Il calendario del 15 Ottobre

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 533 - Il comandante bizantino Belisario entra ufficialmente a Cartagine dopo aver sconfitto i Vandali che controllavano la città

▪ 1582 - Entra in vigore il calendario gregoriano, che ha sostituito il calendario giuliano. I giorni dal 5 al 14 ottobre 1582, estremi inclusi, non esistono nel nuovo calendario: vengono saltati per rimettersi in sincronia con i movimenti astronomici

▪ 1764 - Mentre visita Roma, Edward Gibbon osserva un gruppo di frati scalzi che cantano vespri nelle rovine del Tempio di Giove, una visione che lo ispira ad iniziare a lavorare su una storia che verrà pubblicata con il titolo di Declino e caduta dell'Impero Romano

▪ 1815 - Napoleone I di Francia inizia il suo esilio sull'isola di Sant'Elena nell'Oceano Atlantico

▪ 1822 - Su istituzione del re di Sardegna Carlo Felice di Savoia, nasce il Corpo Forestale dello Stato

▪ 1863 - Stati Confederati d'America: Il primo sottomarino funzionante, il CSS Hunley affonda durante un test, uccidendo Horace Lawson Hunley (il suo inventore) e sette uomini di equipaggio

▪ 1872 - Giuseppe Perrucchetti fonda il Corpo degli Alpini

▪ 1878 - La Edison Electric Company inizia l'attività

▪ 1879 - Il papa Leone XIII pubblica la Lettera Enciclica Iampridem considerando, sulla necessità dell'insegnamento di San Tommaso, sull'insegnamento della filosofia alla luce della dottrina cattolica

▪ 1880 - Soldati messicani uccidono Victorio, uno dei più grandi strateghi militari degli Apache

▪ 1883 - La Corte Suprema degli Stati Uniti dichiara incostituzionale parte del Civil Rights Act del 1875, poiché individui e imprese possono discriminare in base alla razza

▪ 1911 - A Göteborg, in Svezia, Dorando Pietri corre e vince la sua ultima gara internazionale

▪ 1917 - Prima guerra mondiale: a Vincennes, fuori Parigi, la ballerina olandese Mata Hari viene giustiziata da un plotone di esecuzione per aver fatto da spia a favore della Germania

▪ 1939 - Viene inaugurato l'Aeroporto Municipale di New York (inseguito ribattezzato Aeroporto Fiorello La Guardia)

▪ 1940 - Esce nelle sale Il grande dittatore, un film di satira sociale sul regime nazista, il cui protagonista è Charlie Chaplin

▪ 1945 - Seconda guerra mondiale: l'ex Primo Ministro della Francia di Vichy, Pierre Laval, viene giustiziato per tradimento da un plotone d'esecuzione

▪ 1946 - Processo di Norimberga: il fondatore della Gestapo, Hermann Göring, da poco imprigionato in qualità di criminale di guerra nazista, si avvelena a poche ore dalla sua esecuzione

▪ 1962 - Crisi dei missili di Cuba: la prova di forza tra Stati Uniti e Unione Sovietica sulle armi nucleari sovietiche a Cuba, mette il mondo intero sotto la minaccia di una guerra atomica (la crisi durerà per 13 giorni a partire da questo punto)

▪ 1965 - Guerra del Vietnam: il National Coordinating Committee to End the War in Vietnam, coordinato dagli studenti contro la guerra, esegue la prima distruzione in pubblico di una cartolina per la chiamata alla leva

▪ 1967 - Fidel Castro annuncia la morte di Ernesto Che Guevara

▪ 1969 - Guerra del Vietnam: centinaia di migliaia di persone prendono parte alle dimostrazioni del National Moratorium, che si svolgono in tutti gli USA

▪ 1970 - Nel manicomio di Pozzuoli muore Leonarda Cianciulli, la Saponificatrice di Correggio

▪ 1990 - Il leader dell'Unione Sovietica, Michail Gorbačëv, riceve il Premio Nobel per la pace, per i suoi sforzi nello smorzare la Guerra Fredda e nell'aprire la sua nazione

▪ 1993 - Nelson Mandela e Fredrik De Klerk ricevono a Stoccolma il Nobel per la Pace, per aver liberato il Sudafrica dall'apartheid.

▪ 1997

  1. - Il primo record di velocità su terra supersonico, viene stabilito dalla squadra inglese del ThrustSSC
  2. - La sonda spaziale Cassini-Huygens viene lanciata da Cape Canaveral verso Saturno
  3. - Sardegna: con una legge regionale, si riconosce il sardo come seconda lingua ufficiale della Regione autonoma

▪ 2001 - La sonda Galileo della NASA, passa a 180 km da Io, una delle lune di Giove

▪ 2003 - La Cina lancia la navetta Shenzhou 5, nella sua prima missione spaziale con uomini a bordo

▪ 2004 - In Austria si perdono le tracce dell'alpinista tedesco Helmut Simon, scopritore della mummia del Similaun, uscito per un'escursione sulle Alpi Salisburghesi (verrà ritrovato cadavere il 23 ottobre)

▪ 2005 - Gli iracheni approvano, mediante referendum, la Costituzione del nuovo Iraq democratico, parlamentare e regionale: il voto contrario della maggioranza degli arabi sunniti non compensa la grande maggioranza di "Sì" degli elettori arabi sciiti e curdi

▪ 2007 - Con una cerimonia a Tolosa viene ufficialmente consegnato l'Airbus A380 alla Singapore Airlines; l'aereo è già entrato nella storia come il velivolo civile che trasporta il maggior numero di passeggeri

Anniversari

▪ 1243 - Sant' Edvige di Andechs (Andechs, 1174 – Trzebnica, 15 ottobre 1243) fu duchessa di Slesia e Polonia e, rimasta vedova, divenne monaca cistercense a Trzebnica; fu proclamata santa da papa Clemente IV nel 1267.
Era figlia del duca di Merania, Bertoldo IV d'Andechs e di Agnese di Rochlitz (†25 marzo 1195), della famiglia dei Wettin.
Educata presso il monastero delle benedettine di Kitzingen, in Franconia, nel 1186 Edvige sposò a Breslavia il duca di Slesia, Enrico I il Barbuto (dal 1233 anche duca di Polonia), della dinastia dei Piasti. Diede esempio di grande sollecitudine nei confronti dei suoi sudditi più poveri, per i quali fece erigere numerosi ospizi: nel 1202 fondò il monastero cistercense di Trzebnica e, rimasta vedova (1238), decise di ritirarvisi.
Si spense nel 1243.

Discendenza
Dal matrimonio con Enrico nacquero quattro maschi e tre femmine, tra i quali:
▪ Enrico († 1241), duca di Slesia;
▪ Corrado († 1235/37);
▪ Gertrude, fidanzata al Conte Palatino Otto di Wittelsbach, dopo la morte di questi si fece monaca e divenne badessa del convento di Trebnitz.

Il culto
Il 7 novembre del 1262 il vescovo di Włocławek diede inizio al processo diocesano per la canonizzazione di Edvige, che vide la sua conclusione nell'agosto del 1264, quando una delegazione guidata dall'arcidiacono della cattedrale di Cracovia si recò da Papa Clemente IV per sottoporgli la causa. Il pontefice canonizzò Edvige a Viterbo il 26 marzo (IV domenica di quaresima) del 1267.
La sua festa venne fissata al 15 ottobre (giorno del suo transito), ma nel 1929 venne spostata al 16 per far posto a quella di santa Teresa di Gesù.1385 - Dionisio I, religioso russo

▪ 1564 - Andrea Vesalio - forma italianizzata di Andreas van Wesel - (Bruxelles, 31 dicembre 1514 – Zante, 15 ottobre 1564) è stato un anatomista e medico fiammingo.
È considerato il fondatore della moderna anatomia.

