Il calendario del 18 Luglio
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Eventi
▪ 64 - Grande incendio di Roma: Il fuoco inizia a bruciare nell'area mercantile di Roma e ben presto va fuori controllo. Si racconta che l'Imperatore Nerone suoni la lira e canti, mentre osserva l'incendio da distanza di sicurezza
▪ 1620 - nel corso della notte in Valtellina i cattolici, aizzati da fanatici predicatori, attaccano e uccidono tutti i protestanti locali, oltre 600. L'evento verrà ricordato come il Sacro Macello di Valtellina
▪ 1830 - L'Uruguay adotta la sua prima costituzione
▪ 1866 - Terza guerra di indipendenza italiana: vittoria italiana nella battaglia di Pieve di Ledro
▪ 1870 - Proclamazione del Dogma dell'Infallibilità Pontificia da parte di Papa Pio IX
▪ 1895 - Isole Azzorre: il veliero Hirondelle del principe di Monaco Alberto I cattura un capodoglio, il quale rigurgita il corpo di tre calamari giganti (Architeuthis), frutto di una recente caccia dell'animale
▪ 1898 - Marie e Pierre Curie annunciano la scoperta di un nuovo elemento e propongono di chiamarlo Polonio
▪ 1925 - Adolf Hitler pubblica il suo personale manifesto: il Mein Kampf
▪ 1942 - Seconda guerra mondiale: I tedeschi provano in volo per la prima volta il Messerschmitt Me 262, utilizzando solo i suoi jet
▪ 1944 - Seconda guerra mondiale: Hideki Tojo si dimette da Primo Ministro dell'Impero giapponese, a causa dei numerosi contrattempi subiti durante lo sforzo bellico
▪ 1947 - Il Presidente statunitense Harry S. Truman converte in legge il Presidential Succession Act, che pone il Portavoce della Camera e il Presidente Pro Tempore del Senato, nella linea di successione, subito dietro al Vice Presidente
▪ 1968 - Guerra del Vietnam: inizia la conferenza di Honolulu, tra il presidente americano Lyndon B. Johnson e quello sudvietnamita Nguyen Van Thieu
▪ 1969 - Dopo un party a Chappaquiddick Island, il Senatore Edward Kennedy esce di strada con la sua auto, cadendo da un ponte di legno dentro un laghetto spazzato dalle onde. Mary Jo Kopechne, una donna che viaggiava con lui, affoga. Kennedy non denuncerà l'incidente per altre 10 ore
▪ 1975 - Italia: La Italcantieri, di proprietà di Berlusconi, diventa una Spa, con un aumento di capitale a 500 milioni di lire, pari a 1,8 milioni di euro del 2005
▪ 1984 - A San Ysidro (California), il 41enne James Oliver Huberty apre il fuoco su un McDonald's, uccidendo 21 persone prima di essere abbattuto dalla polizia
▪ 1994 - A Buenos Aires, un'esplosione distrugge un edificio che ospitava diverse organizzazioni ebraiche, uccidendo 96 persone e ferendone molte altre. Per questo la magistratura argentina ha emesso un mandato di cattura per l' ex presidente iraniano Rafsanjani
▪ 1995
- - Francia: durante il Tour de France in un incidente muore il ciclista venticinquenne Fabio Casartelli.
- - Gran Bretagna: il cantante Robbie Williams si separa dalla band Take That per intraprendere la carriera di solista.
- - Sull'isola caraibica di Montserrat, il vulcano di Soufriere Hills erutta. Nel corso di diversi anni, devasterà l'isola, distruggendo la capitale e costringendo gran parte della popolazione a scappare
▪ 1997 - viene sviluppato, grazie all'americano Dave Winer il software che darà vita ai blog, oggi forma diffusissima di comunicazione multimediale
▪ 2009 - A Roma si aprono i Campionati mondiali di nuoto.
Anniversari
▪ 641 - Arnolfo di Metz (valle della Mosella, 13 agosto 582 – Remiremont, 18 luglio 641) è stato un vescovo franco, consigliere di diversi sovrani merovingi, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Figlio del patrizio franco Ennio Mummolo, Arnolfo entrò al servizio della corte di Austrasia sotto Brunechilde, che reggeva il trono per suo nipote Teodeberto II (596 - 612). Era un fervente devoto, venuto probabilmente in contatto con i missionari irlandesi che in quel periodo operavano in prossimità dei Vosgi.
Con Pipino di Landen, fu tra i protagonisti della rivolta (613) che portò all'abbattimento del potere di Brunechilde e all'insediamento di Clotario II, che gli affidò l'educazione di suo figlio, Dagoberto I, di cui divenne anche consigliere.
Sposò l'aristocratica Doda, dalla quale ebbe due figli: Clodolfo, che gli succedette come vescovo di Metz, e Ansegiso, che divenne consigliere di Sigeberto III.
Nel 612, Arnolfo venne fulmineamente nominato vescovo di Metz (capitale dell'Austrasia), nonostante non fosse nemmeno sacerdote ed avesse moglie e figli, conservando gli incarichi a corte.
Nel 627 si ritirò nell'eremo colombaniano di Remiremont, da San Romarico fondatore del monastero, nella Lorena, dove morì in fama di santità nel 641: il suo corpo venne traslato a Metz, dove venne sepolto nella basilica a lui intitolata ed è venerato come patrono. Le fonti, forse stereotipatamente ispirate alla vita di san Martino di Tours, riferiscono come egli fosse in procinto di rinunciare alla carica perché più attratto da una vita monastica ed eremitica in stile "irlandese" seguendo la regola di San Colombano. L'essere vescovo della capitale dava ad Arnolfo anche importanti cariche amministrative, secondo il modello allora diffuso in Europa occidentale con le comunità cittadine raccolte attorno ai vescovi.
Dal matrimonio del figlio Ansegiso con Begga, figlia di Pipino di Landen, nacque Pipino di Herstal, bisnonno di Carlo Magno: per questo, Arnolfo è considerato il capostipite della dinastia Carolingia che viene anche chiamata "Arnolfingia".
Il culto
Memoria liturgica il 18 luglio (o il 16 agosto).
▪ 1100 - Goffredo di Buglione, in francese Godefroy de Bouillon (Baisy, c. 1060 – Gerusalemme, 18 luglio 1100), è stato un conte fiammingo. Era il primogenito (o il secondo figlio) del conte Eustachio II di Boulogne e di Ida, figlia di Goffredo II della Bassa Lorena. Fu uno dei signori feudali della Prima crociata (Crociata dei baroni)
In Europa
Goffredo fu designato da suo zio, Goffredo il Gobbo, suo successore in Bassa Lorena, ma nel 1076 l'Imperatore Enrico IV gli assegnò la sola marca di Anversa, che faceva parte della signoria di Buglione, riprendendosi il feudo della Bassa Lorena, visto che suo zio non aveva discendenti né eredi maschi diretti. Ciò nonostante il suo ducato si estendeva dal Brabante al Lussemburgo, comprendendo le regioni dell'Hainaut, del Limburgo, del Namur e parte delle attuali Fiandre. Goffredo, ora di Buglione, combatté per Enrico sia a Elster sia nell'assedio di Roma e nel 1082 gli fu finalmente affidato il ducato della Bassa Lorena.
La Lorena era stata fortemente influenzata dai riformatori cluniacensi e Goffredo sembra sia stato un uomo pio.
"Appena i vescovi, dopo il trionfo della Riforma cluniacense e la lotta per le investiture smisero di appoggiare gli Imperatori germanici, la provincia immediatamente si ridusse in piccoli domini feudali" (Catholic Encyclopedia, "Lorraine").
Il fatto che egli avesse servito sotto Enrico IV contro il papato, lo ascriveva nel novero di quei nobili europei fortemente compromessi dopo la vittoria della riforma gregoriana. Perciò Goffredo ritenne utile liquidare letteralmente la maggior parte di quanto possedeva (soprattutto ai vescovi di Liegi e di Verdun) e unirsi alla prima crociata, proclamata da Urbano II al Concilio di Clermont (1095). Egli era uno di quei nobili che il papa voleva temporaneamente allontanare dall'Europa e con questo gesto poteva forse scontare una penitenza per il suo passato.
