Il calendario del 20 Giugno
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Eventi
▪ 1214 - L'Università di Oxford riceve il suo statuto
▪ 1789 - I deputati del terzo stato francese effettuano il Giuramento della Sala della Pallacorda
▪ 1791 - Il Re francese Luigi XVI tenta la fuga dalla Francia travestito da servo, ma viene riconosciuto e fermato nella città di Varennes-en-Argonne.
▪ 1819 - Il vascello statunitense SS Savannah arriva a Liverpool. È il primo vascello a vapore ad attraversare l'Atlantico, gran parte del viaggio venne effettuato a vela
▪ 1837 - La regina Vittoria del Regno Unito sale sul trono britannico
▪ 1859 - Stragi di Perugia. In tale data nella città di Perugia le truppe dei reggimenti svizzeri inviate da papa Pio IX attaccarono i cittadini che si erano ribellati al dominio dello Stato della Chiesa, procedendo all'occupazione della città, al saccheggio e all’esecuzione di civili.
▪ 1866 - L'Italia si allea alla Prussia contro l'Austria iniziando di fatto la Terza guerra di indipendenza italiana
▪ 1877 - Alexander Graham Bell installa il primo servizio telefonico commerciale a Hamilton Ontario
▪ 1919 - 150 persone muoiono nell'incendio del Teatro Yaguez, a Mayaguez (Puerto Rico)
▪ 1944 - Perugia: Liberazione dal nazi-fascismo
▪ 1946 - Apre a Parigi sugli Champs-Élysées il cabaret Lido
▪ 1960 - Indipendenza del Mali e del Senegal
▪ 1963 - viene stabilita la "linea rossa" (telefonica) tra Unione Sovietica e Stati Uniti
▪ 1966 - Il Canada vende 12 milioni di metri cubi di frumento all'Unione Sovietica
▪ 1976 - Italia: si svolgono le elezioni politiche
▪ 1977 - Il petrolio inizia a scorrere attraverso il Trans-Alaska Pipeline System (TAPS)
▪ 1978 - L'Italia aderisce alla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche
▪ 1980
- - Roberto Duran inizia la sua classica trilogia del pugilato contro Sugar Ray Leonard sconfiggendolo ai punti in 15 round, e conquistando il titolo di Campione del modo dei pesi welter della WBC
- - Negli Stati Uniti esce il film Blues Brothers
▪ 1990 - Il parlamento tedesco decide di spostare la capitale da Bonn a Berlino.
▪ 2001 - Pervez Musharraf diventa presidente del Pakistan
▪ 2003
- - a Torino parte l'hackmeeting 03
- - Annunciata la costituzione della Wikimedia Foundation.
Anniversari
* 1836 - Emmanuel Joseph Sieyès (Fréjus, 3 maggio 1748 – Parigi, 20 giugno 1836) è stato un abate e politico francese, personaggio che svolse un ruolo importante negli eventi rivoluzionari che cambiarono la storia della Francia e del mondo. Abile politico, sopravvisse indenne ai vari soprassalti della rivoluzione.
Periodo 1748-1787
Emanuel Joseph Sieyès nacque nel 1748 a Fréjus, nel sud della Francia, in una famiglia borghese: suo padre, esattore delle tasse reali, pensava che la miglior scelta per il futuro di suo figlio fosse la carriera ecclestiastica.
Il giovane Joseph si dedicò agli studi senza vocazione venendo nominato sacerdote nel 1772. Poco dopo divenne canonico di Tréguier e successivamente cancelliere della cattedrale di Chartres nel 1787, continuando tuttavia a preferire la filosofia alla religione. Studioso del pensiero di Voltaire, era attratto dalle nuove idee degli enciclopedisti, che iniziò a frequentare durante i suoi viaggi a Parigi, dovuti alla carica di consigliere alla camera sovrana del clero che ricopriva.
Nonostante mettesse per iscritto le proprie riflessioni, in gran parte legate alle sue letture di politica, non pubblicò nulla fino al 1788.
