Il calendario del 23 Luglio
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Eventi
▪ 1829 - Negli Stati Uniti William Burt brevetta la prima macchina per scrivere
▪ 1904 - A Saint Louis (Missouri), viene inventato il cono gelato
▪ 1914 - L' impero austroungarico dichiara guerra alla serbia
▪ 1926 - La Fox Film acquista il brevetto del sistema sonoro Movietone, per la registrazione dell'audio nei film
▪ 1929 - Il fascismo bandisce l'uso di parole straniere da ogni comunicazione scritta e orale
▪ 1930 - Un terremoto dell'intensità di 6,7 gradi della scala Richter colpisce la zona del Volture nella provincia di Salerno facendo 1.425 vittime
▪ 1952
- - Il generale Muhammad Naguib guida il Movimento degli ufficiali liberi (formato da Gamal Abd el-Nasser - la vera mente dietro il colpo di stato) nel rovesciamento di re Farouk d'Egitto.
- - Unione Europea: entra in vigore il trattato CECA e nasce cosí la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio
▪ 1956 - La Loi Cadre viene passata dalla repubblica francese, allo scopo di mettere ordine nelle questioni dei territori francesi d'oltremare
▪ 1962 - La Telstar trasmette il primo segnale televisivo transoceanico
▪ 1967 - Rivolta della dodicesima strada: A Detroit (Michigan), una delle peggiori rivolte della storia degli Stati Uniti scoppia nella 12a strada, posta nel cuore della città a prevalenza afroamericana (43 morti, 342 feriti e circa 1.400 edifici incendiati)
▪ 1972 - Gli Stati Uniti lanciano il Landsat 1, primo satellite per i rilevamenti terrestri
▪ 1982 - La Commissione internazionale per la caccia alle balene decide di porre fine alla caccia alle balene per fini commerciali entro il 1985-86
▪ 1984 - Vanessa Williams diventa la prima Miss America a rinunciare al titolo, dopo che delle sue foto di nudo apparvero sulla rivista Penthouse
▪ 1985 - Negli USA Andy Warhol fa da testimonial al lancio del nuovo computer della Commodore International: l'Amiga 1000
▪ 1986 - A Londra, il Principe Andrea, Duca di York sposa Sarah Ferguson nell'Abbazia di Westminster
▪ 1997 - La Digital Equipment Company avanza un'accusa all'antitrust contro il produttore di chip Intel
▪ 2002 - Unione Europea: dopo 50 anni scade il trattato CECA e la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio viene inglobata nell'Unione Europea
▪ 2003 - A Cascina (Pisa) si inaugura l'esperimento Virgo, destinato alla rivelazione delle onde gravitazionali
▪ 2005 - Attentato terroristico a Sharm El Sheikh. 63 vittime, tra cui anche 6 italiani
Anniversari
▪ 1757 - Giuseppe Domenico Scarlatti (Napoli, 26 ottobre 1685 – Madrid, 23 luglio 1757) è stato un clavicembalista e compositore italiano dell'età barocca. Anche suo fratello maggiore, Pietro Filippo, fu un compositore e clavicembalista. La figura di Domenico Scarlatti compare come personaggio del Memoriale del convento, opera narrativa del premio Nobel José Saramago. Cronologicamente, è classificato come un compositore barocco , anche se la sua musica è stata di riferimento nello sviluppo dello stile classico, e conosciuta ed ammirata dai musicisti successivi, romantici compresi. La sua produzione più nota consiste nelle 555 sonate per clavicembalo, anche se ha scritto numerose opere, musica sacra, per ensemble da camera e organo.
▪ 1885 - Ulysses Simpson Grant (Point Pleasant, 27 aprile 1822 – Mount McGregor, 23 luglio 1885) è stato un generale e politico statunitense. Fu generale unionista nella Guerra di secessione americana e 18º presidente degli Stati Uniti (1869–1877).
Anche se fu un generale di successo, è considerato da molti storici come uno dei peggiori presidenti statunitensi e a capo di un governo che fu afflitto da gravi scandali e corruzione. Comunque gli storici concordano che Grant non fu corrotto, ma lo furono i suoi subordinati nelle posizioni esecutive. Grant è in genere criticato per non aver preso una posizione decisa contro la corruzione, e non aver agito per fermarla.