La Prima Crociata
Coi suoi fratelli Eustachio e Baldovino di Boulogne (il futuro Baldovino I di Gerusalemme) Goffredo partì dalla Lorena nell'agosto 1096 alla testa di un'armata forte di circa 12.000 uomini, seguendo la strada "di Carlo Magno" (attraverso la valle del Danubio e i Balcani), che sembra Urbano II avesse chiamato (secondo il cronista Roberto il Monaco) la "Strada di Gerusalemme". Dopo alcune difficoltà in Ungheria, dove egli non fu in grado di impedire ai suoi uomini di saccheggiare i correligionari cristiani, Goffredo giunse a Costantinopoli nel novembre. Fu il primo dei crociati ad arrivare ed entrò in conflitto quasi subito con l'Imperatore bizantino Alessio I che pretendeva da Goffredo un giuramento di fedeltà all'Impero bizantino. Goffredo alla fine giurò nel gennaio 1097, imitato da molti altri baroni, garantendo la restituzione all'Impero dei territori strappati dalle proprie truppe ai turchi. Quest'azione assicurò ai crociati l'attraversamento in sicurezza degli stretti passaggi situati dopo Costantinopoli.
All'inizio del 1099 Goffredo era una figura secondaria nella crociata, con Baldovino, Boemondo di Taranto, Raimondo IV di Tolosa e Tancredi che determinavano il corso degli eventi. Goffredo fu il primo a presentarsi all'assedio di Nicea ma il suo solo risultato significativo in questa parte della crociata fu il soccorso prestato all'esercito di Boemondo durante la Battaglia di Dorileo allorché questi s'era dovuto arrendere ai turchi selgiuchidi di Qilij Arslan I. L'esercito di Goffredo, in realtà, fu anch'esso costretto alla resa finché non giunse un altro gruppo di crociati agli ordini di Ademaro, vescovo di Le Puy che attaccò l'accampamento selgiuchide.
Nel 1099, dopo la conquista di Antiochia al termine di un lungo assedio, i Crociati si divisero su cosa avrebbero dovuto fare. Molti fanti volevano proseguire verso sud alla volta di Gerusalemme ma Raimondo, a quel tempo considerato il capo della Crociata, era esitante nel proseguire la marcia. Goffredo, che sembra fosse influenzato da motivi religiosi piuttosto che politici, convinse Raimondo a condurre l'esercito a Gerusalemme. Goffredo fu attivo nell'assedio della città e il 15 luglio fu uno dei primi ad entrare in città che vide un massacro generale di musulmani e ebrei. I cronisti riportano alcune note sul suo carattere: coraggioso e valoroso, ma anche ripiegato su sé stesso, tormentato, talvolta indeciso, forse ammalato nel fisico.
Questa sua debolezza fu forse ciò che convinse gli altri crociati a affidargli la corona gerosolimitana, non subendo il veto di alcuna compagine (a differenza per esempio dell'energico Raimondo IV di Tolosa, osteggiato dai normanni). Si cercava infatti un personaggio non di spicco e Goffredo sembrò il candidato ideale, tanto che quando venne incoronato, il 22 luglio, egli decise di prendere il titolo di "Advocatus" (cioè protettore laico) del Santo Sepolcro. Questo attributo inoltre era tipico di chi reggeva beni ecclesiastici, per cui sottintendeva che la Terra santa appartenesse alla Santa Sede.
Il Regno di Gerusalemme
Goffredo rifiutò però di essere incoronato "re" nella città in cui il Cristo era morto. Assunse invece il titolo di Advocatus Sancti Sepulchri, "difensore del Santo Sepolcro". Per tale scopo, egli fondò l'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Nel corso del suo breve regno di appena un anno, Goffredo dovette difendere il nuovo Regno di Gerusalemme dai Fatimidi d'Egitto, che in agosto furono sconfitti nella Battaglia di Ascalona. Fronteggiò anche l'opposizione di Dagoberto da Pisa, il Patriarca di Gerusalemme, che s'era alleato con Raimondo. Raimondo, secondo alcune fonti, avrebbe impedito a Goffredo di conquistare Ascalona dopo la battaglia ma altre fonti sostengono che le gelosie erano in realtà reciproche e che, anzi, gli abitanti della città costiera islamica avrebbero preferito di gran lunga arrendersi a Raimondo (di cui era ben nota la fedeltà alla parola data) anziché a Goffredo e che, a causa della contrapposizione fra i due comandanti crociati, alla fine non se ne fece più nulla. Ascalona restò così con le sue porte sbarrate, approvvigionata regolarmente dalla flotta fatimide che in quella parte del Mediterraneo non aveva ancora rivali.
Nel 1100 Goffredo fu in grado d'imporre la sua autorità ad Acri, Arsuf, Giaffa e Caesarea. Nel frattempo il contrasto con Dagoberto continuava: Goffredo e Boemondo avrebbero preferito Arnolfo di Chocques come Patriarca ma Dagoberto voleva trasformare il Regno in una teocrazia, col Papa alla sua guida. Dagoberto riuscì a forzare Goffredo a una tregua e si concordò che Gerusalemme e Giaffa sarebbero state assegnate alla Chiesa se i Crociati avessero potuto conquistare Il Cairo per trasferirvisi. Tuttavia Goffredo morì il 18 luglio senza aver conquistato l'Egitto e la questione di chi avrebbe dovuto governare su Gerusalemme rimase senza risposta. I sostenitori di una monarchia secolare chiamarono il fratello di Goffredo, Baldovino (diventato nel frattempo conte di Edessa), affinché assumesse la corona. Dagoberto – che era fuori Gerusalemme con Tancredi per assistere alla conquista di Acri e al massacro della sua popolazione di fede israelita – dovette piegarsi e con riluttanza incoronò Baldovino re il 25 dicembre 1100.
Goffredo nella storia e nella leggenda
Per essere stato il primo governante di Gerusalemme, Goffredo è stato idealizzato nei racconti più tardi. Fu descritto come il capo dei Crociati, il re di Gerusalemme e il legislatore che presiedeva le assisi di Gerusalemme e fu incluso fra i cavalieri ideali, conosciuti come i Nove Prodi. In realtà egli non fu nulla di tutto ciò. Ademaro, Raimondo e Boemondo furono i capi della Crociata; Baldovino fu il primo vero re; le assisi furono il risultato di uno graduale processo.
Il ruolo di Goffredo nella Crociata è stato descritto da Alberto di Aquisgrana, dall'anonimo autore delle Gesta Francorum e da Raimondo di Aguilers. Nella letteratura fantastica, Goffredo fu l'eroe delle due Francie: chansons de geste connessa con la Crociata, Chanson d'Antioche e Chanson de Jerusalem. Anche la sua famiglia e la prima parte della sua vita divennero soggetto di leggende. La leggenda del Cavaliere del Cigno, più nota oggi come soggetto dell'opera di Wagner Lohengrin, si riferiva originariamente al nonno di Goffredo, Elia, che arrivò su un misterioso battello a forma di cigno per difendere il casato di Buglione e impalmare la nonna di Goffredo.
Presente anche in Gerusalemme liberata, l'opera più famosa di Torquato Tasso e a lui si riferisce nel proemio
Canto l'armi pietose e il capitano che il gran sepolcro liberò di Cristo molto operò con il senno e con la mano molto soffrì nel glorioso acquisto.....
Nella Divina Commedia Dante scorge lo spirito di Goffredo nel Cielo di Marte con altri "guerrieri della fede".
Opere d'arte
Fin da metà del XIX secolo una statua equestre di Goffredo di Buglione si erge al centro della Piazza Reale (Fr.: place Royale, Ol.: Koningsplein) a Bruxelles, Belgio. La statua fu scolpita da Eugène Simonis e inaugurata il 24 agosto 1848.
▪ 1610 - Michelangelo Merisi, o, più probabilmente, Merisio, detto il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610), è stato un pittore italiano. Attivo a Roma, Napoli, Malta e in Sicilia fra il 1593 e il 1610, è considerato il primo grande esponente della scuola barocca e uno dei più celebrati pittori del mondo.
«Quando non c'è energia non c'è colore, non c'è forma, non c'è vita » (Caravaggio)
La giovinezza e la formazione (1571 - 1595)
Michelangelo Merisi detto il Caravaggio nacque a Milano[1] il 29 settembre 1571 dai genitori Fermo Merisi e Lucia Oratori, originari di Caravaggio, un piccolo centro del Bergamasco, dove si erano sposati nel precedente gennaio. Fu battezzato il giorno dopo nella chiesa di Santo Stefano in Brolo, nel quartiere milanese dove alloggiavano le maestranze della Fabbrica del duomo delle quali faceva probabilmente parte anche il padre di Michelangelo, di mestiere mastro muratore.
Nel 1576 a causa della peste, la famiglia Merisi lascia Milano e si trasferisce a Caravaggio per sfuggire all'epidemia, ma qui muoiono il padre e i nonni del pittore. Nel 1584 la vedova e i suoi quattro figli tornano a Milano dove il tredicenne Michelangelo viene accolto nella bottega di Simone Peterzano, pittore di successo, tardomanierista di scuola veneta: «il contratto di apprendistato lo firma la madre, il 6 aprile 1584: per poco più di quaranta scudi d'oro [...] Va dietro il maestro ad affrescare, nella chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, in quella di San Barnaba».
