Il calendario del 19 Marzo

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 1279 - Vittoria mongola nella Battaglia dello Yamen e fine della Dinastia Song in Cina

▪ 1500 - Portogallo, Pedro Alvares Cabral parte con 13 navi alla volta delle "Indie": approderà in Brasile

▪ 1687 - L'esploratore René Robert Cavelier de La Salle viene ucciso da Pierre Duhaut, mentre conduce ricerche alla sorgente del Fiume Mississippi

▪ 1792 - Papa Pio VI pubblica l'enciclica In gravissimis, sulle dispense papali nei confronti del clero francese perseguitato e la Novae hae litterae, sulla situazione della Chiesa in terra di Francia, sulla disubbidienza di vescovi e chierici intorno alla Costituzione civile del clero in Francia, sulla nuova e perentoria ammonizione contro gli scismatici francesi

▪ 1799 - Napoleone Bonaparte inizia l'assedio di San Giovanni d'Acri

▪ 1915 - Plutone è fotografato per la prima volta, ma non ancora riconosciuto come un nuovo pianeta.

▪ 1916 - Primo combattimento aereo degli Stati Uniti: otto aeroplani attaccano le truppe del rivoluzionario Pancho Villa

▪ 1918 - Il congresso degli USA stabilisce il fuso orario e approva l'ora legale estiva.

▪ 1920 - Gli Stati Uniti rigettano per la seconda volta il Trattato di Versailles

▪ 1932 - Inaugurazione del ponte di Sydney

▪ 1941 - Londra subisce il bombardamento aereo tedesco più pesante durante la seconda guerra mondiale

▪ 1944 - La Germania occupa l'Ungheria

▪ 1945 - seconda guerra mondiale: Adolf Hitler emette il suo Decreto Nero con cui dispone la distruzione di ogni industria, installazione militare e di servizio presenti in Germania

▪ 1946 - Guyana Francese, Guadalupa, Martinica e Reunion diventano dipartimenti oltremare della Francia

▪ 1956 - Cuba, Fidel Castro crea il Movimento del 26 di luglio

▪ 1958 - Viene istituito il Parlamento Europeo

▪ 1972 - Firma del trattato di amicizia tra India e Bangladesh

▪ 1973 - Bologna, per protesta contro il traffico il centro viene invaso da migliaia di ciclisti

▪ 1980 – Milano. Il magistrato Guido Galli è assassinato in Università dopo una lezione da un commando di Prima Linea

▪ 1981
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  1. Incidente durante un test dello Space Shuttle Columbia: tre morti e cinque feriti
  2. - Papa Giovanni Paolo II celebra messa alla Finsider di Terni e pranza con gli operai: è la prima volta che un papa entra in una fabbrica

▪ 1994 - A Casal di Principe viene assassinato in chiesa don Giuseppe Diana, noto per il suo impegno nella lotta alla camorra

▪ 2002
  1. - Con l'Operazione Anaconda gli Stati Uniti concludono la guerra in Afghanistan iniziata il 2 marzo
  2. - Marco Biagi, giurista del lavoro e consulente del Ministero del Welfare, è ucciso dalle nuove Brigate Rosse

▪ 2003 - L'invasione dell'Iraq comincia. Con la differenza di tempo, comincia al 0100 UTC il 20 marzo

▪ 2004 - Il presidente Chen Shui-ban viene ucciso a colpi di pistola il giorno prima delle elezioni presidenziali della nazione

Anniversari

▪ 1950 - Edgar Rice Burroughs (Chicago, 1º settembre 1875 – Encino, 19 marzo 1950) è stato uno scrittore statunitense di fama mondiale, autore fra l'altro del ciclo di romanzi centrati sulla figura di Tarzan, il mitico personaggio della giungla allevato dalle scimmie che ha alimentato la fantasia dei lettori e degli appassionati di cinema di più di una generazione.
Il vero successo, però, Burroughs lo otterrà allorquando proporrà un nuovo e incredibile personaggio.
Non è passato ancora molto tempo dalla pubblicazione di Sotto le lune di Marte, quando fa la comparsa - sempre su All-Story - il suo Tarzan delle Scimmie (Tarzan of the Apes), che - pubblicato per la prima volta nel 1914 - diviene in breve un clamoroso best-seller in tutto il mondo conquistando la fantasia ed il favore di un pubblico eterogeneo e di tutte le età. È l'erede di Mowgli, il "figlio dei lupi" ideato da Rudyard Kipling nei suoi due Libri della giungla, sarebbe presto divenuto uno degli eroi più famosi di tutti i tempi, tanto che Burroughs gli dedicherà un ciclo narrativo che conta ventotto libri, tradotti in più di 50 lingue, almeno trenta film e una lunga serie di fumetti, telefilm e cartoni animati.
Stimolato dall'inaspettato successo riscosso dalle sue prime opere, Burroughs continua a scrivere, e nei successivi anni venti e trenta emerge come uno dei più amati ed imitati scrittori d'avventura e fantascienza.

