Il calendario del 16 Aprile

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 529 - Entra in vigore il Codex Iustinianus.

▪ 1071 - Roberto il Guiscardo conquista Bari e pone fine al dominio dell'Impero Bizantino in Italia.

▪ 1799 - Guerre napoleoniche: Battaglia del Monte Tabor.

▪ 1821 - A Istanbul, capitale dell'Impero Ottomano, vengono uccisi migliaia di greci, tra cui il metropolita ortodosso Gregorio V.

▪ 1815 - Guerra austro-napoletana: il Re di Napoli Gioacchino Murat deve abbandonare Bologna, subito occupata dalle truppe austriache al comando di Johann Maria Philipp Frimont.

▪ 1856 - A Parigi, al termine della guerra di Crimea, si svolge la conferenza di pace fra la Russia e Inghilterra, Francia, Regno di Sardegna e Turchia. Primo successo diplomatico del conte di Cavour.

▪ 1917 - Vladimir Lenin ritorna a Pietrogrado dall'esilio per preparare la Rivoluzione d'ottobre.

▪ 1919 - India: Gandhi organizza un giorno di preghiera e di astensione dal lavoro dopo il Massacro dell'Amritsar.

▪ 1941 - Seconda guerra mondiale: in Tunisia un convoglio navale italiano, il Duisburg, diretto in Libia, alle 02:20 del mattino è attaccato da una squadra navale inglese. Nessuna nave italiana si salva, affondati anche i caccia italiani Lampo, Tarigo, Baleno e il caccia inglese Mohawk con quattro navi da trasporto inglesi.

▪ 1943 - Albert Hofmann scopre gli effetti allucinogeni dell'LSD (Lisergid acetil-dietilamide o acido lisergico).

▪ 1947 - Bernard Baruch conia il termine "guerra fredda" per indicare le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti ed Unione Sovietica.

▪ 1972

  1. - NASA/Programma Apollo: l'Apollo 16 viene lanciato verso la luna dalla base di Cape Canaveral, in Florida.
  2. - Guerra del Vietnam: Offensiva di Nguyen Hue - Di fronte all'offensiva nordvietnamita gli USA riprendono i bombardamenti su Hanoi e Haiphong.

▪ 1975 - Milano, un gruppo di manifestanti di sinistra viene aggredito al ritorno da un corteo da neofascisti. Uno di questi, Antonio Braggion spara alcuni colpi di rivoltella, uccidendo Claudio Varalli.

▪ 1977 - L'Apple II viene presentato al pubblico durante il primo West Coast Computer Faire

▪ 1988 - Forlì, il senatore democristiano ed esperto in riforme istituzionali Roberto Ruffilli viene ucciso, in casa propria, dalle Brigate Rosse, nel decennale dell'assassinio di Aldo Moro.

▪ 1990 - Nepal, il re Birenda Bir Bikram Shah Dev scioglie l'assemblea nazionale per formare un parlamento democratico.

▪ 1995 - Pakistan, il sindacalista tessile tredicenne Iqbal Masih viene assassinato.

▪ 1996 - France Telecom inizia il servizio Internet chiamato Wanadoo.

▪ 2003
  1. - Atene/Unione europea: venticinque paesi firmano il Trattato di Atene che prevede l'allargamento dell'Unione Europea.
  2. - Guerra in Iraq: conquistata Tikrit da parte delle forze della coalizione, ma di Saddam Hussein non c'è traccia. In mano alleata anche Mossul e Kirkuk; i pozzi petroliferi sono vigilati per prevenire incendi come nel 1991.

▪ USA: Michael Jordan lascia definitivamente il basket.

▪ 2004 - Milano, inizia il ramo stralcio del processo SME che riguarda Silvio Berlusconi.

▪ 2007 - Massacro al Virginia Polytechnic Institute, a Blacksburg, Virginia.

▪ 2008 - Nel giorno del suo 81° compleanno, Benedetto XVI viene ricevuto alla Casa Bianca: è la prima volta per un Papa.

Anniversari

▪ 1828 - Francisco José de Goya y Lucientes (Fuendetodos, 30 marzo 1746 – Bordeaux, 16 aprile 1828) è stato un pittore e incisore spagnolo.
Nasce in un piccolo pezzo dell'Aragona nei pressi di Saragozza da una famiglia della piccola borghesia. Il padre José era un maestro doratore, figlio di un notaio di provincia, mentre la madre, Gracia Lucientes, era una hidalga, cioè apparteneva al più basso ordine della nobiltà spagnola.
Francisco era il quarto di sei fratelli: Rita battezzata nel 1737, Tomás battezzato nel 1739, Jacinta battezzata nel 1743, quindi il pittore nato nel 1746 seguito da Mariano 1750 e Camilo 1753. Francisco frequenta a Saragozza un istituto religioso, le Escuelas Pías de San Antón, dove ha come compagno di scuola Martín Zapater, che rimarrà suo intimo amico di tutta una vita e di cui rimane una cospicua corrispondenza di 131 lettere scritte dall'artista fra il 1755 e il 1801. Probabilmente l'istruzione offerta dalle Escuelas era poco più che sufficiente (Goya manterrà lacune tali da causargli spesso difficoltà di scrittura e ortografia) ma era comunque superiore a quella offerta dalla maggioranza degli istituti di provincia dell'epoca.
Nel 1759 la famiglia Goya y Lucientes si trasferisce nella vicina Saragozza, dove qualche anno prima aveva comprato una casa, per permettere al padre di cercare un impiego migliore.
Nel capoluogo aragonese, dall'età di quattordici anni, Goya frequenta come apprendista lo studio del pittore José Luzán y Martínez, dove conosce Francisco Bayeu, anch'egli allievo di Luzan, e dove studia la tecnica del disegno.
Trasferitosi nel 1763 a Madrid, partecipa senza successo al concorso indetto dall’Accademia di Belle Arti di San Fernando di Madrid per l'assegnazione di una borsa di studio. Presso Francisco Bayeu, divenuto pittore di corte, lavora come apprendista. Al bando successivo del 1766, Goya ritenta, sempre senza risultato, l'ammissione all'Accademia di Madrid.
In ricerca di una qualificazione professionale maggiore, nel 1770 intraprende un viaggio in Italia a proprie spese per studiare i maestri dell'antichità classica e rinascimentale. Visita Venezia, Siena, Napoli e Roma dove ha contatti con molti giovani artisti europei.
A Parma, nel 1771, partecipa ad un concorso di pittura indetto dell’Accademia di Belle Arti, ottenendo però solo il secondo posto alle spalle di Paolo Borroni (1749-1819). L'opera presentata da Goya ha il titolo Annibale vincitore, che rimira per la prima volta dalle Alpi l’Italia.
Forte del nuovo status di artista derivato dall'esperienza italiana, il 21 ottobre 1771 fa ritorno in Spagna dove vince la sua prima commissione ufficiale per le decorazioni della cappella di Nuestra Señora del Pilar a Saragozza.
Il 25 luglio 1773, Goya sposa Josefa Bayeu (1747-1812), sorella del suo amico Francisco Bayeu, pittore già affermato a corte.
In quegli anni il pittore dipinge numerose opere religiose a Saragozza, tra le più importanti ci sono certamente le pitture realizzate nel 1774 per la cartuja, o monastero certosino, l'Aula Dei a circa 25 chilometri dalla città.