Le origini
Nacque[1] a Bruxelles il 31 dicembre 1514 da famiglia benestante e tradizionalmente legata alla professione medica. Suo bisnonno era stato medico di Maria di Borgogna e docente all'università di Lovanio, suo nonno lavorò anche lui come medico per Maria di Borgogna e scrisse una serie di commentari agli Aforismi di Ippocrate ed in ultimo suo padre, anch'egli di nome Andrea, fu medico e farmacista per l'imperatore Carlo V. Con queste premesse, fu abbastanza naturale che quando Vesalio divenne uno dei più conosciuti medici ed anatomisti europei, gli fu offerto l'incarico di medico personale dell'imperatore presso la corte spagnola.[2]

La formazione
Le sue origini, certamente non umili, gli permisero di ottenere un'ottima istruzione: la sua formazione avanzata iniziò nel Paedagogium Castri, una scuola preparatoria connessa all'università di Lovanio e successivamente nel Collegium Trilingue. Studiò il latino, il greco e l'ebraico. La sua conoscenza del latino divenne così profonda che, utilizzando questa lingua, a ventitré anni egli poté insegnare anatomia in Italia. Per quanto riguarda il greco la tradizione vuole che egli fosse in grado di tradurre Galeno a vista. Nel 1530 entrò nell'università di Lovanio che al tempo era una delle più grandi università europee, probabilmente seconda soltanto a Parigi e Bologna. Studiò filosofia e filologia, ma, indipendentemente dai suoi corsi universitari, cominciò ad interessarsi di anatomia e anche a praticare alcune dissezioni su topi, cani e gatti.
Nel 1533 si trasferì a Parigi per studiare medicina, seguendo così la tradizione familiare. I sui principali maestri furono Jacobus Sylvius e Ioannes Guinterius Andernacus. Vesalio ammirò i propri docenti (loderà Sylvius nel De Humani Corporis Fabrica del 1543), ma successivamente non si dimostrerà soddisfatto dell'insegnamento ricevuto in questo periodo; a Parigi infatti l'anatomia veniva insegnata in modo tradizionale, cioè basandosi prevalentemente sulla lettura delle opere di Galeno e riducendo al minimo le esperienze pratiche di dissezione. Vesalio era invece molto più propenso allo studio diretto del corpo umano: utilizzò così, come facevano molti studenti, il Cimitero degli Innocenti per procurarsi materiale per studiare le ossa. A questo proposito, nel De Humani Corporis Fabrica[3], racconta come in questo cimitero fosse possibile trovare una grandissima quantità di ossa; come egli fosse diventato talmente esperto da poter scommettere di riconoscerle tenendo gli occhi bendati ed utilizzando solo il tatto; come questa esperienza nel cimitero fosse necessaria in mancanza di un vero insegnamento su questa parte della medicina. Tuttavia già in questo periodo egli dimostrava buone capacità nella dissezione.
Nel 1536, a seguito dell'invasione della Francia da parte di Carlo V, dovette tornare a Lovanio dove continuò gli studi medici e la pratica della dissezione. Nel settembre del 1537 andò a Basilea e poco dopo si trasferì a Padova. Il 5 dicembre, dopo un esame, l'università gli conferì il titolo di Dottore in Medicina.

La carriera
La carriera vera e propria di Vesalio inizia a Padova. Già il giorno seguente alla laurea egli tenne la sua prima lezione pubblica, dissezionando un cadavere e spiegando sia gli organi sia la tecnica usata. Il senato di Venezia (che governava Padova) gli assegnò subito la cattedra di anatomia e chirurgia.
Nelle sue lezioni Vesalio utilizzava, come aiuto visuale, anche ampi fogli volanti costituiti da schematici disegni e da concise didascalie. Sei di queste tavole vennero date alle stampe con il titolo Tabulae anatomicae sex (Venezia 1538), iniziando così la personale produzione anatomica didattico-scientifica di Vesalio, che raggiunse l'apice con il De humani corporis fabrica (Basilea 1543), perfetta sintesi di rigore scientifico e bellezza artistica.
Nel gennaio del 1540 Vesalio visitò Bologna come docente ospite. Durante questo soggiorno ricostruì lo scheletro completo di una scimmia e di un uomo, e dalla comparazione dei due si rese conto che le descrizioni anatomiche galeniche erano basate sulle dissezioni di animali e non di uomini. La confutazione di molte teorie galeniche divenne poi uno dei punti chiave del De humani corporis fabrica, che probabilmente iniziò a scrivere proprio a Bologna.
Nel 1542, terminato di scrivere il De humani corporis fabrica, per seguirne il processo di stampa abbandonò la cattedra di Padova, alla quale gli succedette Realdo Colombo.
L'opera fu pubblicata nel giugno del 1543. Diffondendola, Vesalio era ben consapevole delle controversie che ne sarebbero nate: era infatti la prima volta che qualcuno osasse confutare le teorie di Galeno, fino ad allora considerato, quasi dogmaticamente, autorità assoluta della scienza medica. Molti medici infatti criticarono l'opera di Vesalio, in particolare il suo passato maestro Jacobus Sylvius. Ma ci furono anche molti sostenitori, tra i quali il più autorevole fu Gabriele Falloppia.
Della Fabrica venne anche stampata, principalmente ad uso degli studenti, l'Epitome, ovvero un riassunto dell'opera in sei capitoli.
Il 4 agosto dello stesso anno a Spira, Vesalio presentò l'opera all'imperatore Carlo V che lo assunse subito come medico di corte. Non sono ben chiare le ragioni dell'abbandono della ricerca scientifica in favore di questo nuovo incarico; alcuni sostengono che questo nuovo lavoro fu necessario per recuperare le grandi spese sostenute per la stampa della Fabrica, mentre altri sostengono che Vesalio volle abbandonare l'ambiente accademico perché in esso aveva ormai troppi nemici. Ma la ragione più probabile è ciò che egli stesso spiega nella prefazione alla Fabrica: secondo Vesalio infatti l'anatomia era solo il fondamento della medicina, mentre egli aspirava invece a diventare un medico completo. Il lavoro al servizio dell'imperatore offriva molte possibilità di praticare come medico e come chirurgo.
Nel gennaio del 1544 tornò in Italia per sbrigare gli ultimi affari all'Università di Padova, ma viaggiò e tenne delle lezioni anche a Bologna e Pisa. In quest'ultima, alla presenza di Cosimo I dei Medici, inaugurò il teatro anatomico di via della Sapienza.
Tornò in Belgio per sposare Anne van Hamme e cominciò poi un periodo di intensa attività, soprattutto come chirurgo militare, svolgendo molti incarichi in vari paesi europei per conto dell'imperatore. Tra il 1553 e il 1556 visse in maniera quasi stabile a Bruxelles, dove praticò in privato la professione di medico e portò avanti i suoi studi. Nel 1555 pubblicò una versione riveduta ed accresciuta della Fabrica. In particolare aveva avuto modo di studiare i corpi femminili, anche di donne incinte, e questo gli permise di approfondire soprattutto l'anatomia dell'utero e dei feti.
Da questa edizione della Fabrica vennero invece tolte le precedenti lodi al suo vecchio maestro Jacobus Sylvius. Nel frattempo infatti non erano mai cessati gli scontri con i galenisti, ai quali Vesalio continuava ad opporre con forza le sue ragioni, derivanti dalla pratica continua e meticolosa della dissezione. I suoi avversari, Sylvius in testa, cercarono in tutti i modi di attaccare la sua reputazione presso l'imperatore, arrivando anche a tacciare di empietà la pratica della dissezione. A questo proposito Carlo V scrupolosamente chiese ai teologi dell'Università di Salamanca un parere sull'ammissibilità delle dissezioni: questi risposero dicendo che esse erano utili e lecite.
Nel 1556, quando Carlo V abdicò gli concesse una pensione vitalizia e lo nominò conte. Nel 1559 tornò alla corte spagnola al servizio di Filippo II. Nel maggio del 1562 riuscì a curare il principe Don Carlos da una brutta ferita alla testa che lo aveva ridotto in fin di vita. Questo caso mise a dura prova Vesalio, sia per la gravità della ferita, sia per le responsabilità connesse al fatto di curare il principe e sia per le ostilità che incontrò da parte degli altri medici di corte.
Cominciò così a maturare in Vesalio il desiderio di abbandonare la corte e tornare a lavorare in Italia. Questo desiderio probabilmente era già nato quando nel 1561 Gabriele Falloppia gli inviò da Padova, come omaggio, una copia della sua opera Observationes Anatomicae, che conteneva alcune osservazioni e critiche alla Fabrica. Vesalio scrisse una lettera di risposta che fu affidata per la consegna all'ambasciatore veneziano presso la corte di Filippo II. Questi fu però trattenuto in Spagna per diversi mesi a causa di altri impegni, e quando finalmente ritornò nella Repubblica di Venezia nell'ottobre del 1562, Falloppia era morto.
Vesalio venne a sapere della morte del collega solo nella primavera del 1564, quando, per ragioni mai ben chiarite, partì per un pellegrinaggio verso la Terra Santa. Infatti partendo dalla Spagna fece tappa a Venezia e qui ritrovò la sua lettera. Alcuni medici gli chiesero di darla alle stampe; egli acconsentì e la lettera venne pubblicata a Venezia il 24 maggio 1564 con il titolo Andree Vesalii Anatomicarum Gabrielis Fallopii Observationum Examen. Vesalio non vide mai questa pubblicazione, infatti in aprile si era già imbarcato per la Terra Santa. Molto probabilmente, una volta tornato, avrebbe riottenuto la sua vecchia cattedra di medicina a Padova, lasciata vacante da Falloppia; ma durante il viaggio di ritorno si ammalò e fu sbarcato sull'isola di Zante, dove morì il 15 ottobre 1564.