L'apprendistato del giovane pittore si protrasse per circa quattro anni, durante i quali apprese la lezione dei maestri della scuola lombarda e veneta. Giulio Mancini, uno dei suoi biografi, nelle "Considerazioni sulla pittura" del 1621, racconta dell'infanzia di Caravaggio, sottolineando il forte carattere dell'artista già in quei primi anni:
«Studiò in fanciullezza per quattro o cinque anni in Milano, con diligenza ancorché di quando in quando, facesse qualche stravaganza causata da quel calore e spirito così grande».
Il 6 aprile 1588 scadeva il contratto con il suo maestro; il giovane pittore probabilmente in quegli anni abbandonò Milano per trasferirsi a Venezia, e conoscere da vicino l'opera dei grandi maestri del colore, Giorgione, Tiziano e Tintoretto.
In ogni caso, al di là della certa frequentazione della bottega del Peterzano, il seguito dell’apprendistato di Caravaggio e in particolare gli anni che vanno dal 1588 al 1592, resta piuttosto nebuloso e così l'individuazione delle fonti che hanno influenzato la sua pittura. Secondo il Longhi – in alternativa alla tesi “veneta” – di capitale importanza per lo sviluppo del futuro stile di Caravaggio sarebbe stata la riflessione giovanile sull’opera di alcuni maestri lombardi, soprattutto di area bresciana, quali il Foppa, il Bergognone, Savaoldo, Moretto e Il Romanino (che il Longhi definisce precaravaggeschi), maestri che avrebbero posto le basi di quelli che saranno i capisaldi dell’arte del Merisi. A questa scuola, il cui capostipite è individuato dal Longhi nel Foppa, si dovrebbero infatti l’avvio della rivoluzione luministica e la caratterizzazione naturalistica (contrapposta a certa aulicità rinascimentale) dei soggetti dipinti. Elementi centrali della pittura del Caravaggio.
Nel 1592 Caravaggio si trasferisce a Roma e ha rapporti, più o meno fugaci, con diversi pittori locali. Prima presso un non meglio identificato pittore siciliano, autore di opere grossolane destinate alle fasce più modeste del mercato, poi ha un breve sodalizio con Antiveduto Gramatica e, infine, frequenta per alcuni mesi la bottega del Cavalier d'Arpino. Successivamente per una malattia viene ricoverato presso l'Ospedale della Consolazione e a causa di questo evento interrompe il rapporto con il Cesari. Durante queste esperienze probabilmente Caravaggio venne impiegato come esecutore di nature morte e come realizzatore di parti decorative di opere più complesse, ma in merito non si ha nessuna testimonianza certa. Un'ipotesi, priva in ogni caso di riscontro documentale, è che Caravaggio possa aver realizzato i festoni decorativi della Capella Olgiati, nella Basilica di Santa Prassede a Roma, cappella affrescata dal Cavalier d’Arpino.
I successi degli anni romani (1595 - 1606)
L'amicizia con il cardinal Del Monte
Grazie a Prospero Orsi (meglio noto come Prosperino delle Grottesche), pittore con il quale strinse una forte amicizia, il Merisi nel 1595 conobbe il suo primo protettore: il cardinal Francesco Maria Del Monte, grandissimo uomo di cultura ed appassionato d'arte che, incantato dalla sua pittura, acquistò alcuni dei suoi quadri; il giovane lombardo entrò al suo servizio, rimanendovi per circa tre anni. Il Del Monte secondo il Bellori: «ridusse in buono stato Michele e lo sollevò dandogli luogo onorato in casa fra i gentiluomini».
La fama dell'artista grazie al suo importante committente cominciò a decollare all'interno dei più importanti salotti dell'alta nobiltà romana. L'ambiente fu scosso dalla sua rivoluzionaria pittura che si pose immediatamente al centro di forti discussioni ed accese polemiche. Grazie alle commissioni e ai consigli dell'influente ed illuminato prelato, Caravaggio mutò il suo stile: abbandonando le tele di piccole dimensioni ed i singoli ritratti e cominciando a dedicarsi alla realizzazione di opere complesse con gruppi di più personaggi che interagiscono tra loro, descrivendo all'interno di un'ambientazione un episodio specifico. Uno dei primi lavori di questo periodo è il Riposo durante la fuga in Egitto.
Nel giro di pochi anni la sua fama crebbe in maniera esponenziale, Caravaggio divenne un mito vivente per un'intera generazione di pittori che ne esaltavano lo stile e le tematiche.
Le prime commissioni importanti
Nel 1599 Caravaggio, grazie all'aiuto del cardinal Francesco Maria Bourbon Del Monte, ricevette la prima commissione pubblica per due grandi tele da collocare all'interno della cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. I dipinti che Caravaggio doveva realizzare riguardavano degli episodi tratti dalla vita di san Matteo: la vocazione ed il martirio.
In meno di un anno il pittore concluse le due opere, e tale fu il successo di questi due dipinti che Caravaggio ebbe immediatamente un altro importante incarico per la Chiesa di Santa Maria del Popolo. Per ordine del monsignor Tiberio Cerasi, che aveva acquistato una cappella della chiesa romana, gli vennero commissionati due dipinti: la Crocefissione di San Pietro e la Conversione di san Paolo. Contemporaneamente gli fu chiesta la realizzazione di una terza tela per la Chiesa di San Luigi dei Francesi: San Matteo e l'Angelo. Il pittore, nonostante conoscesse bene il gusto estetico dei suoi committenti, scelse dei soggetti popolari, che esprimessero in una dimensione reale e drammatica lo svolgersi degli eventi, rappresentando così i valori spirituali della corrente pauperista all'interno della Chiesa Cattolica.
La prima versione del San Matteo e l'Angelo, distrutta in Germania durante la Seconda guerra mondiale, fu però rifiutata e poi sostituita con quella ancora in loco dipinta nel 1602. La stessa sorte toccò ai due quadri per la Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo, che dopo esser stati rifiutati vennero comprati dal cardinal Giacomo Sannesio.
La descrizione da parte del Bellori dell'episodio del rifiuto della pala di San Matteo e l'Angelo, fa da introduzione ad un altro importante protettore di Caravaggio:
«Qui avvenne cosa, che pose in grandissimo disturbo, e quasi fece disperare Caravaggio in riguardo della riputazione; poiché avendo egli terminato il quadro di mezzo di San Matteo e postolo sù l'altare, fu tolto via dai Preti, con dire che quella figura non aveva decoro, né aspetto di santo, stando à sedere con le gambe incavalcate, e co' piedi rozzamente esposti al popolo. Si disperava il Caravaggio per tale affronto nella prima opera da esso pubblicata in chiesa, quando il Marchese Vincenzo Giustiniani si mosse à favorirlo, e liberollo da questa pena; poiché interpostosi con quei Sacerdoti, si prese per sé il quadro, e glie ne fece fare un altro diverso, che è quello che si vede ora sul'altare.»
Il Marchese Giustiniani era un ricco banchiere genovese nell'orbita della corte pontificia - oltre che vicino di casa del cardinal Del Monte, visto che aveva sede in palazzo Giustiniani di Roma con il fratello cardinal Benedetto Giustiniani - e fu protettore di Caravaggio per molti anni; collezionò moltissime delle sue opere e contribuì moltissimo alla formazione culturale del pittore. In più di un'occasione, grazie alle sue ramificate influenze, riuscì a salvare l'artista dalle gravose questioni legali nelle quali era spesso implicato per colpa della sua indole aggressiva.
I guai con la legge
Durante il suo soggiorno presso Palazzo Madama, dimora del cardinal Del Monte, Merisi si rese protagonista di un episodio spiacevole il 28 novembre del 1600: malmenò e percosse con un bastone Girolamo Stampa da Montepulciano, un nobile che si trovava come ospite del prelato: ne conseguì una denuncia. In seguito gli episodi di risse, violenze e schiamazzi andarono via via aumentando; spesso il pittore venne arrestato e condotto presso le carceri di Tor di Nona.
Non sarebbe comunque stato il primo guaio con la legge per il turbolento artista. Giovanni Pietro Bellori (uno dei suoi primi biografi) sostiene che, intorno al 1590-1592, Caravaggio - già distintosi per risse tra bande di giovinastri - avrebbe commesso un omicidio, a causa del quale era fuggito da Milano prima per Venezia (dove studiò la pittura locale, in particolar modo Giorgione), e poi per Roma. Il suo trasferimento nella Città Eterna non sarebbe stato, dunque, una meta prefissata, ma la conseguenza di una fuga.
