostazioni epistemologiche della psicoanalisi
Una critica all'impianto psicoanalitico freudiano fu formulata dal filosofo della scienza Karl Popper, che annoverava la psicoanalisi e il materialismo storico marxista fra quelle discipline "non passibili di smentita" e perciò, a suo parere, non scientifiche.
Critica del metodo freudiano
Il filosofo francese Paul Ricoeur ha fatto anche notare che Freud non è poi così neutrale nel suo metodo. Egli aderisce fin dall'inizio dei suoi studi alla filosofia del positivismo ed in particolare alla Weltanschauung scientista, che proponeva una concezione meccanicistica dell'uomo. L'uomo è come una macchina guidata dai suoi istinti (libido in particolare), e dunque non sono rispettate né la sua libertà né la sua responsabilità.
Critica alla persona di Freud
Freud era un consumatore ed estimatore di cocaina (cfr. Sulla cocaina) e uno sviluppatore della teoria e della pratica delle nevrosi nasali riflesse d'accordo con Wilhelm Fliess. Emma Eckstein, infatti, subì un disastroso intervento chirurgico al naso ad opera di Fliess.
Il filosofo francese Michel Onfray nel libro Crepuscolo di un idolo. L'affabulazione freudiana ha attaccato duramente Freud - e secondariamente la psicoanalisi - accusando lo scienziato viennese di essere antisemita (nonostante egli stesso avesse subito le persecuzioni naziste), evasore fiscale, fascista, tossicodipendente e altro. Il libro ha suscitato dure critiche da parte non solo dei freudiani, ma anche da intellettuali di sinistra radicali che avevano applaudito opere come il Trattato di ateologia.
Il disagio della civiltà
È uno degli ultimi libri di Freud, dedicato all'applicazione delle teorie psicanalitiche alla società. Presenta alcune idee sociologiche oggi abbastanza accettate ed altre più discutibili. Un esempio del primo tipo è il fatto che la repressione della libido da parte della società, sia fonte del disagio che ci colpisce e che ci fa sentire limitati, in quanto privati delle soddisfazioni di cui necessitiamo. Freud fa risalire tutto questo alla sua storica contrapposizione tra Io e Super-Io, identificando nel Super-Io la morale sociale che avvilisce l'Io. Questo in realtà è un problema che è da tempo rimasto irrisolto, ed è tratto peraltro anche dalle opere di Nietzsche (contrapposizione tra spirito dionisiaco e spirito apollineo). Il Super-Io limita, in senso moralista soprattutto certe pulsioni sessuali che sono responsabili delle nevrosi dell'individuo. Un'altra fondamentale limitazione è quella dell'aggressività, in quanto secondo Freud è "homo homini lupus". Per vivere in comunità e godere dei vantaggi del proprio stile di vita, occorre infatti rinunciare alle pulsioni aggressive che agitano l'animo umano.
In senso più filosofico che psicologico, tutto il disagio viene fatto risalire ad una forma di primordiale peccato originale, di cui tutti gli individui serbano traccia. Il peccato è quello della prima tribù di uomini, in cui un solo capo comandava con la forza e possedeva tutte le donne del clan (patriarcato). Il dispotismo di questo padre-capo accrebbe così tanto l'odio degli altri membri, suoi figli, che essi lo uccisero, risentendone poi il senso di colpa ed il rimorso. Ebbene, secondo Freud tutti noi inconsciamente serbiamo traccia di questo ancestrale parricidio, di questo complesso di Edipo collettivo.
L'opera, edita nel 1929, è nobile interprete delle oscure riflessioni sulla natura umana che, in seguito alla Grande Guerra e alla Depressione, tormentarono i circoli culturali. L'uomo decade da valoroso patriota e lavoratore a lupo parricida. I valori sono così ridotti a convenzioni, peraltro disagevoli. Freud fa del "Disagio della civiltà" il manifesto delle più tetre e disilluse analisi. Cito antologizzazione sui sentimenti religiosi:
«Non ci si può sottrarre all'impressione che gli uomini di solito misurino con falsi metri, che aspirino al potere, al successo, alla ricchezza e ammirino queste cose negli altri, ma sottovalutino i veri valori della vita. Pure, nel formulare un qualsiasi giudizio generale di questo tipo, si corre il rischio di dimenticare la varietà del mondo umano e della vita della psiche. Vi sono taluni uomini a cui i contemporanei non negano l'ammirazione benché la loro grandezza poggi su doti e realizzazioni che sono completamente estranee agli scopi e agli ideali della massa. Potremmo facilmente essere indotti a credere che solo una minoranza, alla fin fine, apprezza questi grandi uomini, mentre la gran maggioranza non se ne cura affatto. Ma la cosa potrebbe non risultare così semplice, grazie alle discrepanze tra i pensieri e le azioni degli uomini e alla diversità dei desideri che li muovono. Uno di questi uomini eccezionali, per lettera, si definisce mio amico. Gli avevo mandato il mio piccolo scritto che tratta della religione alla stregua di un'illusione, ed egli mi rispose di concordare in pieno con il mio giudizio sulla religione, ma di dolersi che non avessi giustamente apprezzato la fonte autentica della religiosità. Essa consisterebbe in un particolare sentimento che, quanto a lui, non lo abbandonerebbe mai, che troverebbe attestato da molti altri e che supporrebbe presente in milioni di uomini, ossia in un sentimento che vorrebbe chiamare senso della "eternità", un senso come di qualcosa di illimitato, di sconfinato, per così dire di "oceanico". Tale sentimento sarebbe un fatto puramente soggettivo, non un articolo di fede; non comporterebbe alcuna garanzia d'immortalità personale, ma sarebbe la fonte di quell'energia religiosa che viene captata, immessa in particolari canali, e indubbiamente anche esaurita, dalle varie chiese e sistemi religiosi. Soltanto sulla base di questo sentimento oceanico potremmo chiamarci religiosi, anche rifiutando ogni fede e ogni illusione. Le opinioni espresse dal mio stimato amico, che personalmente ha esaltato una volta in una poesia la magia delle illusioni, mi hanno causato non lievi difficoltà. Per quel che mi riguarda, non riesco a scoprire in me questo sentimento "oceanico". Non è facile trattare scientificamente i sentimenti. Si può tentare di descriverne gli indizi fisiologici. Dove ciò non è possibile - e temo che anche il sentimento oceanico eluda una caratterizzazione siffatta - non resta da far altro che attenersi al contenuto rappresentativo che più immediatamente risulta associato al sentimento. Se ho ben compreso il mio amico, egli allude a ciò che un drammaturgo originale e piuttosto bizzarro offre al suo eroe come consolazione nella prospettiva della morte volontaria: "Fuori di questo mondo non possiamo cadere." Si tratta dunque di un sentimento di indissolubile legame, di immedesimazione con la totalità del mondo esterno. Potrei dire che per me ciò ha piuttosto il carattere di un'intuizione intellettuale, non certo priva di una sua risonanza emotiva, ma tale comunque da non dover risultare assente neanche da altri atti di pensiero di analoga portata. Per quanto riguarda la mia persona non potrei convincermi della natura primaria di un tale sentimento. Non per questo mi è però lecito negarne la presenza effettiva in altre persone. Occorre soltanto chiedersi se venga correttamente interpretato e se debba essere riconosciuto come fons et origo di tutti i bisogni religiosi. Non ho nulla da proporre che possa contribuire in modo decisivo alla soluzione di questo problema. L'idea che l'uomo debba avere conoscenza della propria connessione con il mondo circostante attraverso un sentimento immediato e fin dall'inizio orientato in tale direzione, appare così strana e si accorda così male con la struttura della nostra psicologia da legittimare il tentativo di una spiegazione psicoanalitica, ossia genetica, di tale sentimento. Possiamo quindi disporre della seguente linea di pensiero: Normalmente nulla è per noi più sicuro del senso di noi stessi, del nostro proprio Io. Questo Io ci appare autonomo, unitario, ben contrapposto a ogni altra cosa. Che tale apparenza sia fallace, che invece l'Io abbia verso l'interno, senza alcuna delimitazione netta, la propria continuazione in una entità psichica inconscia, che noi designiamo come Es, e per la quale esso funge per così dire da facciata, lo abbiamo per la prima volta appreso dalla ricerca psicoanalitica, da cui ci attendiamo molte altre informazioni circa il rapporto tra Io ed Es. Ma verso l'esterno almeno l'Io sembra mantenere linee di demarcazione chiare e nette.»
Note
1. ^ P. Migone, Storia dello scandalo Masson, ultima edizione riveduta ne Il Ruolo Terapeutico, 2002
2. ^ Allen Esterson, Freud returns?
3. ^ Autore di Freud, Biologist of the Mind: Beyond the Psychoanalytic Legend, New York, Basic Books, 1979; riedito con una nuova prefazione dalla Harvard University Press nel 1992; il libro ha vinto la Mac Arthur Grant. Traduzione italiana di Libero Sosio, Freud, biologo della psiche. Al di là della leggenda psicoanalitica, Milano, Feltrinelli, 1982. Il contenuto del libro è esposto con molta chiarezza dall'autore in un'intervista per l'Enciclopedia Multimediale delle scienze filosofiche, in italiano e in inglese.
4. ^ Le livre noir de la psychanalyse: Vivre, penser et aller mieux sans Freud, a cura di Catherine Meyer, Arènes, Paris 2005, p.49
5. ^ Roger Highfield e Paul Carter, The Private Lives of Albert Einstein, St. Martin's Griffin, p.233
6. ^ Cfr. S. Freud, Lettera a Einstein, settembre 1932, in Opere, pp. 293 e ss. Disponibile online su EMSF (Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche). URL consultato il 6-3-2010.
7. ^ S. Freud, Psicoanalisi, in Opere Complete, volume X
8. ^ Dal sito web del Freud Museum ("It was her wish that the house become a museum to honour her illustrious father.")
9. ^ Le livre noir de la psychanalyse: Vivre, penser et aller mieux sans Freud, a cura di Catherine Meyer, Arènes, Paris 2005, p. 217.
10. ^ citato in Allen Esterson, Freud returns?
11. ^ Aurora, libro I, frammento 48, da "Aurora e frammenti postumi 1879-1881", Adelphi
12. ^ Nietzsche - Frammenti postumi 1884 - 27[29] - Adelphi
13. ^ Sul fatto che non tutti gli istinti si possono appagare (nutrire) in modo completo durante il giorno, in quanto «la vita allo stato di veglia non ha questa libertà d'interpretazione come quella del sogno, è meno poetica e sfrenata,» Nietzsche scrive: «il significato e il valore dei nostri sogni è proprio quello di compensare, fino ad un certo grado, quella casuale mancanza di "nutrimento" durante il giorno.» Aurora e Frammenti postumi 1879/1881 - Libro II - 119 - Adelphi
14. ^ Dalle teorie di Nietzsche partono linee di sviluppo «che portano alla dottrina degli istinti di Freud e di Pareto ed al loro metodo di considerare il pensiero umano come un dispiegamento e prodotto di meccanismi istintuali.» K. Mannheim «Sociologia della conoscenza nell' opera di Nietzsche» Enciclopedia Feltrinelli - Fischer «NB. Il principio di conservazione dell'individuo (ovvero la paura della morte) non può essere dedotto da sensazioni di piacere e dispiacere, bensì esso è qualcosa che dirige, è una valutazione, che si trova già alla base di tutte le sensazioni di piacere e dispiacere. Solo quelle attività intellettuali che conservavano l' organismo hanno potuto conservarsi; e nella lotta degli organismi queste attività intellettuali si sono continuamente irrobustite e raffinate,--- NB. - La lotta come origine delle funzioni logiche.» (25[427] Frammenti postumi 1884 - Adelphi)
15. ^ P. Ricoeur, Il conflitto delle interpretazioni, Milano, Jaca Book, 2ª ed. 1995, pp. 164 e 463. ISBN 88-16-40396-9; ISBN 978-88-16-40396-3. Di Ricoeur si veda anche Della interpretazione. Saggio su Freud, Milano, Il Saggiatore, 2ª ed. 2002, p. 47. ISBN 88-428-0912-8; ISBN 978-88-428-0912-8.