Real Fábrica de Tapices de Santa Bárbara
Il 3 gennaio 1775 Goya e la moglie lasciano Saragozza per recarsi a Madrid. Qui, grazie all'interessamento del cognato Francisco Bayeu, Goya entra a lavorare presso la Real Fábrica de Tapices de Santa Bárbara. Come primo incarico gli fu richiesto di realizzare insieme a Ramón Bayeu (fratello minore di Francisco) nove cartoni per gli arazzi destinati alla tenuta di caccia El Pardo del re Carlo III. I cartoni hanno come tema la caccia, sport molto amato da re Carlo III e dai suoi predecessori, tanto che già Diego Velázquez aveva realizzato nel secolo precedente (1632-1637) una grande tela su questo tema, raffigurante Filippo IV in una caccia al cinghiale.
Dopo questa prima serie di cartoni a Goya fu commissionata una serie di cartoni per decorare la sala da pranzo del principe delle Asturie (futuro Carlo IV) ancora presso El Pardo. Gli arazzi dovevano rappresentare scene campestri, soggetti popolari e di divertimento. Infatti i cartoni raffigurano persone che danzano, lottano, bevono, fanno dei picnic, giocano a carte o con degli aquiloni. Il Parasole introduce le figure di majo e maja. Questi due personaggi, chiaramente identificabili dai loro abiti e atteggiamenti, rivestono un significato particolare per le classi popolari di Madrid dell'epoca. Sebbene questi soggetti contengano il tradizionale simbolismo delle fugaci qualità della giovinezza e della felicità umana, Goya dimostra una osservazione dei comportamenti umani particolarmente attenta ed acuta, tanto che nel presentare il proprio conto per i dipinti, ci tiene a precisare che essi sono stati dipinti secondo la "sua propria inventiva".
Nel 1778 Goya realizza il suo più grande ed originale cartone per arazzi dal titolo Il chitarrista cieco.
L'opera è talmente complessa e ricca di personaggi che in un primo momento viene rifiutata dai tessitori che dovevano usarla come modello. Il dipinto rappresenta un mendicante cieco che, accompagnato dal suono della sua chitarra, canta davanti ad un pubblico di curiosi. Con questa opera Goya esprime per la prima volta il suo interesse per gli emarginati, i mendicanti e gli infermi, temi che spesso riprenderà in futuro. Da questo momento l'arte di Goya comincia a divergere drasticamente da quella dei suoi contemporanei. I tratti ironici e grotteschi del musicista cieco, rendono infatti l'opera del tutto originale rispetto al panorama dell'epoca.
Nel 1779 la Real Fábrica viene temporaneamente chiusa a causa di ristrettezze economiche dovute allo scoppio della guerra con l'Inghilterra.
Le prime incisioni
In quegli anni comunque i cartoni per gli arazzi non furono i soli lavori a cui si dedicò. Nel luglio 1778 Goya pubblica una raccolta di nove incisioni, nove acqueforti in cui riproduce celebri opere di Diego Velázquez, il pittore che aveva dominato l'arte della corte spagnola del diciassettesimo secolo.
In quegli anni non esistevano in Spagna musei pubblici, ed i palazzi reali erano chiusi al pubblico. Per apprezzare le opere dei grandi maestri ci si doveva accontentare delle copie eseguite dagli incisori. Grandi incisori del passato erano stati l'italiano Marcantonio Raimondi, che nel sedicesimo secolo si era dedicato a riprodurre Raffaello, o Dürer che invece si era dedicato alle antichità, ma in Spagna non esisteva nessuna tradizione nell'incisione. Per questo motivo molti capolavori spagnoli rimanevano del tutto sconosciuti a chi non appartenesse alla ristretta cerchia dei privilegiati che frequentava la corte. Grandi maestri del passato non potevano essere studiati dai pittori dell'epoca e rimanevano del tutto sconosciuti al di fuori della Spagna.
Mengs nel 1777 aveva espresso pubblicamente il suo rammarico per questa situazione e per la scarsa notorietà dell'opera di Velázquez che ne derivava, nascosta com'era tra le pareti delle collezioni reali. Fu forse grazie al suo intervento che Goya ebbe accesso a palazzo per riprodurre in incisione alcuni dei Velázquez conservati alla corte di Madrid.
Nel 1779 circa Goya realizza l'acquaforte Agarrotado, raffigurante un condannato a morte strangolato tramite la garrota. Di quest'opera non fu mai tirata un'edizione e, data anche la crudezza del soggetto, si suppone che sia stata incisa solo per se stesso. Goya con quest'opera comincia a mostrare il suo interesse quasi morboso per i criminali, scene violente, ingiustizie sociali, inizia così ad emergere il lato oscuro di Goya, in antitesi con quello solare dei cartoni idilliaci realizzati per l'arazzeria. Un lato oscuro che si manifesterà pienamente venti anni più tardi nella serie di incisioni Capricci dove spiccano numerose scene di stregoneria, un tema affrontato anche in grandi opere pittoriche, sia precedenti sia posteriori. Ma l'interesse di Goya per il mondo magico e stregonesco, come ha dimostrato lo storico dell'esoterismo Giordano Berti, nasce da un forte spirito critico sia verso le superstizioni popolari sia verso l'ipocrisia dell'aristocrazia e del clero di quell'epoca tormentata: un fatto che emerge chiaramente dalla lettura dei manoscritti dello stesso Goya.