Sulle ragioni del pellegrinaggio
Per molti anni si credette che la partenza di Vesalio verso la Terra Santa fosse dovuta a problemi con la giustizia ed in particolare con l'Inquisizione. A questo proposito ci sono diverse fonti[4]: il famoso medico e chirurgo francese Ambroise Paré riporta la storia di un anatomista spagnolo che eseguì la dissezione di una nobildonna morta per "strangolamento dell'utero". Al momento della seconda incisione la donna, non essendo veramente morta, si risvegliò improvvisamente; ciò causò un tale orrore agli occhi dei presenti, che l'anatomista, prima molto famoso, divenne per tutti odioso e detestabile e decise così di lasciare il paese. Edward Jorden, un medico inglese, racconta pressappoco la stessa storia, ma riporta esplicitamente il nome di Vesalio e dice che egli usò il pellegrinaggio come scusa per lasciare la Spagna. Il diplomatico francese Hubert Languet, in una sua lettera, racconta invece che la vittima della dissezione fosse un uomo e che Vesalio si sia accorto della falsa morte quando, dopo aver aperto il petto e scoperto il cuore, si accorse che esso batteva ancora: per questo fu processato e condannato a morte dall'Inquisizione; tuttavia, per interessamento diretto ed ufficioso dell'imperatore Filippo II, la pena fu commutata nell'obbligo di pellegrinaggio in Terra Santa. Altre fonti del tempo ignorano completamente questa storia, in particolare non esiste alcun documento od atto relativo al presunto processo di Vesalio.
Alcuni storici[5] affermano che è molto improbabile, sebbene non impossibile, che Vesalio commettesse un errore del genere. Ciò che è molto più probabile invece è che egli, dopo la sua morte, sia stato vittima di una perfida calunnia messa in giro dai medici suoi avversari [6]. In effetti la lettera di Languet potrebbe essere un falso, infatti pur portando la data del 1º gennaio 1565, essa fu pubblicata per la prima volta solo nel 1620 nell'opera Vitae Germanorum Medicorum di Melchior Adam, e non compare invece nelle raccolte pubblicate della corrispondenza di Languet.
Per la storiografia moderna la storia della condanna di Vesalio è da considerarsi priva di fondamento.[1]
L'ipotesi più probabile sul motivo della sua partenza è che egli fosse semplicemente stanco della vita di corte e dell'ostilità dei medici spagnoli, e che il pellegrinaggio fosse solo il pretesto per andarsene dal paese. Sembra anche che le gelosie e gli scontri con gli altri medici di corte, specialmente riguardo alle cure mediche al principe Don Carlos, fossero così aspre che Vesalio se ne ammalò: il botanico fiammingo Clusius, che arrivò a Madrid il giorno stesso della partenza di Vesalio, testimonia infatti che questi avesse ottenuto il permesso di partire in pellegrinaggio proprio per motivi di salute. Inoltre, come già spiegato, il desiderio di Vesalio di tornare a Padova per dedicarsi esclusivamente alla ricerca scientifica, fu certamente determinante nella sua decisione di lasciare la corte.

L'aneddoto della costola di Adamo
Un altro aneddoto[7] molto diffuso che si racconta sulla condanna di Vesalio dice che egli fu condannato dall'Inquisizione per aver detto che, contrariamente alla comune credenza di biblica memoria, uomo e donna abbiano lo stesso numero di costole, come risulta dalle dissezioni da lui effettuate[8] . Nella Genesi si dice infatti che Eva fu creata da una costola di Adamo, quindi questi avrebbe dovuto avere una costola in meno: da ciò la credenza che gli uomini abbiano tutti una costola in meno. Si racconta che questa credenza fosse al tempo una tesi scientifica accettata e consolidata, derivante dal racconto biblico ed imposta di fatto come dogma dalle autorità religiose.
Tutto ciò è, ovviamente, un falso storico, prima di tutto perché, come già esposto, Vesalio non ebbe mai alcuna condanna, ed inoltre perché, storicamente, non è mai esistito un dogma sulla costola mancante, bensì si è sempre e solo trattato di una credenza popolare.

I suoi testi
Vesalio pubblicò a Venezia nel 1538 le Tabulae Anatomicae Sex dove iniziò ad usare la moderna terminologia medica e il più importante De humani corporis fabrica nel 1543 a Basilea che viene considerato uno dei testi base dell'anatomia moderna. Le tavole anatomiche della Fabrica furono illustrate da un allievo appartenente alla scuola del Tiziano e di cui purtroppo non se ne conosce il nome.

L'indipendenza da Galeno
La formazione e la ricerca di Andrea Vesalio si mosse inizialmente nel quadro teorico sedimentatosi nella tradizione galenica. Ma fu proprio la ripresa delle tecniche investigative risalenti a Galeno che lo portò a porre le basi sperimentali che decretarono l'obsolescenza del quadro teorico.

La rete mirabile
Un esempio del processo di maturazione e di progressivo affrancamento di Vesalio dall'accettazione acritica delle teorie galeniche durante il periodo padovano è costituito dal problema della rete mirabile: questa struttura anatomica era uno degli elementi fondamentali su cui poggiava la fisiologia galenica; secondo questa, lo spirito vitale, formatosi nel cuore per affinamento dello spirito naturale originatosi nel fegato, veniva portato alla base del cervello dalle arterie carotidi, che qui si sfioccavano in un intricato reticolo vasale, la rete mirabile appunto. In tale sede lo spirito naturale veniva ulteriormente affinato, trasformandosi in spirito animale che, distribuito attraverso i nervi periferici, ritenuti cavi, dotava il corpo di sensibilità e movimento.
La rete mirabile costituisce una riprova di come l'osservazione galenica fosse basata sullo studio di specie inferiori: questa formazione anatomica, infatti è molto evidente negli ungulati mentre non esiste nell'uomo. Vesalio ne ammise l'esistenza nelle Tabulae anatomicae sex (1538), mentre nella Fabrica del 1543 riconosce con vivacità l'errore compiuto e ne analizza con spirito critico la causa:
Quante, spesso assurde cose sono state accettate in nome di Galeno... Tra queste quel mirabile plesso reticolare, la cui esistenza viene costantemente sostenuta nei suoi scritti e di cui i medici parlano continuamente. Essi non lo hanno mai visto, ma tuttavia continuano a descriverlo sulla scorta dell'insegnamento di Galeno. Io stesso sono ora realmente meravigliato per la mia (precedente) stupidità... Causa la mia devozione a Galeno non intrapresi mai una pubblica dissezione di una testa umana senza contemporaneamente servirmi di quella di un agnello o di un bove per mostrare che non riuscivo a riscontrare in alcun modo nell'uomo... e per evitare che gli astanti mi rimproverassero di essere incapace di trovare quel plesso a tutti loro cosi ben noto per nome. Ma le arterie carotidi non formano affatto il plesso reticolare descritto da Galeno.[9]

Il sistema nervoso
Nella Fabrica Vesalio respinse altri importanti aspetti della neurologia di Galeno, ad esempio il concetto che i nervi fossero cavi. Leggiamo quanto egli stesso asserisce in proposito:
Posso affermare di non aver mal trovato passaggio di alcuna sorta, nonostante a questo scopo abbia esaminato i nervi ottici durante la vivisezione di cani e di altre specie animali di dimensioni maggiori, ed il capo di un uomo ancora caldo, meno di un'ora dopo la decapitazione.[10]
Descrisse anche il corpo calloso come struttura commisurale dei due emisferi.