Bibliografia
«Ideology and utopia» di K. Mannheim «The sociology of knowledge»
* 1940 - Bernardina Jablonska (Pizuny, 5 agosto 1878 – Cracovia, 23 settembre 1940) è stata una religiosa polacca, fondatrice (con Alberto Chmielowski) della congregazione delle Suore Albertine Serve dei Poveri; nel 1997 è stata proclamata beata a Zakopane da papa Giovanni Paolo II.
Memoria liturgica il 23 settembre.
? 1943
- Gino Ceschelli (Motta di Livenza, 8 maggio 1902 – San Giuseppe Vesuviano, 23 settembre 1943) è stato un presbitero italiano, medaglia d'oro al valor civile.
Ordinato sacerdote nel 1926, faceva parte della Congregazione di San Giuseppe e divenne parroco di San Giuseppe Vesuviano nel 1941; si impegnò in modo attivo nell'aiuto alla popolazione.
A metà settembre del 1943 il paese fu bombardato, e dopo i bombardamenti i soldati tedeschi cominciarono a saccheggiare il paese e a rastrellare gli uomini da deportare in Germania. Padre Gino cercò in tutti i modi di aiutare la popolazione, anche nascondendo alcuni uomini in chiesa.
Venne arrestato il 23 settembre del 1943, con alcuni suoi cappellani, separato dagli altri e condannato a morte; fu ucciso con un colpo di pistola alla nuca.
Onorificenze
Medaglia d'oro al valor civile
«Durante l'ultimo conflitto mondiale, nel periodo dell'occupazione tedesca, quando maggiormente infuriavano i bombardamenti aerei e più violenta imperversava la reazione nazista, non abbandonò un istante la popolazione affidata alla sue cure spirituali e con esemplare abnegazione e sprezzo del pericolo intervenne sempre prontissimo ovunque vi fosse necessità di curare i feriti, portar conforto ai moribondi ed aiutare gli afflitti. Impavido si oppose tenacemente ai tentativi di saccheggio ed alle azioni di rappresaglia delle truppe occupanti, finché dalle medesime venne barbaramente trucidato, restando vittima del suo illuminato senso del dovere e dell'alto spirito di umana solidarietà.» — S. Giuseppe Vesuviano, 23 settembre
- Salvo D'Acquisto (Napoli, 15 ottobre 1920 – Torre di Palidoro (Roma), 23 settembre 1943) è stato un vice brigadiere dei Carabinieri, insignito di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria per i fatti del 23 settembre 1943 che lo videro eroico protagonista.
«Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte, Dio è con me ed io non ho paura!»(Salvo D'Acquisto)
Salvo D'Acquisto nacque a Napoli, a Villa Alba, un edificio di 4 piani in via San Gennaro nel rione Antignano, e frequentò la scuola d'infanzia presso le salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice di via Alvino nel quartiere Vomero e successivamente il Liceo Vico.
Arruolatosi giovanissimo nei Carabinieri come volontario nel 1939, partì nuovamente volontario l'anno successivo per la Libia, a pochi mesi dall'inizio della seconda guerra mondiale; dopo essere rimasto ferito ad una gamba, restò con il suo reparto in zona d'operazioni sinché non contrasse una febbre malarica e rientrò poi in Italia nel 1942 per frequentare la Scuola Allievi Sottufficiali Carabinieri e diventare sottufficiale. Uscitone col grado di vice brigadiere, fu destinato alla stazione dei Carabinieri di Torrimpietra, all'epoca una zona rurale extraurbana a qualche decina di chilometri da Roma, lungo la via Aurelia, oggi frazione del comune di Fiumicino.
Dopo l'8 settembre 1943, un reparto di truppe tedesche delle SS si era accasermato presso alcune vecchie postazioni precedentemente in uso alla Guardia di Finanza, nelle vicinanze della località Torre di Palidoro, che rientrava nella giurisdizione territoriale della stazione Carabinieri di Torrimpietra. Qui il 22 settembre alcuni soldati tedeschi che ispezionavano casse di munizioni abbandonate, furono investiti dall'esplosione di una bomba a mano, probabilmente per imperizia nel maneggio degli ordigni. Due dei soldati morirono ed altri rimasero feriti.
Il comandante del reparto tedesco attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri, temporaneamente comandata da D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante. La mattina seguente, D'Acquisto, assunte alcune informazioni, provò a ribattere che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, un incidente privo di autori, ma le SS insistettero sulla loro versione e richiesero la rappresaglia, ai sensi di un'ordinanza emanata dal maresciallo Kesselring pochi giorni prima.
Il sacrificio
Il 23 settembre furono dunque eseguiti dei rastrellamenti e catturate 21 persone scelte a caso fra gli abitanti della zona. Lo stesso D'Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma, da parte di una squadra armata di SS, e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario "interrogatorio", nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono ovviamente innocenti. Nella piazza venne anche condotto un altro abitante ritenuto un carabiniere, Angelo Amadio.
Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, perché l'esplosione era stata accidentale, gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti. Durante l'interrogatorio dei rastrellati, il sottufficiale fu tenuto separato nella piazza, sotto stretta sorveglianza da parte dai soldati tedeschi e, "quantunque malmenato e a volta anche bastonato dai suoi guardiani, il D'Acquisto serbò un contegno calmo e dignitoso", come ebbe a riferire in seguito Wanda Baglioni, una testimone oculare.
Gli ostaggi e D'Acquisto, vennero quindi trasferiti fuori dal paese. Agli ostaggi furono fornite delle vanghe e furono costretti a scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, per la ormai prossima loro fucilazione. Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore; quando furono concluse fu chiaro che le SS avrebbero davvero messo in atto la loro terribile minaccia.
A quel punto, secondo la testimonianza di Angelo Amadio:
«all'ultimo momento, però, contro ogni nostra aspettativa, fummo tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D'Acquisto. ... Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell'interprete. Cosa disse il D'Acquisto all'ufficiale in parola non c'è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l'ultimo ad allontanarmi da detta località.»
Amadio infatti era creduto dai tedeschi un carabiniere e pertanto inizialmente ritennero di trattenerlo per farlo assistere alla esecuzione. Evidentemente, Salvo D'Acquisto si era autoaccusato del presunto attentato, addossandosi la sola responsabilità dell'accaduto e chiese l'immediata liberazione dei rastrellati.
I 21 prigionieri furono lasciati liberi e immediatamente si diedero alla fuga, lasciando il sottufficiale italiano già dentro alla fossa, dinanzi al plotone d'esecuzione. Alla fuga si unì immediatamente dopo Amadio, quando riuscì a dimostrare, presentando i suoi documenti, che in realtà era un operaio delle ferrovie e non un carabiniere. Come raccontò nella sua testimonianza resa nel 1957, fece in tempo però mentre correva, a sentire il grido "Viva l'Italia" lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un'arma automatica che portava a termine l'esecuzione. Si girò e vide un ulteriore colpo sparato da un graduato tedesco al corpo già riverso per terra. Vide i soldati ricoprire il corpo con il terriccio, spostandolo con i piedi. Il comportamento del militare aveva infatti colpito le stesse SS, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le riferirono: "Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte."
Salvo D'Acquisto fu fucilato, all'età di 23 anni. Le sue spoglie sono conservate nella prima cappella sulla sinistra, adiacente all'ingresso, della chiesa di Santa Chiara di Napoli.
Nel 1983 fu aperta presso l'Ordinariato militare una causa di canonizzazione del sottufficiale.
La lapide e le caserme
Di fronte alla Torre di Palidoro sul luogo della fucilazione, adesso compreso nella Riserva naturale Litorale romano è stata eretta una lapide. L'accesso all'area non è libero, ma è consentito solo durante le visite guidate gratuite alla riserva naturale, organizzate dal dipartimento politiche ambientali ed agricole del Comune di Roma[1], o durante le cerimonie militari rievocative.
A Salvo D'Acquisto sono intitolate varie caserme dei Carabinieri. Tra queste:
- la caserma Salvo d'Acquisto di Roma, Tor di Quinto, sede del C.N.S.R. (Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento) dell'Arma dei Carabinieri, del Comando Unità Mobili e Specializzate "Palidoro" nonché del Reggimento Carabinieri a cavallo (quest'ultimo inquadrato nella I Brigata Mobile). La caserma è situata lungo viale di Tor di Quinto, all'altezza di via Federico Caprilli;
- la Scuola Marescialli e Brigadieri Carabinieri di Velletri.
Onorificenze
Medaglia d'oro al valor militare
«Esempio luminoso d’altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme a 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così — da solo — impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma.» — Torre di Palidoro (Roma), 23 settembre 1943
Nella cultura
Il gesto di Salvo D'Acquisto ha ispirato diverse opere tra cui:
- un omonimo film del 1974 diretto da Romolo Guerrieri con Massimo Ranieri nelle vesti del protagonista;
- un'opera lirica musicata dal compositore Antonio Fortunato e rappresentata al Teatro Massimo di Palermo nel 2002 e in altri luoghi, con l'alto patronato della Presidenza della Repubblica italiana;
- la miniserie televisiva Salvo D'Acquisto, trasmessa in prima visione TV su RaiUno il 21 e il 22 settembre 2003 con Giuseppe Fiorello nelle vesti del protagonista.
? 1968 - San Pio da Pietrelcina, noto anche come Padre Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione (Pietrelcina, 25 maggio 1887 – San Giovanni Rotondo, 23 settembre 1968), è stato un sacerdote cattolico italiano.
Religioso dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nel 2002 è stato proclamato santo da papa Giovanni Paolo II: la sua memoria liturgica viene celebrata il 23 settembre, anniversario della morte. È stato destinatario, ancora in vita, di una venerazione popolare di imponenti proporzioni, anche in seguito alla fama di taumaturgo da lui acquisita derivante da presunte capacità soprannaturali attribuitegli, ma è stato anche fatto oggetto di forti critiche e di sospetti in ambienti ecclesiastici e non.
Il frate scelse il nome religioso di Pio per onorare il santo martire venerato nell'attuale chiesa di Sant'Anna in Pietrelcina, anche se, in seguito, il suo onomastico sarà celebrato nella memoria di san Pio V.
I primi anni (1887-1918)
Francesco Forgione nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, un piccolo comune alle porte di Benevento. Fu battezzato il giorno successivo nella chiesa di Sant'Anna. Gli venne dato il nome Francesco per desiderio della madre, devota a san Francesco d'Assisi[1].
Il 27 settembre 1899 ricevette la comunione e la cresima dall'allora arcivescovo di Benevento Donato Maria dell'Olio.