▪ 1932 - Giustino Fortunato (Rionero in Vulture, 4 settembre 1848 – Napoli, 23 luglio 1932) è stato uno scrittore, politico, storico, e meridionalista italiano, ricordato per essere stato uno degli attivisti della cosiddetta questione meridionale. Studiò ed espose vari problemi riguardanti la crisi economica del sud Italia dopo l'unità nazionale, illustrando nelle sue opere e nella sua attività parlamentare una serie di interventi programmati per migliorare la situazione economico-sociale del Mezzogiorno. Benché avesse idee di stampo conservatore, fu uno strenuo oppositore del regime fascista.
«L'Unità d'Italia è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L'unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all'opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali.» (Giustino Fortunato 2 settembre 1899, lettera a Pasquale Villari)
Nato il 4 settembre 1848 a Rionero in Vulture da Pasquale e Antonia Rampolla - discendente di una nobile famiglia insignita del titolo di marchese, nipote di Giustino Fortunato, primo ministro del Regno delle Due Sicilie dal 1849 al 1852 - compì i primi studi presso il collegio dei Gesuiti a Napoli. Si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza e dopo la laurea decise di dedicarsi alla carriera politica. Frattanto si appassionò all'arte, all'alpinismo e al giornalismo diventando redattore di due giornali del partito moderato: "Unità Nazionale" e "Patria". Il suo intento politico fu di "cooperare alla ricostruzione civile della patria", perciò non aderì "né alla Destra né alla Sinistra".
Insieme a Leopoldo Franchetti, fonda l'Associazione per gli interessi del Mezzogiorno e per questo si batte in Parlamento: una delle sue tante proposte fu quella di costruire le ferrovie ofantine che, secondo il progetto, dovevano passare anche per il suo paese natale, Rionero.
A causa però del suo carattere poco energico, combattivo, polemico e consapevole della sua timidezza, rifiuta diversi incarichi di governo. Gli ultimi anni sono tristi: si allontana da Rionero a causa dell'incomprensione dei concittadini e di due incidenti che gli mostrarono l'ingratitudine del popolo. Morì il 23 luglio 1932 a Napoli. Fra le sue opere ricordiamo: Rionero Medievale, La badia di Monticchio, Pagine e ricordi Parlamentari, Il Mezzogiorno e lo Stato italiano.
L'uomo e il pensatore
Le case dei Fortunato a Napoli, Rionero in Vulture e Gaudiano erano rinomati e ospitali luoghi d'incontro di intellettuali e di specialisti, politici, storici, agronomi. Giustino e il fratello Ernesto, l'uno da uomo politico, attivo ben oltre il mandato parlamentare, l'altro da imprenditore, coltivarono per tutta una vita, quasi simbioticamente, ambizioni egemoniche oltre i confini della Basilicata.
Ernesto praticamente provando la non ineluttabilità del carattere assistito dell'impresa agricola meridionale e la possibilità di diffondere, con gli spiriti imprenditoriali, un diverso sistema di relazioni sociali ed umane con il lavoro contadino e bracciantile; Giustino, mirando al problema di una riforma delle classi dirigenti del paese, come problema soprattutto delle sue campagne, dove solo una moderna capacità produttiva dei ceti agrari poteva garantire l'incivilimento delle masse contadine, e offrire un solido retroterra a qualunque ipotesi di sviluppo.
Di sentimenti politici moderati e conservativamente riformatori, Fortunato fu vicino agli intellettuali napoletani di Destra e per sempre ostile alla Sinistra. Il suo conservatorismo non era grettamente chiuso nella difesa dei più retrogradi rapporti sociali, ma si apriva ad una visione riformistica che non intendeva negare, bensì superare la "questione sociale". Quindi un più incisivo intervento dello Stato, reso capace di fondarsi su un più ampio consenso delle masse essenzialmente contadine, e non ridotto al ruolo di semplice repressione.
Sforzo egemonico e oculate riforme, secondo il modello conservatore inglese; invece che mero dominio e conservazione dello status quo. Le conoscenze delle condizioni economico-sociali delle province meridionali, compiute attraverso continue esperienze "pedestri", e il giudizio critico per certe forme dell'azione politica, maturato nella pratica giornalistica di parte, condurranno presto Fortunato ad una analisi spietata, ma realistica, delle responsabilità di una classe dominante priva delle necessarie qualità e attitudini per essere classe progressivamente dirigente.