Nel 1602 dipinge La cattura di Cristo e Amor Vincit Omnia. Nel 1603 fu processato per la diffamazione di un altro pittore, Giovanni Baglione, che querelò sia Caravaggio sia i suoi seguaci Orazio Gentileschi e Onorio Longhi, colpevoli di aver scritto rime offensive nei suoi confronti. Grazie all'intervento dell'ambasciatore francese, Merisi, condannato al processo, venne liberato e trasferito agli arresti domiciliari, seppur per poco (in precedenza, aveva scontato già un mese di carcere a Tor di Nona).
Tra il maggio e l'ottobre del 1604 il pittore fu arrestato varie volte per possesso d'armi abusivo e ingiurie alle guardie cittadine; inoltre, fu querelato da un garzone d'osteria per avergli tirato in faccia un piatto di carciofi.
Nel 1605 fu costretto a scappare a Genova per circa tre settimane, dopo aver ferito gravemente un notaio, Mariano Pasqualone da Accumuli, a causa di una donna: Lena, l'amante di Caravaggio. L'intervento dei protettori dell'artista riuscì ad insabbiare l'accaduto anche se, al ritorno a Roma, il pittore venne querelato da Prudenzia Bruni, sua padrona di casa, per non aver pagato l'affitto; per ripicca, Merisi prese nottetempo a sassate la sua finestra, finendo nuovamente querelato. Nel novembre dello stesso anno, il pittore risulta degente per una ferita, che dice di essersi procurato da solo, cadendo sulla propria spada.
Il fatto più grave però si svolse a Campo Marzio, la sera del 28 maggio 1606: a causa di una discussione causata da un fallo nel gioco della pallacorda, il pittore venne ferito e, a sua volta, ferì mortalmente il rivale, Ranuccio Tommasoni da Terni, con il quale aveva avuto già in precedenza delle discussioni, spesso sfociate in risse. Anche questa volta c'era di mezzo una donna, Fillide Melandroni, le cui grazie erano contese da entrambi. Probabilmente dietro l'assassinio di Ranuccio c'erano anche questioni economiche, forse qualche debito di gioco non pagato dal pittore, o addirittura politiche: la famiglia Tommasoni infatti era notoriamente filo-spagnola, mentre Michelangelo Merisi era un protetto dell'ambasciatore di Francia.
Il verdetto del processo per il delitto di Campo Marzio fu severissimo: Caravaggio venne condannato alla decapitazione, che poteva esser eseguita da chiunque lo avesse riconosciuto per la strada. In seguito alla condanna, nei dipinti dell'artista lombardo cominciarono ossessivamente a comparire personaggi giustiziati con la testa mozzata, dove il suo macabro autoritratto prendeva spesso il posto del condannato.
La fuga da Roma
La permanenza nella città eterna non era più possibile: ad aiutare Caravaggio a fuggire da Roma fu il principe Filippo I Colonna, che gli offrì asilo all'interno di uno dei suoi feudi laziali di Marino, Palestrina, Zagarolo e Paliano.
Il nobile romano mise in atto una serie di depistaggi, grazie anche agli altri componenti della sua famiglia che testimoniarono la presenza del pittore in altre città italiane, facendo così perdere le tracce del famoso artista.
Per i Colonna Caravaggio eseguì in quel periodo diversi dipinti, su tutti la Cena in Emmaus, nella splendida e scarna versione che oggi è a Brera.
Gli ultimi anni (1606 - 1610)
Il periodo napoletano
Alla fine del 1606 Caravaggio giunse a Napoli, dove rimase per circa un anno. La fama del pittore nella città era ben nota a tutti. I Colonna lo raccomandarono ad un ramo collaterale della famiglia: i Carafa-Colonna, importanti membri dell'aristocrazia napoletana. Qui il Merisi visse un periodo felice e prolifico per quanto riguarda le commissioni: la più importante, ad opera di un mercante croato di Ragusa, Nicola Radulovic, fu la Madonna del Rosario; l'iconografia del dipinto venne impostata dal committente stesso che alla fine non acquistò più l'opera, che venne così modificata dal pittore e collocata all'interno della Cappella del Rosario nella chiesa dei domenicani. In tale periodo realizzò una delle sue opere più importanti, che si rivelerà cardine per la pittura in sud Italia e per la pittura italiana in genere, la cui composizione, rispetto alle pitture romane, e' piu' drammatica e concitata, non esistendo più un fulcro centrale dell'azione. Questo sara' di grande stimolo per la pittura barocca partenopea successiva. L'opera in questione è: le Sette opere di Misericordia.
Il soggiorno a Malta
Nel 1607 Michelangelo Merisi parte per Malta, sempre per intercessione dei Colonna, qui entra in contatto con il Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, Alof de Wignacourt, a cui il pittore fece anche un ritratto. Il suo obiettivo era diventare Cavaliere per ottenere l'immunità, in quanto su di lui pendeva ancora la condanna alla decapitazione. Il Caravaggio firma un documento dove dichiara che il suo luogo di nascita è proprio Caravaggio in provincia di Bergamo: "Carraca oppido vulgo de Caravagio in Longobardis natus". Questo dovrebbe far riflettere sulle numerose diatribe sul suo luogo di nascita.
Nel 1608 Caravaggio dipinge la Decollazione di San Giovanni Battista, il suo quadro più grande per dimensioni, tuttora conservato nella Cattedrale di La Valletta.
Dopo un anno di noviziato, il 14 luglio 1608 Caravaggio fu investito della carica di Cavaliere di grazia, di rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia di origine aristocratica. Anche qui ebbe dei problemi: fu arrestato per un duro litigio con un cavaliere del rango superiore e perché si venne a sapere che su di lui pendeva la condanna a morte. Venne rinchiuso nel carcere di Sant'Angelo a La Valletta, il 6 ottobre: riuscì incredibilmente ad evadere e a rifugiarsi in Sicilia a Siracusa. Il 6 dicembre i Cavalieri espulsero Caravaggio dall'Ordine con disonore: «Come membro fetido e putrido».
Caravaggio in Sicilia
A Siracusa, Caravaggio fu ospite di Mario Minniti, suo amico di vecchia data, conosciuto durante gli ultimi anni romani. Nella città siciliana si interessò molto all'archeologia studiando i reperti ellenistici e romani della città siciliana: durante una visita assieme allo storico Vincenzo Mirabella coniò il nome "Orecchio di Dionigi" per descrivere la Grotta delle Latomie. Durante questo soggiorno dipinse per la Chiesa di Santa Lucia una pala d'altare del Seppellimento di santa Lucia (la patrona della città siciliana) la cui ambientazione sembra proprio quella delle vicine grotte da lui tanto ammirate.
Durante il suo tragitto, secondo molti critici e secondo lo scrittore Andrea Camilleri, si sarebbe fermato a Licata, dipingendo il S. Girolamo nella fossa dei leoni, dipinto che avrebbe creato il culto della festa del Venerdì santo nella località dell'agrigentino e il San Giacomo della misericordia presente nella omonima chiesa.
A Messina dipinse la Resurrezione di Lazzaro, tetra incompiuta e cimiteriale rappresentazione, la cui parte centrale è occupata dal corpo spasmodicamente teso nel gesto del braccio verso la luce, e l'Adorazione dei pastori, umile, raccolta, essenziale, calma. Fece a Palermo per l'Oratorio della Compagnia di San Lorenzo una Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, ricordata da Giovan Pietro Bellori, di lì poi trafugata da Cosa nostra nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969. Secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza l'opera, passata da cosca a cosca ed esposta nei summit come simbolo di potere e di prestigio, fu bruciata negli anni Ottanta perché rosicchiata dai topi nel periodo in cui i Pullarà la tenevano in una stalla. (L'episodio del furto ispirò l'ultimo romanzo di Leonardo Sciascia, Una storia semplice).
Il ritorno e la fine
Alla fine dell'estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli. Il 24 ottobre, affrontato con violenza da alcuni uomini al soldo del suo rivale maltese, all'uscita della Locanda del Cerriglio (nei pressi di Via Monteoliveto), rimase sfigurato e la notizia della sua morte cominciò a circolare prematura. La fase creativa del suo secondo periodo napoletano è ricostruita dagli storici con molte congetture: dipinse sicuramente il Martirio di sant'Orsola per Marcantonio Doria (definito l' ultimo dipinto di Caravaggio, conservato a Palazzo Zevallos a Napoli), la Negazione di San Pietro, il San Giovanni Battista e il Davide con la testa di Golia conservati alla Galleria Borghese. Ancora del periodo di Napoli sono da attribuire i due diversi quadri con medesimo soggetto: la Salomè con la testa del Battista esposto solo di recente in prestito alla National Gallery di Londra che il pittore avrebbe dovuto recapitare ai Cavalieri dell'Ordine, e la Salomè con la testa del Battista conservato a Madrid. Inoltre, il San Francesco che riceve le Stimmate, il San Francesco in meditazione e una Resurrezione (quest'ultima nota oggi attraverso una copia di Louis Finson ad Aix en Provence) andarono perduti durante il terremoto del 1805 col crollo della Chiesa di Sant'Anna dei Lombardi ( Napoli), per la quale erano stati dipinti.