Periodo 1788-1791: il teorico della Rivoluzione
Nel 1788 si stabilì definitivamente a Parigi, dove si dedicò con passione alla vita politica. Nell'inverno tra il 1788 e il 1789 pubblicò finalmente tre pamphlet che divennero notissimi e che tratteggiarono alcune idee chiave dei futuri rivoluzionari.
Il primo pamphlet, "Saggio sui privilegi", è del novembre 1788 ed era un attacco alla nobiltà. Il secondo trattava degli Stati Generali che stavano per essere convocati, e di come questi avrebbero dovuto diventare una "Assemblea nazionale". Tuttavia Sieyès passò alla storia con la terza pubblicazione, nel gennaio 1789: "Qu'est-ce que le Tiers Etat?" ("Cos'è il Terzo Stato?"): in questo opuscolo Sieyès si scagliava di nuovo contro la nobiltà e proclamava convintamente che i rappresentanti del Terzo Stato dovessero porre le basi per un nuovo regime. Si ricorda la celeberrima frase: "Che cos'è il Terzo Stato? Tutto. Che cos'è stato finora nell'ordinamento politico? Nulla. Che cosa desidera? Diventare qualcosa".
Fondò con i suoi amici il club di Valois e fu eletto deputato agli Stati Generali. Grazie alla sua autorevolezza Sieyès svolse un ruolo fondamentale nella trasformazione degli Stati Generali in Assemblea Nazionale e si oppose, insieme a Mirabeau, all'ordine del re di sciogliere l'assemblea il 23 giugno 1789.
Membro del club dei giacobini, fece adottare all'assemblea il suffragio censuario (ottobre del 1789): l'assemblea con questo auspicava un regime dove tutti i cittadini eleggessero direttamente i loro rappresentanti.
Periodo 1792-1798
Nel 1792 venne eletto deputato alla Convenzione Nazionale e benché favorevole alla riabilitazione di una monarchia costituzionale, votò comunque a favore dell'esecuzione del re Luigi XVI.
Durante il Terrore, anche se qualcuno l'accusava di esserne uno dei responsabili, Sieyès riuscì a defilarsi e passare in secondo piano.
Successivamente fu eletto membro del Direttorio e occupò molte cariche pubbliche e diplomatiche, tra cui quella di ambasciatore della Repubblica francese in Prussia.
Nel 1797 subì un attentato ad opera di un monarchico, che non gli perdonava il voto a favore della condanna a morte nei confronti di Luigi XVI: la grande emozione popolare che ne seguì gli permise di presentarsi agli occhi dei parigini come uno dei fondatori della Repubblica.
Periodo 1798-1836
Il 16 maggio 1799 Sieyès fu eletto al Direttorio, in sostituzione di Reubell. Eclissando Barras, Sieyès divenne la personalità più importante del Direttorio e iniziò a preparare con Joseph Fouché e Napoleone Bonaparte il colpo di Stato del 18 brumaio.
Con la costituzione dell'anno VIII, Napoleone Bonaparte sostituì il direttorio con il consolato e nominò Sieyès console provvisorio nonché supervisore di due commissioni costituzionali. Dopo la nuova modifica della costituzione, Sieyès si ritirò dal consolato ed entrò al Senato nel quale fu però progressivamente emarginato dalle più importanti funzioni pubbliche.
Nominato nel 1809 "conte dell'impero", dopo la caduta di Napoleone Bonaparte fu accusato dai suoi avversari politici di regicidio. Di conseguenza decise di partire in esilio e si stabilì a Bruxelles per tutto il periodo della Restaurazione.
Tornò a Parigi solo dopo la rivoluzione del 1830. Si ritirò allora definitivamente dalla politica e si spense nella capitale all'età di 88 anni.
* 1893 - Silvio Spaventa (Bomba, 12 maggio 1822 – Roma, 20 giugno 1893) è stato un politico e patriota italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XVI legislatura.
Fratello minore del filosofo Bertrando, nacque da un'agiata famiglia abruzzese: i suoi genitori furono Eustachio Spaventa e Maria Anna Croce, appartenente alla stessa famiglia del filosofo Benedetto Croce, che fu affidato alla sua tutela dopo la morte dei genitori nel terremoto di Casamicciola del 1883.