La madre era una donna molto credente e le sue convinzioni ebbero una grande influenza sulla formazione spirituale del futuro frate[2]. Secondo le testimonianze del tempo [2], il giovane Francesco Forgione cresceva tranquillo e sereno e mostrava indole obbediente.
Il giovane non frequentò le scuole in maniera regolare perché doveva rendersi utile in famiglia lavorando la terra. Solo quando ebbe dodici anni cominciò a studiare con metodo, sotto la guida del sacerdote Domenico Tizzani che, in un biennio, gli fece svolgere tutto il programma delle elementari. Subito dopo Francesco passò alla scuola per gli studi ginnasiali.
Il desiderio di diventare sacerdote si manifestò molto presto e fu sollecitato dalla conoscenza di un frate del convento di Morcone, fra' Camillo da Sant'Elia a Pianisi, che periodicamente passava per Pietrelcina a raccogliere offerte.[senza fonte] Le pratiche per l'entrata in convento furono iniziate nella primavera del 1902, quando Francesco aveva 14 anni, ma la sua prima domanda ebbe esito negativo. Solo nell'autunno del 1902 arrivò l'assenso.
Francesco disse di aver avuto una visione, il 1º gennaio 1903 dopo la comunione, che gli preannunciava una continua lotta con Satana[3]. La notte del 5 gennaio, l'ultima che passava con la sua famiglia, disse di aver avuto un'altra visione in cui Dio e Maria lo incoraggiavano assicurandogli la loro predilezione[4]. Il 22 gennaio dello stesso anno, a 15 anni, Francesco vestì i panni di probazione del novizio cappuccino e diventò fra' Pio.
Concluso l'anno del noviziato, fra Pio emise la professione dei voti semplici (povertà, castità ed obbedienza) il 22 gennaio del 1904. Intraprese gli studi ginnasiali pochi giorni dopo, a Sant'Elia a Pianisi. Il 27 gennaio 1907 professò i voti solenni. Nel novembre del 1908, una volta completati gli studi si si recò a Montefusco, dove studiò teologia. Il 18 luglio del 1909 ricevette l'ordine del diaconato, nel noviziato di Morcone. Il 10 agosto, nonostante fosse ancora ventitreenne fu ordinato sacerdote, contrariamente al diritto canonico che ai tempi imponeva un'età minima di 24 anni. Il vescovo decise che date le gravi condizioni di salute disposizioni del diritto canonico che all'epoca prevedevano un'età minima per l'ordinazione di 24 anni, in ragione della grave salute di Forgione il vescovo stabilì un'eccezione e ordinò il giovane[5].
In tale periodo gli agiografi iniziano a parlare della comparsa sulle sue mani delle stimmate. Fra' Pio diede comunicazione per la prima volta l'8 settembre 1911, in una lettera indirizzata al padre spirituale di San Marco in Lamis: qui il frate racconta che il fenomeno andrebbe ripetendosi da quasi un anno, e che avrebbe taciuto perché vinto «sempre da quella maledetta vergogna»[6]. Il 7 dicembre 1911 fece ritorno a Pietrelcina per ragioni di salute, restandovi, salvo qualche breve interruzione, sino al 17 febbraio 1916[7].
Il 10 ottobre dello stesso anno fra' Pio rispose alle domande perentorie, rivoltegli da padre Agostino da San Marco in Lamis, affermando di aver ricevuto le stimmate, «visibili, specie in una mano», e che, pregando il Signore, il fenomeno scomparve, ma non il dolore che rimase «acutissimo»[8]; disse inoltre di subìre quasi ogni settimana, da alcuni anni, la coronazione di spine e la flagellazione[8].
Prestò il servizio militare a Benevento il 6 novembre 1915. Un mese dopo venne assegnato alla decima compagnia sanità di Napoli.[9]. Svolse il servizio con molte licenze per motivi di salute sino a essere definitivamente riformato tre anni più tardi, a causa di una «broncoalveolite doppia», il 16 marzo 1918, dall'ospedale principale di Napoli[10].
Il 17 febbraio 1916 fra' Pio giunse a Foggia, restandovi sette mesi circa e dimorando nel convento di Sant'Anna. La sera del 28 luglio, accompagnato da padre Paolino da Casacalenda, fra' Pio arrivò per la prima volta a San Giovanni Rotondo. Pur sentendosi meglio in tale luogo, dopo una settimana circa scese di nuovo a respirare l'aria afosa di Foggia, poiché il permesso chiesto al padre provinciale, anche se non necessario, tardava a venire[11].
In ragione di ciò il 13 agosto Pio scrisse al provinciale, chiedendo di poter «passare un po' di tempo a San Giovanni Rotondo» anche perché, a suo dire, Gesù gli assicurava che là sarebbe stato meglio[12]. Fra' Pio venne infine lasciato in tale convento, con l'ufficio di direttore spirituale del seminario serafico[13].
La comparsa delle stigmate (1918-1920)
Nell'agosto del 1918 fra Pio affermò di avere le prime visioni di un personaggio che lo trafiggeva con una lancia, lasciandogli una ferita costantemente aperta (transverberazione). Poco tempo dopo, in seguito ad una ulteriore visione, fra Pio affermò di aver ricevuto delle stigmate. Tali lesioni vennero variamente interpretate: come segno di una particolare santità, o come una patologia della cute (per es. piaghe da psoriasi), o come auto-inflitte.
L'inizio del manifestarsi delle stigmate risale al 1910, quando per la sua malattia il religioso aveva avuto il permesso di lasciare il convento e di vivere nella sua casa natale a Pietrelcina. Non distante dal paese, tutti i giorni dopo aver celebrato la messa, si recava in una località detta Piana Romana, dove il fratello Michele aveva costruito per lui una capanna e dove aveva la possibilità di pregare e meditare all'aria aperta, che giovava molto ai suoi polmoni malati. Il fenomeno delle stigmate, come poi rivelò al suo confessore cominciò a manifestarsi proprio in quel luogo, nel pomeriggio del 7 settembre 1910, e si manifestò con maggior intensità un anno dopo nel settembre 1911, allora il frate scrisse al suo direttore spirituale:
«In mezzo al palmo delle mani è apparso un po' di rosso, grande quanto la forma di un centesimo, accompagnato da un forte ed acuto dolore. Questo dolore è più sensibile alla mano sinistra. Anche sotto i piedi avverto un po' di dolore.»
Nello stesso periodo cominciarono a circolare voci secondo le quali[14] la sua persona aveva cominciato ad emanare un inspiegabile profumo di gelsomino.
La notizia della comparsa delle stigmate fece il giro del mondo e repentinamente San Giovanni Rotondo fu meta di pellegrinaggio da parte di persone che speravano di ottenere grazie. Il merito di alcune conversioni e guarigioni inaspettate fu attribuito dai pellegrini all'intercessione del frate presso Dio. La popolarità di padre Pio e di San Giovanni Rotondo crebbe ancora grazie al passa-parola e la località dovette cominciare ad attrezzarsi per l'accoglienza di un numero di visitatori sempre maggiore.
La situazione divenne imbarazzante per alcuni ambienti della Chiesa cattolica [15]: il Vaticano infatti non aveva notizie precise su cosa stesse realmente accadendo; le scarne informazioni ricevute ben si prestavano ad alimentare il timore di una macchinazione, di fatto sommovente interessi economici, eventualmente perpetrata sfruttando il nome della Chiesa e la tonaca. Un primo inconcludente rapporto fu stilato dal Padre Generale dei cappuccini, il quale a sua volta aveva inviato Giorgio Festa. Questi propese per la soprannaturalità del fenomeno, ma proprio il suo entusiasmo fece dubitare della sua credibilità. Si commissionarono perciò ulteriori indagini, molte delle quali condotte in incognito.
Le indagini (1919-1923)
Il primo medico a studiare le stigmate di Padre Pio fu il professore Luigi Romanelli, primario dell'ospedale civile di Barletta, per ordine del padre superiore Provinciale, nei giorni 15 e 16 maggio 1919. Nella sua relazione fra le altre cose scrisse: «Le lesioni che presenta alle mani sono ricoperte da una membrana di colore rosso bruno, senza alcun punto sanguinante, niente edema e niente reazione infiammatoria nei tessuti circostanti. Ho la certezza che quelle ferite non sono superficiali perché, applicando il pollice nel palmo della mano e l'indice sul dorso e facendo pressione, si ha la percezione esatta del vuoto esistente».
Due mesi dopo, il 26 luglio, arrivò a San Giovanni Rotondo il professore Amico Bignami, ordinario di patologia medica all'Università di Roma. Le sue considerazioni mediche non si discostarono da quelle del prof. Romanelli, in più però affermò che secondo lui quelle stigmate erano cominciate come prodotti patologici (necrosi neurotonica multipla della cute) ed erano state completate, forse inconsciamente per un fenomeno di suggestione, o con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio[16].
Nel 1920 padre Agostino Gemelli, medico, psicologo e consulente del Sant'Uffizio, fu incaricato dal cardinale Merry Del Val di visitare padre Pio ed eseguire "un esame clinico delle ferite". Il Segretario del Sant'Uffizio, chiamato in causa per via dei sospetti su presunte attività scandalose del cappuccino, scelse il Gemelli, è dato supporre, sia per le sue conoscenze scientifiche di altissimo livello, sia per i suoi studi specialistici sui "fenomeni mistici", che aveva condotti sin dal 1913.
"Perciò - pur essendosi recato nel Gargano di propria iniziativa, senza che alcuna autorità ecclesiastica glielo avesse chiesto - Gemelli non esitò a fare della sua lettera privata al Sant'Uffizio una sorta di perizia ufficiosa su padre Pio"[17]
Il Gemelli volle invece esprimersi compiutamente in merito e volle incontrare il frate, nonostante una malcelata ritrosia di questi. Padre Pio, infatti, mostrò nei confronti del nuovo investigatore un atteggiamento di netta chiusura, non alleviando le polemiche, nonostante l'approccio iniziale del messo vaticano fosse stato di buona apertura sul piano personale.
Il frate rifiutò la visita adducendo che mancava l’autorizzazione scritta del Sant'Uffizio. Furono vane le proteste di padre Gemelli che, incaricato dal Sant'Uffizio e inviato di persona dal cardinal Merry Del Val riteneva di avere il diritto di effettuare un esame medico delle stigmate. Mario Guarino[18] interpreta questo rifiuto come un'implicita ammissione di colpa da parte di padre Pio. Il frate, sostenuto dai suoi superiori, condizionò l'esame ad un permesso da richiedersi per via gerarchica, disconoscendo le credenziali di padre Agostino Gemelli, che comunque era in missione ufficiale. Questi abbandonò dunque il convento, irritato e offeso.
Padre Gemelli espresse quindi la diagnosi:
«È un bluff... Padre Pio ha tutte le caratteristiche somatiche dell'isterico e dello psicopatico... Quindi, le ferite che ha sul corpo... Fasulle... Frutto di un'azione patologica morbosa... Un ammalato si procura le lesioni da sé... Si tratta di piaghe, con carattere distruttivo dei tessuti... tipico della patologia isterica»
e più brevemente lo chiamò "psicopatico, autolesionista ed imbroglione"; i suoi giudizi, che come si è visto non potevano contare su un esame clinico rifiutatogli, avrebbero pur tuttavia pesantemente condizionato per l'autorevolezza della fonte la vicenda del frate.