Sul piano generale era un fervido assertore del parlamentarismo, contro le tentazioni autoritarie di rafforzare il potere esecutivo sul legislativo. Criticò le avventure coloniali del Regno d'Italia e l'intervento nella prima guerra mondiale; intuì subito la nefasta natura del fascismo, dissentendo in ciò da Benedetto Croce che in principio non ne percepiva la pericolosità. Autodefinitosi da sempre un moderato, in realtà spesso "bastian contrario" solitario e appartato, negli ultimi anni di vita Fortunato si chiedeva quale fosse in realtà la sua identità politica.
L'educatore
Giustino Fortunato, nel 1898, a Roma, nei locali dell'Istituto Universitario di Igiene, insieme a Benedetto Croce e Leopoldo Franchetti e con il contributo finanziario anche delle Società Ferroviarie, adriatica, mediterranea, sicule della Banca d'Italia e della romana Società immobiliare, aveva fondato (e ne era stato eletto presidente), la Società per gli studi sulla malaria che si avvaleva soprattutto delle ricerche scientifiche di Angelo Celli, igienista, e di Giambattista Grassi, zoologo, ambedue professori dell'università di Roma.
Intorno all'attività di cura dei malarici, Fortunato mobilitò una schiera di medici di base. Fino al 1900, nella sola Basilicata, i morti per la malaria furono circa 1500 ogni anno. A Gaudiano, nella azienda agricola di Fortunato, la malaria era sotto controllo non solo per intensive opere di bonifica idraulica ed agraria, messe in opera dal fratello Ernesto, ma anche perché costui, già dal suo arrivo in azienda, comprava a sue spese dalla farmacia Kernot di Napoli il chinino che veniva somministrato ai contadini.
Fortunato, insieme a Leone Wollemborg, Angelo Celli, Leopoldo Franchetti e Francesco Guicciardini, riuscì a far approvare la legge 505 del 23-12-1900, che garantiva il Chinino a basso prezzo, ne prevedeva la vendita nei monopoli e nelle farmacie, apriva laboratori statali di profilassi antimalarica. È storia nota l'impegno di Fortunato per la costruzione dell'Istituto Tecnico di Melfi che, dopo essere arrivato a quattro sezioni nel 1892, compresa la prestigiosa sezione fisico matematica, ottenne la "statalizzazione" nel 1904, nell'ambito della legge speciale per la Basilicata.
A sue spese, Fortunato volle aprire due asili costruiti da Marcello Piacentini: uno a Lavello, dedicato nel 1923 al fratello Ernesto; uno a Rionero in Vulture, dedicato alla madre Antonia Rampolla e nel 1924 inaugurato da Padre Semeria, amico e frequente suo ospite nella casa napoletana. Così scriveva Fortunato a Floriano Del Secolo a proposito delle traversie, finanziarie e costruttive degli asili da lui voluti, nel 1928: "Caccio nuovo denaro, per una nuova fabbrica dell'asilo infantile di Lavello: esecutore il Piacentini. Ebbene a costui è giunta lettera di un avv. Pinto, segretario federale fascista della nostra Provincia, ma residente - per la professione - qui a Napoli, dicendogli a lettere di scatola che…l'appaltatore deve indicarlo lui! E tu, primo fra tutti, anche tu mi davi del…pessimista".
Lo storico
All'attività parlamentare, allo studio dei problemi sociali ed economici, volle e seppe trovar sollievo e ristoro nelle ricerche storiche. A conferma della sua passione di letterato e studioso, la sua casa di Napoli si trasformò, per molti anni, in "salotto letterario" frequentato da studiosi, politici, intellettuali del tempo. Si prefisse di svelare il passato di una terra emarginata, creduta priva di storia, fiaccata da secoli di dominazione straniera; non fu il cultore di piccole glorie da campanile, ma inquadrò i suoi resoconti nel più ampio contesto storico del tempo. Lo scopo ultimo è dichiarato:
"Un regime di libertà, nel mondo moderno, non è assolutamente compatibile se non col benessere delle moltitudini.
Educhiamo l'uomo, tutti gli uomini della terra che ci vide nascere e ci nutre,- schiavi non più del peccato, della materia - e confidiamo nell'avvenire.".
Il metodo di Fortunato fu di indagare negli archivi, confrontarsi con una nutrita bibliografia storica, analizzare documenti, dai quali si era proposto di cavare la veridica storia del brigantaggio nelle province meridionali.