Due città in suo onore
Scrittore quanto mai prolifico (anche se molte volte la critica non è stata molto benevola con lui), Burroughs scrive fino agli ultimi anni di vita, collezionando sempre maggiori successi e pubblicando circa settanta libri che venderanno non meno di duecento milioni di copie in tutto il mondo; la sua fortuna economica crescerà tanto da permettergli di fondare una propria casa editrice - la Edgar Rice Burroughs, Inc. - per la pubblicazione dei suoi scritti.
L'incredibile (e apparentemente inesauribile) vena letterario-visionaria di Burroughs ha portato l'autore di Tarzan ad una continua ricerca di nuovi territori della fantasia, con la creazione di almeno altri tre importanti filoni: quello del ciclo di Pellucidar (1922-1963) ambientato al centro della terra e popolato da uomini ancora allo stadio dell'età della pietra; quello della Terra dimenticata dal tempo (del 1918) ambientato su un'isola sperduta dell'oceano Pacifico; ed infine quello del cosiddetto Ciclo venusiano, ultimo in ordine di tempo, iniziato nel 1934 con I pirati di Venere (Pirates On Venus).
Burroughs morì nel 1950 a Encino, in California, lasciando ai figli un'eredità di oltre dieci milioni di dollari. Due città - una in California e l'altra nel Texas - verranno battezzate rispettivamente Tarzana e Tarzan in onore del suo personaggio più famoso.

▪ 1962 - Don Giuseppe De Luca (Sasso di Castalda, 15 settembre 1898 – Roma, 19 marzo 1962) è stato un prete, editore e intellettuale italiano.
Iniziò nel 1909 a Ferentino, presso Anagni, i suoi studi seminariali dai Gesuiti, che proseguì due anni dopo a Roma nel Collegio germanico-ungarico e completò quindi al Pontificio Seminario Romano Maggiore, conseguendo al contempo, nel 1917, la licenza al Liceo Ginnasio Torquato Tasso.
Seguendo i suoi interessi filologici e storici si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell'Università di Roma, frequentando al contempo un corso di Paleografia all'Archivio Vaticano. Nell'ateneo romano ebbe modo di stringere amicizie e sodalizi intellettuali con alcuni degli illustri docenti conosciuti nel corso degli studi, come Vittorio Rossi, Nicola Festa, Gaetano De Sanctis, Ettore Pais, Giovanni Gentile, Ernesto Buonaiuti. A queste frequentazioni, nel corso degli anni a venire, si aggiungerà la familiarità con altri intellettuali di spicco come Giovanni Papini, Benedetto Croce, presentatogli nel 1928 da Antonino Anile, Ennio Francia, Henri Bremond, André Wilmart, Eduard Fraenkel.
L'ordinazione sacerdotale arriverà a 22 anni, officiata il 30 luglio 1921 da Basilio Pompili, vicario generale.
Alla pratica sacerdotale, De Luca affiancherà, negli anni a venire, la partecipazione ad uffici ecclesiali, come l'incarico di archivista presso la Congregazione per la Chiesa Orientale, e l'attivismo religiosi con l'impegno nel movimento dell'Azione Cattolica, da cui, però, in seguito marcherà una divergenza che maturerà nell'allontanamento volontario consumatosi nel 1931.

Attivismo culturale
I suoi impegni religiosi non lo faranno mai venire meno alla libertà delle sue frequentazioni intellettuali, testimoniate dai vasti carteggi con figure di punta dell'intellettualità italiana, né all'appagamento dei suoi profondi interessi culturali, da lui coltivati attraverso l'assidua e quotidiana dedizione alla pratica dello studio, un'esigenza da lui avvertita come un esercizio diuturno di ascesi spirituale dell'individuo attraverso l'intelligenza, una propedeutica spirituale alla contemplazione di Dio:
«Dedicarsi nella solitudine allo studio puro sembra chi sa che stoltezza; è invece timore di Dio, è inizio di sapienza. È il grande eremitismo cristiano, è una preparazione, (sulla croce) a contemplare Dio. Ci siamo dimenticati che l'anima non la salviamo senza impegnare a fondo l'intelligenza»

Le "Edizioni di storia e letteratura"
Le frequentazioni intellettuali e l'applicazione ininterrotta e individuale allo studio quotidiano, non esauriscono la sua vasta esperienza culturale, che egli indirizzò verso esiti di un attivismo concreto e di notevole portata, come, nel 1941, la fondazione della casa editrice "Edizioni di storia e letteratura", che darà inizio le sue pubblicazioni due anni dopo, in un'ardua linea editoriale che il suo ideatore, molto più tardi, avrà a definire come l'intento molteplice di:
« [...] prestar aiuto a quei giovani di maggior ingegno, i quali avessero ardito incamminarsi verso studi più ardui e meno redditizi, tanto più meritori e necessari quanto meno rimeritati e più rari;
[...] mettere in grado i maestri più insigni, perdurando lo sconvolgimento di ogni valore più sacro e di ogni missione più disinteressata, di dar l'ultima mano, e avviarli alla pubblicazione, ai lavori di tutta una vita, così come esigevano la dignità del loro studio e la ricchezza stessa dei loro risultati.
[...] tener alta l'indagine storica e letteraria, e risollevare erudizione e filologia; non senza mirare a un compito che in Germania e in Inghilterra non fa meraviglia, mentre in Italia ne fa ancora e di molta: unire cioè filologia profana e filologia sacra in una filologia unica, che di fatto è unica nei filologi degni del nome.»