Potenza e limiti dell'indagine anatomica
Sul piano della fisiologia del sistema nervoso Vesalio esprime una posizione agnostica, tracciando nettamente limiti tra l'osservazione anatomica e la speculazione filosofica:
Non nego che i ventricoli elaborino lo spirito animale, ma sostengo che questo non spiega nulla sulla sede cerebrale delle facoltà più elevate dello spirito. (...) Non sono in grado di comprendere come il cervello possa esercitare le sue funzioni.
Convinzione ferma ed imprescindibile di Vesalio era l'importanza delle sezioni anatomiche al fine di poter comprendere la struttura e la fisiologia del corpo umano; teoria questa in netto contrasto con le convinzioni galeniche, basate su un'idea organicistica del corpo umano, secondo cui: «Non vi possono essere lesioni funzionali del corpo, se queste non sono associate a lesioni effettive degli organi interni».

Altri risultati
Descrisse, per la prima volta, il decorso delle vene e l'anatomia del cuore, negando l'esistenza della tanto favoleggiata finestra interventricolare; indicò, inoltre, la forma dello sterno e il numero delle ossa che compongono l'osso sacro; descrisse i menischi articolari della mano e del ginocchio, e individuò infine il corpo luteo dell'ovaio.

Note
1. ^ a b Attualmente i riferimenti più completi e precisi sulla vita di Vesalio sono: C.D. O'Malley, Andreas Vesalius of Brussels, University of California Press 1964 e W. Cushing, A Bio-Bibliography of Andreas Vesalius, Archon Books, 1962
2. ^ James J. Walsh, Popes and Science: the History of the Papal Relations to Science During the Middle Ages and Down to Our Own Time, 1908, ripubblicato nel 2003 da Kessinger Publishing.
3. ^ Libro I, capitolo 39 nell'edizione del 1543; Libro I, capitolo 40 nell'edizione del 1555
4. ^ Per una veloce rassegna si veda ad esempio l'introduzione del libro The Illustrations from the Works of Andreas Vesalius of Brussels, a cura di J.B. Saunders e C.D. O'Malley, Dover Pubblication 1973, ISBN 0-486-20968-7
5. ^ Si veda ad esempio Charles Kingsley, Historical lectures and essays, London, New York: Macmillan and co., 1893
6. ^ Adolphe Burggraeve, Études sur André Vésale, précédées d'une notice historique sur sa vie et ses écrits, C.Annoot-Braeckman, 1841 - L'autore di questo libro dimostra la falsità storica della condanna di Vesalio, ed è molto critico verso coloro che hanno tramandato questa vicenda inventata, accusandoli di voler infangare la memoria di uno dei più grandi anatomisti di tutti i tempi.
7. ^ Andrew D.White, History of the Warfare of Science with Theology in Christendom (1896) - questo libro, bollato come antistorico dalla moderna critica storica, è all'origine di molti falsi miti moderni sull'antichità, come, ad esempio, il fatto che la terra fosse creduta piatta.
8. ^ Andrea Vesalio, De Humani Corporis Fabrica, Libro I, capitolo 19
9. ^ Libro VII, capitolo 12
10. ^ Libro IV, capitolo 4

▪ 1582 - Santa Teresa d'Avila nome completo: Teresa Sánchez de Cepeda Ávila y Ahumada, in religione Teresa di Gesù (Ávila, 28 marzo 1515 – Alba de Tormes, 15 ottobre 1582) fu una religiosa e mistica spagnola.
«Nulla ti turbi,
nulla ti rattristi,
tutto passa:
solo Dio non muta.
La pazienza
tutto conquista.
Se hai Dio nel cuore
nulla ti manca:
solo Dio basta.» (Santa Teresa di Gesù, Poesía, 9)


Fu una delle figure più importanti della Controriforma cattolica grazie alla sua attività di scrittrice e di riformatrice degli ordini religiosi; fu la fondatrice delle monache e dei frati Carmelitani Scalzi. È venerata come santa dalla Chiesa cattolica, ed è una dei 33 Dottori della Chiesa.
Nacque ad Ávila nel 1515, a 85 km a nord-ovest di Madrid. I suoi profondi e religiosi ideali ascetici riguardo santi e martiri le furono trasmessi fin da quando era bambina dal padre, il cavaliere Alonso Sánchez de Cepeda, e specialmente dalla madre, Beatrice d'Ávila y Ahumada. Nel 1528 all'età di 13 anni perse la madre che morì per una grave malattia. Venne inviata 3 anni dopo dal padre presso le suore agostiniane di Ávila, ma qui ne uscì un anno dopo nel 1532 perché si ammalò gravemente. Fu ospitata dallo zio paterno e qui tra i suoi familiari ricevette molte cure e attenzioni, guarendo in poco tempo. Maturando la vocazione alla vita religiosa, nel 1533 chiese al padre di poter entrare in convento. Ma per completare il suo proposito fu costretta a fuggire di casa nel 1535 ed entrare nel convento carmelitano dell'Incarnazione di Ávila. Il 2 novembre 1536 vestì l'abito religioso e l'anno successivo emise la solenne professione. Si ammalò però di una strana malattia poco dopo, e fu costretta a lasciare il convento venendo condotta dal padre a Becedas. Qui la sua salute nonostante le cure peggiorò progressivamente tanto che ritornò quasi in fin di vita ad Ávila. Sentendosi in punto di morte chiese al padre di potersi confessare, ma ottenne un diniego. Dopo un episodio di collasso entrò in coma per quattro giorni, uscendone paralizzata completamente. A questo punto il padre la assecondò nel suo desiderio di tornare per morire nel convento carmelitano. Rimase qui paralizzata e immobile per otto mesi e poi gradualmente riuscì a riprendere le funzioni motorie nell'arco di circa tre anni. Nel 1543 in modo quasi prodigioso, ricominciò a camminare. Nel dicembre dello stesso anno morì il padre. Comparirono poi altre malattie che non le dettero tregua fino alla quaresima del 1554. Durante queste malattie trovò conforto grazie alla lettura di libri spirituali tra i quali soprattutto il suo libro di preghiera, l'Abecedario spirituale, il terzo della collezione dell'Alfabeto spirituale (pubblicato in sei parti tra il 1537 e il 1554). Questo lavoro, che segue l'esempio di numerosi scritti medievali, era una sorta di "guida" per l'analisi della coscienza, per l'autoconcentrazione spirituale e per la contemplazione interiore. Accanto a questo, Teresa si servì di altri volumi mistici, come il Tractatus de oratione et meditatione di san Pietro d'Alcantara e, forse, degli Esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola.
L'opinione di molti suoi amici, secondo cui nelle esperienze considerate "soprannaturali" di Teresa c'era un qualcosa di non spirituale, la spinsero a varie mortificazioni, finché Francesco Borgia, con il quale Teresa si era confessata, la spinse a fermarsi, rassicurandola sulla bontà del suo percorso spirituale. Nel giorno di san Pietro del 1559 divenne fermamente convinta che Gesù Cristo le si presentava in una intuizione interiore. Questa esperienza durò ininterrottamente per quasi due anni seguita da varie altre.
Ma non sono tali esperienze gli eventi più significativi della sua vita, quanto la sua crescita umana e spirituale nel cammino di preghiera e nelle relazioni concrete con le sorelle, in un contesto storico certo non facile per le donne in generale, e per le donne nella Chiesa.