Riservò grande attenzione anche al Medioevo, età cruciale per i destini delle nostre province, e quindi al monachesimo bizantino e latino, all'avvento dei normanni, a Federico II, alle dominazioni angioina e aragonese.
"Dopo tutto, ben altro è stato il mio intendimento: questo, cioè, che lo studio della storia valga un bel nulla, quale che sia il suo campo, se essa non serva a farci ritrovare nel passato e apprendervi la ragione del presente".
Vasto quadro che il Fortunato disegnò a grandi linee e a vivaci colori.
L'abilità sua di narratore erudito insieme e spigliato gli permise di congiungere agevolmente i grandi avvenimenti e le figure della storia generale con gli umili casi e gli umili personaggi. Lo stile fu di offrire tali dati al lettore e commentarli in forma più scorrevole, quasi in forma di romanzo. Il linguaggio, talvolta ostico e dotto anche per i suoi contemporanei, dopo il primo impatto risultava espressivo ed avvincente.
Il politico
Percorrendo la terra meridionale si rese conto di quanto poco fosse amica dell'uomo per motivi climatici e topografici, sfatando il luogo comune che vedeva il Meridione paradiso popolato da diavoli e da inetti. Il suo nome è legato alla questione meridionale, tanto che parlò per la prima volta alla Camera a favore dei contadini del Mezzogiorno e sulla questione demaniale. Sono degni di nota i discorsi contro la riduzione del numero delle preture (dannosa per il sud Italia); contro il reclutamento territoriale; contro la riforma delle forze armate in quanto era "meglio avere dieci corpi di esercito più solidi, ben equipaggiati che averne dodici imperfettamente addestrati".
Poste in questi termini, le sue censure ai provvedimenti per l'esercito possono sembrare ispirate da quello che si suole chiamare pacifismo. Non del tutto esatto: se da un lato era a favore della neutralità dell'Italia, dall'altro era pronto a giustificare un'azione bellica nel caso fosse inevitabile, a questo proposito scrisse, congedandosi dagli elettori nel 1912: "L'Italia bisognerà che sia militarmente così forte da non subire nessuna imposizione, e tanto preparata alla guerra da evitarla con onore e, se provocata, ad accettarla con sicuro animo". L'elenco dei temi più importanti e più ampiamente svolti nella Camera non darebbe notizia compiuta dell' attività di Giustino Fortunato deputato.
Ne trattò molti anche quando se ne presentava l'occasione: il gioco del lotto, la condotta delle autorità dopo il terremoto di Casamicciola, dal quale egli era miracolosamente scampato, il bonificamento, la malaria. Fuori dalla Camera promosse la fondazione della Società per gli studi della malaria e ne fu presidente; dentro e fuori tanto fece affinché fosse votata la legge per la vendita del chinino, farmaco utile per la guarigione dalla malattia.
Dopo quasi un quarto di secolo di vita parlamentare, nel 1909 annunciò il suo congedo "con la coscienza di avere per ventinove anni consacrato al delicato ufficio quanto ebbe di intelletto e di volontà, e con l'orgoglio di lasciarlo moralmente sano ed amministrativamente libero come nessuno altro in Italia. Il 4 aprile di quell'anno fu nominato senatore e alcuni giudizi di Pasquale Villani gli diedero l'occasione di esporre le sue opinioni circa l'emigrazione meridionale.
Ma la sua salute non più sana non gli permise di essere assiduo alle sessioni del Senato. Nel 1915, 221 senatori approvarono la guerra così come Giustino Fortunato che inizialmente era per la neutralità assoluta ma in seguito alle parole di Antonio Salandra si convinse dell'intervento.
* 1944 - Max Nettlau (Neuwaldegg, 30 aprile 1865 – Amsterdam, 23 luglio 1944) è stato un anarchico austriaco, uno dei principali storici del movimento anarchico.