Lungo questa linea, le sue Edizioni intendevano tener un'impegnativa rotta di coerenza ed equilibrio tra diverse angolazioni culturali, su versante sacro e su quello profano:
«Le Edizioni non sopportano preponderanza di sacro sul profano, o viceversa, e neppure preponderanza dell'internazionale sul nazionale: restano fedeli allo loro origine, italiana e di italiani, ma nel grande senso che ha l'Italia nella civiltà»
In quegli anni andava concependo un suo ambizioso progetto di ricerca, votato alla riscoperta delle fonti della devozione.
L'idea monumentale di De Luca, per mancanza di fondi e sostegno, tardò a sortire effetti concreti. Solo nel 1951 si avrà la pubblicazione del primo volume di un '"Archivio italiano per la storia della Pietà", grazie al sostegno economico garantitogli, a titolo personale, dal Cardinal Montini, futuro Papa Paolo VI.

Rapporti con il mondo politico
Tra il 1942 e il 1954, De Luca svolse una cruciale funzione di mediatore, sia all'interno delle gerarchie cattoliche (con un ruolo di collegamento fra Curia Romana, Segreteria di Stato e Sant'Uffizio) che dalle istituzioni ecclesiastiche verso l'esterno, quale mediatore tra la Curia romana ed esponenti di spicco del mondo politico, entrando in contatto, nel tempo con figure di vertice di varia indole e provenienza politica, come Giuseppe Bottai Alcide De Gasperi, Franco Rodano e Palmiro Togliatti. Nel 1943, su iniziativa del cardinale Montini, fu insignito l'onorificenza di Prelato d'onore di Sua Santità Pio XII, una benemerenza che egli accettò pur con qualche ironia.

Il rapporto con papa Roncalli
Nel 1954 fece la conoscenza del cardinale Angelo Roncalli, Patriarca di Venezia: con Roncalli, che di lì a quattro anni sarebbe asceso al pontificato con il nome di Papa Giovanni XXIII, sarebbe nata una strettissima amicizia.
Sarà proprio una sua iniziativa, grazie alla mediazione offerta da Togliatti, che nel 1961 fornirà a Nikita Chruščëv lo spunto per un gesto di cordialità, l'invio di un telegramma d'augurio per gli 80 anni del Pontefice, un atto distensivo che fu in grado di segnare l'inizio dei rapporti diplomatici tra l'Unione Sovietica e il Vaticano.

La morte
Nel 1962 fu ricoverato d'urgenza per sottoporsi a un intervento chirurgico: ricevuta il 12 marzo la visita in ospedale di Papa Giovanni, Giuseppe De Luca morì una settimana più tardi, il 19 marzo 1962. La sua immagine è stata immortalata da Giacomo Manzù nella "Porta della Morte" realizzata per la Basilica di San Pietro.

▪ 1970 - Dina Bertoni Jovine (Falvaterra, 1º giugno 1898 – Roma, 19 marzo 1970) direttrice didattica, scrittrice, giornalista e pedagogista oltre che docente universitaria italiana.
I genitori di Dina Bertoni, nata a Falvaterra il 1º giugno 1898, erano entrambi maestri elementari emiliani. Sia il padre, Domenico, che la madre, Luigia Terzi, si erano per oltre quarant'anni impegnati a combattere l'allora diffusissimo analfabetismo per migliorare, anche con corsi gratuiti per adulti, la situazione culturale e sociale degli abitanti del piccolo paese (Falvaterra) cui erano stati assegnati.
Malgrado le ristrettezze economiche e la nascita di dieci figli, di cui solo sette sopravvissuti (tra questi il fratello Benvenuto, futuro Ragioniere generale dello Stato e direttore dell'Enciclopedia Treccani), essi riuscirono ad avviarli tutti agli studi nella città di Roma.
Dina si diplomò a sedici anni presso l'Istituto Magistrale Vittoria Colonna e, continuando negli studi, conseguì anche il diploma di licenza liceale e si iscrisse all'Istituto Superiore di Magistero.
Insieme con Francesco Jovine, che aveva sposato il 16 dicembre 1928 (entrambi direttori didattici a Roma), si trasferì a Tunisi nel 1937 e successivamente al Cairo dove fu ispettrice didattica negli istituti italiani fino al 1940. Lo scoppio della seconda guerra mondiale costrinse entrambi al rientro a Roma ove Dina continuerà la sua opera di educatrice e di giornalista collaborando al Giornale d'Italia , a Il Politecnico di Elio Vittorini ed alla Enciclopedia della donna per conto degli Editori Riuniti.
Nel 1953 dirige, insieme con Ada Marchesini Gobetti, la rivista Educazione Democratica e successivamente collabora ad altre riviste pedagogiche quali Scuola e città, Belfagor, I problemi della pedagogia.
Successivamente, dopo una lunga serie di approfondimenti e di esperienze culturali presso le organizzazioni scolastiche di numerosi paesi esteri, scrive la Storia dell'educazione popolare in Italia (1954 Einaudi) e, qualche tempo dopo, la Storia della scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri (1958 Editori Riuniti), cui seguiranno: I periodici popolari del Risorgimento (1959 Feltrinelli), Scritti di pedagogia e di politica scolastica (1961 Editori Riuniti), L'alienazione dell'infanzia (1963 Editori Riuniti), Storia della pedagogia (1966-1968 Laterza) opera in tre volumi realizzata da Dina Bertoni e Nicola Badaloni.
Rientrando a Roma dall'Università di Catania, ove era docente, muore per un infarto nella notte tra il 18 e il 19 marzo 1970.
Nel 1974 viene pubblicato, postumo, dalla UTET il Positivismo pedagogico portato a termine con le integrazioni ed i controlli conclusivi del professor Renato Tisato dell'Università di Pavia e, nel 1976, la Storia della didattica (Editori Riuniti) a cura di Angelo Semeraro.