Ricevette la prima educazione a casa e, nel 1836, venne inviato a proseguire gli studi nel Seminario di Chieti, dove già studiava il fratello; completò gli studi nel seminario di Montecassino dove, nel 1838, Bertrando aveva ottenuto l'incarico di docente di matematica e retorica. Qui strinse amicizia con il filosofo Antonio Tari.
Nel 1843 si trasferì a Napoli, dove lavorò come precettore dei figli del magistrato Benedetto Croce, fratello di sua madre e nonno dell'omonimo filosofo.
Qui entrò in contatto con il pensiero liberale ed hegeliano. Venne, però, ben presto costretto ad abbandonare la città per il suo orientamento politico: soggiornò in Toscana, dove strinse forti legami con la classe politica moderata locale. Tornò a Napoli nel febbraio del 1848, dopo la concessione della Costituzione, e fondò il quotidiano Il Nazionale, il cui primo numero uscì il 1º marzo 1848: il giornale divenne presto punto di riferimento della borghesia liberale, ma venne apprezzato anche dagli ambienti più conservatori e filoborbonici. Venne anche eletto deputato e contribuì a dare una dimensione nazionale al patriottismo napoletano, insistendo per la partecipazione delle truppe del regno alla guerra d'Indipendenza.
L'esilio
Dopo il colpo di stato di Ferdinando II del 15 maggio 1848 (la revoca della Costituzione e il bombardamento di Napoli), Silvio Spaventa, accusato di aver sostenuto la resistenza del generale Guglielmo Pepe, venne arrestato (19 marzo 1849) e rinchiuso nel carcere di San Francesco.
Riconosciuto colpevole di cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato e sedizione, venne condannato a morte per impiccagione (8 ottobre 1852), ma ebbe poi la pena commutata in ergastolo; rimase nel carcere di Santo Stefano per sei anni, durante i quali si dedicò agli studi politici e filosofici; l'11 gennaio 1859 la pena venne nuovamente commutata in esilio perpetuo. Il piroscafo Stewart, che doveva condurlo insieme ad altri 68 condannati politici in America, in seguito all'ammutinamento organizzato dal figlio di Luigi Settembrini, ufficiale della marina britannica, lo condusse in Irlanda (6 marzo 1859); da qui raggiunse Londra e quindi Torino, dove entrò in contatto con Cavour divenendo uno dei principali fautori della sua politica.
L'attività politica dopo l'Unità d'Italia
Venne inviato nuovamente a Napoli nel luglio 1860 per preparare il Mezzogiorno all'annessione al Regno d'Italia: si adoperò, senza successo, perché questa avvenisse il prima possibile, senza attendere l’arrivo a Napoli di Garibaldi, il quale poi, assunto il titolo di Dittatore, lo espulse (il 25 settembre 1860). Tornò a Napoli ad ottobre, assumendo la carica di ministro di Polizia nel governo luogotenenziale (dal novembre 1860 al luglio 1861), fronteggiando energicamente la difficile situazione napoletana, anche con l'aiuto del corregionale barone Rodrigo Nolli.
Sedette nella Camera dei deputati ininterrottamente dal 1861 al 1889, tra le file della Destra storica. Venne nominato Sottosegretario all'Interno nei governi Farini e Minghetti (dal dicembre 1862 al settembre 1864) divenendo il principale ispiratore della politica di sicurezza interna dello Stato: organizzò la repressione del brigantaggio meridionale e delle manifestazioni torinesi del 1864 provocate dalla Convenzione di settembre che prevedeva anche lo spostamento della capitale a Firenze. Nel 1868 venne nominato Consigliere di Stato; viene ricordato ancor oggi il suo famoso discorso sulla "giustizia nell'amministrazione" del 6 maggio 1880.
Fu ministro dei Lavori Pubblici nel secondo governo Minghetti (dal luglio 1873 al marzo 1876): in tal veste, fu l'autore del progetto di legge che prevedeva la nazionalizzazione della rete ferroviaria, la quale alienò al suo governo il sostegno dei deputati toscani e causò la caduta del governo e la fine della Destra storica, nel marzo 1876.
Nominato Senatore del Regno nel 1889, per interessamento di Francesco Crispi divenne anche presidente della IV sezione del Consiglio di Stato.
