Il calendario del 21 Dicembre

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

• 1861

  1. - Viene autorizzata la prima Medaglia d'onore del Congresso degli Stati Uniti
  2. - Lord Lyons, ministro britannico per gli Stati Uniti, si incontra con il Segretario di Stato USA William Seward, a riguardo dei due inviati confederati James Mason e John Slidell arrestati dalla Marina Militare statunitense a bordo del vaporetto postale britannico Trent, allo scopo di evitare una guerra tra Stati uniti e Regno Unito

• 1872 - La HMS Challenger salpa da Portsmouth per una spedizione scientifica di 4 anni che getterà le basi dell'oceanografia

• 1898 - Marie e Pierre Curie scoprono il radio

• 1923 - Il Nepal passa da protettorato britannico a stato indipendente

• 1958 - Charles de Gaulle viene eletto come primo presidente della Quinta Repubblica francese

• 1962 - Viene fondato il Parco Nazionale di Rondane, il primo della Norvegia

• 1966 - Lanciata la sonda sovietica Luna 13, alluna il 24 nell'Oceanus Procellarum

• 1968 - Lancio dell'Apollo 8

• 1975 - Sei persone, incluso Carlos (lo Sciacallo), rapiscono i delegati alla conferenza dell'OPEC a Vienna.

• 1984 - Parte la sonda sovietica Vega 2 con il doppio obiettivo di Venere e la cometa di Halley

• 1988 - Una bomba esplode a bordo del Volo Pan Am 103 sopra i cieli di Lockerbie in Scozia, 270 vittime, comprese 11 a terra

• 1993 - Il TGV Réseau N.511 diretto a Parigi deraglia a Ablaincourt-Pressoir, ferendo 25 persone ferme in stazione. Con i suoi 300 km/h è il più veloce incidente ferroviario della storia

• 1999 - La Guardia Civile spagnola intercetta nei pressi di Calatayud un furgone diretto a Madrid guidato da membri dell'ETA e carico di 950 kg di esplosivo. Il giorno seguente, un altro furgone con a bordo 750 kg viene ritrovato non lontano. L'incidente è noto come "la caravana de la muerte" (la carovana della morte)

• 2012 - Fine del 13° Baktun del Calendario Maya.

Anniversari

• 882 - Incmaro di Reims (806 – Épernay, 21 dicembre 882) è stato un teologo e filosofo francese, arcivescovo di Reims.
Destinato alla vita monastica, fu allevato a Saint-Denis sotto la direzione dell’abate Ilduino che lo introdusse nell'822 alla corte dell'imperatore Lodovico il Pio. Quando Ilduino cadde in disgrazia nell'830 per aver parteggiato per Lotario I, Incmaro lo accompagnò nell’esilio di Corvey in Sassonia, da dove tornarono insieme a Saint-Denis quando l’abate si riconciliò con l'imperatore rimanendogli fedele anche durante le lotte con i figli. Dopo la morte di Lodovico il Pio nell'840, Incmaro appoggiò Carlo il Calvo, ricevendone in cambio le abbazie di Nôtre-Dame a Compiègne e di Saint-Germer-de-Fly.

• 1375 - Giovanni Boccaccio (Certaldo o Firenze, giugno/luglio 1313 – Certaldo, 21 dicembre 1375) è stato uno scrittore e poeta italiano.
Boccaccio è stato uno fra i maggiori narratori italiani e europei del XIV secolo: con il suo Decameron, che venne subito tradotto in molte lingue, diviene infatti conosciuto ed apprezzato a livello europeo, tanto da influire, per esempio, anche nella letteratura inglese, con Geoffrey Chaucer. Da alcuni studiosi (tra i quali Vittore Branca) è considerato il maggiore narratore europeo e ha avuto un ruolo egemone nel panorama letterario del XIV secolo.
«Umana cosa è l'aver compassione agli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto li quali già hanno di conforto avuto mestiere, e hannol trovato in alcuni: fra' quali, se alcuno mai n'ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli.» (Giovanni Boccaccio, Decameron - incipit.)