▪ 1980 - Guido Galli (Bergamo, 28 giugno 1932 – Milano, 19 marzo 1980) è stato un magistrato e docente di criminologia italiano.
Originario di Piazzolo (BG), fu assassinato il 19 marzo 1980 a Milano, da un commando di Prima Linea (noto gruppo armato, operante nel contesto degli anni di piombo), a causa della sua azione da magistrato contro di essi. Fu lui infatti a concludere la prima maxi-inchiesta sul terrorismo partita nel settembre del 1978 dopo l'arresto di Corrado Alunni e il ritrovamento del covo di via Negroli, a Milano.
Fu colpito inizialmente alla schiena e dopo che fu caduto, i terroristi lo finirono sparandogli due colpi alla nuca. Del commando faceva parte anche una donna.
Fu amico di Piero Pajardi. Quest'ultimo gli dedicò parte del libro Operazione Giustizia (Cedam, Padova 1991).
Per un commosso ricordo clicca qui

▪ 1994 - Giuseppe detto anche Peppe Diana, chiamato anche Peppe Diana o Peppino Diana (Casal di Principe, 4 luglio 1958 – Casal di Principe, 19 marzo 1994), è stato un sacerdote cattolico e scrittore italiano, assassinato dalla camorra per il suo impegno antimafia.
Giuseppe Diana nasce a Casal di Principe da una famiglia di proprietari terrieri.
Nel 1968 entra in seminario, vi frequenta la scuola media e il liceo classico. Successivamente intraprende gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia facoltà teologica dell'Italia Meridionale. Qui si licenzia in Teologia biblica e poi si laurea in Filosofia alla Federico II.
Nel 1978 entra nell'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI) dove fa il caporeparto.
Nel marzo 1982 è ordinato sacerdote. Diventa Assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa e successivamente anche Assistente del settore Foulards Bianchi.
Dal 19 settembre 1989 era parroco della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe, suo paese nato. Successivamente diventa anche segretario del vescovo della diocesi di Aversa, monsignor Giovanni Gazza.
Insegnava anche materie letterarie presso il liceo legalmente riconosciuto del seminario Francesco Caracciolo, nonché religione cattolica presso l'istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta e l'Istituto Professionale Alberghiero di Aversa.

L'omicidio
Alle 7.30 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe Diana viene assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la Santa Messa.
Due killer lo affrontano con una pistola calibro 7.65. I quattro proiettili vanno tutti a segno, due alla testa, uno in faccia e uno alla mano, Don Peppe muore all'istante. L'omicidio, di puro stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia. Un messaggio di cordoglio venne pronunciato anche da Giovanni Paolo II durante l'Angelus.
Don Peppe visse negli anni del dominio assoluto della camorra casalese, legata principalmente al boss Francesco Schiavone detto Sandokan. Gli uomini del clan controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano infiltrati negli enti locali e gestivano fette rilevanti di economia legale, tanto da diventare "camorra imprenditrice".

Lo scritto
Il suo impegno civile e religioso contro la camorra ha lasciato un profondo segno nella società campana. Il suo scritto più noto è la lettera Per amore del mio popolo non tacerò, un documento diffuso a Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme ai parroci della foranìa di Casal di Principe, un manifesto dell'impegno contro il sistema criminale. Ecco il testo:


“PER AMORE DEL MIO POPOLO”
Siamo preoccupati
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.
Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”.
Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.


La Camorra
La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana.
I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche
E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.
La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio.
Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani
Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno.
Dio ci chiama ad essere profeti.
- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
- Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
- Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO


Appello
Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”
Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa;
Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).
Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.

Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta - Villa Literno; M.S.S. Assunta - Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO )

Comitato
Il 25 aprile 2006, a Casal di Principe, nasce ufficialmente il Comitato don Peppe Diana con lo scopo di non dimenticare il martirio di un sacerdote morto per amore del suo popolo.
Inizialmente, il comitato fu costituito nel 2003 grazie a sette organizzazioni attive nel sociale, le quali decisero che l'impegno e il messaggio di Don Peppe non dovesse essere dimenticato. Queste organizzazioni erano: l'Agesci Campania, le associazioni Scuola di Pace don Peppe Diana, Jerry Essan Masslo, Progetto Continenti, Omnia Onlus, Legambiente circolo Ager e la cooperativa sociale Solesud Onlus. Il confronto avviato in quel nucleo iniziale di organizzazioni, arricchito dal contributo degli amici di don Peppe, ha fatto maturare la necessità di costituire un'associazione di promozione sociale, che si metta al servizio di quanti vogliono fare memoria del sacrificio di don Peppe, e come lui continuare a costruire comunità alternative alla camorra.