Il pensiero
Influenzato dalla concezione hegeliana dello Stato, Spaventa fu uno dei più originali teorici del liberalismo nell'Italia dell'Ottocento: fu sostenitore di uno Stato forte ma non autoritario e sostenne tenacemente la rigorosa separazione della sfera politica da quella amministrativa; in polemica col trasformismo di Agostino Depretis, propugnò un bipartitismo di tipo inglese.
Morì a Roma il 20 giugno 1893. Ebbe funerali di Stato e la sua salma è sepolta nel cimitero del Verano.
▪ 1966 - Georges Edouard Lemaître (Charleroi, 17 luglio 1894 – Lovanio, 20 giugno 1966) è stato un presbitero, fisico e astronomo belga.
Fu il primo a capire che lo spostamento verso il rosso della luce delle stelle era la prova dell'espansione dell'universo e a proporre la legge di Hubble, secondo la quale vi è una proporzionalità fra distanza delle galassie e loro velocità di recessione. Nel 1927, infatti, pubblicò la teoria del Big Bang, basata sulla relatività generale, che spiega entrambi i fenomeni. Lemaître fu sempre un sostenitore dell'espansione illimitata dell'universo e a questo scopo conservò nel suo modello la costante cosmologica, proposta da Einstein, ma abbandonata da lui e da quasi tutti gli altri fisici dopo la scoperta del Big Bang. L'espansione illimitata e l'uso della costante cosmologica furono generalmente accettati solo dopo che venne scoperta l'accelerazione dell'espansione dell'universo. Ciò però ebbe luogo solo nel 1998, oltre trenta anni dopo la morte di Lemaître.
Studiò prima nel collegio gesuita di Charleroi e poi matematica e scienze fisiche all'Università di Lovanio. Entrò in seminario nel 1920 e fu ordinato sacerdote nel 1923.
In seguito si interessò particolarmente alla teoria della relatività di Albert Einstein, che incontrò numerose volte. Lavorò quindi all'osservatorio astronomico di Cambridge sotto la direzione di Arthur Stanley Eddington, e quindi al Massachusetts Institute of Technology dove scrisse la sua tesi sui campi gravitazionali all'interno della teoria della relatività generale. Ritornò in Belgio nel 1925, dove fu nominato professore all’Università di Lovanio e insegnò fino al 1964.
Ricerche
Nel 1927, indipendentemente dal lavoro di Alexander Friedmann, Georges Lemaître ipotizzò che l'universo è in espansione, basandosi sulle misure di redshift di Vesto Slipher e di Edwin Hubble e su una delle soluzioni dell'equazione di Einstein. Fu il primo a formulare la legge della proporzionalità fra la distanza e la velocità di recessione degli oggetti astronomici. Questa legge, apparsa in un suo articolo pubblicato del 1927 in lingua francese, e non tradotta nella versione inglese redatta da Arthur Eddington, sarà riscoperta empiricamente da Hubble qualche anno dopo.
Propose anche che l'evoluzione dell'universo avesse avuto inizio da un atomo primitivo e la sua stima dell'età dell'universo fu tra 10 e 20 miliardi di anni, (in accordo con le attuali stime).
Einstein rifiutò la teoria di Lemaître, in quanto in quel periodo considerava l'universo immutabile. Qualche anno dopo disse che questo fu uno degli errori più grandi della sua vita.
La teoria di Lemaître fu chiamata teoria del Big Bang da Fred Hoyle nel 1948 (o 1950), durante una trasmissione radiofonica.
Negli ultimi anni della sua vita si interessò a fondo dei primi calcolatori elettronici e di informatica.
Poco prima della sua morte, avvenuta nel 1966, riuscì a sapere che era stata individuata la radiazione cosmica di fondo, che provava praticamente la sua teoria.
Pubblicazioni maggiori
▪ "Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extragalactiques", Annales de la Sociètè Scientífique de Bruxelles, 47A (1927): p. 41.
▪ Nature 128 (1931) suppl.: p. 704.