Come risultato di questa vicenda, il 31 maggio 1923, arrivò un decreto vero e proprio in cui si pronunciava la condanna esplicita. Il Sant'Uffizio dichiarava il
Il 15 dicembre del 1924 il dottor Giorgio Festa, chiese alle autorità ecclesiastiche l'autorizzazione a sottoporre il Padre ad un nuovo esame clinico per uno studio ulteriore e più aggiornato, ma non l'ottenne.
L'inchiesta sul frate si chiuse con l'arrivo del quinto e definitivo decreto di condanna (23 maggio 1931) con l'invito ai fedeli di non considerare come sovrannaturali le manifestazioni psichiatriche certificate dal Gemelli, ma i più fedeli sostenitori di Padre Pio non considerano il divieto di Roma vincolante. A Padre Pio venne vietata la celebrazione della messa in pubblico e l'esercizio della confessione.
La revoca delle restrizioni e le ulteriori indagini (1933-1968)
Nel 1933 papa Pio XI revocò le restrizioni precedentemente imposte a padre Pio. Una fonte indipendente suggerisce però che, formalmente, il decreto ufficiale di sconfessione di padre Pio non sarebbe mai stato revocato.[20] Infatti il Sant'Uffizio non ritrattò i suoi decreti e, ufficialmente, padre Pio continuò a essere condannato dalla Chiesa. A San Giovanni Rotondo accorrevano comunque gente comune, ma anche personaggi famosi. Nel 1938 arrivò Maria José di Savoia che volle farsi fotografare accanto a padre Pio. Giunsero i reali di Spagna, la regina del Portogallo in esilio, Maria Antonia di Borbone, Zita di Borbone-Parma, Giovanna di Savoia Ludovico di Borbone Parma, Eugenio di Savoia e tanti altri. Nel 1950 il numero di persone, in particolare donne, che si volevano confessare era talmente imponente, che venne organizzato un sistema di prenotazioni. Il 9 gennaio 1940 iniziò la costruzione del grande ospedale Casa Sollievo della Sofferenza con le offerte dei fedeli provenienti da tutto il mondo.[21]
Papa Giovanni XXIII ordinò ulteriori indagini su padre Pio, inviando monsignor Carlo Maccari: nello spirito del Concilio Vaticano II si voleva intervenire con decisione verso forme di fede popolare considerate arcaiche. All'inizio dell'estate 1960, papa Giovanni fu informato da monsignor Pietro Parente, assessore del Sant'Uffizio, del contenuto di alcune bobine audio registrate a San Giovanni Rotondo. Da mesi Roncalli assumeva informazioni sulla cerchia delle donne intorno a Padre Pio, si era appuntato i nomi di tre fedelissime: Cleonice Morcaldi, Tina Bellone e Olga Ieci», più una misteriosa contessa. Il Papa annota il 25 giugno 1960, su quattro foglietti rimasti inediti fino al 2007 e rivelati da Sergio Luzzatto:[22]
«Stamane da mgr Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne a S. Giovanni Rotondo. L’informatore aveva la faccia e il cuore distrutto.»
«Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e vastissima infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una soluzione provvidenziale. Mi dispiace di P.P. che ha pur un’anima da salvare, e per cui prego intensamente»
«L’accaduto—cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur [se sono vere le cose riferite], dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona— fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum, e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti.»
«Motivo di tranquillità spirituale per me, e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili.»
I sospetti di papa Giovanni XXIII, che non aveva ascoltato le bobine (si vera sunt quae referentur), vennero comunque fugati l'anno seguente dall'arcivescovo di Manfredonia, monsignor Andrea Cesarano:[23]
«“Che mi racconti di Padre Pio?” “Santità…” “Non chiamarmi santità – lo interruppe – “chiamami don Angelo come hai sempre fatto. Dimmi di lui!” “Padre Pio è sempre l’uomo di Dio che ho conosciuto all’inizio del mio trasferimento a Manfredonia. È un apostolo che fa alle anime un bene immenso”. “Don Andrea, adesso si dice tanto male di Padre Pio”. “Ma per carità, don Angelo. Sono tutte calunnie. Padre Pio lo conosco sin dal 1933 e t’assicuro che è sempre un uomo di Dio. Un santo”. “Don Andrea, sono i suoi fratelli che l’accusano. E poi… quelle donne, quelle registrazioni… Hanno perfino inciso i baci”. Poi il Santo Padre tacque per l’angustia e il turbamento. Monsignor Cesarano, con un fremito che gli attraversava l’anima e il corpo, tentò di spiegare: “Per carità, non si tratta di baci peccaminosi. Posso spiegarti cosa succede quando accompagno mia sorella da Padre Pio?” “Dimmi”. E monsignor Cesarano raccontò al Santo Padre che quando sua sorella incontrava Padre Pio e riusciva a prendergli la mano, gliela baciava e ribaciava, tenendola ben stretta, malgrado le vive rimostranze nel timore di sentire un ulteriore male per via delle stigmate. Il buon Papa Giovanni alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: “Sia lodato Dio! Che conforto che mi hai dato. Che sollievo!»
In quel periodo il superiore locale di padre Pio era padre Rosario da Aliminusa (al secolo Francesco Pasquale, 1914-1983), che ricopriva l'incarico di guardiano della comunità di san Giovanni Rotondo; Aliminusa, fermo custode delle regole dell'ordine[24], in diversi scritti testimoniò che padre Pio non venne mai meno ai suoi doveri d'obbedienza[24]; ne mise inoltre in risalto il rigore teologico[24].
Nel 1964, il nuovo Papa Paolo VI concesse personalmente ma ufficiosamente a Padre Pio da Pietrelcina l'Indulto (reintegro) per continuare a celebrare, anche pubblicamente, la Santa Messa secondo il rito di San Pio V, sebbene, dalla Quaresima del 1965 fosse in attuazione la riforma liturgica. Contemporaneamente, molteplici attività finanziare gestite da Padre Pio passarono in gestione alla Santa Sede.
L'Aliminusa, inoltre, in relazione alla nomina - da parte della Santa Sede - di padre Clemente da Santa Maria in Punta quale amministratore apostolico destinato a gestire la situazione giuridico-economica dei beni della Casa Sollievo della Sofferenza, fu nominato procuratore generale dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, una delle massime cariche dell'ordine, incaricato, per la funzione, di mantenere i rapporti tra l'Ordine e la Santa Sede, cosa questa che favorì una ricomposizione della frizione che stava insorgendo in relazione alla gestione dei beni e delle donazioni: padre Pio istituì nel suo testamento la Santa Sede quale legataria di tutti i beni della Casa Sollievo della Sofferenza[25].
Il 23 settembre 1968 Padre Pio morì all'età di 81 anni. Ai suoi funerali parteciparono più di centomila persone giunte da ogni parte d'Italia[26].
La canonizzazione
Le pratiche giuridiche preliminari del processo di beatificazione iniziarono un anno dopo la morte del Padre, nel 1969, ma incontrarono molti ostacoli, da parte di coloro che erano stati nemici dichiarati di Padre Pio. Furono ascoltati decine di testimoni e raccolti 104 volumi di disposizioni e documenti, e nel 1979 tutto il materiale fu inviato a Roma al vaglio degli esperti del Papa. Il procedimento che portò alla canonizzazione ebbe inizio con il nihil obstat del 29 novembre 1982.
Il 20 marzo 1983 iniziò il processo diocesano per la sua canonizzazione. Il 21 gennaio 1990 Padre Pio venne proclamato venerabile, fu beatificato il 2 maggio 1999 e proclamato santo il 16 giugno 2002 in piazza San Pietro da papa Giovanni Paolo II come san Pio da Pietrelcina. La sua festa liturgica viene celebrata il 23 settembre.
Tra i segni miracolosi che gli vengono attribuiti troviamo le "stigmate" che portò per 50 anni (20 settembre 1918 - 23 settembre 1968), il dono della bilocazione e della capacità di leggere nei cuori e nella mente delle persone. Tra i molti miracoli che gli vengono attribuiti c'è quello della guarigione del piccolo Matteo Pio Colella di San Giovanni Rotondo, sul quale è stato celebrato il processo canonico che ha portato poi alla elevazione agli altari di San Pio.
Il miracolo per la canonizzazione
In generale, ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Padre Pio, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Matteo Pio Colella, un bambino di sette anni nato a San Giovanni Rotondo.
Il 20 gennaio 2000, mentre era a scuola, Matteo si sentì male: fu portato a casa, ma nella serata la situazione precipitò e il padre, urologo dell'ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza", lo accompagnò al pronto soccorso dello stesso ospedale, dove fu diagnosticata una meningite fulminante.
Ricoverato in rianimazione, il 21 gennaio Matteo ebbe un edema polmonare e non si riusciva più a rilevare la pressione arteriosa; successivamente collassarono nove organi; i medici emisero una diagnosi infausta, non essendo compatibile con la vita la compromissione di più di cinque organi, secondo la casistica riportata nella letteratura medica internazionale[27].
In favore del bambino si sviluppò una catena di preghiere rivolte a Padre Pio, a cominciare dai genitori, devoti del frate. La madre riferì di aver avuto una visione di Padre Pio, e la stessa cosa riferì Matteo una volta uscito dal coma. Contrariamente alle previsioni, il bambino cominciò a migliorare, e il 25 febbraio fu dimesso. Dopo un altro mese di terapie riabilitative poté riprendere la scuola, con un successivo completo recupero psico-fisico.
La Consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi, il 22 novembre 2001, dichiarò che "La guarigione, rapida, completa e duratura, senza postumi, era scientificamente inspiegabile"[28]. Il decreto sul miracolo fu promulgato il 20 dicembre 2001 alla presenza di Giovanni Paolo II, che procedette alla canonizzazione il 16 giugno 2002.
I sospetti
La vicenda di Padre Pio fu sempre accompagnata da un lato da manifestazioni di fede popolare ineguagliate per la loro intensità, e dall'altro da sospetti anche di alte personalità della Chiesa.
Di Padre Pio si sospettava innanzitutto una motivazione volta a procacciare un risultato economico (ancorché indiretto) da donazioni e lasciti attraverso una mitizzazione della persona. Questo sospetto fu in parte attenuato quando il frate designò la Chiesa di Roma come erede universale di tutte le sue cose. Parimenti, i flussi di denaro riguardanti le iniziative culminate nella costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza, continuarono ad essere oggetto di illazioni e di scontro con le gerarchie ecclesiastiche. Il commercio di pezzuole apparentemente macchiate dalle stigmate (in realtà il sangue risultò poi essere sangue di gallina), andava, stando ai risultati dell'indagine, molto bene. A seguito dell'indagine in questione alcuni frati che avevano tradito il voto di povertà furono spostati altrove.
Riguardo alle stigmate, alcuni rapporti medici indicarono una possibile causa non soprannaturale: il medico napoletano Vincenzo Tangaro, che incontrò Padre Pio ed ebbe cura di osservarne le mani, scrisse in un articolo pubblicato dal Mattino: «Le stigmate sono superficiali e presentano un alone dal colore caratteristico della tintura di iodio». Altri medici, osservando il fenomeno, non furono in grado di determinarne la causa con certezza, ma parlarono in ogni caso di un possibile fenomeno artificiale e/o patologico. A titolo d'esempio, il professor Amico Bignami inviato dal Sant'Uffizio ad esaminare le stigmate scrisse nella sua relazione: «Le [stigmate]…rappresentano un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti ipotesi: a) …determinate artificialmente o volontariamente; b) …manifestazione di uno stato morboso; c) …in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte artificiale… Possiamo… pensare che… siano state mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio. Ho notato... una pigmentazione bruna dovuta alla tintura di iodio. È noto che la tintura di iodio vecchia… diventa fortemente irritante e caustica». (riportato da Mario Guarino, vedi bibliografia).