Max Nettlau, definito “Erodoto dell’anarchia” secondo una fortunata espressione coniata da Rudolf Rocker, nasce nel 1865 a Neuwaldegg, nei pressi di Vienna, da una famiglia benestante di origini prussiane. Studia filologia in diverse università tedesche specializzandosi in lingue celtiche e si laurea a Lipsia nel 1887, con una tesi sulla grammatica cimbrica. Fin da giovane studente è attratto dal movimento radicale austriaco, quindi dal socialismo libertario, rimanendo pur sempre uomo di studi piuttosto che di azione militante. A Londra, dove frequentemente si reca per condurre le proprie ricerche al British Museum, aderisce per un breve periodo alla Socialist League fondata da William Morris, poi si avvicina agli ambienti dell’anarchismo e al gruppo del «Freedom» entrando in contatto, tra gli altri, con Errico Malatesta. Grazie al capitale di famiglia ereditato alla morte del padre può coltivare a tempo pieno la sua passione per gli studi storici: da una città all’altra d’Europa esplora biblioteche e archivi e contatta personalmente vecchi militanti internazionalisti, in perpetua ricerca di testimonianze e di documenti che puntualmente trascrive e conserva. Si dedica inoltre, con grande zelo, alla costruzione di una vasta biblioteca personale, strutturata in base a un preciso disegno selettivo basato sulla rarità dei pezzi e vissuta come una missione di salvaguardia delle testimonianze documentarie dei movimenti socialisti altrimenti destinate alla dispersione. Dopo trattative naufragate sia con la Biblioteca Reale di Berlino che con la Biblioteca pubblica e universitaria di Ginevra, Nettlau agli inizi degli anni ’30 decide di cedere la propria collezione all’Istituto internazionale di storia sociale di Amsterdam. Egli stesso nel 1938 si trasferisce nella capitale olandese, dove muore nel 1944. Tra i suoi lavori principali si segnalano una puntigliosa Bibliographie de l’anarchie, una biografia di Michail Bakunin in 3 volumi tirati personalmente dall’autore in cinquanta esemplari (regalati ad amici e a importanti biblioteche) e una monumentale Geschichte der Anarchie in 7 volumi.
▪ 1957 - Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo, 23 dicembre 1896 – Roma, 23 luglio 1957) è stato uno scrittore italiano.
Scrittore dalla complessa personalità, è stato autore di un unico romanzo: Il Gattopardo. Personaggio molto taciturno e solitario, passò gran parte del suo tempo leggendo e meditando e soleva dire di se stesso: «Ero un ragazzo cui piaceva la solitudine, cui piaceva di più stare con le cose che con le persone».
Don Giuseppe Tomasi, 12° duca di Palma, 11° principe di Lampedusa, barone di Montechiaro, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima classe (titoli acquisiti il 25 giugno 1934 alla morte del padre), nacque a Palermo da Giulio Maria Tomasi (1868 - 1934) e da Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò (1870 - 1946). Rimasto figlio unico dopo la morte della sorella maggiore Stefania a causa di una difterite (1897), Giuseppe Tomasi fu molto legato alla madre, donna dalla forte personalità che ebbe grande influenza sullo scrittore.
Non lo stesso avvenne col padre, un uomo dal carattere freddo e distaccato. Da bambino studiò nella sua grande casa a Palermo sotto l'insegnamento d'una maestra, della madre (che gl'insegnò il francese) e della nonna che gli leggeva i romanzi di Emilio Salgari. Nel piccolo teatro della casa di Santa Margherita Belice, dove passava lunghe vacanze, assistette per la prima volta ad una rappresentazione dell'Amleto recitato da una compagnia di girovaghi.
Sotto le armi a Caporetto
A partire dal 1911 Tomasi frequentò il liceo classico a Roma ed in seguito a Palermo. Sempre a Roma nel 1915 s'iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dove non terminò gli studi; nello stesso anno però venne chiamato alle armi, partecipò alla disfatta di Caporetto e fu fatto prigioniero dagli austriaci.
Fatto prigioniero dagli Austriaci e rinchiuso in Ungheria, riuscì a fuggire tornando a piedi in Italia. Dopo le sue dimissioni dall'esercito col grado di tenente, ritornò nella sua casa in Sicilia alternando al riposo qualche viaggio, sempre in compagnia della madre che non lo abbandonava mai, e svolgendo studi sulle letterature straniere. Nel 1925, assieme a Lucio Piccolo, fu a Genova, dove si trattenne circa sei mesi collaborando alla rivista letteraria "Le opere e i giorni".