Goya esce dall'ombra
La chiusura dell'Arazzeria Reale fu per Goya un duro colpo, se non altro dal punto di vista economico. Nel luglio 1779 spera di prendere il posto di Mengs quale pittore di corte, quando il vecchio maestro si ritirò a Roma dove morì poco dopo ma non vi riesce.
Nel maggio 1780, forse per ottenere maggiori sbocchi lavorativi, chiede di far parte all'Accademia Reale di San Fernando. Per essere ammesso presenta l'opera dal titolo Cristo Crucificado che riscuote l'apprezzamento degli accademici. L'opera risulta alquanto estranea allo stile ed alle tematiche del pittore, tanto da far pensare che sia stata realizzata appositamente per compiacere i gusti della giuria.
Quello è anche l'anno in cui Goya iniziò la sua controversa collaborazione con il cognato Francisco Bayeu per la decorazione della cattedrale di El Pilar a Saragozza. Goya aveva cercato di ottenere per sé l'incarico di decorare la cappella della vergine di El Pilar, ma la commissione della cattedrale gli preferì il più famoso Bayeu. Questi alla fine accettò l'incarico, ma a patto che venissero assunti anche il fratello Ramón ed il cognato Goya. A quanto pare Francisco non era entusiasta del lavoro ottenuto, in quanto pagato troppo poco, ma era comunque una buona occasione per i parenti meno noti di mettersi in mostra. Ben presto però ci fu una grave rottura nei rapporti con Bayeu. Goya, la cui carriera era iniziata e cresciuta grazie all'appoggio del cognato, sembra sentirsi stanco del ruolo di "protetto" di Bayeu e reclama più indipendenza nel realizzare le opere nella cappella di El Pilar. Ma né Bayeu, né la commissione della cattedrale sembrano appoggiarlo. Ne nasce quindi una aspra disputa che si protrae dal dicembre 1780 fino al maggio 1781. La faccenda ebbe grande eco presso l'Accademia Reale ed è forse per pacificare gli animi che fu commissionato ad entrambi di collaborare nuovamente per l'importante chiesa di San Francisco el Grande a Madrid.
L'episodio di Saragozza finì per passare per una reazione emotiva spropositata di Goya e fu presto dimenticato. Da allora però i suoi rapporti con Francisco Bayeu furono definitivamente incrinati. Il clamore della vicenda, però, provocò al suo ritorno a Madrid un grande interesse intorno al nome di Goya. Grazie alla pubblicità che ne ottenne, la sua posizione come pittore di corte ne ebbe grande beneficio.
Come detto, prima conseguenza dell'affaire El Pilar fu una nuova commissione per la chiesa madrilena di San Francisco el Grande, che impegnò Goya dal 1781 al 1783. La chiesa era sotto il patrocinio della famiglia reale e quando la corte commissionò a Goya una delle sette grandi pale d'altare, il pittore fu entusiasta dell'opportunità ottenuta di mettersi in mostra. L'importanza della commissione è sottolineata dai grandi nomi a cui furono commissionate le altre pale d'altare: la pala d'altare maggiore fu realizzata dal grande Francisco Bayeu. Con questa commissione Goya viene così messo quasi allo stesso piano del famoso cognato, alla cui ombra era sempre stato relegato.
Il soggetto realizzato da Goya fu San Bernardino de Siena predicando ante el rey Alonso V de Aragón, ma nonostante le aspettative del pittore, l'opera ebbe solo una tiepida accoglienza di pittori ed intenditori.
È forse in seguito a questo lavoro che nel 1783 ottiene l'opportunità di ritrarre José Moñino conte di Floridablanca. Il conte era infatti il supervisore della commissione di San Francisco el Grande. Floridablanca era un personaggio eminentissimo della corte e della scena politica e Goya fece di tutto per impressionare il committente. Il ritratto a figura intera è ricco di riferimenti e fa di tutto per ossequiare l'illustre personaggio. Tanto impegno non dette i risultati attesi, tanto che il conte commentò il dipinto con un laconico "Goya, ci vedremo con più calma".
Nonostante ciò, o grazie a ciò, la fama di Goya cresce. Nello stesso anno realizza un grande ritratto della famiglia di Don Luis de Borbón, fratello minore del re Carlo III. Don Luis, avviato sin dall'infanzia alla carriera ecclesiastica, fu coinvolto nel 1775 in un grave scandalo a sfondo sessuale, pare che avesse storie con molte donne procurategli dal pittore Paret.
Ciò costò il titolo di Cardinale di Siviglia e Toledo a don Luis che fu anche allontanato dalla corte reale, e l'esilio nell'isola di Puerto Rico al pittore. Nel 1776, all'età di 49 anni, il fratello minore del re prende in sposa María Teresa de Vallabriga, di 31 anni più giovane, e negli anni diviene noto come grande mecenate per il gran numero di artisti e musicisti che accoglie nei suoi possedimenti ad Arenas de San Pedro vicino ad Avila. Nell'opera La familia del infante Don Luis de Borbón è ritratta anche la giovane figlia María Teresa de Borbón y Vallabriga, colei che nel 1800, come contessa di Chinchón, diverrà la moglie di Godoy.

Goya ritrattista
Nel 1785 Goya ottiene l'incarico di dipingere i direttori del Banco San Carlos. Di questi il conte di Altamira Vincente Osorio de Moscoso, rimase molto impressionato dal lavoro dell'artista, tanto da ordinargli subito altri tre ritratti dei suoi familiari. Il famoso ritratto del piccolo Manuel Osorio Manrique de Zuñiga, figlio del conte, è appunto uno di questi.
La famiglia Altamira aiuta l'ascesa sociale di Goya, ma ad esercitare la maggiore influenza sul pittore furono certamente i duchi di Osuna. Goya li conobbe intorno al 1785, e sembra sia stata la passione per la caccia ad avvicinare il pittore a Pedro de Alcántara, marchese di Peñafiel, futuro duca di Osuna e sua moglie María Josefa Pimental. Gli Osuna erano ricchi, colti e appassionati di tutto ciò che riguardava le arti e le scienze. Il conte, ex militare ed ex diplomatico, possedeva una una delle più grandi biblioteche private di Spagna, circa 25.000 volumi, ricca di opere letterarie inglesi, avrebbe voluto farne dono alla nazione, ma il governo lo impedì, poiché conteneva libri proibiti dall'Inquisizione.
La duchessa di Osuna non era da meno del marito e viene descritta da Lady Holland, la moglie dell'ambasciatore inglese presso Carlo IV, come "la donna più insigne per talenti, virtù e gusto di tutta Madrid". La duchessa infatti era un personaggio pubblico, che si occupava dei problemi delle carceri femminili, dell'educazione dei giovani, promuoveva la vaccinazione contro le malattie e aveva fatto della sua casa uno dei grandi salotti culturali e mondani d'Europa. La collaborazione con gli Osuna inizia con un ritratto di famiglia ed uno della duchessa, poi i rapporti con Goya si rinsaldano e viene chiamato a decorare le stanze della loro stupenda villa, il palazzo Alameda noto come El Capricho. Curioso è notare come una scena scelta per decorare queste stanze sia quella di assalto alla diligenza, in cui sono raffigurati dei banditi che aggrediscono, rapinano e poi uccidono dei viaggiatori. Alla fine gli Osuna acquistano da Goya oltre venti dipinti, tra cui anche alcuni a tema religioso, per commemorare personaggi del loro casato. Di questo genere è San Francisco Borgia assiste un moribondo impenitente realizzato nel 1788, dipinto alquanto particolare, che raffigura il santo che con il suo crocifisso asperge di sangue un moribondo circondato da tre demoni in attesa della sua anima dannata.

Film
Volavérunt è un film del 1999 diretto da Bigas Luna e basato sulla vita del pittore spagnolo.
L'ultimo inquisitore è il film di Miloš Forman del 2006 dedicato alla vita dell'artista.