• 1521 - Domenico Spadafora (Randazzo, 1450 – Monte Cerignone, 21 Dicembre 1521) è stato un religioso italiana, proclamato beato nel 1912 da papa Benedetto XV.

• 1542 - Maria Lorenza Longo (Catalogna, 1463 circa – Napoli, 21 dicembre 1542) è stata una religiosa spagnola naturalizzata italiana, fondatrice dell'ordine delle monache Clarisse Cappuccine.

• 1597 - Pietro Canisio, in olandese Pieter Kanijs, o Kanisius, o Kanijs, o Kanîs (Nimega, 8 maggio 1521 – Friburgo, 21 dicembre 1597), è stato un gesuita e teologo olandese.
Fu il primo gesuita della provincia germanica. Nel 1925 è stato proclamato santo e dottore della Chiesa da papa Pio XI.
Pietro Canisio era figlio del Borgomastro di Nimega, villaggio che si trovava allora nel ducato di Gheldria e, dunque, nel Sacro Romano Impero.
L'8 maggio 1543, giorno del suo 22° compleanno, Canisio divenne l'ottavo membro - e il primo olandese - dell'ordine dei gesuiti fondato pochi anni prima. Quale primo provinciale dell'ordine in Germania Canisio avrebbe poi esercitato un influsso decisivo nella controriforma in Germania.
Nel gennaio 1547 Canisio è chiamato dal vescovo di Augusta, cardinale Otto Truchsess von Waldburg a partecipare al Concilio di Trento. E da questo periodo Canisio inizia a utilizzare la forma latina del proprio nome.
Canisio fu rettore e professore di teologia all'Università di Ingolstadt, fu dal 1554 al 1555 amministratore della diocesi di Vienna, dove tenne affollatissime prediche nel Duomo di Santo Stefano. Nel contempo egli svolse un'intensa attività controriformistica nella Germania meridionale con la piena fiducia sia dell'imperatore Ferdinando I sia di papa Gregorio XIII.
Canisio si fece apprezzare in particolare per i suoi modi cortesi. Egli era uso parlare di nuove dottrine, di nuovi insegnamenti e non di eretici o di errori. Il suo catechismo, che apparve nel 1555 sotto il titolo Summa doctrinae christianae, fu pensato come una risposta a Martin Lutero e fu ristampato, soltanto nel periodo in cui Canisio visse, ben 200 volte.
Nei suoi ultimi anni fondò in Svizzera a Friborgo nel 1580 il collegio Sankt Michael, che fu poi trasferito a Feldkirch e infine a St. Blasien nella Foresta Nera. Alla sua morte fu sepolto nella chiesa universitaria di Friborgo Sankt Michael.
Canisio fu proclamato beato nel 1869 da papa Pio IX e canonizzato nel 1925 da papa Pio XI che lo nominò pure dottore della Chiesa. Peraltro già papa Leone XIII lo aveva definito il secondo apostolo della Germania dopo san Bonifacio.