▪ 2002 - Marco Biagi (Bologna, 24 novembre 1950 – Bologna, 19 marzo 2002) è stato un giuslavorista italiano, più volte consulente del Governo italiano, assassinato dalle Nuove Brigate Rosse.
Vincitore nel 1969 di un posto di allievo presso il collegio medico-giuridico di Pisa (attuale Scuola Superiore Sant'Anna), vi ha dovuto rinunciare al secondo anno per ragioni familiari e si è poi laureato in giurisprudenza a Bologna con una tesi in diritto del lavoro. Noto giuslavorista, è stato professore presso le Università di Pisa, Università della Calabria, Università di Ferrara e infine all'Università di Modena e Reggio Emilia; a partire dagli anni '90 ha avuto numerosi incarichi governativi come consulente ed esperto di diritto del lavoro:
▪ nel 1997 fu rappresentante del Governo italiano nel Comitato dell'Unione Europea per l'occupazione e il mercato del lavoro;
▪ nel 1998 fu consigliere degli allora ministri Antonio Bassolino e Tiziano Treu;
▪ nel 2001 fu consulente dell'allora ministro del lavoro e delle politiche sociali, Roberto Maroni.
Molto conosciuto, soprattutto in Giappone e Cina, per la sua conoscenza del diritto del lavoro comparato e per i suoi studi sul mondo del lavoro nei paesi orientali.
Marco Biagi nasce il 24 novembre 1950 a Bologna, città in cui è sempre vissuto. Dopo la maturità classica, frequenta la Facoltà di Giurisprudenza nell’Università degli Studi di Bologna dove, a ventidue anni, si laurea con il massimo dei voti e lode, con Giuseppe Federico Mancini come relatore. Nei giorni immediatamente successivi alla laurea vince una borsa di studio di perfezionamento in diritto del lavoro a Pisa, sotto la guida di Luigi Montuschi. In quegli anni entra nella redazione della rivista Quale Giustizia diretta da Federico Governatori. Nel 1974 è contrattista di materie privatistiche presso la Facoltà di Giurisprudenza di Bologna, in questi anni insegna presso l’Università degli Studi di Ferrara e di Modena nonché è professore incaricato presso l’Università della Calabria. Già nel 1978 aveva pubblicato una prima monografia La dimensione dell’impresa nel diritto del lavoro, Angeli editore e nel 1983 un secondo volume, sempre per le edizioni Angeli, Cooperative e rapporti di lavoro.
Nel 1984 vince il concorso a cattedra ed è chiamato come professore straordinario di Diritto del Lavoro e di Diritto Sindacale italiano e Comparato dall’Università di Modena e Reggio Emilia, presso il Dipartimento di Economia Aziendale. Dal 1987 al 2002 è professore ordinario presso la medesima Facoltà di Economia. La predilezione di Marco Biagi per gli studi comparati si accentua negli anni e nel 1986 appare la sua terza monografia Sindacato, democrazia e diritto. Il caso inglese del Trade Union Act del 1984, Giuffrè Editore. Una caratteristica fondamentale, anzi il filo conduttore principale dell’opera di Marco Biagi, era l’impegno nella comparazione e l’attenzione interdisciplinare coltivata con cultori di esperienze diverse. Il continuo esercizio della comparazione e della verifica interdisciplinare gli era congeniale, perché gli permetteva di esprimere la sua sensibilità nel cogliere i tratti essenziali delle questioni, i nessi tra segmenti e temi diversi del diritto del lavoro.
Dagli anni Ottanta e fino alla sua scomparsa è Adjunct Professor di Diritto e Politica delle Comunità Europee presso il Dickinson College, Bologna Center for European Studies nonché Adjunct Professor di Comparative Industrial Relations e membro dell’Academic Council della Johns Hopkins University, Bologna Center. Dal 1988 al 2000 è Direttore scientifico di SINNEA International, Istituto di ricerca e formazione della Lega delle cooperative. Nel 1990 appare la sua quarta monografia, Rappresentanza e democrazia in azienda. Profili di diritto sindacale comparato, nella Collana fondata insieme a Luigi Montuschi presso l’Editore Maggioli di Rimini, nella quale sviluppa una comparazione sui sistemi di relazioni industriali dei principali Paesi europei.
“Il decollo dell’opera di Marco si colloca grosso modo agli inizi degli anni’90. Da allora non si contano gli incarichi in Italia e all’estero: la sua costante presenza nelle istituzioni europee è il segno tangibile di una meritata fama acquisita quale comparatista e studioso delle relazioni industriali. Pur se i primi saggi di ampio respiro con i quali si è cimentato con metodo e rigore dogmatico hanno attestato la sua capacità di affrontare tematiche anche complesse, Marco non era e non poteva essere un giurista di stampo tradizionale, non stava dentro gli schemi. Sarebbe stato un errore e, in definitiva, una limitazione delle sue naturali inclinazioni, indurlo a rinunciare ai suoi interessi per il diritto comparato, costringerlo a stare seduto, anziché volare da una capitale all’altra, europea ed extra-europea. Quella era la sua autentica vocazione, era, come si suol dire, impressa nel suo Dna: nato comparatista, europeo ante litteram, quella strada ha percorso raggiungendo prestigiosi traguardi, guadagnandosi stima e considerazione, specialmente fra quei colleghi europei che Marco coinvolgeva ogni anno nei convegni modenesi”. [cfr. Luigi Montuschi, La “mission” di Marco, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 2/2002, 154]
“Per Marco Biagi divenne naturale prescindere dalla centralità del nostro sistema giuridico nazionale: non certo per protervia intellettuale ma, molto più semplicemente, per una innata capacità – che gli era riconosciuta dallo stesso maestro Federico Mancini – di guardare lontano e di prevedere con larghissimo anticipo avvenimenti e scenari futuri. E questo se può avere contribuito ad alimentare in talune circostanze qualche incomprensione con chi fatica, più o meno consapevolmente, ad abbandonare la limitata prospettiva di osservazione offerta dal diritto del lavoro nazionale, rappresenta a ben vedere la grande eredità di Marco Biagi comparatista”. [cfr. Michele Tiraboschi, Marco Biagi: l’uomo e il maestro, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, n. 3/2002, 258].
“La parola magica per Marco era benchmarking: un approccio, finalizzato al miglioramento, per cui si mettono a confronto i modi di svolgimento di attività e di processi che si pongono similmente in diverse organizzazioni paragonabili; sicché, in un siffatto orizzonte di raffronti, si possano identificare i processi eccellenti o le soluzioni ottimali, o almeno preferibili. La comparazione non è semplice esercizio culturale. Si tratta invece di comprendere approfonditamente le ragioni che hanno portato a certe soluzioni piuttosto che ad altre. La comparazione è l’unica “prova di laboratorio” di cui disponga il giurista”. [Marcello Pedrazzoli, Marco Biagi e le riforme possibili: l’ostinazione del progetto, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, n. 2/2002, 140].