* 1859 - Il visconte Alexis Henri Charles de Clérel de Tocqueville (Verneuil-sur-Seine, 29 luglio 1805 – Cannes, 16 aprile 1859) è stato un filosofo, politico e storico francese.
L'intellettuale francese Raymond Aron ha messo in evidenza il suo contributo alla sociologia, tanto da poterlo annoverare tra i fondatori della disciplina.
È considerato uno degli storici e studiosi più importanti del pensiero liberale. Tocqueville apparteneva ad una famiglia aristocratica legittimista, sostenitrice cioè del diritto dei Borboni a regnare in Francia.
La caduta di Robespierre nell'anno II (1794) evitò, in extremis, la ghigliottina ai suoi genitori. La rivoluzione del 1830 che porta sul trono Luigi Filippo d'Orléans scatena in lui una forte crisi spirituale e politica, in quanto è combattuto tra la fedeltà al re precedente, in linea con gli ideali familiari, e il desiderio di appoggiare il nuovo sovrano, che appare in linea con le sue idee liberali. Nel 1831 parte per gli Stati Uniti d'America. La motivazione ufficiale è lo studio del sistema penitenziario statunitense (Tocqueville è un magistrato, e vuole trovare rimedi per migliorare il sistema penitenziario francese, in crisi e del tutto inadeguato alle esigenze del paese); in realtà, è probabile che la decisione della partenza sia stata presa anche sulla scia della suddetta crisi, che avrebbe spinto Tocqueville ad allontanarsi dalla Francia per poterne osservare la situazione politica dall'esterno. Tuttavia, nel corso della sua permanenza negli Stati Uniti, non è solo l'organizzazione del sistema penitenziario a colpire l'attenzione di Tocqueville: è in particolare lo straordinario livellamento sociale americano, vale a dire l'assenza di privilegi di nascita e di ceti chiusi, e la possibilità per tutti di partire dallo stesso livello nella competizione sociale. È proprio dall'osservazione di questa realtà americana che prende vita il suo studio che sfocerà nella sua opera più importante, La democrazia in America, pubblicata in due parti, nel 1835 e nel 1840 dopo il suo ritorno in Francia. Quest'opera è una base essenziale per comprendere gli Stati Uniti d'America, in particolare nel XIX secolo.
Nel 1849 è eletto deputato nel villaggio normanno di cui egli porta il nome e di cui parla nelle sue memorie.
Nell'opera La democrazia in America Tocqueville, contro molte teorie affermò che la rivoluzione francese e quella americana non hanno aspetti in comune in quanto da quella francese scaturiscono violenza e terrore mentre da quella americana libertà. Nella società americana la religione può aiutare ad esprimere libertà e assume un ruolo fondamentale nella vita, dove sono molto attive le associazioni a cui ogni persona è libera di iscriversi; invece quella francese iniziò a combattere contro la chiesa e la religione, perché ritenuta un ostacolo alla libertà, ed impedì alle persone di associarsi.

La democrazia per Tocqueville
Durante il suo soggiorno negli Stati Uniti, Tocqueville si interroga sulle basi della democrazia. Contrariamente a Guizot, che vede la storia della Francia come una lunga emancipazione delle classi medie, pensa che la tendenza generale ed inevitabile dei popoli sia la democrazia. Secondo lui, questa non deve soltanto essere intesa nel suo senso etimologico e politico (potere del popolo) ma anche e soprattutto in un senso sociale: corrisponde ad un processo storico che permette l'eguaglianza delle condizioni che si traduce con:
▪ L'instaurazione di un'uguaglianza di diritto
Tutti i cittadini sono assoggettati alle stesse norme giuridiche mentre sotto l'ancien régime, la nobiltà ed il clero beneficiavano di una legislazione specifica (i nobili ad esempio erano esenti dal pagamento delle imposte).
▪ Una mobilità sociale potenziale
mentre la società di ordini dell'ancien régime implicava un'eredità sociale quasi totale. Ad esempio, i capi militari erano necessariamente derivati dalla nobiltà.
* Una forte aspirazione degli individui all'uguaglianza
Tuttavia, l'uguaglianza delle condizioni non implica la scomparsa di fatto delle diverse forme di disuguaglianze di natura economica o sociali.
Secondo Tocqueville, il principio democratico comporta negli individui «un tipo d'uguaglianza immaginaria nonostante la disuguaglianza reale della loro condizione». La tendenza all'uguaglianza delle condizioni che considera inevitabile presenta ai suoi occhi un pericolo. Constata che questo processo si accompagna ad un aumento dell'individualismo («piega su di sé») e questo contribuisce da un lato ad indebolire la coesione sociale e dall'altro induce l'individuo a sottoporsi alla volontà della maggioranza. A partire da questa constatazione, si chiede se questo progresso dell'uguaglianza è compatibile con l'altro principio fondamentale della democrazia: l'esercizio della libertà, cioè la capacità di resistenza dell'individuo al potere politico. Uguaglianza e libertà sembrano in realtà opporsi poiché l'individuo tende sempre più a delegare il suo potere sovrano a un'autorità dispotica e quindi più non ad utilizzare la sua libertà politica:
«l'individualismo è una sensazione ragionata che porta ogni cittadino ad isolarsi dalla massa dei suoi simili in modo che, dopo essersi creato una piccola società al suo impiego, abbandoni volentieri la grande società».
Secondo Tocqueville, una delle soluzioni per superare questo paradosso, pur rispettando questi due principi fondatori della democrazia, risiede nel restauro dei corpi istituzionali intermedi che occupavano un posto centrale nell'ancien régime (associazioni politiche e civili, corporazioni, ecc.). Solo queste istanze che incitano ad un rafforzamento dei legami sociali, possono permettere che l'individuo isolato deleghi al potere di Stato di esprimere la sua libertà e così resistere a ciò che Tocqueville chiama «l'impero morale della maggioranza». Secondo Tocqueville la società democratica è destinata a trionfare perché è quella che può portare felicità al maggior numero di individui: questa società ugualitaria deve essere governata da leggi certe che verranno sposate dal popolo in virtù del fatto che esso partecipa alla stesura delle stesse attraverso i propri rappresentanti. Questo non implica un livellamento delle condizioni di vita ma un pareggiarsi delle condizioni di partenza: la società statunitense è ugualitaria perché permette a tutti di potersi realizzare, senza sbarramenti di censo. È una società che premia il progresso individuale. Negli Stati Uniti vi è la certezza della sovranità popolare perché tutti partecipano alla gestione della cosa pubblica (suffragio universale maschile). Si viene a evidenziare, però, anche un risvolto negativo: con il suffragio allargato si cade nel dispotismo della maggioranza, è poco cioè lo spazio per chi dissente; si ha così una società massificata e conformista ma allo stesso tempo atomista. Si delinea come conformista perché se la maggioranza sceglie una cosa la minoranza deve adeguarsi senza discutere; allo stesso tempo ciascun individuo, delegato il potere non partecipa più all'attività politica. Nell'ancien régime vi sono corpi intermedi (corporazioni, ordini professionali) che mediano tra lo Stato e il cittadino: ora vengono meno e i cittadini tendono a rinchiudersi nella loro vita privata (atomizzazione). Se la democrazia è solo una vuota affermazione di uguaglianza essa non funziona perché esclude la viva partecipazione. Ci sono però dei contravveleni alla scarsa partecipazione che fanno si che gli USA siano una società mobile: decentramento, associazionismo, religione.
Grazie ad un ampio decentramento all'interno della struttura federale si moltiplicano le occasioni di partecipazione, è infatti nelle istituzioni comunali che si impara la democrazia. Un eccessivo centralismo tenderebbe a soffocarla.
L'associazionismo abitua i cittadini a stare insieme, tutti partecipano alla vita dell'associazione con la stessa posizione di partenza, senza differenze di censo.
La religione gioca un ruolo fondamentale nelle dinamiche politico-sociali dell'America. Chi va ad abitare in quel paese scappa da persecuzioni religiose: la religione deve essere qualcosa che insegna all'individuo a vivere con gli altri individui. La sfera religiosa è staccata dalla sfera politica: la religione ci aiuta a rispettare l'altro, garantisce i costumi; aiuta a governare la cosa pubblica non con istituzioni ma con precetti. La religione, inoltre, abitua il cittadino ad avere una pluralità di vedute e lo prepara al confronto. Vi è però il rischio che la società passi dalla dicotomia nobili-non nobili a quella ricchi-poveri: il pauperismo non deve essere risolto solo attraverso l'intervento dello Stato ma l'individuo deve essere aiutato a realizzarsi da sé.