▪ G. Lemaître, Discussion sur l'évolution de l'univers, 1933
▪ G. Lemaître, L'Hypothèse de l'atome primitif, 1946
▪ G. Lemaître, The Primeval Atom - an Essay on Cosmogony, D. Van Nostrand Co, 1950
Riconoscimenti e onori
Sin dal 1933 il nome di Lemaître divenne famoso in tutto il mondo anche a livello giornalistico.
Egli ricevette numerosi riconoscimenti in patria. Il 17 marzo 1934 Lemaître ricevette da re Léopold III il premio Francqui, la principale onorificenza per gli scienziati in Belgio. La sua candidatura era stata proposta da Albert Einstein, Charles de la Vallée-Poussin e Alexandre de Hemptinne. I membri della giuria internazionale erano Eddington, Langevin and Théophile de Donder. Nel 1941 fu eletto membro dell'Accademia Reale delle Scienze e delle Arti del Belgio. Nel 1950, infine, ricevette una terza onorificenza belga riservata a scienziati eccezionali: il premio decennale per le scienze applicate del periodo 1933-1942.
Nel 1936 fu eletto membro della Pontificia Accademia delle Scienze, di cui fu anche presidente dal marzo 1960 sino alla morte.
Nel 1953 gli venne assegnata la prima "Eddington Medal" rilasciata dalla Royal Astronomical Society inglese.
A lui sono stati dedicati:
▪ Il cratere lunare Lemaître;
▪ La metrica di Friedmann-Lemaître-Robertson-Walker;
▪ L'asteroide 1565 Lemaître.
▪ 1995 - Emil Cioran (Răşinari, 8 aprile 1911 – Parigi, 20 giugno 1995) è stato un filosofo, scrittore e saggista rumeno. Dalla seconda guerra mondiale fu in Francia con lo statuto di apolide.
Emil Cioran nacque a Răşinari, in Transilvania, nel 1911.
Il paese, oggi appartenente alla Romania, si trova presso Sibiu (Hermannstadt in tedesco Nagyszeben in ungherese). Precedentemente era incluso nell'impero austroungarico (chiamato Städterdorf in tedesco, Resinár in ungherese).
Il padre Emilian Cioran era un prete ortodosso prima a Răşinari poi curato a Sibiu (Hermanstadt); la madre Elvira Comaniciu era originaria di Venetia de Jos (Venezia del Sud), un comune situato vicino a Făgăraş.
Il padre di Elvira, Gheorghe Comaniciu, un notaio, ascese allo status di barone per il favore di cui godeva presso le autorità austro-ungariche.
Nella famiglia di Emil a volte capitava che i genitori parlassero in ungherese, lingua che il padre aveva imparato frequentando per un certo tempo le scuole elementari ungheresi.
Durante la Prima guerra mondiale i genitori di Emil, come una parte degli intellettuali di origine rumena erano stati confinati; il padre a Sopron (Ödenburg), la madre a Cluj (Klausenburg), lasciando i figli alle cure della nonna a Răşinari.
Cioran ha dichiarato di aver avuto un'infanzia molto felice fino al trasferimento alle scuole medie di Sibiu «È stata la fine del mio sogno, il crollo del mio mondo».
Già nell'adolescenza è colpito da grave insonnia.
La formazione culturale
Dopo gli studi classici al liceo Gheorghe Lazăr di Sibiu, a 17 anni Cioran iniziò a studiare filosofia all'Università di Bucarest.
Frequentando l'università ebbe modo di fare conoscenza con Eugène Ionesco, Samuel Beckett e Mircea Eliade, che insieme a Cioran avrebbero formato un gruppo di amici per tutta la vita.
Il futuro filosofo rumeno Constantin Noica e il futuro pensatore rumeno Petre Ţuţea divennero i suoi più stretti colleghi nel periodo in cui fu sotto la direzione di Tudor Vianu e Nae Ionescu.
Conoscendo il tedesco molto bene, i suoi primi studi si incentrarono su Immanuel Kant, Arthur Schopenhauer e specialmente Friedrich Nietzsche.
In questo periodo si professò agnostico, assumendo l'assioma «l'inconvenienza dell'esistenza».
Durante i suoi studi fu anche influenzato dalle opere di Georg Simmel, Ludwig Klages e Martin Heidegger e del filosofo russo Lev Šestov, che aggiunse al suo sistema di pensiero la convinzione che la vita è arbitraria.