Nel 1991 fonda, presso il Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il Centro Studi Internazionali e Comparati, inaugurando un modello innovativo di ricerca nel campo del lavoro e delle relazioni industriali. E’ presso il Centro che nel 2000 comincia a stabilizzarsi il suo gruppo di giovani ricercatori e collaboratori. All’inizio degli anni Novanta iniziano il rapporto di Marco Biagi con la Commissione europea, di cui diviene Consulente della Divisione Generale V (Relazioni Industriali, Occupazione) e la collaborazione con la Fondazione di Dublino per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Marco Biagi diviene anche corrispondente per l'Italia del Japan Labour Institute.
Nel 1993 è nominato Membro della Commissione ministeriale di esperti per la riforma della normativa sull’orario di lavoro. In quell’anno diviene anche commentatore sui problemi del lavoro e delle relazioni industriali per i quotidiani Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione e Italia Oggi. Dal 1994 è Presidente di AISRI, l’Associazione Italiana per lo Studio delle Relazioni Industriali fondata nel 1968 da Gino Giugni e Tiziano Treu, e Consulente dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, con riferimento alle problematiche dell’ambiente di lavoro. Dal 1995, insieme a Luciano Spagnolo Vigorita, è Direttore della rivista Diritto delle Relazioni Industriali, edita da Giuffrè. Dal 1995 è anche commentatore sui problemi del lavoro e delle relazioni industriali per il quotidiano Il Sole 24 Ore.
Sempre nel 1995 inizia la sua attività di consulenza per il ministero del lavoro, diventando Consigliere del Ministro del lavoro Tiziano Treu. Nel 1996 viene nominato Presidente della Commissione di esperti per la predisposizione di un testo unico in materia di sicurezza e salute sul lavoro, costituita presso il Ministero del Lavoro e Coordinatore del gruppo di lavoro per la trattazione dei problemi relativi ai rapporti internazionali del Ministero del Lavoro. Nel 1997 esce a sua cura il volume Mercati e rapporti di lavoro, edito da Giuffrè, che commenta la legge n. 196 del 1997 di riforma del mercato del lavoro. È in questo ambiente che emerge un’altra delle caratteristiche di Marco Biagi: essere un grande comunicatore e mediatore. “La sua facilità di dialogo con i protagonisti politici e delle relazioni industriali nasceva proprio dalla umiltà con cui, pur da giurista e consulente navigato, si accostava all’interlocutore di turno o al lettore, vuoi si trattasse di scrivere un editoriale ovvero un saggio di dottrina vuoi si trattasse di pervenire alla stesura di una bozza di legge o di accordo collettivo.
Complessi progetti di riforma e sofisticate proposte legislative venivano mirabilmente rese comprensibili anche ai non addetti ai lavori. Anche per questa sua dote, divenne, in poco tempo, una delle colonne de Il Sole 24 Ore, per la capacità di prevedere gli argomenti che di lì a poco sarebbero stati al centro del dibattito politico e sindacale e per lo stile sobrio, diretto, che permetteva di comprendere i problemi e dialogare”. [cfr. Michele Tiraboschi, Marco Biagi: l’uomo e il maestro, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, n. 3/2002, 268-269]. Nel 1997 è nominato Rappresentante del Governo italiano nel Comitato per l'occupazione e il mercato del lavoro dell’Unione Europea, ed esperto designato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro per assistere il Governo della Repubblica di Bosnia-Erzegovina nella progettazione di una nuova legislazione del lavoro. Sempre nel 1997 assume anche l’incarico di Consigliere del Presidente del Consiglio Romano Prodi. Nel 1998 è nominato Consigliere del Ministro del lavoro, Antonio Bassolino e Consigliere del Ministro dei trasporti, Tiziano Treu. Da quell’anno è Membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione di Dublino per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, in rappresentanza del Governo italiano. Dal 1999 è Vice-Presidente del Comitato per l’occupazione e il mercato del lavoro dell’Unione Europea e Membro della task force per gli scioperi durante il Giubileo, coordinata dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Marco Minniti. Nel 1999 è anche Consigliere del Ministro per la Funzione Pubblica, Angelo Piazza. Sempre nel 1999 diviene Managing Editor della rivista The International Journal of Comparative Labour Law & Industrial Relations, edita da Kluwer Law International.
Alla fine degli anni Novanta inizia la sua attività di consulenza presso il Comune di Modena, Assessorato ai servizi sociali, e presso quello di Milano, nell’ambito del quale collabora con l’Assessore al lavoro, Carlo Magri, per la predisposizione del Patto Milano Lavoro che verrà siglato il 1 febbraio del 2000. Si trattava di un’importante sperimentazione, avviata con quasi tutte le parti sociali, per realizzare servizi per l’impiego a misura delle effettive caratteristiche e dei reali bisogni di un certo mercato del lavoro, era un primo tentativo di favorire opportunità di lavoro per fasce a rischio di emarginazione. Questa fase segnò una svolta nella vita di Marco, poiché da quel momento, venne dotato della scorta, a seguito di numerose minacce che gli vennero rivolte scorta che gli venne poi tolta alla fine del 2001. Nel 2001 è consulente del Ministro del Welfare Roberto Maroni per l’elaborazione delle riforma del mercato del lavoro. Nello stesso anno viene chiamato come Consigliere dal Presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, e nominato componente del Gruppo di alta riflessione sul futuro delle relazioni industriali, istituito dalla Commissione europea.
Anche in ambito universitario Marco Biagi sosteneva progetti concreti e innovativi. Per questa sua inclinazione, oltre che per le sue competenze, nel 2000 fu nominato delegato del Rettore per l’orientamento al lavoro. In quella veste lavorò insieme Paola Reggiani Gelmini, Direttore Amministrativo dell’Ateneo, e ai rappresentanti delle parti sociali locali ad un Accordo sulla occupabilità che fu sottoscritto, solo dopo la sua scomparsa, l’8 aprile del 2002.
Marco Biagi muore a Bologna la sera del 19 marzo 2002, all’età di 51 anni, vittima di un attentato terroristico delle Brigate Rosse.