Una moglie dalla Lettonia
A Riga, il 24 agosto 1932, sposò in una chiesa ortodossa la studiosa di psicanalisi Alexandra Wolff Stomersee, detta Licy, di famiglia nobile di origine tedesca. Andarono a vivere con la madre di lui a Palermo, ma ben presto l'incompatibilità di carattere tra le due donne fece tornare Licy in Lettonia. Nel 1934 morì Giulio Tomasi e così Giuseppe ereditò il titolo. Nel 1940 venne richiamato in guerra ma, essendo a capo dell'azienda agricola ereditata, fu presto congedato.
Si rifugiò così con la madre a Capo d'Orlando, dove poi li raggiunse Licy, per sfuggire i pericoli della guerra. Alla morte della madre nel 1946, Tomasi tornò a vivere con la moglie a Palermo. Nel 1953 iniziò a frequentare un gruppo di giovani intellettuali, dei quali facevano parte Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Tomasi. Con quest'ultimo instaurò un buon rapporto affettivo tanto da adottarlo qualche anno dopo.
La conoscenza con Montale e Bellonci
Tomasi di Lampedusa fu spesso ospite presso un suo cugino, il poeta Lucio Piccolo, col quale si recò nel 1954 a San Pellegrino Terme, per assistere ad un convegno letterario cui il cugino era invitato. Lì conobbe Eugenio Montale e Maria Bellonci. Si dice che fu al ritorno da quel viaggio che iniziò a scrivere Il Gattopardo, che ultimò due anni dopo, nel 1956. All'inizio il romanzo non venne preso in considerazione dalle case editrici a cui venne presentato ed i rifiuti riempirono Tomasi di amarezza.
Nel 1957 gli venne diagnosticato un tumore ai polmoni, e morì il 23 luglio. Il romanzo venne pubblicato postumo nel 1958, quando Elena Croce inviò il romanzo a Giorgio Bassani che lo fece pubblicare presso la casa editrice Feltrinelli, rimediando all'impressionante errore di giudizio di Elio Vittorini che, per conto della editrice Einaudi, non s'era a suo tempo accorto di aver letto un assoluto capolavoro della letteratura italiana. Nel 1959 il romanzo vinse il Premio Strega.
Curiosamente, anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa morì lontano da casa come il suo antenato protagonista de Il Gattopardo, il 23 luglio 1957 a Roma, nella casa della cognata in via San Martino della Battaglia n. 2; era andato a Roma per sottoporsi a particolari cure mediche che si rivelarono inefficaci. La salma verrà inumata il 28 luglio nella tomba di famiglia al cimitero dei Cappuccini di Palermo.
Gli è stato dedicato un asteroide, 14846 Lampedusa. La storia dell'ultimo periodo della sua vita e della stesura de Il Gattopardo è invece raccontata nel film del 2000 di Roberto Andò, Il manoscritto del Principe.
▪ 1970 - Amadeo Bordiga (Ercolano, 13 giugno 1889 – Formia, 23 luglio 1970) è stato un politico, rivoluzionario comunista italiano.
Fu a capo della principale corrente (quella degli astensionisti del PSI) che portò alla fondazione del Partito Comunista d'Italia dopo la scissione avvenuta al Congresso di Livorno del PSI nel 1921. Da militante rivoluzionario, lottò apertamente contro l'involuzione stalinista della Terza Internazionale e si adoperò, fino ai suoi ultimi giorni, per il partito comunista mondiale, cioè per un partito che fosse sempre perfettamente coerente con la dottrina marxista e che superasse i limiti intrinseci di omogeneità teorica della stessa formula dell'Internazionale comunista.
▪ 1993 - Raul Gardini (Ravenna, 7 giugno 1933 – Milano, 23 luglio 1993) è stato un imprenditore italiano. h
Cresce professionalmente nell'azienda dell'imprenditore ravennate Serafino Ferruzzi, che fa fortuna producendo e commerciando granaglie e cemento, di cui diventa genero sposandone la figlia Idina. Alla morte del suocero, Gardini diventa l'amministratore delle società del gruppo, su delega dei quattro figli dell'imprenditore ravennate.
La scalata alla Montedison
Negli anni ottanta diventa celebre per la scalata alla Montedison, che diventa un'azienda contendibile per effetto di alcune spregiudicate operazioni finanziarie dell'amministratore Mario Schimberni destinate nelle sue intenzioni a fare della Montedison una public company indipendente dal controllo esercitato da Mediobanca. La contendibilità della Montedison spinge Gardini ad acquistarne le azioni, con il benestare di Enrico Cuccia che ha perso il controllo della società petrolchimica.