• 1863 - Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioachino Raimondo Belli (Roma, 7 settembre 1791 – Roma, 21 dicembre 1863) è stato un poeta italiano.
Nei suoi numerosi sonetti in vernacolo romanesco descrisse il popolo della Roma pontificia del XIX secolo. É annoverato tra le così dette "quattro coroncine", insieme a Giovanni Meli, Carlo Goldoni, Carlo Porta (da affiancare alle "tre corone" di Dante, Petrarca e Boccaccio)..
Di famiglia modesta, da bambino visse a Napoli, poiché il padre era perseguitato dai francesi che avevano occupato lo stato pontificio. Rimasto assai presto orfano di entrambi i genitori, il Belli dovette cambiare spesso d'impiego, sempre nei settori della computistica e dell'impiego di concetto, ma grazie all'amico poeta Francesco Spada ebbe modo da un lato di iniziare la produzione poetica (inizialmente in lingua italiana) e dall'altro di selezionare i contatti professionali, ricoprendo incarichi via via più importanti.
Fu segretario del principe Stanislao Poniatowsky, poi istitutore privato, poi ancora impiegato all'Ufficio del Bollo e Registro. Sposò una donna di diversi anni più matura, recante una dote che gli permise di guardare con minori preoccupazioni alla vita pratica e di dedicare più tempo alla produzione poetica, che intanto prendeva forma tipica nella metrica del sonetto, oltre che all'Accademia Tiberina, cui con lo Spada aveva aderito dopo la scissione dell'Accademia degli Elleni.
Dell'Accademia fu segretario e nel 1850 presidente. In questa veste fu responsabile della censura artistica, e come tale si trovò a vietare la diffusione delle opere di William Shakespeare.
Morì, nel 1863, a causa di un colpo apoplettico. Aveva disposto nel testamento che tutte le sue opere venissero bruciate, ma il figlio decise di non rispettare la volontà paterna, consentendo invece che fossero conosciute.
«Io ho deliberato di lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma.
In lei sta certo un tipo di originalità: e la sua lingua, i suoi concetti, l'indole, il costume, gli usi, le pratiche, i lumi, la credenza, i pregiudizi, le superstizioni, tutto ciò insomma che la riguarda, ritiene un'impronta che assai per avventura si distingue da qualunque altro carattere di popolo. Né Roma è tale, che la plebe di lei non faccia parte di un gran tutto, di una città cioè di sempre solenne ricordanza.» (Giuseppe Gioachino Belli, introduzione alla raccolta dei sonetti)
«Non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparirà la materia e la forma: ma il popolo è questo e questo io ricopio. » (Giuseppe Gioachino Belli, introduzione alla raccolta dei sonetti)
«Io qui ritraggo le idee di una plebe ignorante, comunque in gran parte concettosa ed arguta, e le ritraggo, dirò, col concorso di un idiotismo continuo, di una favella tutta guasta e corrotta, di una lingua infine non italiana e neppur romana, ma romanesca.» (Giuseppe Gioachino Belli, introduzione alla raccolta dei sonetti)

• 1928 - Luigi Cadorna (Pallanza, 4 settembre 1850 – Bordighera, 21 dicembre 1928) è stato un generale e politico italiano.
Più complessa risulta la valutazione di Cadorna come condottiero d'uomini, e del suo dispotismo nella gestione dell'esercito: all'insensibilità per le sofferenze dei soldati al fronte, propria di gran parte degli alti ufficiali della grande guerra da Haig, a Falkenhayn sino ai suoi diretti antagonisti quali Conrad e Boroević, egli univa una singolare rudezza nei rapporti con i suoi collaboratori e sottoposti. In seno all'esercito poté godere di libertà del tutto sconosciute agli altri comandanti alleati, e la sua influenza si estese sino a condizionare l'operato e gli orientamenti dello stesso Ministero della Guerra e financo del governo, in particolar modo sotto il remissivo governo Boselli; dalla caduta del governo Salandra II, in conseguenza della Strafexpedition lanciata dagli austriaci, sino a Caporetto il generale concentrò nelle proprie mani poteri e prerogative comparabili soltanto a quelli della "dittatura militare" instaurata de facto in Germania da Falkenhyan e successivamente dal duo Hindenburg-Ludendorff.
A causa di tale stato di cose Cadorna poté esercitare il proprio potere in modo quantomeno arbitrario, facendo e disfacendo i quadri superiori delle forze armate: famigerata divenne in particolare la pratica dei siluramenti indiscriminati che, per unanime consenso, tanta parte ebbe nel minare seriamente il morale e la combattività delle forze armate. Il sollevamento dal comando per le più disparate ragioni (sino a giungere sovente al paradosso dei siluramenti "preventivi", divenne pratica talmente diffusa da inibire completamente lo spirito d'iniziativa dei comandanti ad ogni livello, ciascuno paventando di essere rimosso dal proprio superiore diretto anche in conseguenza di scacchi e fallimenti marginali. In simili circostanze l'esempio offerto da Cadorna, uomo refrattario a qualsivoglia genere di critica e dissenso, risultò effettivamente deleterio alla luce di una spiccatissima propensione a scaricare le responsabilità degli errori del capo sui suoi subordinati.