L'omicidio Biagi
Prima di morire, Marco Biagi aveva scritto cinque lettere in cui si diceva preoccupato per le minacce che riceveva. Il testo delle lettere, indirizzate al presidente della camera Pierferdinando Casini, al ministro del lavoro Roberto Maroni, al sottosegretario al lavoro Maurizio Sacconi, al prefetto di Bologna ed al direttore generale di Confindustria Stefano Parisi è stato pubblicato dal quindicinale Zero in condotta e poi riportato da Repubblica.
Il 19 marzo 2002 venne ucciso, a 51 anni, da alcuni militanti delle Nuove Brigate Rosse, in un agguato a Bologna in via Valdonica, sotto casa sua, mentre rientrava verso le ore 20.
La rivendicazione a firma delle Nuove Brigate Rosse, presenta per gli esperti impressionanti analogie con quella del precedente delitto di Massimo D'Antona.
Il Ministero dell'Interno (in quel periodo diretto dal Ministro Claudio Scajola, di Forza Italia) aveva privato Marco Biagi della scorta, richiesta da Biagi solo pochi mesi prima proprio per timore di attentati da parte dell'estremismo di sinistra. Dopo che gli fu tolta la scorta ne fece nuovamente richiesta al Ministero del Lavoro, presso cui operava, in quanto non si sentiva sicuro e riceveva minacce di continuo. Questa non gli fu accordata. I colpevoli stessi ammisero che avevano deciso di colpire proprio lui in quanto era un personaggio di grande visibilità e allo stesso tempo poco protetto.
Nel 2005 cinque terroristi brigatisti furono condannati all'ergastolo come responsabili del suo omicidio: Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Diana Blefari Melazzi e Simone Boccaccini.