Attività di riforma
Fu proprio Pietro d'Alcantara a incoraggiare Teresa a concretizzare i suoi impulsi interiori, tanto che ne divenne ben presto consigliere e guida spirituale. Teresa fu quindi convinta di fondare un monastero per suore carmelitane più semplice e fraterno del monastero di Avila da cui proveniva. A darle i fondi fu Guimara de Olloa, una donna molto benestante, nonché amica di Teresa.
L'assoluta povertà del nuovo monastero, fondato nel 1562 ed intitolato a San Giuseppe, suscitò dapprima un grande scandalo tra i cittadini e le autorità di Avila, e la piccola cappella corse il pericolo di essere demolita, ma ciò fu impedito da alcuni amici illustri, tra cui lo stesso vescovo e il celebre teologo dominicano p. Banez.
Nel marzo del 1563 Teresa si trasferì nel nuovo convento, per ritornare ad un'osservanza più semplice ed attinente della Regola del Carmelo e, progressivamente, raccolse nelle "Costituzioni", i suoi fondamentali principi di povertà e fraternità in modo che potessero essere utilizzate in futuro.
Il suo progetto di rinnovamento dell'Ordine Carmelitano prevedeva la possibilità, anche per il ramo femminile, di una preghiera silenziosa e personale di due ore al giorno, di un'ora di lettura e di ben due ore di ricreazione quotidiane, in cui crescere come persone e come sorelle.
Il fine non era una vita penitenziale, ma un modo semplice e fraterno di vivere il Vangelo e la Regola del Carmelo. A questo si aggiungeva l'intento che anche alcuni frati condividessero la stessa vita contemplativa e aiutassero spiritualmente le consorelle, e lo stesso Popolo di Dio, nel coltivare il proprio cammino spirituale e comunitario.
Nel 1567 Teresa ricevette dal priore generale dell'Ordine Carmelitano, Rossi di Ravenna, l'autorizzazione a fondare nuove case del suo Ordine, grazie alla quale visitò ben presto diverse province spagnole. Di questi viaggi Teresa parla nel Libro delle Fondazioni. Tra il 1567 e il 1571 vennero fondati conventi della riforma a Medina del Campo, Malagón, Valladolid, Toledo, Salamanca e Alba de Tormes.
Grazie all'autorizzazione del priore generale dell'Ordine, Teresa poté costruire due conventi per il ramo maschile che adottarono le sue riforme, e in questo fu aiutata da Giovanni della Croce e da Antonio di Gesù. Il primo convento di frati fu fondato nel novembre del 1568 a Duruelo, mentre solo nel 1593, separandosi dall'Antica Osservanza, i frati si sarebbero costituiti nel nuovo Carmelitani Scalzi.
Grande amico di Teresa, fu il padre carmelitano scalzo Jerónimo Gracián, primo provinciale della provincia riformata, che la sostenne e le diede aiuto nel fondare i monasteri di Segovia (1571), Begas de Segura (1574) e Siviglia (1575), mentre Giovanni della Croce, con la sua attività di maestro e di predicatore, promuoveva la vita interna del movimento.
Nel 1576 cominciarono una serie di tensioni tra l'Antico ordine carmelitano e le nuove fondazioni teresiane, a causa del maldestro tentativo, compiuto da alcuni frati all'insaputa di Teresa, di incorporare, non sempre volontariamente, nel nuovo movimento, molti conventi dell'Antica Osservanza in aperta disobbedienza col generale. In questa situazione conflittuale intervenne il nunzio apostolico in Spagna che decretò per Teresa, il divieto di fondare nuovi conventi. Essa fu costretta a scegliere una sede fissa in cui risiedere; accettando tali decisioni Teresa si ritirò nel convento di Toledo. Fu un tempo di prova per tutti gli appartenenti al nuovo ordine, con incomprensioni e ostilità; le stesse autorità, da re al nunzio, impartivano ordini contraddittori.
Finalmente, dopo diversi anni le sue lettere di difesa inviate al re Filippo II di Spagna le assicurarono il superamento delle controversie. Nel 1579 i processi dell'Inquisizione contro di lei e i suoi amici decaddero. Negli ultimi tre anni della sua vita, Teresa fondò i conventi di Villanueva de la Jara (nell'Andalusia del Nord, 1580), Palencia (1580), Burgos e Granada (1582). La sua ultima malattia la colpì mentre era in viaggio da Burgos ad Alma de Tormes, dove morì nella notte tra il 4 e il 15 ottobre 1582 (salto di dieci giorni per entrata in vigore calendario gregoriano). Il suo corpo rimane incorrotto nella chiesa dell'Annunciazione in Alba de Tormes.

Il misticismo
Il nucleo del pensiero mistico di Teresa, individuabile in tutti i suoi scritti, è l'amicizia tra il Signore e la sua creatura. Secondo l'interpretazione più tradizionale, in non pochi aspetti parziale, l'ascesa dell'anima umana avverrebbe attraverso quattro stadi, (come scritto nella sua Autobiografia, cc. X-XXII):
▪ Meditazione o orazione di raccoglimento. Si tratta del "ritiro" dell'anima e delle sue facoltà dall'esterno nell'ascolto della Parola di Dio e, secondo gli usi del tempo, particolarmente nella considerazione della passione di Cristo.
▪ L'orazione di quiete. In questo stadio la volontà umana è rimessa in quella di Dio, mentre le altre facoltà, quali la memoria, l'immaginazione e la ragione, non sono ancora sicure a causa della distrazione mondana. Nonostante una piccola distrazione possa essere provocata dalla ripetizione di preghiere o dalla composizione di scritti, lo stato prevalente è ancora quello della quiete.
▪ L'orazione di unione. la presenza dello Spirito attrae in sé la volontà e l'intelletto, in un dono reciproco tra il Signore e la creatura, mentre rimangono "libere" solo l'immaginazione e la memoria. Questo stadio è caratterizzato da una pace beata, una sorta di consapevole consegna all'amore di Dio.
Quando tutta la vita è trasformata da questa esperienza si compie l'unione che non richiede affatto le "estasi" con i suoi segni esterni, ché anzi sono tipiche di una certa immaturità nel percorso spirituale. Purtroppo, curiosità non sempre equilibrate sono state molto attratte dalle risonanze psicologiche di queste prime fasi e spesso, senza vere conoscenze su un'autentica vita spirituale, hanno elaborato quadri lontani dalla realtà della vita autentica di Teresa e della mistica cristiana, lontana da fenomeni scenografici molto graditi nell'età barocca ed in altre epoche.

Un'interpretazione psichiatrica
Sono state avanzate interpretazioni, da un punto di vista laico e psichiatrico, secondo cui gli stati di estasi della Santa potrebbero essere intesi come una fantasia vivida nella mente di una giovane particolarmente sensibile, uno stato d'animo alterato che fa confondere una fantasia autoerotica o sessuale per un incontro divino[1]. Tale considerazione si basa sull'interpretazione delle parole della stessa Teresa d'Ávila:
«Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d'oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po' di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era cosi vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era cosi grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c'era da desiderarne la fine, né l'anima poteva appagarsi che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po', anzi molto. È un idillio cosi soave quello che si svolge tra l'anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento.» (Santa Teresa d'Avila, Autobiografia, XXIX, 13)
Secondo altri autori [2] queste interpretazioni critiche di Odifreddi tendono ad essere esagerate e non vanno prese troppo sul serio. Secondo Levi, le tesi e le conclusioni di Odifreddi, sembrano frutto di un "fondamentalismo ateo", sono esasperate, poco originali e manichee. Levi giudica tali posizioni come «assai poco scientifiche, perché la scienza non conosce dogmi».

La questione delle estasi
Dal Medioevo, in sintonia con la devotio moderna, era convinzione diffusa che un intenso percorso spirituale, prima o poi, non potesse essere estraneo ad una qualche manifestazione esteriore, temuta, ma attesa come sigillo di un intervento divino. Nel contesto cinquecentesco, visioni e rivelazioni erano parte integrante della vita religiosa. Un contesto in cui il visionario è presenza ordinaria nella società, le sue funzioni, in un certo qual modo, vengono a sovrapporsi, anche se non a confondersi, con quella mediazione istituzionale offerta dal clero. (A. Gentili – M. Regazzoni, La spiritualità della riforma cattolica, 1993).
Occorre ricordare poi, che le donne, nel dopo concilio di Trento, non potevano certo parlare in pubblico di temi teologici, tanto meno commentare la Scrittura. Non potevano studiare teologia, riservata ai presbiteri. Conclusione: forse solo attraverso un segno dall'alto, come le "estasi" (che potevano avere una qualche componente psicologica), potevano salvaguardare le donne da un facile incontro con i tribunali dell'Inquisizione, ma non esoneravano da numerosi interrogatori e verifiche delle stesse. Figurarsi se si trattava di una donna fondatrice anche di ordini religiosi.
Si fa fatica ad ipotizzare un'espressività al femminile, in contesti cinquecenteschi, del tutto aliena da una certa esuberanza emotiva. Solo rari autori, come Giovanni della Croce, avrebbero chiaramente scritto e predicato che le "estasi" non sono affatto essenziali per una seria avventura spirituale.
D'altra parte non si può dimenticare che una ricca efflorescenza anche esteriore è segno, per molti aspetti iniziale, «...del contraccolpo emotivo (transitorio e accidentale, ma quasi inevitabile) dell'esperienza contemplativa sulla dimensione psicologica e psicosomatica dell'esistenza.» (B. Callieri, Esperienza mistica e psichiatria, 1984).
Infine, non bisogna dimenticare che proprio Teresa d'Avila dichiarò che nella maturità spirituale le "estasi" scompaiono (Teresa di Gesù, Il castello interiore, 1981, settime mansioni, cap. 3), in quanto un'autentica esperienza spirituale consente di pervenire ad un miglior equilibrio psicologico, capace di integrare, gradualmente, affettività e ragione, corpo e psiche. Sarebbe irrealistico pensare che corpo ed affettività siano estranei ad una vera e complessiva maturazione umana e spirituale.
È evidente però, che chi escludesse a priori una qualche esperienza di fede ed interpretasse con strumenti contemporanei fatti avvenuti in altre epoche storiche, descritti con il linguaggio del tempo, potrebbe facilmente pervenire a conclusioni gratuite commettendo anacronismi. Il problema non starebbe nell'esperienza in esame, ma nel metodo più o meno inadatto all'epoca e al contesto storico-sociale dell'oggetto o del soggetto in esame.