Secondo quanto successivamente riportato da un biografo, lo stesso professor Bignami diede in seguito ordine «di fasciare e suggellare le ferite alla presenza di due testimoni e di controllare i suggelli delle stesse alla presenza degli stessi testimoni, per otto giorni, affinché si potesse avere la certezza che le ferite non erano state affatto toccate… L’ottavo giorno in cui furono definitivamente tolte le fasce al Padre Pio, mentre Egli celebrava la Messa, colava tanto sangue dalle mani che fummo costretti a mandare dei fazzoletti perché il Padre potesse asciugarlo»[29].
Nuovi dubbi sull'origine soprannaturale delle stigmate vengono dal libro di Sergio Luzzatto, in cui si riporta la testimonianza del 1919 di un farmacista a cui Padre Pio ordinò dell'acido fenico, adatto per la sua causticità a procurare lacerazioni nella pelle simili alle stigmate [30].
Lo psichiatra Luigi Cancrini (Università La Sapienza di Roma), più recentemente, ha tentato di classificare Padre Pio secondo il DSM-IV (edizione aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali). Secondo questa teoria le stigmate sarebbero quindi particolari sintomi di "conversione somatica" (vedi bibliografia), ovvero la moderna definizione dei disturbi somatici generati da una patologia psichiatrica di tipo isterico.
Nelle biografie[31] che riportano le testimonianze di persone che ebbero modo di assistere di persona alla preparazione del corpo per la sepoltura, sulla salma di Padre Pio non ci sarebbe stata più alcuna traccia delle stigmate.
Le malattie
Nel diario di padre Agostino da San Marco in Lamis, direttore spirituale di padre Pio, si legge che nel 1892, quando il giovane Francesco Forgione aveva solo 5 anni era affetto da diverse malattie. A 6 anni venne colpito da una grave enterite, che lo costrinse al letto per un lungo periodo. A 10 anni si ammalò di febbre tifoidea.
Nel 1904, fra' Pio venne inviato, con gli altri giovani che insieme a lui avevano superato l'anno di prova di noviziato, a Sant'Elia a Pianisi in provincia di Campobasso, per iniziare il periodo di formazione. Ma quasi subito cominciò a star male accusando inappetenza, insonnia, spossatezza, svenimenti improvvisi e terribili emicranie. Vomitava spesso e riusciva a nutrirsi soltanto con del latte.
Gli agiografi raccontano che proprio in quel periodo, insieme ai malanni fisici, cominciarono a manifestarsi fenomeni a detta dei testimoni inspiegabili. Secondo i loro racconti, di notte, nella sua stanza, si udivano rumori sospetti a volte urli o ruggiti, durante la preghiera, fra' Pio restava come intontito, quasi fosse assente (va ricordato che fenomeni di questo tipo sono frequentemente descritti, nelle agiografie di santi e mistici di ogni tempo, e secondo la psichiatria contemporanea sono spiegabili come sintomi di psicosi o schizofrenia). Qualche confratello disse addirittura di averlo visto in estasi, sollevato da terra[32]. Nel giugno del 1905 la salute del frate era talmente compromessa che i superiori decisero di mandarlo in un convento di montagna, nella speranza che il cambiamento d'aria gli facesse bene. Le condizioni di salute però, peggioravano ed allora i medici consigliarono di farlo tornare nel suo paese. Anche qui però il suo stato di salute peggiorò.
Negli anni giovanili padre Pio fu anche colpito da "bronchite asmatica", di cui continuò a soffrire fino alla morte. Aveva anche una calcolosi renale grave, con coliche frequenti. Un'altra malattia molto dolorosa fu una specie di gastrite cronica, che poi si trasformò in ulcera. Soffrì di infiammazioni dell'occhio, del naso, dell'orecchio e della gola, e infine di rinite e otite croniche.
Nell'estate del 1915, il religioso dovette lasciare Pietrelcina per adempiere al servizio militare. Aveva fatto la visita di leva nel 1907 ed era stato dichiarato abile ma lasciato a casa con un congedo illimitato, fu però richiamato ed il 6 novembre del 1915 si presentò al distretto militare di Benevento, e venne assegnato alla Decima compagnia sanità di Napoli con il numero di matricola 2094/25. Ma dopo circa un mese a causa di continui disturbi cui andava soggetto, venne mandato in licenza per 30 giorni. Tornato in servizio fu sottoposto ad altre visite mediche e rimandato ancora in licenza a per 6 mesi. Trascorse questo periodo di licenza in un convento di Foggia. Ma anche lì il religioso stava male. Si decise quindi di spostarlo a San Giovanni Rotondo, un paesino sul Gargano a 600 m di altezza, dove anche nei mesi caldi faceva relativamente fresco. Arrivò in questo convento il 28 luglio del 1916.
A dicembre riprese il servizio militare, ma fu rimandato a casa per altri 2 mesi. Al rientro venne giudicato idoneo e destinato alla caserma di Sales in Napoli, dove rimase fino al marzo del 1917, quando dopo una visita all'ospedale di Napoli gli fu diagnosticata una "tubercolosi polmonare" accertata dall'esame radiologico e mandato a casa con un congedo definitivo. Nel 1925 fu operato per un'ernia inguinale, e un po' dopo sul collo si formò una grossa cisti che dovette essere asportata.
Un terzo intervento lo subì all'orecchio, si era formato un epitelioma, l'esame istologico eseguito a Roma disse che si trattava di una forma tumorale maligna. Dopo l'operazione padre Pio fu sottoposto a terapia radiologica, che ebbe successo, sembra, in sole due sedute[33]. Nel 1956 fu colpito da una grave "pleurite essudativa", la malattia venne accertata radiologicamente dal professore Cataldo Cassano che estrasse personalmente il liquido sieroso dal corpo del Padre. Rimase a letto per 4 mesi consecutivi. Negli anni della vecchiaia il Padre fu tormentato dall'artrite e dall'artrosi.
Le ipertermie
Un fenomeno misterioso che si sarebbe manifestato nel corpo di Padre Pio furono le febbri alte. Tale evento sconcertò alcuni dei medici che in qualche modo si erano interessati alla sua salute[34]. I primi a osservarle furono i medici dell'ospedale militare di Napoli durante una visita di controllo. La febbre era così alta che il termometro clinico non era in grado di misurarla in quanto fuori scala[35]. Il primo a misurare con esattezza il grado di temperatura della febbre di padre Pio fu un medico di Foggia, quando il frate era ospite di un convento del luogo e continuava a stare male. Il medico ricorse a un termometro da bagno che registrò una temperatura di 48 °C[36]
Lo studio scientifico di quelle febbri altissime fu ripreso dal dott. Giorgio Festa nel 1920. Questi aveva sentito parlare di tale anomalia e riteneva il fenomeno impossibile. Iniziò pertanto a misurargli la temperatura con metodo, due volte al giorno, e diede ordine ai superiori del convento di fare altrettanto in sua assenza (il che senza dubbio suggerisce alcuni dubbi sulla validità di queste misurazioni). A giorni in cui la temperatura oscillava tra i 36.2 e i 36.5 °C si alternavano altri in cui si evidenziavano picchi di temperatura a 48-48.5 °C. Quando colto da tali temperature elevate, il frate appariva molto sofferente e agitato sul suo letto, ma senza delirio e senza i comuni disturbi che di solito accompagnano alterazioni febbrili notevoli.
Dopo uno o due giorni tutto rientrava nel suo stato normale, e al terzo giorno lo si vedeva nuovamente nel confessionale[36]. Da un punto di vista medico-scientifico si tratta di fenomeno inammissibile, in quanto temperature talmente elevate possono condurre in breve tempo alla morte. Tuttavia viene riportato che dopo tali attacchi febbrili il frate era in grado di tornare ai suoi compiti senza apparente danno[37]. Val la pena ricordare che temperature corporee superiori ai 42 °C possono provocare danni cerebrali[38]. A maggior ragione temperature superiori, dell'ordine dei 47-48 °C, sono considerate incompatibili con la vita umana.
Riesumazione
Il 6 gennaio 2008 il vescovo Domenico D'Ambrosio annunciò durante la messa nel santuario di Santa Maria delle Grazie che nel mese di aprile 2008 il corpo di Padre Pio sarebbe stato riesumato per una ricognizione canonica con l'esposizione alla pubblica venerazione sino al mese di settembre 2009 in vista del quarantesimo anniversario della sua morte.
Nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2008 è stata riaperta la bara che contiene il cadavere di san Pio. Secondo le dichiarazioni dei presenti le unghie e il mento sono ben conservati pur essendo trascorsi quarant'anni dalla sua morte[39].
Esposizione della salma
Dal 24 aprile 2008 al 23 settembre 2009 a San Giovanni Rotondo è stata esposta la salma di Padre Pio, all'interno di una teca di cristallo costruita appositamente. Essa in realtà è stata poco visibile: il volto, conservato solo nella parte inferiore, è talmente decomposto da essere stato ricoperto da una maschera di silicone che ne riproduce le sembianze. La salma poggia su un piano di plexiglass forato e rivestito di tessuto. Al di sotto ci sono due contenitori in pvc pieni di gel di silice per la regolazione dell’umidità.
Nella teca è stato immesso azoto per evitare ulteriori decomposizioni[40][41][42].
Il 23 settembre 2009, nell'anniversario della morte, si è conclusa l'esposizione del cadavere con una solenne cerimonia [43].
Traslazione della salma
Il 19 aprile 2010 la salma di padre Pio è stata traslata in una cripta ricoperta di foglia oro della chiesa a lui dedicata[44].
Note
1. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 15
2. ^ a b Allegri Miracoli, op. cit., pag. 16
3. ^ Epistolario I, 1283s.
4. ^ Epist. I, 1284
5. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 23
6. ^ Epist. I, 234.
7. ^ Diario A, 255.
8. ^ a b Epist. I, 669.
9. ^ Epist. I, 684-686.
10. ^ Epist. I, 1005.
11. ^ Epist. I, 796s.
12. ^ Epist. I, 798.
13. ^ Epist. I, 815ss.
14. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 83
15. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 28
16. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pagg. 60-61
17. ^ Sergio Luzzatto, Padre Pio, pag. 60.
18. ^ Santo impostore, op. cit.
19. ^ Risposta di Colin Donovan circa le apparizioni e rivelazioni private su (EN) www.ewtn.com. URL consultato il 19-9-2008.
20. ^ Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), nota a pag. 235 (Piergiorgio Odifreddi, Longanesi (Le Spade), 2007)
21. ^ I cappuccini chiesero denaro a padre Pio per ristrutturare i conventi distrutti durante la seconda guerra mondiale. Il frate rifiutò dicendo che quei soldi "sono dei poveri non dei frati". I cappuccini allora chiesero ed ottennero nuove indagini su padre Pio[senza fonte]
22. ^ «Padre Pio, un immenso inganno», Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, 25 ottobre 2007.
23. ^ Padre Carmelo da Sessano, Padre Pio, Uomo santo di Dio, Edizioni Pugliesi 2002, p. 177-179.