• 1937 - Frank Billings Kellogg (Potsdam, 22 dicembre 1856 – Saint Paul, 21 dicembre 1937) è stato un politico, diplomatico e giurista statunitense, noto per il cosiddetto Patto Briand-Kellogg, una reciproca rinuncia della guerra fra stati. Ottenne il premio Nobel per la pace per l'anno 1929, premio che gli fu però conferito solo nel 1930.

• 1940 - Francis Scott Key Fitzgerald (Saint Paul, 24 settembre 1896 – Hollywood, 21 dicembre 1940) è stato uno scrittore e sceneggiatore statunitense, autore di romanzi e racconti. È considerato uno fra i maggiori autori dell'Età del jazz e, per la sua opera complessiva, del XX secolo.
Faceva parte della corrente letteraria della cosiddetta Generazione perduta, un gruppo di scrittori americani nati negli anni 1890 che si stabilì in Francia dopo la prima guerra mondiale.
Scrisse quattro romanzi, più un quinto lasciato incompiuto, e decine di racconti brevi sui temi della giovinezza, della disperazione, e del disagio generazionale.

• 1942 - Franz Boas (Minden, 9 luglio 1858 – New York, 21 dicembre 1942) è stato un antropologo tedesco naturalizzato statunitense, tra i pionieri dell'antropologia moderna.
Boas nacque nel 1858 in Germania presso una famiglia ebrea di idee liberali. Questa condizione lo rese particolarmente sensibile alle tematiche del razzismo nonché oggetto di vessazioni di stampo antisemita da parte di alcuni colleghi di studio all'università.
La sua preparazione accademica fu variegata: prima si diede alla fisica, poi alla matematica, infine alla geografia. Proprio quest'ultima lo condusse indirettamente agli studi antropologici: nel 1883 partì per una spedizione scientifica presso gli eschimesi della terra di Baffin con lo scopo di analizzare gli effetti dell'ambiente fisico sulla società locale. Boas fece ritorno in Germania con la ferma convinzione che fosse la cultura e non l'ambiente a determinare le dinamiche sociali del popolo eschimese. Decise pertanto di dedicarsi all'antropologia.
Nel 1886 decise di compiere un altro viaggio nell'America Settentrionale, recandosi assieme al linguista inglese Horatio Hale nella Columbia Britannica, per compiere uno studio etnografico sugli indiani della costa nord-occidentale. Nel corso di questi studi analizzò da vicino i kwakiutl, i chinook ed i tsimshian, mentre nel 1887 decise di stabilirsi negli Stati Uniti. Divenne professore alla Columbia University e curatore dell'American Museum of Natural History.

Ricerche
Boas concepiva il lavoro sul campo come lo studio di singole culture o particolari aree culturali.

Evoluzionismo culturale
Boas era un giovane ricercatore di geografia quando entrò a far parte di una spedizione artica che lo condusse nella Terra di Baffin. Qui Boas scoprì che il gruppo eschimese degli Inuit possedeva una diversa serie di categorie cromatiche che influenzavano la loro percezione del colore dell’acqua del mare.
Boas giunse alla conclusione che persino le nostre percezioni sensoriali possono venire influenzate da fattori culturali. Partendo da questa considerazione, egli iniziò una serie di studi sull’interazione tra fattori geografici e culturali e poco dopo abbandonò la nativa Germania per trasferirsi negli Stati Uniti e iniziare una serie di studi etnografici sulle tribù indiane nordamericane.
Tali studi portarono Boas ad abbandonare l’assioma indistinto di cultura in favore dell’idea di una pluralità di culture influenzate – oltre che da fattori geografici – dai molteplici percorsi storici, dato che la Storia non segue un rigido schema evolutivo ma è costruita da un’infinita serie di percorsi. A queste conclusioni Boas arrivò attraverso lo studio sul campo, che da quel momento in avanti divenne il fondamento non solo metodologico ma anche teorico dell’antropologia, smantellando le tesi tyloriane. Attraverso un enorme lavoro di ricerca, Boas raccolse un quantità impressionanti di dati e informazioni riguardo la lingua, le usanze, i riti, le strutture sociali delle diverse tribù degli indiani d’America, dati che lo portarono a cogliere i particolari stili di vita che fanno di ogni cultura un’esperienza irripetibile altrove.