Dalla vicenda (e dal successivo acquisto di Fondiaria) nasce il suo assalto del "salotto buono" dell'imprenditoria del Nord, sul quale Cuccia aveva sempre espresso scetticismo: si addivenne tra i due ad una vera e propria rottura quando Gardini si nominò presidente della Fondiaria rifiutando gli amministratori proposti da Cuccia, e quando Gardini vendette metà della Fondiaria a De Benedetti.
La nascita e il fallimento di Enimont
In seguito Gardini realizza con l'ENI la fusione delle attività chimiche dei due gruppi, fondando Enimont, di cui ENI e Montedison possiedono il 40% ciascuno, mentre il restante 20% è nelle mani del mercato azionario.
Nel 1988 Gardini aveva ricevuto da De Mita e da Occhetto — ovvero da maggioranza e opposizione — «sufficienti garanzie» sugli sgravi fiscali in seguito al conferimento delle attività chimiche di Montedison alla joint venture Enimont: ma il relativo decreto-legge decadde per due volte in Parlamento.
La sua lettura dei fatti - come un tentativo della classe politica romana di alzare il prezzo - produsse una reazione inattesa di Gardini: provò, con l'alleanza di altri "capitani coraggiosi" (raggruppati tra gli imprenditori del lombardo-veneto) di scalare Enimont, arrivando in una prima fase a vedere il successo ed a commentare «La chimica sono io».
La risposta fu drastica: da un lato avveniva il sequestro delle azioni deciso dal giudice Diego Curtò (più tardi condannato per corruzione proprio per questo), frustrando il tentativo di Gardini di acquistare il 20% delle azioni sul mercato; dall'altro si consuma la rottura dei rapporti con ENI e con il suo presidente Gabriele Cagliari, che secondo l'inchiesta di tre anni dopo svolse questo ruolo per consentire al PSI di Craxi di esercitare il suo ruolo di interdizione nell'operazione.
La decisione finale, forzata dagli eventi, fu il ritiro dalla joint venture con quello che il giudice Di Pietro avrebbe poi ribattezzato "il patto del cow-boy": la decisione di vendere all'ENI il proprio 40%.
Una parte dell'ingente quantità di denaro incassato viene usato per versare tangenti al sistema politico che, promettendo di defiscalizzare le plusvalenze della Montedison derivanti dall'attribuzione di parte delle attività ad Enimont, aveva indotto Gardini ad entrare nell'impresa della nascita dell'Enimont stessa.
La morte
In seguito, Gardini è protagonista di speculazioni finanziarie poco fortunate e di scelte imprenditoriali infelici che prima lo portano a lasciare le cariche all'interno del gruppo Ferruzzi-Montedison e poi, una volta scoperte le tangenti generate dalla vendita del 40% di Enimont, al suicidio.
Lo trovarono morto nella sua casa di Milano, il settecentesco palazzo Belgioioso, il 23 luglio 1993: dalle conversazioni con i suoi legali delle ultime ore, era apparso molto scosso dalla notizia del suicidio nel carcere di San Vittore di Gabriele Cagliari (suo rivale nella vicenda Enimont), ma anche dalla consapevolezza che gli inquirenti puntavano oramai su di lui.
Durante tutta la giornata successiva si assieparono dinanzi a palazzo Belgioioso i milanesi sconcertati; la tensione si stemperò solo al passaggio dei magistrati Di Pietro e Greco, accolti in piazza da un applauso. Al ritorno a casa da Mediobanca, fu visto passare anche Enrico Cuccia.
Le indagini conclusero che si fosse sparato un colpo di pistola alla testa, ma sulle ragioni e la dinamica della morte dell'imprenditore restano ancora molti dubbi (la pistola fu ritrovata riposta sul comodino, lontana dal cadavere).