Limitazioni al pensiero di Tocqueville
Alexis de Tocqueville sbarcò a Filadelfia, all'epoca ancora la capitale degli Stati Uniti, nel 1832. Viaggiò a lungo nella zona nord-est del paese, cioè nel New England, ed è su questi vagabondaggi che il suo celebre libro si basa. Tuttavia, va ammesso che rispetto al Sud schiavista, questa zona non era che una realtà secondaria del paese, sia in termini politici che economici. Tocqueville non avrebbe dovuto che spingersi fino alla città di Baltimora, che all'epoca distava meno di una giornata di viaggio da Filadelfia, per osservare di prima persona quello che venne chiamato il "motore americano", cioè l'economia delle piantagioni. Ma è un viaggio che non intraprese mai, e seppure nella sua opera accenna al Sud, è solo per mettere in risalto il suo carattere "eccezionale" rispetto alle istituzioni politiche del Nord [n.d.r].
Per farsi un'idea di quanto fossero fuorvianti le idee del Tocqueville al riguardo, basta dare una occhiata all'opera dei maggiori studiosi della questione, a partire da William E. B. DuBois (The African Slave Trade; The Black Reconstruction), Eric Foner (A People's History of the United States) Herbert Aptheker e Frederic Douglass (What does the Fourth of July Mean to Me?)[1]. Nel suo Ricostruzione nera della democrazia statunitense, ad esempio, il Dubois mette in evidenza il nesso strettissimo che sussisteva tra l'industria di punta dell'impero britannico - quella della tessitura del cotone - e il suo fornitore principale, vale a dire, il Sud statunitense. «Il Sud - affermò il Dubois - disponeva dei due terzi della popolazione e del 90% della ricchezza degli Stati Uniti...» Il Nord, è vero, vinse la guerra civile; ma ciò si deve a tre fattori: la solidarietà della classe operaia inglese, che nei settori portuale e tessile s'impegnò, a partire dal 1861, in uno sciopero ad oltranza nei confronti della produzione cotoniera del Sud statunitense, sciopero che, sempre secondo il Dubois, paralizzò la produzione tessile inglese; l'arruolamento di massa dei neri, a partire dal 1863, nell'esercito statunitense, al punto che il 40% delle forze armate del paese dal 1863 in avanti erano costituite da soldati neri; e dalla proclamazione dell'emancipazione, che nel 1843 pose fine all'istituzione della schiavitù.

Opere di Tocqueville
▪ La democrazia in America. Utet, Torino, 1968
▪ Del sistema penitenziario negli Stati Uniti e della sua applicazione in Francia.
▪ Quindici giorni nel deserto. Sellerio, Palermo, 1989
▪ L'amicizia e la democrazia. Edizioni Lavoro, 1987
▪ Ricordi. Editori Riuniti, Roma, 1991
▪ La democrazia in America. Rizzoli, Milano, 1992
▪ Scritti, note e discorsi politici 1839-1852. Bollati Boringhieri, Torino, 1994
▪ L'antico regime e la rivoluzione. Rizzoli, Milano, 1996
▪ Democrazia e povertà. Ideazione, Roma, 1998
▪ Ricordi. Editori Riuniti, Roma, 1998
* Democrazia, libertà e religione : pensieri liberali. Armando, Roma, 2000


▪ 1879 - Santa Bernadetta Soubirous (Lourdes, 7 gennaio 1844 – Nevers, 16 aprile 1879) è stata una religiosa e mistica francese.
Al secolo Marie-Bernarde Soubiroux o Maria Bernada Sobeirons in occitano, è conosciuta per le apparizioni mariane alle quali riferì di aver assistito in una grotta del suo paese natale (Grotta di Massabielle). La visione dell'allora quattordicenne Bernadette di "signora vestita di bianco", divenuta nota poi come Nostra Signora di Lourdes, viene correlata a prodigi dichiarati non spiegabili scientificamente da una Commissione medica appositamente istituita dall'amministrazione del Santuario.
I sorprendenti accadimenti di cui fu protagonista in giovane età Bernadette hanno fatto di Lourdes uno dei principali luoghi di pellegrinaggio per chi professa la fede cristiana.
I suoi genitori, François Soubirous (1807-1871) e Louise Castérot (1825-1866), gestivano il mulino di Boly, dove ella nacque il 7 gennaio del 1844. Fu battezzata due giorni più tardi, il 9 gennaio, primo anniversario di matrimonio dei suoi genitori, nella chiesa parrocchiale di San Pietro. Dopo di lei i due coniugi ebbero altri 6 figli.
La crisi che colpì la Francia agricola si abbatté anche sulla sua famiglia, che visse in estrema povertà. Bernadette conobbe la fame e la malattia. Di salute fragile, a causa dell'asma, dimostrava meno anni di quelli che aveva. I suoi sentimenti religiosi erano già forti sebbene ella non conoscesse per nulla il Catechismo, essendo analfabeta. («[...] se la Santa Vergine mi ha scelto, è perché sono la più ignorante!» dirà più tardi). Alcuni vicini affermarono che la famiglia viveva in un'armonia fuori dal comune, che sembrava riposare su amore reciproco, vicendevole sostegno e sulla loro devozione religiosa.
Per contribuire al mantenimento della famiglia Bernadette fu affidata ad una famiglia di amici presso Bartrès, impiegata nella sorveglianza e pascolo delle greggi e come cameriera presso la loro taverna. I Soubirous si trasferirono in una malsana cella dell'antica prigione de la rue Haute, denominata Le Cachot. Nel 1857, nell'anno che precedette le apparizioni, il padre François Soubirous, fu accusato ingiustamente di furto.