Particolarismo storico
Lo studio di Boas sugli indiani non fu il primo, poiché era già stato compiuto da altri antropologi, il cui approccio spesso non fu solo scientifico: ad esempio l’antropologo evoluzionista Lewis Henry Morgan, che studiò le tribù degli Irochesi, nel 1846 si schierò dalla loro parte nominandosi avvocato difensore in una causa giudiziaria intentata da un gruppo di speculatori bianchi che volevano prendersi le loro terre. Ad ogni modo, il contributo più importante di Boas fu l’introduzione dell’approccio detto particolarismo storico: esso è un procedimento induttivo fondato sull’osservazione empirica di un gruppo culturale ben localizzato e volto a metterne in luce le strutture sociali peculiari a partire dal suo specifico sviluppo storico.
L’affermazione di Boas secondo cui la cultura non esiste, ma esistono invece diverse culture, trova il suo fondamento proprio nell’idea che ogni gruppo etnico sia diverso da un altro per il carattere irripetibile della sua storia. Ciò lo porta a ritenere impossibile l’esistenza di stadi di sviluppo comuni a tutta l’umanità. Un altro importante contributo di Boas all’antropologia è stato l’adozione del metodo idiografico contrapposto a quello nomotetico praticato dagli evoluzionisti e tendente a ricercare le leggi universali dell’agire umano.
L’approccio idiografico deriva dallo storicismo tedesco e soprattutto dalle teorie di Wilhelm Dilthey: egli, in polemica col positivismo di Comte, esplicò per primo la distinzione tra scienze naturali e “scienze dello spirito” (oggi dette scienze storico-sociali o scienze umane), distinzione fondata sull’assoluta diversità del loro rispettivo oggetto di indagine: un oggetto assolutamente indipendente rispetto al soggetto nelle scienze naturali, dove il mondo naturale è altro dal soggetto che è l’uomo; un’identità tra oggetto e soggetto nelle scienze storico-sociali dove l’oggetto, cioè il mondo storico-sociale, è – come affermava già Vico – opera del soggetto, cioè dell’agire umano. Lo studio delle scienze naturali si basa sul metodo nomotetico, sulla spiegazione degli eventi in base a leggi universali; le scienze dello spirito si basano sul metodo idiografico che permette di comprendere i significati irripetibili di ogni evento storico. La differenza centrale tra le scienze umane e quelle naturali sta nel fatto che le prime sono volte allo studio di ciò che è singolare, individuale, mentre le seconde studiano l’universale.