Il culto
Esistono soltanto tre donne dichiarate Dottori della Chiesa cattolica: Teresa d'Avila (1970), Caterina da Siena (1970) e Teresa di Lisieux (1997). È stata beatificata il 24 aprile 1614 da papa Paolo V e santificata il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV. La festa liturgica ricorre il 15 ottobre. Teresa d'Avila è considerata protettrice delle persone malate nel corpo, dei cordai, degli orfani, delle persone in cerca di grazia, delle persone degli ordini religiosi, delle persone ridicolizzate per la loro pietà e patrona della Croazia e della Spagna.
Teresa morì nel giorno in cui Spagna, Portogallo, Polonia e Italia passarono dal calendario giuliano al calendario gregoriano. Quarant'anni dopo la morte fu canonizzata e la sua chiesa ne istituì il culto, chiamandola "vergine serafica". Le Corti Generali (il Parlamento spagnolo) la acclamarono patrona nel 1617. Le sue opere mistiche influenzarono molti scrittori successivi, tra cui Francesco di Sales.

Le stimmate nel cuore
Il cuore della santa è conservato in una teca ad Alba de Tormes, in Spagna, dove è possibile osservare delle ferite. Dopo la sua morte, sottoposta ad autopsia, fonti del tempo sostengono avvenne un evento miracoloso: si dice che, estrattole il cuore, furono osservate proprio le cinque ferite che ella aveva descritto, attribuite secondo la chiesa alla Transverberazione di cui una di dimensioni superiori ai 5 centimetri.[3]

Scritti
Gli scritti di Teresa, dal chiaro indirizzo didattico, sono tra i più significativi della cultura della Chiesa cattolica:
▪ La sua Autobiografia, scritta dopo il 1567 sotto la direzione del suo confessore, Pedro Ibáñez;
▪ Il Cammino della Perfezione, (titolo originale: Camino de perfecciòn) scritto anch'esso dopo il 1567 sotto la direzione del suo confessore
▪ Edizione italiana; Cammino di perfezione, introduzione, traduzione e note di Letizia Falzone, Alba (Cuneo), Edizioni Paoline, 1976;
▪ Il Castello Interiore, (titolo originale: Castillo interior, Las Moradas) scritto nel 1577, in cui paragona l'anima contemplante ad un castello composto da 7 camere interne successive;
▪ Edizione italiana: Castello interiore, introduzione, traduzione e note di Letizia Falzone, Alba (Cuneo), Edizioni Paoline, 1976;
▪ Relazioni, un'estensione della sua autobiografia sotto forma di racconto epistolare delle sue esperienze interiori ed esterne;
▪ Due opere minori sono Concetti dell'Amore ed Esclamazioni, oltre alle Carte, una raccolta di 342 lettere complete e 87 frammenti di altre. La prosa di Teresa è caratterizzata da spontaneità, eleganza stilistica e forza espressiva, che la fanno figurare tra i più importanti prosatori della letteratura spagnola;

Bibliografia
▪ Elisabeth Reynaud, Teresa d'Avila, la donna che ha detto l'indicibile di Dio, Milano, Paoline, 2001;
▪ Jose Luis Olaizola, La santa, Teresa d'Avila nella Spagna del siglo de oro, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2002;
▪ Maximiliano Herraiz Garcia, Dio solo basta, chiavi di lettura della spiritualità teresiana, presentazione di Flavio Caloi, Roma, OCD, 2003;
▪ Victoria Sackville-West, Teresa d'Avila, introduzione di Barbara Lanati, Milano, Mondadori, 2003;
▪ Emmanuel Renault e Jean Abiven, L'orazione teresiana, Morena, Roma, OCD, 2004;
▪ Aida Stoppa, Teresa e il castello interiore, [racconto], in Aida Stoppa, Sette universi di passione, Colledara, Te, Andromeda, 2004, pp. 64-81;
▪ Luigi Borriello e Giovanna della Croce, Temi maggiori di spiritualità teresiana, 2. ed. riv. e corretta, Roma, OCD, 2005;
▪ Marie Joseph Huguenin, L'esperienza della divina misericordia in Teresa d'Avila, saggio di sintesi dottrinale, Roma, OCD, 2005;

Note
1. ^ Odifreddi, Piergiorgio, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) , Longanesi (Le Spade), 2007
2. ^ Levi Arrigo, Contro gli anatemi religiosi (e atei)
3. ^ Renzo Allegri, I miracoli di Padre Pio (Le piaghe nel cuore), pag. 52-53

▪ 1817 - Andrzej Tadeusz Bonawentura Kościuszko, normalmente traslitterato in Kosciuszko o Kosciusko (Mereszowszczyzna, 4 febbraio 1746 – Solothurn, 15 ottobre 1817), è stato un generale e ingegnere polacco, che combatté per l'indipendenza della Polonia e degli Stati Uniti; guidò l'insurrezione del 1794.

Origini e giovinezza
Nacque il 4 febbraio 1746 a Mereszowszczyzna nella Polesia, oggi in Bielorussia; era il quarto figlio di Ludwik Tadeusz e di Tekla Ratomska. La stirpe dei Kościuszko ebbe origine da un cortigiano del re Sigismondo I di Polonia, Konstanty, chiamato familiarmente Kostiuszko. Costui, per non meglio noti meriti, ricevette nel 1509 in proprietà il possedimento di Siechnowicze, che costituì il feudo della famiglia Kościuszko.
Nel 1755 Tadeusz, assieme al fratello minore Giuseppe iniziarono a frequentare il Collegio degli Scolopi a Lubieszów (attuale Ucraina). Nel 1760 i due fratelli tornarono a casa per via di problemi familiari. Poiché erede del piccolo feudo di famiglia doveva essere Giuseppe, Tadeusz scelse la carriera militare. Nel 1765, per iniziativa del re Stanisław August Poniatowski, sorse la Nobile Accademia del Corpo dei Cadetti. Aveva lo scopo di preparare dei ruoli di ufficiali preparati, moderni e buoni cittadini. Il 18 dicembre 1765 Kościuszko entrò nel Corpo dei Cadetti dove ebbe modo di distinguersi sugli altri.
Studiò la storia della Polonia e la storia moderna, la filosofia, il latino, il polacco, il francese ed il tedesco oltre a legge, economia, aritmetica, geometria e misurazioni. Scelse il corso speciale di ingegneria organizzato per i migliori studenti della scuola. Terminò l'Accademia con il grado di capitano.

Kościuszko in Francia
6 ottobre 1769 Kościuszko, assieme a Józef Orłowski,collega di studio all'Accademia Militare, partì per Parigi, con una borsa di studio reale .A Parigi frequentarono l'Accademia di Belle Arti. Dopo un certo tempo Kościuszko comprese che la carriera di pittore no faceva per lui. Voleva arricchire le sue conoscenze di ingegneria. Non poteva però prendere in considerazione di iscriversi ad una delle scuole militari parigine, in quanto straniero e non avendo fondi sufficienti. Studiò come autodidatta e frequentava privatamente i corsi dei professori delle scuole militari. Il quinquennale soggiorno in Francia, appena prima lo scoppio della Rivoluzione Francese, ebbe un'importante influenza sui suoi principi sociali e politici.