Da Roma gli fu inviata la notizia che Papa Paolo V stava preparando una revoca del bando. Caravaggio, da Napoli, dove abitava presso la marchesa Costanza Colonna, si mise in viaggio con una feluca traghetto che settimanalmente faceva il tragitto: Napoli-Porto Ercole e ritorno; era diretto segretamente a Palo, feudo degli Orsini in territorio papale, luogo distante 40 km da Roma. In quel feudo avrebbe atteso in tutta sicurezza il condono Papale prima di ritornare, da uomo libero, a Roma. Ma l'arrivo a Palo, disatteso perché segreto, avvenuto probabilmente di notte, causò il fermo dalla sorveglianza della costa per l'accertamento dell'identità. La feluca che lo aveva sbarcato, non potendo aspettare, proseguì il viaggio per Porto Ercole dove era diretta, portandosi dietro il bagaglio dell'artista. Quelle casse, però, contenevano anche il prezzo concordato dal Merisi con il Cardinale Scipione Borghese per la sua definitiva libertà: un'opera, il "San Giovanni Battista" (della Borghese) in cambio della revoca della pena di morte; pertanto, quel bagaglio era da recuperare perché letteralmente vitale. Quando gli Orsini lo liberarono, fornirono al Caravaggio una loro imbarcazione con marinai per giungere a Porto Ercole, distante da Palo 40 miglia, per recuperare le sue cose. L'artista giunse mentre la feluca-traghetto stava ripartendo riportando a Napoli i suoi averi.
In preda alla febbre per infezioni intestinali, dopo quel lungo viaggio, il Caravaggio fu lasciato alle cure della locale Confraternita che il 18 luglio 1610 certificò la morte avvenuta nel loro ospedale. Il giorno successivo, l'artista fu seppellito nella fossa comune del cimitero di S.Sebastiano ricavata nella spiaggia e riservata agli stranieri, e che oggi è il retroporto urbanizzato di Porto Ercole, dove nel 2002 è stato collocato il monumento. Pertanto, morto in ospedale e sepolto nella spiaggia. Il condono papale fu spedito qualche giorno dopo a Napoli, alla Marchesa Costanza che abitava a Cellammare, a Palazzo Carafa Colonna da dove il Caravaggio era segretamente partito.
Il ritrovamento dei resti
Il 16 giugno 2010, a quasi 400 anni dalla morte e dopo oltre un anno di ricerche storiografiche e analisi scheletrica, nonché di confronti col DNA dei discendenti di cognome "Merisio" nativi di Caravaggio, una equipe di scienziati italiani ha confermato che le ossa coperte di piombo e mercurio (usati in grande abbondanza dai pittori del '600 per preparare i colori) trovate in quella che fu la fossa comune del cimitero di Porto Ercole, sono "all'85%" quelle del grande artista.
I resti del Caravaggio erano situati nella cripta della Chiesa del Cimitero di Porto Ercole. Le ricerche sono state coordinate da un pool di istituti coordinati dall'Università di Bologna, con il supporto degli atenei dell'Aquila e del Salento e del Centro ricerche ambientali di Ravenna.
Al risultato si è arrivati mettendo insieme gli esiti di indagini storiografiche e di biologia scheletrica, nonché dell'uso di tecnologie per l'accertamento dei metalli pesanti nelle ossa, di analisi dei sedimenti terrosi, della datazione con il metodo del carbonio-14, e per finire del DNA.
Il 3 luglio 2010, dopo una settimana di permanenza nella città di Caravaggio, i resti del Caravaggio sono stati riportati via mare a Porto Ercole (dove rimarranno), e messi in mostra a Forte Stella, una fortificazione del paese.
Attività artistica - Stile pittorico
La particolare tecnica pittorica e realizzativa di Caravaggio, fu una delle chiavi del suo successo. Fino al suo avvento nella pittura, lo stile che caratterizzava la maggior parte degli artisti era estremamente legato ad un tipo di cultura accademica che si basava prevalentemente sullo studio dell'arte classica, con forti influssi derivati dai grandi protagonisti del periodo d'oro del Rinascimento italiano, su tutti le figure di Michelangelo e Raffaello, nel centro Italia; per quanto riguarda il settentrione la pittura si rifaceva soprattutto a Tiziano, Correggio e Leonardo. La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo della sua opera, espresso nei soggetti dei suoi dipinti e nelle atmosfere in cui la plasticità delle figure viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena. Sono pochi i quadri in cui il pittore lombardo dipinge lo sfondo, che passa nettamente in secondo piano rispetto ai soggetti, i veri e soli protagonisti della sua opera. Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in posti specifici per far sì che i modelli venissero illuminati solo in parte, mediante la "luce radente". Attraverso questo artificio, Caravaggio evidenzia le parti della scena che più ritiene interessanti lasciando il resto del corpo nel buio dell'ambiente.
I soggetti
I soggetti efebici e la presunta omosessualità
Tra le opere giovanili del Caravaggio ci sono molti ragazzi seducenti solitamente intenti a suonare uno strumento (tradizionale accompagnamento all'amore) o mangiare un frutto (simbolo dell'appagamento dei sensi); sono giovani colti dalla strada, dai luoghi che lui amava frequentare come osterie, bische, bordelli e luoghi di malaffare della città. La continua proposta di questi personaggi ha fatto formulare a molti critici supposizioni riguardo alla presunta omosessualità dell'artista e dei suoi due più importanti committenti, il cardinale Del Monte ed il marchese Giustiniani, che conservavano molte di queste opere all'interno dei loro gabinetti privati; la più famosa tra queste è l'Amore vincitore, dipinto dai forti toni sensuali, che l'artista dovette replicare per entrambi i committenti.
L'opinione contraria di Maurizio Calvesi:
«In realtà, la presunta omosessualità del Caravaggio, utile ad aggiungere un tocco al quadro del suo "maledettismo", è probabilmente solo un abbaglio; e questo discende da una discutibile esegesi di alcuni dipinti del primo periodo romano, che presentano figure effeminate o ritenute provocanti. A lungo, del resto, ci si è rifiutati (e molti ancora si rifiutano) di applicare al Caravaggio quella lettura secondo i codici "iconologici" dell'epoca, che consente di apprezzare le bellissime e rivelatrici simbologie di cui la sua pittura è intessuta, pur nell'approccio realistico. Senza intendere il contesto dei simboli ogni scelta di figure o di oggetti appare come il frutto di un impulso immediato, orientando verso interpretazioni soggettive e modernizzanti.»
Sta di fatto che è documentata la frequentazione del Caravaggio, specie nei suoi anni romani, di diverse prostitute, alcune delle quali, come è noto, ritratte nei suoi dipinti. Secondo alcuni autori inoltre (H. Langdon) lo stesso omicidio di Ranuccio avrebbe avuto solo come pretesto una questione di gioco, ma sarebbe dovuto in realtà alla rivalità tra Caravaggio e il Tommasoni per i favori di una donna.
Gli altri soggetti
Non solo soggetti efebici caratterizzarono le pitture di Caravaggio, spesso la rappresentazione, anche nelle opere ufficiali per committenze pubbliche, di personaggi vecchi e deformi nei panni di venerati santi e di prostitute e umili donne nelle vesti di importanti figure femminili della storia della chiesa. L'utilizzo di questi modelli fu motivo di molte critiche che accusavano l'artista di esaltare la goffaggine e la sporcizia di certi personaggi, lasciando da parte l'idealizzazione della bellezza e la ricerca di una perfezione compositiva, particolarità da sempre ricercate dagli artisti precedenti, specie nella rappresentazione di soggetti appartenenti alla storia della religione.
La natura
Nelle prime opere del Caravaggio si trovano spesso splendidi particolari di nature morte, ma una sola è la composizione completa che ci sia pervenuta, la Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana. Ciò è riferibile soprattutto al periodo di apprendistato nella bottega dal Cavalier d'Arpino. La frutta rappresentata da Merisi è in perfetta sintonia con i personaggi. Le foglie appassite, con il loro stato di maturazione avanzata, danno l'idea di una particolare atmosfera di decadenza autunnale. Tradizionalmente, alle nature morte venivano associati significati allegorici,e l'appassire di frutta e verdura in questo caso sembra parlare del rapporto di convivenza tra vita e morte.