La critica dell'evoluzionismo e il relativismo culturale
Nella sua opera Limiti del metodo comparativo in antropologia (1896), B. smantella il paradigma dell’evoluzione unilineare proposta da Tylor. Boas ritiene che non sia assolutamente provata la tesi secondo cui ogni popolo attualmente presente in uno stadio progredito della civiltà sia passato attraverso una serie di stadi di sviluppo identici per tutti e che possono essere desunti dall’analisi di tutti i tipi di cultura esistenti al mondo. Boas afferma con convinzione che la sequenza dal semplice al complesso non è valida per tutti i fenomeni culturali: non lo è ad esempio per la lingua, o per l’arte, o per la religione. A dimostrazione di ciò, Boas fa riferimento ai numerosi studi da lui effettuati sui linguaggi degli indiani d’America e nota come «molte lingue primitive sono complesse», perché le loro strutture grammaticali e le loro forme logiche sono molto più elaborate di quelle occidentali: «Le categorie grammaticali del latino, e ancor di più quelle dell’inglese moderno, appaiono rozze se paragonate con la complessità delle forme logiche che le lingue primitive conoscono».
Riguardo la tesi dell’unità psichica del genere umano, Boas la smonta attraverso la sua impostazione storicistica: la presenza di fenomeni simili in contesti culturali distanti può essere spiegata attraverso una connessione storica tra tali fenomeni. È probabile che questi fenomeni fossero acquisizioni culturali primitive risalenti a un periodo antecedente alla dispersione dell’umanità, o che si siano prodotte per contatti culturali diretti. Notando inoltre con che frequenza forme analoghe si sviluppino indipendentemente in piante e animali, Boas afferma che «non c’è nulla di improbabile nell’origine indipendente di idee simili tra i gruppi umani più differenti».
Uno dei meriti principali di Boas è stato l’avere confutato il pregiudizio razzista. Nel suo La mente dell’uomo primitivo, Boas dimostrò come non vi sia alcuna influenza sulla cultura da parte dei caratteri biologici ed esplicò la sua tesi già presente in tutti i suoi studi secondo cui le differenze tra gruppi umani sono dovute solo alla cultura e ai diversi percorsi storici e non alla razza.
Boas è stato anche il primo a introdurre il concetto di relativismo culturale che è del resto l’inevitabile approdo del particolarismo storico. Questa tesi si fonda sull’assunto secondo cui ogni cultura ha una sua unicità che la rende incomprensibile e impossibile da valutare a tutti coloro che non la studiano dal suo interno.
Nato come correttivo dell’etnocentrismo (termine introdotto da William G. Sumner nel 1906), concetto che designa la tendenza a interpretare e giudicare le culture “altre” in base ai propri criteri, il relativismo culturale è poi divenuto per gli antropologi un ostacolo riguardo questioni etiche ed epistemologiche che si verranno a presentare più avanti.

Il concetto di cultura
Ne La mente dell’uomo primitivo (1911), Boas elaborò una propria definizione di cultura. Essa è definita come «la totalità delle reazioni e delle attività intellettuali e fisiche che caratterizzano il comportamento degli individui che compongono un gruppo sociale – considerati sia collettivamente sia singolarmente – in relazione al loro ambiente naturale, ad altri gruppi, ai membri del gruppo stesso, nonché quello di ogni individuo rispetto a se stesso». La cultura, continua Boas, «comprende anche i prodotti di queste attività» e soprattutto «i suoi elementi non sono indipendenti ma possiedono una struttura».
Riguardo questa definizione, possono essere fatte alcune riflessioni. Innanzitutto, nonostante le sue varie critiche a Tylor, la sua definizione di cultura riprende da Tylor l’idea di totalità visto che anche per Boas la cultura è un insieme di elementi che non sono indipendenti ma che possiedono una struttura: ritorna quindi il concetto di insieme complesso. Diversamente da Tylor, tuttavia, Boas fa qui una distinzione tra due diversi aspetti della cultura: da una parte le reazioni e le attività comportamentali, dall’altra i prodotti di questa attività, cioè quella che potremmo definire la cultura materiale. Ciò che tuttavia spicca in questa definizione è la centralità riservata all’individuo: mentre nella definizione di Tylor l’individuo, inteso come “membro della società”, è un elemento passivo perché mero “portatore” della cultura, Boas assume l’individuo nella qualità di soggetto capace di “attività” e “reazioni”.