Si laureò con una tesi su Henri Bergson che successivamente ripudiò, affermando che non aveva compreso la tragicità della vita.
Il trasferimento in Germania
Nel 1933 ottenne una borsa di studio presso la fondazione Humboldt, grazie alla quale si trasferì a Berlino, dove entrò in contatto con Nicolai Hartmann e Ludwig Klages, poi a Dresda e a Monaco, dove assisté all'instaurazione della dittatura hitleriana e alla sua presa del potere nella notte dei lunghi coltelli.
Pur professando il suo scetticismo verso tutti gli idealismi e dichiarandosi persecutore dell'utopia, in quegli anni si entusiasmò di fronte al vitalismo e al misticismo dei nazisti.
Le prime opere e l'adesione al nazismo
Al ritorno in Romania venne in contatto con il locale movimento fascista delle Guardie di ferro che abbandonò solo alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Dopo la pubblicazione dei primi libri in lingua rumena, che gli valsero l'etichetta di antisemita, nel 1936 per un anno insegnò filosofia al liceo di Braşov: «l'unico anno della mia vita in cui mi sia capitato di lavorare.»
Il trasferimento definitivo in Francia
Nel 1937 si trasferì in Francia con una borsa di studio dell'istituto francese di Bucarest per fare una tesi di dottorato.
Nel 1947, mentre stava scrivendo una traduzione in rumeno di Mallarmé, decise che non sarebbe rientrato in Romania e che avrebbe da allora in poi scritto solo in lingua francese.
Nel 1949 pubblicò il Sommario di decomposizione, opera che aveva già riscritto 4 volte prima che la giudicasse pronta per la pubblicazione.
L'attenzione e la cura posta nella scrittura in francese ne ha fatto uno dei migliori prosatori in questa lingua.
Riguardo però al suo pensiero, in un'intervista del 1970 a François Bondy l'autore dichiarò che il meglio della sua dottrina era in lingua romena: «Un libro uscito a Bucarest nel 1933: Al culmine della disperazione, che contiene già tutto quello che verrà dopo. È il più filosofico dei miei libri.»
Colto dal morbo di Alzheimer, morì a Parigi nel 1995 all'età di 84 anni.
È sepolto al cimitero di Montparnasse, dove nel 1997 lo raggiunge la moglie Simone Boué, che lasciò il carteggio del marito e l'istituzione di una borsa di studio al CNL ("Centre nazionale du livre") , per scrittori di lingua francese che abbiano già pubblicato un'opera con a tema una riflessione personale, nello spirito di Cioran, su un soggetto di ordine generale.
Pensiero - Filosofia come terapia
Nell'ambito del pensiero filosofico, Cioran si colloca tra quelle figure che esulano dai canoni stabiliti dall'epoca e dai sistemi, e che non fanno parte di nessuna corrente o scuola.
Il suo stile è caustico, diretto e profondamente emotivo, poiché egli scrive non per diffondere le proprie idee ad un pubblico, bensì per dissipare la propria sofferenza, derivante da un'insonnia costante che lo conduce sull'orlo del suicidio.
«L'insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe a trasformare il Paradiso stesso in un luogo di tortura. Qualsiasi cosa è preferibile a questo allerta permanente, a questa criminale assenza di oblio. È durante quelle notti infernali che ho capito la futilità della filosofia. Le ore di veglia sono, in sostanza, un'interminabile ripulsa del pensiero attraverso il pensiero, è la coscienza esasperata da se stessa, una dichiarazione di guerra, un infernale ultimatum della mente a se medesima. Camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l'insolubile fino alla vertigine.»
La sua può essere definita una forma di letteratura terapeutica, poiché grazie ad essa desiste dall'uccidersi.
Dilaniato da contraddizioni insanabili, il pensiero di colui che si autodefinisce un filosofo urlatore si manifesta attraverso affermazioni volutamente provocatorie.
Qualsiasi giudizio su questa figura del Novecento deve tener conto che egli ha fatto dello scandalo uno stile di vita, dell'arte un'esplosione di sentimenti e della scrittura una valvola di sfogo prettamente personale.