Le visioni di Bernadette
Secondo quanto riferito dalla stessa Bernadette, l'11 febbraio 1858, appena quattordicenne, mentre assieme ad una sorella e ad alcune amiche raccoglieva legna da ardere in un boschetto vicino alla grotta di Massabielle (poco fuori Lourdes), Bernadette ebbe la prima visione di ciò che descrisse come "una piccola signora giovane" in piedi in una nicchia della roccia. Bernadette affermò che la "bellissima signora" le aveva chiesto di tornare alla grotta ogni giorno per quindici giorni e riferì anche che la signora vestiva un velo bianco, una cinta blu e una rosa dorata su ogni piede e teneva nelle mani un Rosario.
Le giovani che erano in sua compagnia dissero di non aver visto nulla. L'identità dell'apparizione - nelle parole di Bernadette - rimase sconosciuta fino alla diciassettesima visione; fino ad allora Bernadette si limitò a chiamarla semplicemente Aquero (pronuncia "acherò"; nel dialetto occitano locale significa pressappoco quella là, una maniera di riferirsi ad una generica figura femminile).
La storia di Bernadette creò scompiglio tra gli abitanti della cittadina, che erano divisi sulla convinzione che la ragazza dicesse, o no, la verità. Presto un grande numero di persone la seguivano quotidianamente nel suo percorso, alcuni per curiosità, altri che credevano fermamente di assistere ad un miracolo.
Il contenuto delle altre visioni di Bernadette furono semplici, e focalizzate sulle necessità di preghiera e penitenza. Tuttavia, durante la tredicesima apparizione, il 2 marzo, Bernadette spiegò alla sua famiglia che la signora aveva detto "Va' per favore dai sacerdoti e di' loro che una cappella deve essere costruita qui. Lasciate che qui passino le processioni". Accompagnata da due delle sue zie, Bernadette puntualmente si presentò con la richiesta al Parroco, Padre Dominique Peyramale, un uomo brillante, ma burbero, con poca disponibilità a credere ad affermazioni su apparizioni o miracoli.
Padre Peyramale disse a Bernadette che la signora doveva dare un'identificazione. La ragazza affermò che nella visione successiva ripeté le parole del Parroco alla signora, ma che ella si inchinò leggermente sorrise e non rispose nulla. Padre Peyramale disse a Bernadette di provare che la "signora" era "reale", di chiedergli un miracolo, cioè di far fiorire e germogliare il cespuglio di rose subito sotto la nicchia. Era metà febbraio.
Come Bernadette riportò più tardi alla sua famiglia e agli inquirenti civili ed ecclesiastici, durante la nona apparizione, la signora presumibilmente le disse di bere dalla sorgente che fluiva sotto la roccia, e mangiare le piante che crescevano liberamente lì, e benché sul luogo non vi fossero sorgenti conosciute e il terreno fosse duro e arido, Bernadette suppose che la "signora" volesse indicare che la sorgente era sotto terra. La ragazza fece quindi come le era stato detto e scavò nella terra, ma quando non accadde nulla, lo scetticismo si impossessò dei presenti. Tuttavia, il giorno dopo, l'acqua cominciò a fluire. Alcuni devoti seguirono l'esempio di Bernadette e bevvero dalla sorgente facendo abluzioni, cui furono presto riconosciute proprietà curative.
Nel 145º anniversario del giorno in cui Bernadette aveva scavato la sorgente, 66 guarigioni sono state verificate dall'Ufficio Medico di Lourdes e classificate come "inspiegabili". La commissione di Lourdes che esaminò Bernadette dopo le visioni, eseguì anche un'analisi intensiva dell'acqua e trovò soltanto un alto contenuto di minerali e null'altro di straordinario che potesse spiegare le guarigioni. Bernadette stessa disse che la fede e le preghiere avevano curato i malati.
La sua sedicesima visione, che ella affermò essere durata un'ora, avvenne il 25 marzo, giorno in cui la Chiesa Cattolica commemora l'Annunciazione dell'Angelo alla Madonna. Durante la visione, si dice che avvenne il secondo "Miracolo della Candela". Bernadette teneva fra le mani una candela; durante la visione bruciò del tutto, e si dice che la fiamma rimase a diretto contatto con la sua pelle per più di 15 minuti, ma ella apparentemente non mostrava nessun segno di dolore o ferita.
Tale avvenimento fu testimoniato da molte persone presenti, incluso il Medico Generico di Lourdes, il dottor Pierre Romaine Dozous, che cronometrò e documentò il fatto. Secondo il suo rapporto, non c'era alcun segno che mostrasse che la pelle di Bernadette fosse affetta in alcun modo, quindi tenne sotto controllo la ragazza senza intervenire. Dopo che la visione fu terminata, il dottore affermò di aver esaminato la mano della ragazza senza trovarvi alcuna evidenza di bruciatura, e che ella era del tutto ignara di quanto stava accadendo. Il dottore disse allora di aver applicato brevemente una candela accesa sulla mano della ragazza e che lei reagì immediatamente. Non è chiaro se altri osservatori, oltre a Dozous, fossero sufficientemente vicini per poter testimoniare che la candela era in contatto continuo con la pelle di Bernadette.
La ragazza disse di aver chiesto nuovamente, nella medesima apparizione, il nome della signora e che ella aveva soltanto sorriso. Bernadette ripeté la domanda altre tre volte, e alla fine udì la signora pronunciare, in Guascone, il dialetto locale, "Io sono l'Immacolata Concezione". Quattro anni prima Papa Pio IX aveva promulgato la dottrina dell'Immacolata Concezione, secondo cui sola tra tutti gli esseri umani mai vissuti, la Vergine Maria era nata senza la macchia del Peccato originale.
Tuttavia la cosa all'epoca non era molto diffusa nella Chiesa cattolica, essendo confinata a discussioni tra il clero. Non era certamente un'espressione nota ad una contadina semplice e sottoeducata che riusciva a malapena a leggere. I suoi genitori, tutti gli insegnanti e sacerdoti testimoniarono più tardi che la ragazza non aveva mai udito da loro le parole pronunciate.
Bernadette era una giovane malaticcia, aveva avuto il colera durante l'infanzia e aveva sofferto per la maggior parte della sua vita di asma, e alcune delle persone che la intervistarono in merito alle apparizioni la credevano lievemente ritardata.
Tuttavia, malgrado le rigorose investigazioni ufficiali della Chiesa cattolica e del Governo Francese, rimase in modo consistente ferma alla sua storia. Il suo comportamento durante questo periodo è stato preso come modello per le attuali investigazioni della Chiesa su chiunque affermi di aver avuto visioni ed esperienze mistiche.
La prima visione e le successive diciassette analoghe che la giovane ebbe sono state accettate, dopo attente analisi e raccolta di testimonianze dirette, come eventi miracolosi dalla Chiesa cattolica che le riconosce come manifestazioni della Beata Vergine Maria:
▪ giovedì 11 febbraio 1858: con la sorella Maria (1846-1892) e Jeanne Abadie, un'amica, Bernadette si recò lungo il Gave per raccogliere della legna. A causa della sua salute precaria, ella esitò ad attraversare il Gave, gelato, come la sorella e l'amica. Fu allora sorpresa da un rumore e alzò la testa verso la grotta di Massabielle: «Intravidi una signora vestita di bianco: ella portava un vestito bianco, un velo anch'esso bianco, una cintura blu e una rosa gialla su ciascun piede». Bernadette recitò una preghiera e la signora sparì;
▪ domenica 14 febbraio 1858: i suoi genitori vietarono a Bernadette di tornare alla grotta, ma poi cedettero alla sua insistente richiesta. Sul posto recitò il rosario e vide apparire la signora che le gettò dell'acqua benedetta, poi sorrise, inclinò la testa e sparì;
▪ giovedì 18 febbraio 1858: Bernadette, sotto la pressione di una borghese di Lourdes, chiese alla signora di scrivere il suo nome, ma ella rispose: «Non è necessario» e poi aggiunse: «Non vi prometto di rendervi felice in questo mondo, ma nell'altro. Volete avere la grazia di venire qui per quindici giorni?»;
▪ venerdì 19 febbraio 1858: Bernadette venne alla grotta con un cero benedetto e acceso (che poi è divenuto una consuetudine). La signora apparve brevemente;
▪ sabato 20 febbraio 1858: la signora apprese una preghiera personale da Bernadette che, alla fine della sua visione, fu assalita da una grande tristezza;
▪ domenica 21 febbraio 1858: un centinaio di persone accompagnarono Bernadette. La signora si presentò solo a Bernadette, e il commissario di polizia Jacomet l'interrogò su ciò che ella aveva visto. Bernadette si accontentò di ripetere: «aquerò» (quella là);
▪ martedì 23 febbraio 1858: accompagnata da centocinquanta persone, Bernadette si recò alla grotta dove l'apparizione le rivelò un segreto «soltanto per lei»
▪ mercoledì 24 febbraio 1858: la signora trasmise un messaggio a Bernadette: «Penitenza! Penitenza! Penitenza! Pregate Dio per i peccatori! Andate a baciare la terra in penitenza per i peccatori!»;
▪ giovedì 25 febbraio 1858: erano presenti trecento persone. Bernadette spiegò che la signora le chiedeva di bere alla sorgente: «Andate a bere alla fonte e a lavarvi. Voi mangerete di quell'erba che è là». Bernadette racconterà più tardi: «Io non trovai che un po' di acqua infangata. Al quarto tentativo potei bere». La folla l'accusò di essere folle ed ella rispose: «È per i peccatori»;
▪ sabato 27 febbraio 1858: ottocento persone accompagnarono Bernadette. L'apparizione restò silenziosa, Bernadette bevve l'acqua;
▪ domenica 28 febbraio 1858: duemila persone assistettero all'estasi di Bernadette che pregò, baciò la terra, strisciò sulle ginocchia. Il giudice Ribes minacciò di imprigionarla;
▪ lunedì 1º marzo 1858: millecinquecento persone accompagnarono Bernadette, tra i quali, per la prima volta, un sacerdote. La stessa notte Catherine Latapie, un'amica di Bernadette, si recò alla grotta e immerse il suo braccio slogato nella fonte: il suo braccio e la sua mano ritrovarono tutta la loro elasticità;
▪ martedì 2 marzo 1858: la folla fu numerosa. La signora chiese a Bernadette: «Andate a dire ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella». L'abate Peyramale, parroco di Lourdes volle conoscere il nome e della signora ed esigette una prova precisa: volle veder fiorire il rosaio di rosa canina della grotta in pieno inverno;
▪ mercoledì 3 marzo 1858: tremila persone accompagnarono Bernadette, ma la visione non venne. Più tardi Bernadette si sentì chiamata a ritornare alla grotta dove domandò alla signora quale fosse il suo nome, la quale le rispose con un sorriso. Il parroco Peyramale insistette: «Se la Signora vuole veramente una cappella, dica il suo nome e faccia fiorire il rosaio della grotta»;
▪ giovedì 4 marzo 1858: circa ottomila persone attendevano un miracolo alla grotta. La visione fu silenziosa. Per venti giorni Bernadette non sentì più l'invito a recarsi alla grotta;
▪ giovedì 25 marzo 1858: l'apparizione si mostrò a Bernadette e disse in occitano bigordino (la lingua che parlava Bernadette), alzando gli occhi al cielo e giungendo le mani: «Que soy era immaculada concepciou».
Bernadette ripeté questa frase, che non comprendeva, e corse a dirla al parroco, che era turbato: quattro anni prima il papa Pio IX aveva fatto dell'espressione Immacolata Concezione un dogma e Bernadette disse di ignorare che essa designava la Vergine Maria. Il rosaio non è mai fiorito;
▪ mercoledì 7 aprile 1858: il dottor Douzous constatò che la fiamma del cero che Bernadette teneva durante l'apparizione circondava la sua mano senza bruciarla;
▪ giovedì 16 luglio 1858: fu l'ultima apparizione. Una palizzata impediva l'accesso alla grotta. Bernadette attraversò il Gave e vide la Vergine esattamente come se ella si fosse trovata davanti alla grotta.