I ritratti
Il pittore non dipinse molti ritratti e di quei pochi restano soltanto quattro o cinque (l'unico ritratto femminile, quello di una cortigiana, probabilmente Fillide Melandroni, modella per dipinti dell'artista, andò distrutto a Berlino, nel Kaiser Friedrich Museum durante la Seconda guerra mondiale). Sopravvivono inoltre il ritratto del cardinale Maffeo Barberini (che poi sarà papa col nome di Urbano VIII), quello del Gran Maestro dei cavalieri di Malta Alof de Wignacourt con un paggio, il ritratto di un altro Cavaliere di Malta, Antonio Martelli, quello di un gentiluomo sconosciuto e quello del Papa Paolo V (di incerta attribuzione).
Importanti committenze
Tra il 1600 ed il 1606 Caravaggio dipinse per alcune chiese romane quattro importanti tele laterali e cinque pale d'altare (compresa la Deposizione nel sepolcro, ora alla Pinacoteca Vaticana, ma dipinta per la seconda cappella a destra in S.Maria in Vallicella, la chiesa Nuova di Roma), di cui tre (San Matteo e l'angelo, Morte della Vergine e Madonna dei Palafrenieri) furono rifiutate o rimosse perché ritenute rappresentazioni disdicevoli e poco decorose del soggetto sacro.
Molti quadri di Caravaggio raffigurano santi, i tre più rappresentati sono san Francesco, san Girolamo e san Giovanni Battista. San Francesco appare di solito come una figura ascetica in preghiera, San Girolamo come un vecchio intento a scrivere e San Giovanni come un giovane, praticamente nudo, nel deserto.
La riscoperta
Famoso ed ammirato in vita, Caravaggio fu quasi completamente dimenticato nei secoli successivi alla sua morte, e solo all'inizio del XX secolo la sua importanza nello sviluppo dell'arte pittorica moderna fu universalmente riconosciuta. Ciò nonostante, la sua influenza sul nuovo Barocco - lo stile pittorico che emerse dalle rovine del Manierismo - fu profonda.
André Berne-Joffroy, autore di Le Dossier Caravage, disse di lui: "Ciò che inizia con l'opera di Caravaggio è molto semplicemente la pittura moderna."
Caravaggismo
Con questo termine si indica lo stile degli artisti che si ispirano al Caravaggio. Nei dipinti caravaggeschi troviamo grande realismo nel riprodurre le figure, rappresentate generalmente su uno sfondo monocromo, e illuminate da una luce violenta. I principali pittori caravaggisti sono Bartolomeo Manfredi, Carlo Saraceni, Orazio e Artemisia Gentileschi, Giovanni Antonio Galli (detto lo Spadarino), Francesco Boneri (più noto come Cecco del Caravaggio), Gerrit van Honthorst, Hendrick ter Brugghen, Giovanni Serodine, Battistello Caracciolo, José de Ribera; in questi ultimi due, operanti a Napoli, ritroviamo riproposto lo stile degli ultimi anni del Caravaggio, caratterizzato da atmosfere molto cupe. Carlo Sellitto, anch'egli operante in Napoli (sua città natale), viene invece definito dagli storici dell'arte il primo caravaggesco napoletano[10]; ma la monumentale opera del Caravaggio influenza anche una fitta schiera di grandi artisti d'Oltralpe, tra i quali: Louis Le Nain, Georges de La Tour, Valentin de Boulogne, Simon Vouet, Francisco de Zurbarán, Diego Velázquez, Bartolomé Esteban Murillo, Matthias Stomer, Pieter Paul Rubens, Antoon van Dyck, Rembrandt, Jan Vermeer, Adam Elsheimer; inoltre, influenze caravaggesce pervadono le opere di artisti ottocenteschi quali: David, Goya, Gericault, Delacroix, Courbet.
Film su Caravaggio
Sono stati girati due lungometraggi sulla vita del pittore: il primo, Caravaggio, il pittore maledetto, diretto da Goffredo Alessandrini, è del 1941. È del 1986 la seconda opera cinematografica dedicatagli, Caravaggio, diretto da Derek Jarman. Il mediometraggio Caravaggio. L'ultimo tempo (1606-1610), opera del regista napoletano Mario Martone, è del 2004.
Nel 1967 la Rai trasmise lo sceneggiato televisivo Caravaggio con la regia di Francesco Blasi e Gian Maria Volonté nella parte dell'artista.
Nel 2002 il cortometraggio "Vernissage! 1607 Caravaggio" di Stella Leonetti racconta la presentazione di uno dei dipinti dell'artista, Le sette opere di Misericordia.
Nel 2006 è stato prodotto un nuovo sceneggiato televisivo di due puntate Caravaggio, regia di Angelo Longoni, con Alessio Boni, Claire Keim, Jordi Mollà, Paolo Briguglia, Elena Sofia Ricci, Francesco Siciliano, Sarah Felberbaum, Benjamin Sadler, fotografia di Vittorio Storaro e musiche di Luis Bacalov. È stato messo in onda su RaiUno il 17 e il 18 febbraio del 2008.
Onorificenze
Cavaliere d'Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta
▪ 1697 - Padre António Vieira (Lisbona, 6 febbraio 1608 – Salvador, 18 luglio 1697) è stato un gesuita, missionario e scrittore portoghese.
Fu missionario in Brasile. Si tratta di uno dei personaggi più importanti del secolo XVII in campo politico, distinguendosi anche come missionario in Brasile.
In questa veste difese infaticabilmente i diritti umani degli indigeni, combattendo le esplorazioni e la schiavitù. Veniva chiamato "Paiaçu" (Padre Grande).
Nato da un copista della Inquisizione a Lisbona, all'età di sei anni, nel 1615, andò a raggiungere il padre a Salvador de Bahia dove era stato trasferito alcuni anni prima.
Fu educato nell'unica scuola presente allora, il collegio gesuita di Bahia. Entro al noviziato gesuita nel 1623. In seguito alle invasioni degli olandesi in Brasile fu costretto a rifugiarsi all'interno del paese. dove gli venne la vocazioen di farsi missionario. Nel 1625 pronunciò i primi voti. All'età di diciotto anni stava studiando retorica, logica, fisica, matematica, economia e in seguito teologia dogmatica, al collegio di Olinda. Scrisse le lettere annuali della provincia.
Nel 1635 fu ordinato presbitero. Iniziò presto a distinguersi come oratore; i tre sermoni patriottici che pronunciò a Bahia negli anni 1638-40 sono significativi per la loro potenza di immaginazione e per la dignità del linguaggio.
Il sermone per la vittoria del Portogallo sull'Olanda è stato commentato da Abbé Raynal dicendo che era "forse il discorso più straordinario mai sentito da un pulpito Cristiano".
La sua opera ha ispirato il film "Parola e utopia" di Manoel de Oliveira.
▪ 1817 - Jane Austen (Steventon, 16 dicembre 1775 – Winchester, 18 luglio 1817) è stata una scrittrice britannica, figura di spicco della narrativa preromantica e una delle autrici più famose e conosciute d'Inghilterra.
Orgoglio e pregiudizio
Il suo primo e più famoso romanzo è Orgoglio e pregiudizio, terminato nel 1797, con il titolo "First Impression", ma pubblicato solo nel 1813. Ha avuto diverse trasposizioni cinematografiche.
La Austen raccontata
Nel 2007 è stato girato dal regista Julian Jarrold Becoming Jane - Il ritratto di una donna contro. Un film semi-biografico che racconta i primi anni della celebre autrice Jane Austen, interpretata da Anne Hathaway, e incentrato sul suo rapporto con Thomas Langlois Lefroy, interpretato da James McAvoy.
Nel 2008 è stato pubblicato in Italia il romanzo di Syrie James, Il diario perduto di Jane Austen, che narra di un'immaginaria storia d'amore tra la scrittrice e il Signor Ashford, personaggio ispirato agli eroi protagonisti dei romanzi di Jane Austen.
* 1872 - Benito Pablo Juárez García (San Pablo Guelatao, 21 marzo 1806 – Città del Messico, 18 luglio 1872) è stato un politico messicano.
È stato Presidente del Messico (primo indio nella storia dell'intero continente ad ottenere tale carica) dal marzo del 1861 al 10 aprile 1864 e dal 19 giugno 1867 al 18 luglio 1872 ed è considerato eroe nazionale.
Nasce da una famiglia di contadini dell'etnia degli indiani Zapotechi. Orfano in tenera età, lavora nei campi e come pastore, finché a 12 anni nel 1818, quando è ancora analfabeta, si reca ad Oaxaca per cercare una vita migliore. Qui si impegna duramente e con l'aiuto del francescano Antonio Salanueva, viene ospitato dal locale seminario e nel 1834 diventa avvocato.