Gardini e lo sport
La figura di Gardini è anche legata allo sport e in particolare all'America's Cup, di cui il Moro di Venezia, la barca voluta da Gardini e finanziata dalla Montedison, fu protagonista nel 1992. Vinta la Louis Vuitton Cup, l'equipaggio del Moro, affidato a Paul Cayard, venne sconfitto da America³ a San Diego (USA). Ma anche il mondo della pallavolo ravennate deve molto a Raul Gardini e al gruppo Ferruzzi: dalla storica epopea della Olimpia Teodora di Manu Benelli e Sergio Guerra (l'olio di soia "Teodora" veniva prodotto dalla Italiana Olii & Risi, società del gruppo Ferruzzi) nel volley femminile, agli anni straordinari de Il Messaggero Volley di Steve Timmons e Karch Kiraly (il quotidiano Il Messaggero era di proprietà di Montedison), fino alla costruzione del palazzo dello sport intitolato a Mauro De André, dirigente del gruppo Ferruzzi tragicamente scomparso nonché fratello del noto cantautore Fabrizio De André, che si trova sulla strada che dalla città porta verso Marina di Ravenna.
▪ 2000 - Sandro Paternostro (Palermo, 9 agosto 1922 – Londra, 23 luglio 2000) è stato un giornalista e conduttore televisivo italiano.
Nel 1986 gli è stato assegnato il il Premio intitolato a Vittorio De Sica per la televisione.
Durante gli anni universitari è iscritto ai GUF e partecipa ai Littoriali della cultura e dell'arte.
Esordì nel giornalismo della carta stampata dopo la guerra come collaboratore del quotidiano L'Ora di Palermo, per poi continuare con altri quotidiani e passare infine alla radio nei primi anni cinquanta.
Svolse successivamente il ruolo di corrispondente del Telegiornale RAI da varie capitali estere. Negli anni sessanta divenne corrispondente da Bonn, allora capitale amministrativa della Repubblica Federale Tedesca e, successivamente, da Pechino, dove seguì gli eventi della grande rivoluzione culturale cinese, raccontati con ironia anche in un libro edito nel 1971 dal titolo Qui Pechino.
Proseguì poi il lavoro di corrispondente della RAI da Londra, conducendo le sue cronache con professionismo e rigore pur senza rinunciare al gusto per la battuta sarcastica che lo fa diventare in quegli anni il giornalista più popolare dopo Ruggero Orlando. Alcuni suoi vezzi, quali quello di un massiccio ricorso all'abbigliamento di foggia inglese (con vistose cravatte alla moda), insieme ai capelli impomatati e sempre tinti di nero, hanno costituito l'occasione per celebri imitazioni televisive.
Memorabile è rimasto il suo stile - spesso improntato ad un'improvvisazione di stile naïve - nel dare le notizie, spesso senza nascondere una palese emozione, come nel caso dell'annuncio della morte del presidente Sandro Pertini:
«...È deceduto un grande italiano... che è per lui... una grande coerenza politica... e di rigore morale... Sandro Pertini» (24 febbraio 1990)
La televisione
Paternostro andò in pensione dopo trentasette anni di lavoro come giornalista, ma nel 1988 lanciò da Londra attraverso la Visnews, un telegiornale tutto nuovo Teledomani. In onda sul circuito di TV Italia, Teledomani rimane nella storia della televisione come il primo telegiornale internazionale trasmesso via satellite.
Il programma, un esperimento non solo editoriale ma anche a livello tecnico, era coordinato da Sal Sparace (ora alla direzione tecnica della SKY TV Londra).
Sono quelli gli anni di un Paternostro libero dai contratti RAI ed anche gli anni che segnano l'inizio dell'era NEWS in tutto il mondo. Subito dopo, infatti, il giornalista viene rilanciato come personaggio televisivo di Raitre da Piero Chiambretti, che lo chiama a collaborare con lui in programmi quali Prove tecniche di Trasmissione (1989) e Servizi segreti (1993).
Il programma televisivo di maggiore successo di questo periodo è Diritto di replica (1991), in cui si avvale della collaborazione di Fabio Fazio, Oreste De Fornari, Stefano Magagnoli ed Enrico Magrelli per realizzare servizi e interviste su temi controversi riguardanti l'attualità, la politica e il costume, e in cui conclude sempre le sue interviste con la "domanda delle cento pistole".
Gli ultimi anni
A settantasei anni, nel 1998, desta scalpore il suo matrimonio con la soubrette Carmen Di Pietro, di oltre quarant'anni più giovane di lui.
Nell'ultimo periodo della sua vita, a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute ritorna a Londra dove vivono i suoi due figli Roberto e Sandra, nati da un precedente matrimonio. Si spegne in un ospedale della capitale britannica nell'estate del 2000.