Gli ultimi anni
Contrariata dall'attenzione che stava attraendo su di sé, Bernadette si trasferì presso la scuola-ospizio tenuta dalle Suore della Carità di Nevers, dove alla fine imparò a leggere e scrivere.
Si ritirò poi presso il convento delle Suore della Carità di Nevers all'età di 22 anni. Spese lì gli ultimi anni della sua breve esistenza, lavorando come assistente nell'infermeria e poi come sacrestana, creando bellissimi ricami per abiti d'altare e vesti. Durante un grave attacco d'asma, chiese l'acqua della sorgente di Lourdes, e i suoi sintomi regredirono per non tornare più. Tuttavia non cercò di curarsi nello stesso modo, quando più tardi si ammalò di tubercolosi ossea al ginocchio destro.
Ella aveva seguito lo sviluppo di Lourdes come santuario per pellegrinaggi mentre viveva lì, ma non fu presente per la consacrazione della basilica sullo stesso luogo, nel 1876. Morì della sua malattia di lungo corso all'età di 35 anni, il 16 aprile 1879.
Dopo la sepoltura il corpo venne esumato il 22 settembre 1909 e apparve inspiegabilmente incorrotto. Altre esumazioni avvennero il 3 aprile 1919 nel 1925, e il corpo non mostrava ancora segni di corruzione. I medici presenti nelle tre esumazioni giudicarono il fenomeno "non naturale". Dal 1925 il corpo di S. Bernadette è esposto alla devozione dei fedeli. Le è stato posto solo un leggero strato di cera sul volto.