Dopo essere diventato giudice nel 1842, entra in politica assumendo atteggiamenti liberali e anticlericali. È governatore dello Stato di Oaxaca dal 1847 al 1853 ed avvia una politica di annullamento dei privilegi ecclesiatici. Costretto all'esilio durante la dittatura di Antonio López de Santa Anna, vive a New Orleans, Louisiana lavorando in una fabbrica di sigari. Ritorna in Messico nel 1855 e viene nominato ministro della giustizia e diventa vice primo ministro del governo capeggiato da Ignazio Comonfort nel 1857. Dopo il colpo di stato dei conservadores del generale Zuloaga nel gennaio 1858, organizza il governo provvisorio a Veracruz e capeggia la guerra civile che nel 1861 si conclude con la sconfitta delle forze reazionarie e la sua nomina a presidente della repubblica.
Gli intrighi di Miguel Miramón e del banchiere Jecker portano all'intervento di Inghilterra, Spagna e Francia. La successiva firma della convenzione di Soledad soddisfa le richieste delle prime due potenze europee, ma non la Francia di Napoleone III che invade il Messico, occupa la capitale 1863 costituisce l'Impero del Messico dandone lo scettro all'arciduca Massimiliano d'Asburgo. Nasce allora una fiera resistenza da parte di Juarez e dei suoi seguaci, detti Juaristi; Juarez ottiene un certo appoggio degli Stati Uniti e guida una guerriglia che si conclude con la cattura di Massimiliano, la sua fucilazione a Querétaro il 19 giugno 1867 e il ritiro dei francesi. Juarez viene rieletto alla presidenza e si adopera, pur entro gravi difficoltà finanziarie e di ordine pubblico, per riformare le istituzioni e consolidare la struttura dello Stato. Muore per un attacco cardiaco al suo tavolo di lavoro.
Viene ora considerato il fondatore del Messico moderno; il giorno del suo compleanno, il 21 marzo è festa nazionale. Nel suo paese è spesso citata la sua massima: El respeto al derecho ajeno es la paz ("il rispetto del diritto degli altri è la pace").
In suo onore, Mussolini fu chiamato dai genitori Benito.
▪ 1910 - Giacomo Ceconi (Pielungo, 29 settembre 1833 – Udine, 18 luglio 1910) è stato un imprenditore italiano.
Giacomo Ceconi nasce il 29 settembre del 1833 in Val Nespolaria, una località della Val d'Arzino adiacente all’abitato di Pielungo. La sua famiglia è di umili origini ed è gestita dalla madre, Maddalena Guerra, detta la Biela di Cerdevol. Giacomo parte analfabeta da Pielungo nel 1851 e giunge a Trieste, allora città ricca di spunti culturali, per imparare il mestiere di assistente edile. Il giovane Ceconi frequenta i corsi serali apprendendo in poco tempo le basi del disegno geometrico. Con il conseguimento di queste nuove abilità, da manovale diviene muratore e, una volta conquistata la fiducia dei propri datori di lavoro, ottiene degli incarichi di particolare importanza.
I lavori in Slovenia, Austria e Ungheria
A partire dal 1857, Giacomo Ceconi si mise in proprio e, a capo di un gruppo di operai compaesani, portò a termine la costruzione dell'importante viadotto ferroviario di Borovnica e della ferrovia che univa Klagenfurt a Maribor. Non ancora venticinquenne, ottiene appalti di lavori ferroviari in Croazia, in Carinzia e anche in Ungheria. Ma è solo nel 1865 che si comincia a delineare la figura del Ceconi impresario: costruisce i fabbricati lungo la linea Sopron - Sabaria, si aggiudica i lavori sulla ferrovia che unisce Verona al Tirolo, erigendo inoltre le stazioni di Vipiteno, Colle Isarco, Brennero e Gries.
Importanti sono le opere ferroviarie che realizza, sempre nell'Impero Asburgico, nel triennio 1869 - 1871: le linee da Kreuzstätten a Mislitz e da Grüssbach a Znojmo. Dal 1872 al 1875 costruisce le stazioni ferroviarie di Fiume e di San Pietro del Carso. Successivamente è impegnato in Baviera e nel biennio 1877 - 1879, realizza le stazioni di Tarvisio e di Pontafel. Verso la fine degli anni settanta sposta i suoi cantieri nel Regno d'Italia, per la posa in opera del tratto Pontebba - Tarvisio.
Nel 1879, l'Impero Asburgico gli assegna la cittadinanza austriaca ammutolendo in questo modo le proteste che l'imprenditoria asburgica aveva sollevato contro «il costruttore straniero che prevaleva sui concorrenti».
Il traforo dell'Arlberg
Il traforo ferroviario dell'Arlberg fa parte della ferrovia Bludenz - Innsbruck, che unisce la Svizzera occidentale ed il Voralberg al Tirolo. L'apertura della nuova linea ferroviaria è stata un avvenimento di notevole importanza internazionale, ma anche di grande interesse locale e nazionale.
Le ultime opere del Ceconi
Negli anni 1885 - 1887 attende alla linea Tàbor - Hornì Cerekev, realizzando in tale occasione il viadotto di Cervena, il secondo per altezza della monarchia asburgica con i suoi 67 metri. L'opera venne innalzata senza l'ausilio di armature.
Si dedica quindi a lavori nel porto di Trieste e in varie località portuali della Sardegna fino al 1900. Ormai in età avanzata, chiude la sua attività imprenditoriale, lontano dal suo paese natale, con la costruzione del traforo del Wochein.
Muore a Udine il 18 luglio 1910.
Il castello Ceconi di Pielungo
Il conferimento del titolo di conte della Corona d’Italia richiedeva che Giacomo Ceconi erigesse una residenza dalle caratteristiche e dalle proporzioni di un castello. Il Ceconi decise allora di costruire una villa, che avrebbe dovuto tenere legati i suoi discendenti alla natale Pielungo. Per attendere di persona alla progettazione e alla costruzione di tale residenza nobiliare, Giacomo Ceconi si trattenne sempre più frequentemente e per lungo tempo nel suo borgo natio.
«Nella costruzione della favolosa villa padronale, il Ceconi palesò tutta l'ingenua ammirazione dell'uomo privo di cultura per alcune personalità.»(Filipuzzi)
Lo dimostrano le statue di quattro poeti: Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Ludovico Ariosto e Torquato Tasso, statue erette a decorare la facciata del palazzo.
L'aspetto artistico-architettonico
Il castello Ceconi è un imponente costruzione neo-gotica dallo stile eclettico, con venature di liberty e dai riflessi medioevali e rinascimentali. Presenta merlature e balconi gotici accanto a finestre rettangolari. I loggiati dalle calde tonalità cromatiche fanno da contrappunto agli affreschi che si snodano lungo le due ali del palazzo e a quelli inseriti nelle lunette dei finestroni gotici. Nelle due lunette delle finestre ai lati dell'ingresso principale, si trovano gli affreschi di George Stephenson (l'inventore della locomotiva) e di Alessandro Volta. Le due personalità geniali e scientifiche affiancano la raffigurazione della Madonna con Bambino, sopra il portale principale. Nell'ordine superiore, sopra le tre finestre del primo piano sono raffigurate Irene di Spilimbergo e Vittoria Colonna. Nella lunetta centrale, tra le due figure femminili trova posto Leonardo da Vinci. Uno degli imponenti torrioni merlati reca l'effigie di Alessandro Manzoni.
Fra le torri la più alta e sottile era stata concepita per accogliere una campana, che aveva la funzione di chiamare a raccolta gli operai. Il piazzale antistante al palazzo si apre fra i boscosi pendii montani. Tale piazzale viene impreziosito da una fontana in cemento, a forma circolare e a due piani concentrici. L'elegante fontana fu oggetto di una contesa tra un alpigiano, un certo Nànol, ed il Conte: l'uomo ottenne il diritto di passaggio nel cortile del castello per portare la propria mandria ad abbeverarsi alla fontana.
I servizi del castello
Il castello veniva riscaldato a legna, per cui si rendeva necessario il lavoro ininterrotto di un addetto all'alimentazione delle enormi stufe di maiolica, che si trovavano in ogni stanza (il suo nome era Florio). L'illuminazione era invece ad energia elettrica, ricavata dalla centrale fatta costruire dal conte presso il torrente Arzino, ove, attraverso delle tubature a condotta forzata, giungeva l'acqua dell'acquedotto Agaviva. Nei sotterranei del castello vi erano infine dei forni, utilizzati per cuocere i cibi tipici friulani ma anche quelli legati alla tradizione austriaca.
Il Ceconi aveva poi designato una stanza del castello a museo, in cui conservava gelosamente molti oggetti legati alla sua gioventù e al suo lavoro da imprenditore. Tra i tanti cimeli vi erano gli arnesi da muratore usati in gioventù, i disegni dei lavori eseguiti, dediche, medaglie, pergamene, i diplomi ricevuti e anche molti ritratti di maestranze e di ingegneri con i quali aveva collaborato durante la sua lunga carriera.