24. ^ a b c p. Pellegrino Funicelli. Padre Pio e la gerarchia della Chiesa (DOC). URL consultato il 22-8-2009.
25. ^ «La sesta persecuzione». URL consultato in data 22-8-2009.
26. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 9
27. ^ Joseph Varon e Paul E. Marik, 1999, citato da Saverio Gaeta, Miracoli. Quando la scienza si arrende, Edizioni Piemme, 2004, pag. 84
28. ^ Saverio Gaeta, Opera citata, p. 81-90
29. ^ Padre Paolino da Casacalenda, Le mie memorie intorno a Padre Pio a cura di P. Gerardo Di Flumeri, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 1978, p. 170 e segg
30. ^ Articolo di Sergio Luzzatto sul Corriere della Sera del 24/10/2007: "Padre Pio, il giallo delle stigmate"
31. ^ Rino Cammilleri, Vita di Padre Pio, Ed. Piemme
32. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 21
33. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 141
34. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 142
35. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pag. 143
36. ^ a b Allegri Miracoli, op. cit., pag. 144
37. ^ Allegri Miracoli, op. cit., pagg. 145-146
38. ^ (EN) Medical Encyclopedia. URL consultato il 8-11-2007.
39. ^ Luigi Accattoli. «Padre Pio, tomba riaperta dopo 40 anni». Il Corriere della Sera, 3-3-2008. URL consultato in data 3-3-2008.
40. ^ «Vi racconto com’è il corpo di Padre Pio». il Giornale, 23-4-2008. URL consultato in data 21-7-2009.
41. ^ «Folla per l'ostensione di Padre Pio. In migliaia per il frate di Pietrelcina». la Repubblica, 24-4-2008. URL consultato in data 21-7-2009.
42. ^ «Padre Pio, ostensione in diretta mondiale». il Corriere della Sera, 25-4-2008. URL consultato in data 21-4-2009.
43. ^ http://www.ansa.it/site/notizie/regioni/puglia/news/2009-09-23_123400303.html
44. ^ Paolo Melchiorre. San Pio, traslate nella 'sua' chiesa le spoglie. ANSA, 20-04-2010. URL consultato il 04-05-2010.
? 1973
- Alexander Sutherland Neill (Forfar, 17 ottobre 1883 – Leiston, 23 settembre 1973) è stato un pedagogista scozzese.
Nato da una famiglia di maestri elementari, ultimo di tre figli, la sua infanzia fu difficile e poco serena a causa dell'atmosfera familiare, conformista e severa. Il padre, austero e poco comunicativo, faceva spesso ricorso a frustate e colpi di cinghia come metodi educativi; la madre, troppo presa dalla tutela delle convenzioni sociali, aveva poco tempo da dedicare ai figli; e i fratelli, studenti esemplari, lo ignoravano in quanto lui mostrava difficoltà nell'apprendimento scolastico.
Dopo alcune esperienze di lavoro in fabbrica, Neill ottenne la qualifica di maestro elementare in seguito ad alcuni anni di impiego come aiuto maestro presso una scuola.
Si iscrisse all'università e seguì la facoltà di agraria, ma si laureò in letteratura inglese.
Nel 1919 incontrò Omero Lane, dal quale apprese la pedagogia della libertà, che sarebbe poi diventato il principio fondamentale del suo pensiero.
Nel 1921 si recò in Germania dove fondò una scuola internazionale nei pressi di Dresda.
Nel 1923 si trasferì in Austria a seguito della rivoluzione della Sassonia.
Nel 1924 tornò in Inghilterra, crea una scuola per giovani dai 6 ai 16 anni chiamata Summerhill vicino la città di Lyme Regis.
Pochi anni dopo si trasferì definitivamente vicino a Londra, dove continuò la sua attività educativa fino alla morte.
Pensiero pedagogico
Neill fonda la sua concezione educativa sulla fede nella bontà originaria della natura umana. Questa concezione presenta vari aspetti:
? nel bambino esiste un'energia interiore positiva che ne sostiene e ne orienta lo sviluppo verso una personalità spontanea, creativa, equilibrata e felice;
? qualsiasi intervento punitivo e repressivo provoca nel bambino l'insorgere di sentimenti come paura e odio, che distruggono il naturale processo di sviluppo in senso positivo della personalità del bambino.
? Non esistono bambini difficili, ma solo cattivi genitori e cattivi maestri. L'infelicità dell'infanzia è un prodotto degli interventi errati dell'adulto.
? Gli obiettivi dell'educazione del bambino sono principalmente tre: autoregolazione e autodisciplina, felicità e libertà, libera espressione e spontaneità.
? Neill crede molto nello sviluppo spontaneo e naturale del bambino e lo fa diventare un'importante base su cui costruire il proprio pensiero educativo.
? Il suo metodo d'insegnamento non è limitato ad istruire, ma ha lo scopo principale di assicurare nei ragazzi la crescita di personalità equilibrate e felici.
? Il suo principio metodologico fondamentale di insegnamento rientra nel concetto di una pedagogia non direttiva, cioè in una educazione incentrata sulla spontaneità degli interessi del bambino. Il bambino, quindi, viene accettato per quello che è.
Neill riassume il suo pensiero in due concetti fondamentali:
- Né istruire né educare
«I bambini non hanno bisogno di insegnamenti, ma di amore e comprensione. Per essere naturalmente buoni hanno bisogno di sentirsi approvati e liberi.»
In ogni momento dell'esperienza di un individuo il principio educativo fondamentale deve rimanere quello dell'assoluto rispetto degli interessi e dei bisogni del soggetto. Al bambino non deve essere imposta né istruzione né educazione, perché così facendo si ostacolerebbe la sua spontaneità e la sua natura d'essere.
- Libertà ed accettazione
«Dare libertà vuol dire permettere al bambino di vivere la sua vita.»
Libertà per Neill significa fare ciò che piace purché questo non limiti la libertà degli altri. Da questo conseguono i princìpi di autodisciplina ed autoregolazione.
A Summerhill c'è libertà assoluta, assoluto rispetto dei bisogni, dei desideri, della vita sessuale, espressiva e di studio. Neill imponeva un orario delle lezioni valido solo per gli insegnanti, i bambini potevano scegliere quale delle lezioni seguire e in quale momento seguirle. Tutti avevano gli stessi diritti e i bambini prendevano autonomamente le precauzioni necessarie per la sicurezza degli altri e di sé stessi.
I sentimenti costituiscono la forza motrice della vita, e per questo Neill ha fondato una scuola in cui al primo posto primeggiano i sentimenti.
Infine la libertà implica una fiducia nella bontà della natura umana e di conseguenza genera un atteggiamento di accettazione e di amore verso sé stessi e gli altri.
Fondamenti teorici del suo pensiero
Neill non ha inventato nulla di nuovo. Ha avuto il grande merito di acquisire concetti già esistenti sullo sviluppo spontaneo e di elaborarle secondo le moderne concezioni educative legate alla psicologia del profondo, secondo la quale non è consentito ostacolare la spontaneità e la natura del bambino senza che questo provochi conflitti dolorosi.
Per sviluppare il concetto di autoregolazione, Neill trae spunti dalla psicanalisi di Sigmund Freud, in modo particolare dall'analisi sistematica della mente umana, suddivisa in tre istanze: Io, Es e Super-Io.
Autoregolazione infatti consiste nella condizione ideale in cui l'Io riesce a mantenere sotto controllo le pulsioni dell'Es, assicurando lo sviluppo di tutta la sua creatività alla vita personale.
Il pensiero di Alfred Adler influenza notevolmente il pensiero di Neill per quel che riguarda gli interessi e i bisogni individuali, la valorizzazione e la approvazione sociale, in quanto tale filosofia è basata sulla psicologia individuale e sul bisogno di auto-affermazione.
Neill trae notevolmente spunto per quel che riguarda la sua pedagogia improntata alla libertà e alle personalità equilibrate da H. Lane, che fondò una scuola per giovani delinquenti in cui applica come metodo quello della libertà e dell'autogoverno.
Infine Neill nella sua Autobiografia parla di un'influenza ampiamente culturale – e non pedagogica – da parte di Wilhelm Reich:
«Egli non ebbe alcuna influenza sulla mia scuola. Ma ebbe una forte influenza su di me, ampliando il mio modo di vedere le cose e la mia conoscenza dell'essere.»
Opere
? Il fanciullo difficile
? Summerhill
? Un'esperienza educativa rivoluzionaria
? Autobiografia
? Le esperienze pedagogiche del direttore della scuola di Summerhill
? Questa terribile scuola
? Un genitore consapevole
* L'ultimo uomo al mondo
- Pablo Neruda (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago, 23 settembre 1973) è stato un poeta cileno. Viene considerato una delle più importanti figure della letteratura latino americana contemporanea.
Il suo vero nome era Neftalí Reyes Basoalto (per esteso, Ricardo Eliezer - o Eliecer - Neftalí Reyes Basoalto). Usava l'appellativo d'arte Pablo Neruda (dallo scrittore e poeta ceco Jan Neruda) che in seguito gli fu riconosciuto anche a livello legale. È stato insignito nel 1971 del Premio Nobel per la letteratura.
Ha anche ricoperto per il proprio Paese incarichi di primo piano diplomatici e politici.
I primi anni
Nacque da un impiegato delle ferrovie e da una insegnante che lo lasciò orfano a solo un mese dal parto. Si trasferì con il padre a Temuco dove, dalle nuove nozze del genitore, nove anni dopo nacque il fratellastro Rodolfo. Il giovane Neruda, soprannominato Neftalì dal secondo nome della madre, dimostrò un interesse per la scrittura e la letteratura avversato dal padre ma incoraggiato dalla futura vincitrice del Premio Nobel Gabriela Mistral, che fu sua insegnante durante il periodo di formazione scolastica. Il suo primo lavoro ufficiale come scrittore fu l'articolo "Entusiasmo y perseverancia", pubblicato ad appena 13 anni sul giornale locale "La Mañana". Nel 1920 iniziò ad utilizzare per le sue pubblicazioni lo pseudonimo di Pablo Neruda, con cui è tutt'oggi pressoché esclusivamente conosciuto.
L'anno successivo, il 1921, si trasferì a Santiago per studiare la lingua francese e con l'intenzione iniziale di diventare in seguito insegnante, idea ben presto abbandonata per la poesia.
Nel 1923 pubblicò il suo primo volume in versi, Crepusculario, che fu apprezzato da scrittori come Alone, Raúl Silva Castro e Pedro Prado, seguito, a distanza di un anno, da Veinte poemas de amor y una canción desesperada, una raccolta di poesie d'amore, di stile modernista, e di stile erotico, motivo che spinse alcuni a rifiutarlo. Con questa raccolta è stato riconosciuto e tuttora essa è una delle sue opere maggiormente apprezzate.
Gli incarichi diplomatici
Neruda si ritrovò in una condizione di povertà che lo costrinse ad accettare nel 1927 un incarico di console onorario nel Sudest asiatico, in Birmania, seguito da altri innumerevoli incarichi. Sull'isola di Giava si sposò con una impiegata di banca di nazionalità olandese, Maryka Antonieta Hagenaar Vogelzang.
Durante i suoi incarichi diplomatici, Neruda riuscì a comporre un gran numero di poesie, sperimentando varie forme poetiche tra cui quelle surrealistiche che si possono trovare nei primi due volumi di Residencia en la tierra che risalgono a questo periodo.