Il ritorno in Polonia
Nel 1774 (due anni dopo la prima spartizione della Polonia attuata da Austria, Russia e Prussia), tornò in patria. Non trovò lavoro nell'Esercito Polacco, ridotto ad appena 10.000 unità. Il feudo familiare era gestito dal fratello e i progetti matrimoniali finirono nel nulla a causa di mancanza di un patrimonio. Invano cercò di ottenere la mano della figlia di Giuseppe Sosnowski, hetman di Lituania, Ludovica.

L'esilio
Dresda e Parigi

Nell'autunno del 1775 partì per Dresda. Cercò di entrare nell'esercito dell'Elettore. I tentativi di entrare in servizio a Dresda non portarono ad alcun risultato per cui decise di andare a Parigi. A Parigi apprese della guerra scoppiata in America settentrionale, dove le colonie erano insorte contro l'Inghilterra per ottenere l'indipendenza. A Parigi si parlava dei primi successi degli americani aiutati dai francesi.

Kościuszko in America
Kościuszko si trattenne molto brevemente a Parigi. Probabilmente già a giugno partì per l'America. Vi arrivò nell' agosto del 1776 , nemmeno un mese dalla Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti.
Probabilmente grazie all'appogio del generale Lee, per il quale aveva ricevuto una lettera di presentazione del principe Adam Jerzy Czartoryski, Kościuszko venne nominato ingegnere dell'esercito americano. Poco dopo il suo arrivo a Filadelfia, il 24 settembre 1776 ricevette l'incarico di fortificare una parte della città (l'area prospiciente al fiume Delaware).
Nella primavera del 1777 Kościuszko venne mandato al nord, al confine con il Canada, sotto il comando del generale Horatio Gates. Per molti mesi Kościuszko si dedicò alla fortificazione di molti accampamenti sul fronte settentrionale. Si ritiene che le sue fortificazioni abbiano contribuito alla vittoria americana nella battaglia di Saratoga. Conferma dell'apprezzamento per le sue capacità fu l'incarico di costruire la fortezza di West Point sul fiume Hudson. Questa decisione fu sostenuta dal comandante in capo l'esercito americano George Washington.
Kościuszko su sua richiesta venne inviato sul fronte meridionale. Anche qui le sue capacità di ingegnere furono decisive in molte vittorie.
A riconoscimento dei suoi meriti, per decisione del Congresso Tadeusz Kościuszko venne promosso il 13 ottobre 1783 al grado di Generale di Brigata dell'esercito americano. Ottenne anche un particolare ringraziamento, gli venne donato del terreno (circa 250 ettari) e una elevata somma di denaro che avrebbe dovuto essere pagata in un tempo successivo, in rate annuali. Quando il Congresso gli pagò gli arretrati nel 1798, nonostante la sua difficile situazione finanziaria, immediatamente destinò la somma ricevuta per la liberazione e l'istruzione dei Negri. Il resto del suo patrimonio americano Kościuszko lo conferì a Jefferson che nomino suo esecutore testamentario. Il testamento aveva una impronta fortemente favorevole all' abolizionismo.
Ancor maggior riconoscimento da parte dei suoi compagni d'arme fu l'ammissione di Kościuszko, come uno dei tre stranieri, nella Associazione di Cincinnati, fondata dagli ufficiali più decorati.

Il ritorno in Polonia
Nel luglio 1784 salutati gli amici, ritornò in Polonia (12 agosto 1784). La situazione in patria era molto critica. Per l'ennesima volta Kościuszko ritornò al paese natale di Siechnowice, dove avrebbe trascorso 5 anni. Per fortuna, la sua parte di eredità, amministrata nel frattempo dal genero Setko, non era indebitata, anzi portava un modesto profitto. Nonostante le modeste entrate che, a fatica, bastavano a coprire le spese essenziali, Kościuszko ridusse la pańszczyzna, ossia gli obblighi feudali, ai contadini di Siechnowice. Limitò l'obbligo di lavoro per il Pan (il signore feudale) a solo due giorni la settimana. La decisione, in linea con i principi del generale, provocò risentimento tra la szlachta (la nobiltà) vicina.
Kościuszko seguiva con attenzione gli avvenimenti interni. Aumentava sempre di più la sua influenza nella vita politica della nazione un gruppo di attivisti che vedeva la necessità di introdurre riforme. Assunse aspetti radicali anche la posizione della szlachta che si interessava di politica.
Famosi scrittori di argomenti politici come Stanisław Staszic e Hugo Kołłątaj si dichiaravano per il rafforzamento del potere centrale e per la concessione di maggiori diritti ai cittadini ed ai contadini. Il parlamento (Sejm) che era riunito in seduta permanente negli anni 1788-1792 Sejm noto come Grande decise di dedicarsi ai miglioramenti delle istituzioni della Republica (Confederazione Polacco-Lituana, o Republica dei Due Popoli).
Una delle sue prime decisioni fu l'aumento del numero dei soldati da tenere sotto le armi a 100.000 unità. Si venne a creare così per Kościuszko la speranza di una carriera militare nei ranghi della Republica. Il 12 ottobre 1789 ottenne la nomina a maggior generale dell'esercito della Corona con firma reale. Il grado così ottenuto gli permetteva di por fine ai problemi economici che l'avevano perseguitato negli ultimi anni grazie all'elevato stipendio di 12.000 złoty all'anno.
Gli sforzi polacchi tendenti a rinforzare la Patria provocarono l'insofferenza di Russia e Prussia ed anche di parte dell'aristocrazia polacca legata alle potenze confinanti. Già nell'aprile del 1792 l'aristocrazia conservatrice, Szczęsny Potocki, Seweryn Rzewuski e Franciszek Ksawery Branicki stilarono un atto detto confederazione, che dichiarava decadute le riforme introdotte dalla Costituzione Polacca di Maggio.
Garante del ritorno alle vecchie leggi doveva essere la zarina Caterina la Grande. La confederazione venne dichiarata il 14 maggio, nella località di confine chiamata Targowica, ed alcuni giorni dopo l'esercito russo, su richiesta dei confederati, passava i confini della Republica . Già da alcuni mesi in Polonia ci si preparava all'intervento. Kościuszko vi prese parte attiva, conducendo ispezioni e manovre dell'esercito sotto il suo comando, prendendo il comando della divisione in assenza del principe Józef Poniatowski. All'inizio del maggio 1792 venne conclusa la riorganizzazione dell'esercito polacco. Il re nominò Comandante dell'Esercito della Corona, composto da 17.000 effettivi, il principed Józef Poniatowski. Comandante di una delle 3 divisioni che componevano l'Esercito della Corona, fu nominato Tadeusz Kościuszko.
Il 18 maggio l'esercito russo, composto da circa 100.000 soldati, entrò nel territorio della Republica ed incominciò le operazioni di guerra. L'esercito lituano, a causa del tradimento del suo comandante, Ludwik Wirtemberski, non oppose quasi nessuna resistenza. Nemmeno l'Esercito della Corona, a causa delle dimensioni limitate non fu in grado di opporre efficace resistenza all truppe di invasione in Ucraina. Riuscirono a ritirarsi senza perdite significative sulla linea del fiume Bug. Durante la ritirata si svolse, il 18 maggio, la vittoriosa battaglia di Zieleńce. In effetti non ebbe particolare significato sullo sviluppo successivo degli avvenimenti ma diede la consapevolezza di poter combattere con efficiacia contro il nemico. A ricordo di questa battaglia il re creò una nuova decorazione al valore chiamata Croce al Valore Virtuti Militari. Al primo posto fra i decorati c'è appunto il maggior generale Tadeusz Kościuszko.
Kościuszko si distinse nelle battaglie di Włodzimierz (17 luglio), di Dubienka il (18 luglio 1792) e di Zieleńce, per la quale ottenne la croce Virtuti Militari. Dopo le battaglie sulla linea del Bug, durante le quali vennero respinte truppe russe 3 volte più numerose, si formò l'opinione sulle elevate capacità di condottiero di Kościuszko, il cui risultato fu la sua nomina a generale di brigata, firmata il 1º agosto 1792 .
Prima che questa nomina arrivasse all'accampamento a Sieciechów, dove si trovava l'Esercito della Corona, pervenne la notizia che il re era entrato nella Confederazione di Targowica e l'ordine di cessare tutte le attività contro le truppe russe.
La maggioranza degli attivisti politici si preparava ad abbandonare la Patria per raggiungere principalmente la Sassonia, dove, a Lipsia e a Dresda sorce un centro in esilio di oppositori alla confederazione di Targowica. Il 26 agosto l'Assemblea Costituente Nazionale della Francia rivoluzionaria gli concedeva il titolo di Cittadino Francese. Si trattava di un riconoscimento della sua attività e delle sue lotte per gli ideali di libertà.
Nella lettera indirizzata alla principessa Czartoryski, nell'ottobre del 1792, la informava della sua intenzione di partire a breve per Lipsia. Si trovavano già lì Ignacy Potocki e Hugo Kołłątaj, che guidavano gli avversari degli oppositori alla Confederazione di Targowica e stavano preparando l'insurrezione. Nella primavera del 1793 sorse un nuovo centro di cospirazione che riuniva le attività di precedenti piccole organizzazioni di opposizione, questa volta in Patria. A capo furono nominati Ignacy Działyński, Karol Prozor ed altri. Si mantenne in stretti contatti con i centri in esilio. A Lipsia Kościuszko abitò solo due settimane, trasferendosi poi a Parigi. Cercò di ottenere l'aiuto della Francia per l' insurrezione in corso di preparazione ma non ottenne nessuna promessa concreta.
Lo sviluppo degli avvenimenti in patria sembrava confermare l'ancora nebuloso concetto di insurrezione. Il 13 gennaio 1793 la Prusia firma con la Russia un accordo relativo alla seconda spartizione della Polonia. Il 17 giugno viene convocato il sejm a Grodno, il quale, seppur con qualche opposizione, ratifica con le due potenze straniere la spartizione. La Polonia diventa un paese di appena 200.000 km² e con 4 milioni di abitanti. L'economia e la società risultarono rovinate sia dal punto di vista economico che morale. Un tale sviluppo della situazione non era stato previsto nemmeno dai più accesi sostenitori della confederazione di Targowice. La maggioranza dei cittadini aveva compreso perfettamente le intenzioni delle due potenze straniere e ciò costituì un clima favorevole alla insurrezione a difesa dell'indipendenza.
Tornato a Dresda, proveniente da Parigi, nel giugno 1793 Kościuszko elaborò il concetto di organizzare una insurrezione nazionale. Sotto forma di istruzioni, arrivò in patria dove si sarebbero dovuti intraprendere le azioni necessarie per organizzarla. Il Centro Nazionale di Cospirazione aveva però una concezione un po' diversa. Questa concezione venne presentata a Kościuszko nel settembre 1793 a Podgórze (parte di Cracovia Krakowa) vicino a Cracovia. Generale affermò che i preparativi ero poco avanzati e le condizioni per lo scoppio di un'insurrezione non ancora sufficientemente favorevoli e ne rinviò l'inizio a data da destinarsi.
Nel frattempo la situazione in patria si stava sviluppando in una direzione sfavorevole. Era stata aimposta al consiglio Permanente, la decizione di una sostanziale riduzione dell'esercito polacco. Nei primi giorni di marzo le autorità russe di occupazione scoprirono l'organizzazione rivoluzionaria di Varsavia. Altri cospiratori dalla patria portarono a Lipsia l'annuncio di un' imminente chiamata. In questo scenario Kościuszko si decise di far partire l'insurrezione nonostante che le sue istruzioni non fossero state portate a termine. Probabilmente il 15 marzo partì da Dresda per raggiungere Cracovia.