Sviluppi recenti
Dopo l'ultima guerra l'edificio venne ceduto all'Ente Provinciale di Economia Montana. A detto ente la famiglia Ceconi aveva già devoluto tutto il terreno boschivo, acquistato e ripopolato dal conte. L'ente pubblico provvide all'opera di restauro del palazzo, che tuttavia ebbe a subire nuove mutilazioni a seguito del terremoto.
Il 24 luglio 2008 il maniero è passato definitivamente nelle mani dell'azienda Graphistudio che, oltre al castello, ha acquistato anche l’annessa foresta di faggi.
La foresta Ceconi
Nel 1912 la società friulana Pro montibus et sylvis conferisce il diploma di benemerenza all'ormai scomparso Conte Ceconi per i rimboschimenti eseguiti dal 1890 al 1908. La zona della Val d'Arzino appariva in quel periodo come luogo di «frane disastrose» e «misero squallore». Il Ceconi si rese a questo scopo promotore di rimboschimenti su grande scala: si valuta che dal 1890 al 1908 mise a dimora circa 1.900.000 piantine (fra cui molti pini, abeti e larici) tutte in terreni di sua proprietà. Al lavoro di impianto ne conseguì poi uno di sostituzione e manutenzione accurata dei boschi, che venne continuato anche dopo la morte del Conte.
* 1939 - Paul Schneider (Pferdsfeld, 29 agosto 1897 – 18 luglio 1939) è stato un religioso tedesco.
Figlio di un pastore evangelico luterano, nacque a Pferdsfeld, nei pressi di Bad Kreuznach, in Germania. Divenuto a sua volta pastore luterano, all’avvento del regime hitleriano entrò in conflitto con lo stato nazista, ma anche con la sua chiesa di appartenenza, quella del Land della Renania, a motivo dei compromessi a cui questa scese con le nuove autorità tedesche. Sul finire del 1933, Schneider entrò a far parte del "Pfarrernotbund" (la Lega d'emergenza dei pastori"), un'associazione che diede successivamente vita alla “chiesa confessante”, quella parte della chiesa protestante tedesca decisa a resistere all'assimilazione da parte del partito nazista. Entrò in contrasto con le autorità della sua chiesa per avere criticato apertamente il gerarca Ernst Röhm, essersi opposto alla propaganda della Hitlerjugend e al paragrafo ariano e per avere criticato dal pulpito, nel gennaio 1934, un articolo di Goebbels. Fu arrestato dalla polizia una prima volta nell'aprile 1934 per essersi opposto, nel corso di una cerimonia funebre, a un capo locale del partito nazista che aveva inserito nella cerimonia espressioni paganeggianti. Fu arrestato una seconda volta nel 1935, per non avere rispettato il divieto di leggere dal pulpito della sua chiesa, nel villaggio di Dickenschied, i comunicati della "chiesa confessante". Nel novembre del 1937 subì un terzo arresto e fu rinchiuso nel carcere della Gestapo di Coblenza. Contro di lui fu emesso un provvedimento di espulsione dalla Renania. Dopo un quarto arresto, per non avere rispettato il divieto di espulsione dalla Renania, fu trasferito nel campo di concentramento di Buchenwald. Dopo alcuni mesi di lavori forzati, venne rinchiuso nel famigerato “Bunker” di Buchenwald. Motivo della condanna alla cella di rigore, il rifiuto di salutare la bandiera uncinata nel giorno del compleanno del Führer. Il 18 luglio 1939 la voce del quarantunenne “predicatore di Buchenwald”, sposato con Margarete Dieterich e padre di sei figli, fu messa a tacere per sempre. Paul Schneider venne ucciso mediante un’iniezione letale di strofantina, somministrata dal medico del lager Erwin Ding. I compagni di prigionia sopravvissuti hanno ribadito a più riprese la forte impressione provocata su di loro dalla sua fermezza e dal suo coraggio. Le testimonianze raccolte hanno portato a definire Schneider il “predicatore di Buchenwald”: dalla finestra della sua cella egli gridava dei versetti biblici ai prigionieri radunati per l’appello sul piazzale del campo. Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer, ucciso nel campo di Flossenbürg poche settimane prima della fine della guerra, lo definì un martire.
▪ 1982 - Roman Jakobson (Mosca, 11 settembre 1896 – Boston, 18 luglio 1982) è stato un linguista russo naturalizzato statunitense.
È considerato uno dei principali iniziatori della scuola del formalismo e dello strutturalismo. A lui si deve lo studio della teoria della comunicazione linguistica. La sua teoria si basa sulle sei funzioni comunicative che si associano alla dimensione dei processi comunicativi.
Jakobson nacque da una famiglia benestante, a San Pietroburgo compì i suoi studi e si dimostrò, già in giovane età, affascinato dagli studi sul linguaggio. Ancora studente, nel 1915, divenne una delle figure leader del "Circolo linguistico di Mosca" e prese parte attivamente al movimento poetico e artistico dell'avanguardia russa.
In quegli anni, venne a conoscenza degli studi di Ferdinand de Saussure e iniziò ad elaborare i concetti di quella che sarà poi la sua teoria della comunicazione. Il 1920 fu, per la Russia, un anno politicamente difficile e Jakobson fu costretto a trasferirsi a Praga per continuare i suoi studi di dottorato.
Qui, si affiancò al suo più anziano collega Vilém Mathesius, con il quale fondarono il circolo linguistico della Scuola di Praga. Al PLK (pražský lingvistický kroužek - circolo linguistico di Praga) si aggregarono altri due ex membri della scuola di Mosca: Nikolaj Trubeckoj, Sergej Karcevskij, ma anche l´anglista Bohumil Trnka, lo slavista e boemista Bohuslav Havránek, ed il celebre esteta Jan Mukařovský. Il soggiorno praghese incentivó Jakobson ad applicarsi a ricerche nel campo della fonetica che lo aiutarono a sviluppare meglio le sue teorie nell´ambito della struttura e funzione del linguaggio.
Insegnò alla Karlova univerzita di Praga e alla Masarykova univerzita di Brno. Con l'invasione nazista della Cecoslovacchia, Jakobson, in quanto non ariano, dovette lasciare la Cecoslovacchia per la Scandinavia e insegnò in prestigiose università, come quella di Oslo, Copenaghen, Uppsala. Nel 1941 si recò poi a New York ed entrò a far parte della vita della comunità degli intellettuali emigrati. Alla Ècole Libre des Hautes Études, una specie di Francophona università-in-esilio, egli iniziò a collaborare con Claude Lévi-Strauss, il maggiore esponente dello strutturalismo. Egli ebbe così modo di frequentare molti linguisti americani e antropologi come Franz Boas, Benjamin Whorf e Leonard Bloomfield.
Nel 1949 Jakobson si recò all'Università di Harvard, dove rimase per il resto della sua vita.
Struttura del linguaggio
Egli propone la suddivisione delle funzioni del linguaggio in sei parti:
▪ Funzione emotiva
▪ Funzione fàtica
▪ Funzione conativa
▪ Funzione poetica
▪ Funzione metalinguistica
▪ Funzione referenziale
La funzione emotiva è incentrata sull'emittente. Viene posta in essere quando l'emittente dell'atto linguistico ha come fine l'espressione dei suoi stati d'animo. La funzione fatica è incentrata sul canale di comunicazione. Essa si realizza quando un partecipante dell'atto di comunicazione desidera controllare se il canale è, per così dire, aperto (esempio: domande del tipo "Mi segui?,mi ascolti?") La funzione conativa è focalizzata sul ricevente. Essa avviene quando tramite un atto di comunicazione l'emittente cerca di influenzare il ricevente (esempio: "Vai da lei!"). La funzione poetica è incentrata sul messaggio. Avviene quando il messaggio che l'emittente invia all'ascoltatore ha una complessità tale da obbligare il ricevente a ridecodificare il messaggio stesso (ne sono un esempio molte frasi pubblicitarie (o frasi di poesia) del tipo "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura"). La funzione metalinguistica è quella riferita al codice stesso. Ossia quando il codice "parla" del codice (un lampante esempio sono le grammatiche). La funzione referenziale infine è incentrata sul contesto. Essa è posta in essere quando viene data un'informazione sul contesto (esempio: "L'aereo parte alle cinque e mezza").
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Principali opere
Scrisse nel 1923 Sul verso ceco, nel 1929 "Il folklore come un particolare modo di creazione", in collaborazione con Petr Bogatyrev, nel 1931 Principi di fonologia storica, nel 1941 Linguaggio infantile, afasia e leggi fonetiche universali, e tra gli anni 1962 e 1982 la sua opera più conosciuta, Saggi di linguistica generale, una raccolta di suoi articoli apparsi su numerose riviste.