Prima di ritornare in Cile, ottenne altre destinazioni diplomatiche, dapprima a Buenos Aires, quindi in Spagna, a Barcellona, dove in seguito sostituì Gabriela Mistral nella carica di console a Madrid. In questo periodo conobbe altri scrittori come Rafael Alberti, Federico García Lorca e il poeta peruviano César Vallejo. Durante la permanenza nella capitale spagnola nacque la figlia Malva Marina Trinidad, affetta da idroencefalite di cui morì in tenera età. Sarà proprio lo stato di frustrante prostrazione ed incurabilità di quella che è poi l'unica figlia mai avuta dal poeta la causa vera dei dissapori sempre più insopprimibili che portarono ad una crisi familiare con la Hagenaar, che giunse al culmine a seguito della frequentazione di Neruda con Delia del Carril, argentina, di vent'anni più anziana di lui. Appassionata fautrice del comunismo, fu lei ad indirizzare l'iniziale tendenza anarco-individualista di Neruda verso gli ideali marxisti.
Il comunismo
L'abbraccio delle idee comuniste e di solidarietà civile trovò ulteriore humus per Neruda anche nella repulsione che provava nei confronti dei soprusi compiuti dai fascisti di Francisco Franco durante gli anni della guerra civile spagnola. La sua "svolta a sinistra" fu ancora più decisa dopo la barbara uccisione, da parte delle forze del generale Franco, di Federico Garcia Lorca, di cui era divenuto amico: l'appoggio di Neruda al fronte repubblicano, che si opponeva all'allora nascente dittatura franchista, fu totale, sia nei discorsi che negli scritti, come, ad esempio, la raccolta di poesie España en el corazón.
In seguito all'elezione a presidente del Cile di Pedro Aguirre Cerda nel 1938, di cui Neruda era stato sostenitore, il poeta ricevette l'incarico di far evacuare dai campi francesi i 2.000 esiliati spagnoli, per i quali organizzò un trasferimento via mare in Cile utilizzando la nave Winnipeg. In questa occasione gli venne rimproverato di aver privilegiato gli sfollati di fede comunista a scapito degli altri, anche se sembra che la scelta sulle persone da imbarcare fosse stata fatta principalmente dal presidente della repubblica spagnola in esilio, Juan Negrín. L'inconsistenza di queste rimostranze è poi ulteriormente dimostrata dal grande affetto con cui, ancora oggi, è largamente ricordato in Spagna.
Tra il 1940 e il 1943 gli venne assegnato l'incarico di console generale a Città del Messico e fu in questi anni che divorziò dalla prima moglie, si sposò con Delia del Carril e apprese della morte della figlia, a soli 8 anni, nei territori occupati dei Paesi Bassi.
Neruda aiutò il pittore messicano David Alfaro Siqueiros, accusato di essere uno dei cospiratori coinvolti nel tentativo di omicidio di Leon Trotsky nel 1940, facendogli ottenere un visto di ingresso per il Cile e dandogli ospitalità. Siqueiros dipinse in quel periodo un murale nella scuola di Chillán.
Nel 1943, durante il viaggio di ritorno a casa, si fermò in Perù, visitò Machu Picchu, e rimase molto colpito dalla città degli Inca, che gli ispirò, nel 1945, la scrittura di Alturas de Macchu Picchu, un poema in dodici parti sulla colonizzazione spagnola. Lo stesso argomento ispirò anche Canto general, pubblicato nel 1950, che contiene fortissimi accenti polemici contro il cosiddetto imperialismo statunitense (di cui, tra l'altro, denunciò gli abusi di multinazionali come la Coca-Cola).
Negli anni successivi, espresse la sua ammirazione per l'Unione Sovietica - anche per il ruolo decisivo svolto nella definitiva sconfitta della Germania nazista - e per Stalin, a cui nel 1953 dedicò una composizione, in occasione della morte. Le rivelazioni successive sul culto della personalità coltivato dal leader sovietico e sulle purghe staliniste (a partire dal celebre discorso di Nikita Khrušc?v, successore di Stalin, durante il XX congresso del partito comunista sovietico di Mosca del febbraio 1956) spinsero Neruda a cambiare opinione e a rinnegare l'ammirazione espressa in precedenza: nelle sue memorie manifestò il suo rammarico per aver contribuito alla creazione di un'immagine non reale di Stalin. Questo errore di valutazione lo portò a guardare con occhio diverso anche il comunismo cinese, che conobbe nel 1957, temendo la ripetizione degli stessi errori anche nei confronti di Mao Tse-Tung. Nonostante le disillusioni, Neruda rimase comunque sempre fedele alle sue convinzioni comuniste e fu criticato da molti detrattori che lo accusarono di non aver mai preso posizione a favore degli intellettuali dissidenti Boris Pasternak e Joseph Brodsky.
La politica in Cile
Il 4 marzo 1945 ottenne la sua prima nomina ufficiale come senatore in seno al partito comunista delle province nordorientali del Cile di Antofagasta e Tarapacá, situate nell'inospitale deserto di Atacama, e pochi mesi dopo prese la tessera del Partito Comunista cileno.
L'anno seguente, il candidato ufficiale del Partito Radicale cileno per le elezioni presidenziali, Gabriel González Videla, gli chiese di assumere la direzione della sua campagna elettorale. A questo incarico il poeta si dedicò con fervore, contribuendo alla sua nomina a presidente, ma rimanendo deluso per l'inaspettato voltafaccia di Videla nei confronti proprio del Partito comunista subito dopo le elezioni. Il punto di non ritorno nel rapporto tra Neruda e Videla fu la violenta repressione con cui quest'ultimo colpì i minatori in sciopero nella regione di Bío-Bío, a Lota, dell'ottobre 1947. I manifestanti vennero imprigionati in carceri militari e in campi di concentramento nei pressi della città di Pisagua. La disapprovazione di Neruda culminò nel drammatico discorso del 6 gennaio 1948 davanti al senato cileno, chiamato in seguito "Yo acuso", in cui lesse all'assemblea l'elenco dei minatori tenuti prigionieri.
L'esilio
La reazione di Videla fu l'emanazione di un ordine d'arresto contro Neruda, per sottrarsi al quale il poeta si vide costretto ad intraprendere un duro periodo - 13 mesi - di fuga, nascosto da amici e compagni. Inoltre, Videla promulgò anche la così detta "Ley de Defensa Permenente de la Democracia" (dai detrattori soprannominata invece "Ley maldita"), in base alla quale il Partito Comunista cileno venne dichiarato fuorilegge e oltre 26.000 iscritti vennero cancellati dalle liste elettorali, e i rappresentanti eletti, tra cui Neruda, vennero fatti decadere dalle cariche. Nel marzo 1949 riuscì a rifugiarsi in Argentina dopo un'avventurosa attraversata delle Ande, di cui raccontò nel discorso della cerimonia di consegna del Nobel.
Durante l'esilio argentino durato tre anni, conobbe a Buenos Aires Miguel Ángel Asturias, che ricopriva la carica di attaché culturale per il Guatemala e che riuscì a procurargli un passaporto grazie al quale poté abbandonare l'Argentina. Anche grazie all'aiuto di Pablo Picasso, Neruda riuscì ad arrivare a Parigi, compiendo una apparizione a sorpresa al "Congresso Mondiale dei Partigiani della Pace", clamorosa in quanto, nel frattempo il governo cileno aveva continuato a negare che Neruda avesse lasciato il territorio natio.
Furono, quelli dell'esilio, anche anni di numerosi viaggi: in Europa, India, Cina, URSS e Messico. Proprio in Messico, Neruda fu colpito da un serio attacco di flebite, strascico delle lunghe costrizioni in luoghi molto angusti cui l'aveva obbligato la latitanza; durante il periodo di cure, conobbe Matilde Urrutia, una cantante cilena, con cui iniziò una relazione e che anni dopo sposò.
Durante il periodo messicano pubblicò il poema Canto General, iniziato anni prima in Cile, in cui descrisse storia, geografia, flora e fauna del Sudamerica. Una versione più breve del manoscritto era stata pubblicata già alcuni mesi prima, in Cile, sulla base dei testi lì lasciati, a cura del Partito Comunista (clandestino per via della citata "Ley de defensa").
Nel 1952, Neruda visse per un periodo in una villa messagli a disposizione da Edwin Cerio a Capri; tale permanenza venne in seguito rappresentata da Massimo Troisi nel film Il postino (1994) (con Philippe Noiret nelle vesti del poeta cileno, e diretto dal regista Michael Radford; sceneggiatura liberamente tratta dal romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skarmeta).
Dopo il soggiorno a Capri, Neruda si spostò a Sant'Angelo d'Ischia, dove rimase dal gennaio alla fine di giugno del 1952.
Il ritorno in patria
Nel 1952, il governo del dittatore Videla era ormai al termine, colpito anche da numerosi scandali per corruzione, e il Partito Socialista presentò la candidatura a nuovo presidente di Salvador Allende, richiedendo contemporaneamente la presenza in patria del suo letterato più illustre al fine di avallarne al meglio l'investitura.
Neruda tornò in Cile in agosto, ritrovando provvisoriamente la moglie Delia del Carril, ma il matrimonio era ormai destinato al naufragio grazie anche alla nuova relazione iniziata in Messico. Di conseguenza, nel 1955, Delia lo lasciò per fare ritorno in Europa.
Tuttavia, l'abbandono di Delia non determinò per Neruda quello dell'impegno comunista. Neruda proseguì nel suo impegno politico, prese ad esempio posizione contro gli Stati Uniti durante la crisi dei missili di Cuba e per la guerra del Vietnam. Ciò gli attirò gli strali delle parti più conservatrici degli USA, e l' Associazione per la libertà della cultura, organizzazione dietro la quale in realtà si celava la CIA, cercò di minare in ogni modo la sua credibilità e la sua reputazione, citandone ad esempio le posizioni in merito al tentato assassinio di Trotsky del 1940. Questa campagna fu frenata solo nel 1964, quando fu ventilata l'ipotesi di insignire Neruda del Premio Nobel e l'unica candidatura alternativa era quella di Jean-Paul Sartre, personaggio ancora più inviso ai conservatori statunitensi.
Nel 1966 Neruda fu invitato a New York per una conferenza internazionale dell'associazione degli scrittori, ma Arthur Miller, organizzatore dell'evento, incontrò molte difficoltà e dovette fare notevoli pressioni sull'amministrazione Johnson sia per riuscire a fargli ottenere un visto, sia per la presenza di tanti altri letterati provenienti da oltre la cortina di ferro. Proprio per questi motivi, lo scrittore messicano Carlos Fuentes indicò successivamente il convegno come uno dei primi passi verso la fine della Guerra Fredda. A lavori conclusi, Neruda effettuò per la Biblioteca del Congresso registrazioni audio di alcune delle sue composizioni.