L'offesa di Scajola
Il 30 giugno 2002 il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore pubblicano una chiacchierata tra Claudio Scajola (ministro dell'interno in visita ufficiale a Cipro) e alcuni giornalisti.
«A Bologna hanno colpito Biagi che era senza protezione ma se lì ci fosse stata la scorta i morti sarebbero stati tre. E poi vi chiedo: nella trattativa di queste settimane sull'articolo 18 quante persone dovremmo proteggere? Praticamente tutte».
E a questo punto il ministro sorprende i presenti quando gli viene detto che Biagi era comunque una figura centrale nel dialogo sociale: protagonista del patto di Milano, coautore del Libro Bianco, consulente del ministero del Welfare, della Cisl, della Confindustria. C' è un attimo di silenzio, Scajola volta le spalle, si blocca, azzarda:
«Non fatemi parlare. Figura centrale Biagi? Fatevi dire da Maroni se era una figura centrale: era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza.»
Il 3 luglio 2002 Scajola si dimette e il Viminale passa a Giuseppe Pisanu.

La riforma del lavoro
A Marco Biagi venne dedicata la riforma del lavoro varata dal Governo Berlusconi bis poco tempo dopo l'attentato (Legge 30/2003 "Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro").
I risultati di questa legge sono stati oggetto di forti dibattiti: da una parte coloro i quali la difendono, sottolineandone l'effetto positivo sul ricambio dell'occupazione, dall'altra chi la contesta ritenendo che essa abbia soltanto aumentato la precarietà dei lavoratori ed il numero di precari (ossia lavoratori senza garanzie e tutele, anche per lavori che invece ne necessiterebbero).
La formula maggiormente discussa è quella del contratto a progetto, una sorta di lavoro non subordinato ma assimilato nel reddito a lavoro dipendente: questa formula è divenuta famosa perché utilizzata come sistema per eludere la legge ed evadere oneri contributivi e il minimo salariale sindacale previsto dal rapporto da lavoro dipendente. Nella realtà la figura contrattuale testé delineata è stata abusivamente modificata nella sua applicazione per tramite di aziende e consulenti in cerca di facili soluzioni al vincolo di un rapporto di lavoro subordinato. In effetti, per voce dello stesso autore della legge, il prof. Michele Tiraboschi, il contratto a progetto avrebbe dovuto proprio rimediare a quella distorsione, in campo di tutela dei lavoratori, generata dall'introduzione delle CO.CO.CO. (collaborazioni coordinate e continuative). Esse, sovente, venivano utilizzate effettivamente per eludere gli obblighi normativi che disciplinano lo svolgimento del rapporto di lavoro di tipo subordinato. Di fatto non sono mancate, nella pratica, pratiche di mutazione dei vecchi contratti di CO.CO.CO. nei nuovi contratti CO.CO.PRO. A ben leggere la norma si può intuire quanto questo aspetto sia lontano dalla volontà del legislatore e, quindi, abusivo. Non sono mancate, infatti, diverse sentenze di merito sulla errata qualificazione di questi rapporti di lavoro, inquadrati come parasubordinati in luogo di effettivi rapporto di subordinazione. (Dott. Giovanni Catania, consulente in Latina)
La legge in questione è criticata dai giuristi anche solo dal punto di vista puramente tecnico, senza entrare nel merito delle questioni; si tratta di fatto di una legge complicatissima, composta da più di 80 articoli, applicabile solo in piccolissima parte.[4]
È da rilevare, tuttavia, che la presunta complicatezza della norma è in realtà più legata ad aspetti esogeni che ad elementi endogeni interpretativi della norma stessa. Infatti, la difficoltà di applicazione della L. 30/2003 è insita nell'incapacità di alcune componenti sociali di dare corso alla dismissione del contratto di lavoro a tempo indeterminato in cambio di uno più flessibile, ma con scarse o nulle garanzie. L'ostracismo opposto alla legge ha impedito, di fatto, di dar pieno corso agli effetti di questa norma che innegabilmente ha mutato il panorama giuslavoristico italiano. In più occasioni, l'organizzazione testé citata si è rifiutata di aprire un dialogo costruttivo sulla riforma varata opponendo un secco rifiuto alla sua applicazione e richiedendone ripetutamente l'immediata abolizione.[senza fonte]
La legge Biagi, secondo i suoi sostenitori, avrebbe in realtà solamente dettato delle norme per regolarizzare quei rapporti di lavoro, come quello a tempo determinato oppure il job on call, che già esistevano, in una condizione di carente regolamentazione. Tali contratti non sono quindi stati creati dalla legge Biagi (che tuttavia ha introdotto alcune figure contrattuali innovative tuttora messe in discussione, come il "lavoro a chiamata" od in coppia). Secondo i sostenitori della legge, dunque, attraverso la legalizzazione del cosiddetto "lavoro flessibile", la legge Biagi avrebbe ottenuto il risultato di aumentare il numero dei lavoratori occupati regolarmente, offrendo tutele e discipline, sia pure minime, a vantaggio del gran numero di "precari" privi di reali diritti.

Il delitto Landi
Rimane ancora coperta dal mistero la morte di Michele Landi, perito informatico, che nel corso delle indagini, vicino al trovare il mittente da cui era partita la rivendicazione dell'omicidio di Marco Biagi, fu trovato impiccato all'interno della propria abitazione a Montecelio di Guidonia.
A destare ancora oggi dei dubbi, sono le modalità dell'accaduto, che non sembra riconducibile al suicidio, ma piuttosto all'omicidio "presentato come suicidio".

Facoltà di economia "M. Biagi" di Modena
A Marco Biagi è stata intitolata la facoltà di economia dell'Università di Modena e Reggio Emilia, ateneo presso il quale ha insegnato durante gli ultimi anni della sua vita. La suddetta facoltà è oggi ai primi posti nella graduatoria nazionale delle facoltà d'ambito economico, specialmente per quanto riguarda il mercato del lavoro e le sue dinamiche, campo in cui appunto lavorava Biagi.
L'università, in accordo con la famiglia Biagi, ha inoltre istituito una fondazione ed un centro studi per attuare, promuovere e favorire ricerche e studi scientifici nazionali ed internazionali nel campo del diritto del lavoro e delle relazioni industriali.