Lingua, cultura, individuo
Nel suo fondamentale Handbook of American Indian Languages (1911) in quattro volumi, Boas fornì una documentazione unica sulla grammatica delle lingue degli indiani d'America, molte delle quali oggi scomparse. La sua introduzione a quest’opera è stata considerata da molti esperti come uno dei testi più importanti della linguistica descrittiva e antropologica. Boas ritiene che vi sia un collegamento tra lingua e cultura, ed anzi la conoscenza della lingua viene ritenuta indispensabile per la conoscenza di una cultura. Queste riflessioni derivano dalla stessa personale esperienza di Boas. Egli studiò numerose questioni, quali il legame tra lingua e razza, l’influenza dell’ambiente sulla lingua, i rapporti tra linguaggio e pensiero. Nella sua più tarda opera General Anthropology (1938), egli sosterrà la tesi secondo cui le categorie grammaticali di una lingua impongono a chi le usa delle scelte obbligate allo stesso modo in cui i soggetti sociali sono condizionati dalle regole della propria cultura. Boas non approfondì sistematicamente questo rapporto tra lingua e cultura, che fu invece ripreso da uno dei suoi allievi, Edward Sapir che, insieme al linguista Benjamin Lee Whorf, è rimasto noto per la cosiddetta ipotesi di Sapir-Whorf.

* 1950 - Trilussa, pseudonimo di Carlo Alberto Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950), è stato un poeta italiano, noto per le sue composizioni in dialetto romanesco che, ad un secolo di distanza dal Belli, contribuì a elevare a lingua letteraria.

Ecco la più nota delle sue poesie: La Statistica:

«Sai ched'è la statistica? È na' cosa
che serve pe fà un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che spósa.

Ma pè me la statistica curiosa
è dove c'entra la percentuale,
pè via che, lì, la media è sempre eguale
puro co' la persona bisognosa.

Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d'adesso
risurta che te tocca un pollo all'anno:

e, se nun entra nelle spese tue,
t'entra ne la statistica lo stesso
perch'è c'è un antro che ne magna due.» (Trilussa, La Statistica)


• 1968 - Vittorio Pozzo (Torino, 2 marzo 1886 – Ponderano, 21 dicembre 1968) è stato un allenatore di calcio e calciatore italiano.
È stato commissario tecnico della nazionale italiana negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, nonché l'unico allenatore capace di vincere per due volte e consecutivamente il campionato del mondo.

* 2002 - Giò Pomodoro (Orciano di Pesaro, 17 novembre 1930 – Milano, 21 dicembre 2002) è stato uno scultore italiano. Viene considerato uno fra i più importanti scultori astratti del panorama internazionale del XX secolo
Nacque ad Orciano di Pesaro il 17 novembre 1930. Già a partire dal 1955, collaborando anche con il fratello maggiore Arnaldo e con artisti del calibro di Dorazio, Novelli, Turcato, Tancredi, Perilli e Fontana, presentò delle opere al Gruppo "Continuità", che vedeva la partecipazione di critici come Guido Ballo, Giulio Carlo Argan, e Franco Russoli. Più tardi però si staccò da questi artisti e si diresse incontro a un pensiero di "rappresentazione razionale dei segni".
Si è dedicato attivamente alla ricerca scultorea, partendo giovanissimo con le prime esperienze informali sul Segno, per approdare ai grandi cicli sulla Materia e il Vuoto - Superfici in Tensione e Folle - e sulla Geometria - Soli, Archi e Spirali. Dedicatosi attivamente alla pittura, all'oreficeria d'arte, alla scenografia e al design, è stato più volte invitato alla Biennale di Venezia e a documenta a Kassel.
Predilesse ampie aree fluttuanti in bronzo e grandi blocchi scolpiti nel marmo o squadrati con rigidezza nella pietra. In queste opere solitamente si aprono degli spazi vuoti che lasciano irrompere la luce del sole . Il sole, infatti, è spesso il soggetto delle sue opere (anche se non viene rappresentato esplicitamente) a cui sono legati dei precisi significati ideologici dell'autore.
Nel suo paese natale dell'entroterra marchigiano, precisamente nel luogo in cui nacque, decise di realizzare una piazza, recante al centro una sua opera in marmo intitolata Sole deposto, che riporta alla base dei versi di una celebre poesia, proprio a ricordare il suo attaccamento al luogo di origine: «Sempre caro mi fu quest'ermo colle...» (Giacomo Leopardi, L'infinito)
Nel 1971 fu tra i firmatari dell'Appello de L'Espresso contro il Commissario Calabresi.