Durante il viaggio di ritorno in patria, Neruda fece una sosta in Perù, dove fu accolto con tutti gli onori dal presidente Fernando Belaúnde Terry, ma la visita fu mal vista da Cuba: in quegli anni i rapporti tra Perù e Cuba erano alquanto tesi a causa delle differenze politiche, Neruda fu accusato dagli intellettuali cubani di essere un revisionista al soldo degli Yankees e non poté recarsi sull'isola caraibica sino al 1968. Di ciò Neruda fu molto dispiaciuto tanto che nell'autobiografia Confesso che ho vissuto criticò l'atteggiamento degli intellettuali cubani, definendolo «bigotto» ed un «colpo alla schiena». Nel 1967, alla morte di Ernesto Che Guevara in Bolivia, Neruda scrisse molti articoli sulla perdita del "grande eroe della rivoluzione", dalla cui stima era del resto ricambiato, come testimonia la composizione, da parte di Guevara, di un piccolo saggio elogiativo sul libro di Neruda Canto Generale.
Gli ultimi anni
Nel 1970, Neruda fu indicato come uno dei candidati alla carica di presidente della repubblica cilena, ma si ritirò dalla competizione elettorale appoggiando nuovamente Allende e aiutandolo a divenire il primo presidente socialista democraticamente eletto in Cile. Per circa due anni e mezzo riprese allora la carriera diplomatica presso la sede di Parigi, che dovette però lasciare per motivi di salute.
Il 21 ottobre 1971, ottenne, terzo scrittore dell'America Latina dopo Gabriela Mistral nel 1945 e Miguel Ángel Asturias nel 1967, il Premio Nobel per la letteratura. Al suo primo ritorno in patria, l'anno successivo, venne trionfalmente accolto in una manifestazione presso lo stadio di Santiago.
Di questi anni sono anche le sue ultime pubblicazioni in vita, La espada encendida e Las piedras del cielo, edite durante il soggiorno parigino. Prima di morire assistette al disfacimento del primo governo democratico cileno e al colpo di stato del generale Augusto Pinochet dell'11 settembre nonché alla morte del presidente Allende, suo amico personale. Insediatasi la dittatura, i militari cominciarono a vessarlo con le perquisizioni ordinate dal generale golpista; durante una di queste, Neruda avrebbe detto ai militari «Guardatevi in giro, c'è una sola forma di pericolo per voi qui: la poesia». Mentre attendeva di poter espatriare in Messico, il poeta morì il 23 settembre 1973, ufficialmente per un cancro alla prostata o, più probabilmente, secondo la recente testimonianza del suo autista e guardia del corpo, assassinato nella clinica santa Maria a Santiago (la stessa nella quale fu successivamente assassinato il democristiano Eduardo Frei Montalva, il 22 gennaio 1982) con una misteriosa iniezione.
Il suo funerale fu uno dei primissimi momenti di opposizione alla dittatura, poiché avvenne nonostante la presenza ostile e intimidatoria dei militari a mitra spianato che guardavano a vista i partecipanti, come testimonia un filmato clandestino girato all'epoca. Fu, inoltre, un gesto di solidarietà e di ribellione contro l'ultimo sfregio nei confronti di Neruda, compiuto mentre giaceva nel letto d'ospedale: la devastazione, sempre per ordine di Pinochet, delle sue proprietà.
L'ultima moglie pubblicò postuma l'autobiografia su cui Neruda aveva lavorato sino al giorno prima di morire, suscitando il risentimento di Pinochet per le dure critiche contro la brutalità della dittatura. Anche di Matilde Urrutia venne pubblicata, nel 1986, un'autobiografia sul periodo trascorso con Neruda, dal titolo Mi vida junto a Pablo Neruda; in Cile, le opere di Neruda vennero riabilitate e rimesse in commercio nel 1990, dopo la caduta della dittatura.
Le tre abitazioni possedute da Neruda in Cile, La Chascona a Santiago, La Sebastiana a Valparaiso, e la Casa de Isla Negra sono oggi musei, gestiti dalla Fondazione Neruda.
Onorificenze
Oltre al Nobel, Neruda venne insignito nel 1953 del Premio Stalin, onorificenza sovietica, e di una laurea honoris causa dall'Università di Oxford nel 1965.
Premio Lenin per la Pace — Mosca, 1953
* 1985 - Giancarlo Siani (Napoli, 19 settembre 1959 – Napoli, 23 settembre 1985) è stato un giornalista italiano, assassinato dalla camorra.
Primi anni
Nato in una famiglia della borghesia napoletana del quartiere del Vomero, frequentò il Liceo Vico partecipando ai movimenti studenteschi del 1977.
Iscrittosi all'università, iniziò a collaborare con alcuni periodici napoletani mostrando particolare interesse per le problematiche dell'emarginazione: proprio all'interno delle fasce sociali più disagiate si annidava, infatti, il principale serbatoio di manovalanza della criminalità organizzata.
Scrisse i suoi primi articoli per il periodico "Osservatorio sulla camorra", diretto da Amato Lamberti, appassionandosi ai rapporti ed alle gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano Torre Annunziata e dintorni. Poi iniziò a lavorare come corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino: dipendeva dalla redazione distaccata di Castellammare di Stabia. Pur lavorando come corrispondente, il giornalista frequentava stabilmente la redazione del comune stabiese, preparando il terreno per la stabile assunzione come praticante giornalista professionista.
Lavorando per Il Mattino Siani compì le sue importanti indagini sui boss locali, ed in particolare su Valentino Gionta, che aveva costruito un business basato sul contrabbando di sigarette.
L'impegno giornalistico
Le vigorose denunce del giovane giornalista lo condussero ad essere regolarizzato nella posizione di corrispondente (articolo 12 del contratto di lavoro giornalistico) dal quotidiano nell'arco di un anno. Le sue inchieste scavavano sempre più in profondità, tanto da arrivare a scoprire la moneta con cui i boss mafiosi facevano affari. Siani con un suo articolo accusò il clan Nuvoletta, alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della "Nuova Famiglia", di voler spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto pericoloso, scomodo e prepotente, per porre fine alla guerra tra famiglie. Ma le rivelazioni, ottenute da Giancarlo grazie ad un suo amico carabiniere e pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la camorra a sbarazzarsi di questo scomodo giornalista.
In quell'articolo Siani ebbe modo di scrivere che l'arresto del boss Valentino Gionta fu reso possibile da una "soffiata" che esponenti del clan Nuvoletta fecero ai carabinieri. Il boss oplontino fu infatti arrestato poco dopo aver lasciato la tenuta del boss Lorenzo Nuvoletta a Marano, comune a Nord di Napoli. Secondo quanto successivamente rivelato dai collaboratori di giustizia, l'arresto di Gionta fu il prezzo che i Nuvoletta pagarono al boss Antonio Bardellino per ottenerne un patto di non belligeranza. La pubblicazione dell'articolo suscitò le ire dei fratelli Nuvoletta che, agli occhi degli altri boss partenopei, facevano la figura degli "infami", ossia di coloro che, contrariamente al codice degli uomini d'onore della mafia, intrattenevano rapporti con le forze di polizia.
Da quel momento i capo-clan Lorenzo ed Angelo Nuvoletta tennero numerosi summit per decidere in che modo eliminare Siani, nonostante la reticenza di Valentino Gionta, incarcerato. A ferragosto del 1985 la camorra decise la sentenza di Siani, che doveva essere ucciso lontano da Torre Annunziata per depistare le indagini. Giancarlo lavorava sempre alacremente alle sue inchieste e stava per pubblicare un libro sui rapporti tra politica e camorra negli appalti per la ricostruzione post-terremoto.
Il giorno della sua morte telefonò al suo ex-direttore dell'Osservatorio sulla Camorra, Amato Lamberti, chiedendogli un incontro per parlargli di cose che "è meglio dire a voce". Non si è però mai saputo di cosa si trattasse e se Giancarlo avesse iniziato a temere per la sua incolumità. Lo stesso Lamberti, nelle diverse escussioni testimoniali cui è stato sottoposto, ha fornito versioni diverse della vicenda che non hanno mai chiarito quell'episodio.
L'assassinio
Il 23 settembre 1985, quattro giorni dopo aver compiuto 26 anni, appena giunto sotto casa sua con la propria Mehari, Giancarlo Siani venne ucciso: l'agguato avvenne alle 20.50 circa in via Vincenzo Romaniello, nel quartiere napoletano del Vomero, vicino casa sua. Siani, trasferito dalla redazione di Castellammare di Stabia del quotidiano napoletano Il Mattino a quella centrale, all'epoca diretto da Pasquale Nonno proveniva dalla sede centrale de Il Mattino in via Chiatamone. Per chiarire i motivi che hanno determinato la morte e identificare mandanti ed esecutori materiali furono necessari 12 anni e 3 pentiti.
Processi
Il 15 aprile del 1997 la seconda sessione della corte d'assise di Napoli ha condannato all'ergastolo i mandanti dell'omicidio (Angelo Nuvoletta, Valentino Gionta e Luigi Baccante) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappuccio e Armando Del Core). Le sentenze sono state confermate dalla Corte di Cassazione, mentre per Valentino Gionta si è svolto un secondo processo di appello che il 29 settembre del 2003 l'ha di nuovo condannato all'ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha definitivamente scagionato per non aver commesso il fatto. Il fratello Paolo, unico rimasto in vita della famiglia Siani, ricorda il fratello come un ragazzo carismatico, capace di grandi sacrifici, ma anche come una persona solare, pronta a dare sostegno; ed in un'intervista egli afferma:
«Di noi due, insieme, conservo l’immagine di una giornata a Roma, a una marcia per la pace. Io col gesso che gli dipingo in faccia il simbolo anarchico della libertà. E lui che mi sorride.»
Tributi dopo la morte
Nel 1999 è stato realizzato un cortometraggio sulla vicenda di Giancarlo Siani, dal titolo Mehari, diretto da Gianfranco De Rosa, per la sceneggiatura del giornalista napoletano e amico di Siani, Maurizio Cerino. Protagonista Alessandro Ajello, con la partecipazione di Nello Mascia.
Nel 2004 è uscito nelle sale cinematografiche il film "E io ti seguo" di Maurizio Fiume, interpretato da Yari Gugliucci. Nello stesso anno è stato istituito il Premio Giancarlo Siani dedicato a giornalisti impegnati sul fronte della cronaca.
Il 4 giugno del 2008 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha presenziato ad una cerimonia di commemorazione del giovane giornalista, nel corso della quale un'aula della scuola di giornalismo dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli è stata a lui intitolata.
Nel 2009 esce il il film "Fortapàsc", di Marco Risi (sceneggiatura di Marco Risi, Andrea Purgatori, Jim Carrington e Maurizio Cerino), dedicato agli ultimi quattro mesi di vita del giornalista, interpretato da Libero De Rienzo,che nel film guida la vera Citroen Mehari verde appartenuta a Siani. Il 19 settembre 2009, nel giorno del 50º anniversario dalla nascita di Siani, Fortapàsc, all'Invisible Film Festival di Cava de' Tirreni vince i premi «Miglior Film», miglior regia, miglior attore protagonista, migliori attori non protagonisti e migliore sceneggiatura.
Sempre nel 2009 il gruppo rap napoletano Biscuits dedica a quest'ultimo film un video musicale, girato a Torre Annunziata, ispirato proprio alla pellicola che racconta la storia di Giancarlo Siani. È stato ideato anche uno spettacolo intitolato "Ladri di Sogni" per non dimenticarlo. Gli sono state inoltre intitolate strade, tra cui una nei pressi di Piazza Leonardo a Napoli, nel luogo dove fu assassinato. Questa strada è nominata come Rampe Siani. Diverse scuole in Italia sono a lui intitolate. Il 21 marzo 2010 a Castel San Giorgio viene intitolato a Siani un centro polivalente per giovani.