Canonizzazione
Bernadette ha ricevuto la Beatificazione nel 1925 e la Canonizzazione dalla Chiesa cattolica nel 1933, sotto Papa Pio XI, non tanto per il contenuto delle sue visioni, ma piuttosto per la sua semplicità e la santità della sua vita.
È la santa protettrice degli ammalati e la patrona di Lourdes. Viene ricordata il 16 aprile.

Cinema e letteratura
La figura di Bernadette di Lourdes - come è principalmente conosciuta e ricordata - è stata rievocata tanto dal cinema quanto dalla televisione.
La sua vita fu descritta nel romanzo di Franz Werfel La canzone di Bernadette (o Poema di Bernadette), che fu più tardi adattata in un film del 1943 intitolato Bernadette, con Jennifer Jones nel ruolo di Bernadette (e la non nominata Linda Darnell per l'Immacolata Concezione). La Jones vinse il suo unico Oscar proprio per quest'interpretazione. Una versione più recente della vita di Bernadette è stata presentata in un film di Jean Dellanoy, nel 1988, con Sidney Penny nel ruolo della santa.
È ancora il soggetto della "Canzone di Bernadette" di Jennifer Warnes - scritta con Leonard Cohen (testo) e Bill Elliott (musica) dal suo album Famous Blue Raincoat del 1987.

▪ 1988 - Roberto Ruffilli (Forlì, 18 febbraio 1937 – Forlì, 16 aprile 1988) è stato un politico italiano.

Lo studioso
Nel 1956, a Forlì, conseguì la maturità classica al Liceo Classico Giovanni Battista Morgagni, ottenendo anche un elogio dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Partecipò, poi, con successo, al concorso per i dieci posti gratuiti banditi dal Collegio Augustinianum della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove scelse di frequentare la Facoltà di Scienze Politiche: laureato nel 1960 a pieni voti. Gli studi proseguirono presso l'Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica ISAP Milano, dove poté sviluppare le esperienze di studio maturate negli anni precedenti e svolgere il suo tirocinio di ricercatore in un ambiente stimolante e innovativo.
Nel 1968, in un periodo fortemente tormentato e difficile della vita universitaria, Ruffilli tornò come direttore al Collegio Augustinianum. Lasciò l'incarico nel 1970 per volgersi più intensamente agli studi dell'evoluzione dello Stato nell'Europa moderna e nel mondo contemporaneo; sulla trasformazione dei regimi democratici nel XX secolo, con particolare riguardo ai processi di mutamento e di riforma istituzionale degli ordinamenti amministrativi e politici dell'Italia pre-unitaria e unita; sul processo di formazione della Carta Costituzionale italiana; sulle riforme istituzionali.
Gli studi di Ruffilli non sono solo accademici, ma individuano tecniche e metodi ben definiti. Nella sua visione politica ai partiti, dei quali ha sempre fortemente sottolineato la funzione insostituibile per la vita democratica, deve essere chiesto di prescegliere, in sede di competizione elettorale, la coalizione di Governo che andranno a formare, così da pervenire ad un sistema nel quale blocchi ideali e politici si alternino al Governo del paese. In questo modo, il cittadino è il vero arbitro nello scegliere e nel cambiare la maggioranza di Governo, e non affida ai soli partiti una delega in bianco, che rischierà di svuotare di contenuti il mandato elettorale conferito.
Tra i suoi testi più importanti vanno ricordati "Materiali per la riforma elettorale" ed "Il Cittadino come arbitro".

Il politico
Negli anni '80 la vita di studioso di Ruffilli si intrecciò con l'impegno diretto nella vita politica.
Dapprima entrò a far parte del "gruppo di lavoro" del Segretario della Democrazia Cristiana, Ciriaco De Mita (come suo consigliere per le riforme istituzionali).
Nel 1983 accettò di candidarsi al Senato della Repubblica, dove venne eletto nelle file della DC.
Anche a Roma Ruffilli mantenne il suo stile semplice e sereno, di intellettuale discreto, di persona mite e attenta ai problemi e alle posizioni di tutti.
L'attività politica di Ruffilli fu un coerente sviluppo di quella di studioso: essa lo condusse ad assumere un ruolo di primo piano nell'analisi del sistema politico italiano, oltre che nello studio e nell'elaborazione del progetto di riforma istituzionale ed elettorale, del quale si occupa come dirigente del Dipartimento "Stato e Istituzioni" del suo partito.

L'omicidio
Le Brigate Rosse, il 16 aprile 1988 (a dieci anni dall'assassinio di Aldo Moro, e proprio pochi giorni dopo la nascita del nuovo governo presieduto da De Mita, che Ruffilli aveva contribuito a creare), assassinarono Roberto Ruffilli. Appena rientrato nella sua casa forlivese da un convegno in città, due finti postini suonarono alla porta della sua abitazione con la scusa di recapitargli un pacco postale; entrati nell'abitazione, lo condussero nel soggiorno, dove lo fecero inginocchiare accanto al divano per poi ucciderlo con tre colpi di pistola alla nuca.
Dopo una telefonata al quotidiano La Repubblica, nel giorno stesso dell'assassinio, alle 10.40 del 21 aprile fu ritrovato, in un bar di via Torre Argentina a Roma, un volantino rivendicante l' uccisione, che esordiva così:
«Sabato 16 aprile un nucleo armato della nostra organizzazione ha giustiziato Roberto Ruffilli, [...] uno dei migliori quadri politici della DC, l'uomo chiave del rinnovamento, vero e proprio cervello politico del progetto demitiano, teso ad aprire una nuova fase costituente, perno centrale del progetto di riformulazione delle regole del gioco, all'interno della complessiva rifunzionalizzazione dei poteri e degli apparati dello Stato. Ruffilli era altresì l'uomo di punta che ha guidato in questi ultimi anni la strategia democristiana sapendo concretamente ricucire, attraverso forzature e mediazioni, tutto l'arco delle forze politiche intorno a questo progetto, comprese le opposizioni istituzionali.
Firmato: Brigate Rosse per la costituzione del Partito Comunista Combattente »


La memoria
Per ricordare Roberto Ruffilli, sono stati a lui dedicati:
▪ la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna, sede di Forlì;
▪ una casa di riposo, sita nel lato opposto della strada ove venne ucciso;
▪ una Fondazione che promuove iniziative di studio, ricerca e formazione sui temi della vita pubblica;
▪ un riconoscimento della Camera di Commercio di Forlì-Cesena, agli studenti che hanno superato l'esame di stato della scuola media secondaria con una votazione di 100/100.
* una delle biblioteche universitarie di Forlì: si tratta di una biblioteca con diversi interessanti fondi, collocati in differenti sedi: Biblioteca Centralizzata R. Ruffilli.