La Romania
Cioran nasce in una terra di contraddizioni come la Romania, paese latino, cristiano ortodosso che diventa comunista passando per una forma di fascismo filonozista.
Una terra ricca di tradizioni e di superstizioni, il cui «popolo è il più scettico che esista: è allegro e disperato al tempo stesso. Per ragioni storiche coltiva la religione del fallimento» così Cioran e aggiunge: «ricordo della mia infanzia un tizio, un contadino al quale toccò una grande eredità. Passava la giornata di taverna in taverna, sempre ubriaco, accompagnato da un violinista che suonava per lui. mentre gli altri andavano in campagna a lavorare, lui passeggiava di taverna in taverna, l'unico uomo felice al mondo. Quando sentivo il suono del violino correvo a vederlo passare, perché mi affascinava. Spese tutto in due anni e poi morì.»
Il francese
Nonostante un fortissimo senso d'appartenenza al paese d'infanzia, ("darei tutti i paesaggi del mondo per quello della mia infanzia"), Cioran, arrivato a Parigi nel 1937, sceglie il francese come lingua di scrittura, pubblicando il suo primo saggio in questa lingua (Précis de décomposition) nel 1949 da Gallimard.
In "Storia e utopia" (1960) il filosofo spiega il suo rapporto conflittuale e resistente con questa lingua, dotata di «una sintassi d'una rigidità, d'una dignità cadaverica» e in cui non c'è «più alcuna traccia di terra, di sangue, d'anima.»
Disinganno e suicidio
Non c'è dubbio che l'opera di Cioran, pur dispiegandosi in vari libri anche lontani tra loro in ordine di tempo e di argomento, sia pervasa totalmente da uno spirito crudele ma speranzoso come il disinganno.
Crudele perché di fronte ad esso ogni fenomeno mondano sfocia nel fallimento, speranzoso perché niente è più istruttivo, in filosofia, del fallimento stesso.
Gli scritti di Cioran hanno il marchio della vertigine e della lucidità, non sono scritti secondo finalità pedagogiche. E per questo risultano estremi, laconici epitaffi di un'esistenza casuale, priva di senso, permeata dall'amarezza e che solo l'idea di suicidio può rendere dignitosa, in quanto unico atto veramente libero, frutto del libero arbitrio.
"Ricordo un'occasione in cui per tre ore ho passeggiato nel Lussemburgo con un ingegnere che voleva suicidarsi. Alla fine l'ho convinto a non farlo. Gli ho detto che l'importante era aver concepito l'idea, sapersi libero. Credo che l'idea del suicidio sia l'unica cosa che rende sopportabile la vita, ma bisogna saperla sfruttare, non affrettarsi a tirare le conseguenze. È un'idea molto utile: dovrebbero farci delle lezioni nelle scuole! "
«Vi sono notti in cui l'avvenire si abolisce, e di tutti i suoi momenti sussiste soltanto quello che sceglieremo per non più essere.»
Ironia
L'ironia capace di cogliere l'assurdità della vita salva Cioran e i suoi lettori dal pessimismo e dal nichilismo. L'ironia e l'umorismo che l'accompagna rendono tollerabile l'esistenza che talvolta appare paradossale dandole un nuovo senso razionale da cui ricominciare a vivere senza inganni.
«Non ci sono argomenti che giustifichino il fatto di vivere. Dopo essersi spinti al limite di se stessi si possono ancora invocare argomenti, cause, effetti, considerazioni morali, ecc.? Certamente no. Per vivere non restano allora che ragioni destituite di fondamento. Al culmine della disperazione, solo la passione dell'assurdo può rischiarare di una luce demoniaca il caos. Quando tutti gli ideali correnti - di ordine morale, estetico, religioso, sociale, ecc. -non sanno più imprimere alla vita una direzione né trovarvi una finalità, come salvarla ancora dal nulla? Vi si può riuscire solo aggrappandosi all'assurdo, all'inutilità assoluta, a qualcosa, cioè, che non ha alcuna consistenza, ma la cui finzione può creare un'illusione di vita».
Mostrare, non spiegare
Il sistema filosofico di Cioran è quello di rinnegare il sistema, le regole, il formalismo accademico: non pretende di spiegare e dimostrare ma solo mostrare cos'è la vita parlando di se stesso come uomo e non dell'astratta umanità.
Vari e apparentemente incompatibili tra loro sono le strade del pensiero che egli percorre:
▪ la fisiologia mistica (in Lacrime e santi);
▪ la storia e la filosofia (in Storia e utopia);
▪ la letteratura (in Esercizi di ammirazione);
▪ la religione (in Il funesto demiurgo);
ma che conducono tutte ad un unico risultato: il fallimento che segna ogni vita e che le dà senso.
«Soffrire è produrre conoscenza» (E.Cioran - Il funesto demiurgo)
Insonnia e autoanalisi
In Cioran pensiero e vita si sovrappongono spietatamente. Le notti passate ad occhi aperti hanno influito, come più volte riportato dallo scrittore stesso in quasi tutti i suoi libri, sullo sviluppo e sulla stesura delle opere stesse. Le notti insonni trascorse in letture e in taccuini riempiti forsennatamente hanno costruito e forgiato il pensiero attraverso la noia, eterna compagna, e la lucidità esasperata da una solitudine che proprio nelle ore notturne induce all'autoanalisi.
Un'analisi di se stesso condotta senza risparmiare colpi, mirata a scrutare nei propri abissi e di conseguenza in quelli dell'umanità stessa.
Il tempo
Ed è proprio in questo contesto che entra in gioco un concetto, che sarà minimo comun denominatore, anche se in certe occasioni velato, di tutta la produzione cioraniana: il tempo, nelle sue diverse accezioni, tempo storico e tempo esistenziale.
"Tutti parlano di teorie, di dottrine, di religioni, insomma di astrazioni; nessuno di qualcosa di vivo, di vissuto di diretto. La filosofia e il resto sono attività derivate, astratte nel peggior senso della parola. Qui tutto è esangue. Il tempo si converte in temporalità, ecc. Un ammasso di sottoprodotti. D'altro canto gli uomini non cercano più il senso della vita partendo dalle loro esperienze, ma muovendo dai dati della storia o di qualche religione. Se in me non c'è niente che mi spinga a parlare del dolore o del nulla, perché perdere tempo a studiare il buddhismo? Bisogna cercare tutto in se stessi, e se non si trova ciò che si cerca, ebbene, si deve lasciar perdere. Quello che mi interessa è la mia vita. Per quanti libri sfogli, non trovo niente di diretto, di assoluto, di insostituibile. Dappertutto è il solito vaniloquio filosofico." (Da Quaderni 1957-1972, di Cioran)
Lo studioso
Non bisogna dimenticare che oltre al pessimismo e allo scetticismo di Cioran, che non si definisce come filosofo ma come un pensatore privato "Privatdenker", esiste il Cioran profondo conoscitore della filosofia.
Studioso dell'illuminismo e dei memorialisti francesi, dei Padri della Chiesa e dei filosofi scettici (pirroniani);
della filosofia pessimista tedesca Schopenhauer, Mainländer, Nietzsche, Otto Weininger, Georg Simmel, Oswald Spengler, Dilthey;
dei mistici e della mistica anche per i suoi contatti con Mircea Eliade (storico delle religioni e dello sciamanesimo) come Meister Eckhart, Teresa d'Avila, Kierkegaard, Lev Šestov.
L'esistenzialismo di Heidegger. Henri Bergson che poi abbandonerà. Gli utopisti Tommaso Moro, Fourier, Cabet, Campanella. La grande letteratura con citazioni di Baudelaire, Poe, Mallarmé, Shakespeare, Shelley, Dostoevskij, Fitzgerald, Dante
«L'Inferno – esatto come un verbale. Il Purgatorio – falso come ogni allusione al Cielo. Il Paradiso – sfoggio di invenzioni e di insulsaggini… La trilogia di Dante è la maggiore riabilitazione del diavolo che un cristiano abbia intrapreso.»
Le amicizie e relazioni con Mircea Eliade, Benjamin Fondane, Caillois, Henri Michaux, María Zambrano, Samuel Beckett, Guido Ceronetti, Paul Celan, Fernando Savater.