L'insurrezione di Kościuszko
▪ Anni: 1794-1795 – consulta insurrezione di Kościuszko.
▪ 7 maggio 1794 – consulta l'Universale di Połaniecki.

L'esilio definitivo
Nel 1796 lo zar Paolo I liberò Kościuszko, che accettò di giurare fedeltà in cambio della liberazione di 20.000 polacchi. Kościuszko partì per gli Stati Uniti, ma per un breve periodo, infatti tornò in Europa nel 1797.
Negli anni 1798-1815 abitò a Brevile vicino a Parigi da Piotr Zeltner e prese parte all'organizzazione delle Legioni Polacche in Italia. Neel 1799 il (17 ottobre ed il 6 novembre) incontrò Napoleone. Kościuszko era contrario di legare la questione polacca a Napoleone, del quale non si fidava.
Nel 1799 prese parte alla costituzione in patria dell' Unione dei Repubblicani Polacchi. Nel 1800 pubblicò uno studio dal titolo „Se i polacchi possono riottenere l'indipendenza”. Nel 1808 pubblicò il libro “Utilizzo dell' artiglieria a cavallo”. Probabilmente nel 1808 (?) partì per la città svizzera di Soletta, ma la maggior parte delle fonti attestano il suo trasferimento nel 1815, dopo il suo intervento al Congresso di Vienna. Kościuszko si stabilì da Francesco Zeltnera (allora sindaco di Soletta e fratello di Peter Josef, già comandante della guardia svizzera in Francia che aveva conosciuto a Parigi) e abitò nella casa patrizia in Gurzelngasse nr 12. In questa casa trascorse gli ultimi due anni della sua vita e vi morì. Dall'anno 1936 è sede del Museo Kościuszko.
Nel 1815 incontrò a Vienna lo zar Alessandro I, che ringraziò per aver creato il Regno di Polonia, per la qual cosa si era più volte rivolto epistolarmente allo zar. Morì il 15 ottobre 1817 a Soletta.
Nel 1818 le spoglie di Tadeusz Kościuszko vennero portate in Polonia e sepolte nella cripta di San Leonardo della Cattedrale del Wawel. Il cuore del Condottiero riposa in un'urna nel Castello Reale di Varsavia. In suo onore negli anni venne creato il tumulo di Kościuszko a Cracovia sul tipo degli esistenti tumuli di Wanda e Krakus, mentre nel 1861 – il tumulo di Kościuszk a Olkusz. Nel Wawelu si trova un monumento dell'eroe a cavallo.
In onore di Tadeusz Kościuszko Paweł Edmund Strzelecki chiamò la montagna più alta dell'Australia da lui scoperta Mount Kosciuszko.
Negli USA una contea dello stato dell' Indiana porta il suo nome, esiste anche una cittadina chiamata Kosciusko nello stato del Mississippi. A Chicago il monumento a Kościuszko si trova nel pieno centro della città sul lago Michigan. Una fregata della marina polacca porta il suo nome la “ORP gen. T. Kościuszko”.

▪ 1917 - Mata Hari, pseudonimo di Margaretha Geertruida Zelle (Leeuwarden, 7 agosto 1876 – Vincennes, 15 ottobre 1917), è stata una danzatrice e agente segreto olandese, condannata alla pena capitale per la sua attività di spionaggio durante la prima guerra mondiale.

▪ 1918 - Sai Baba di Shirdi (1838 – Shirdi, 15 ottobre 1918) è stato un mistico indiano.
Della nascita di Sai Baba di Shirdi non si sa nulla.
È oggi una delle figure più venerate in India, sia dalla componente mussulmana che da quella induista ed è considerato come un'incarnazione dell'Amore.
Secondo una leggenda, sarebbe nato nello stato di Nazim da una famiglia di bramini. Si suppone che essendo stato abbandonato dalla sua famiglia, sia stato poi allevato da un fachiro e, in seguito alla morte del fachiro sia stato preso dallo zamindar (raccoglitore di tasse) di Selu che lo allevò insegnandogli i principi della sua religione. Come già detto però non vi è alcuna conferma storica di tale origine e lo stesso Sai Baba non ne fece mai cenno.
L'unico dato certo è che, all'apparente età di 16 anni, fece la sua prima comparsa a Shirdi (piccolo villaggio nello stato del Maharastra, India) al seguito di un corteo matrimoniale. Il proprietario del campo, tale Baghat Mhalsapati, dove si fermò il carro che trasportava Sai Baba, quando lo vide scendere lo salutò dicendo: 'Benvenuto Sai'. Da quel giorno il suo nome fu quindi Sai Baba di Shirdi. Era l'anno 1859.
Rimase a Shirdi per quattro anni, poi sparì per altri quattro anni e quindi ritornò a Shirdi dove rimase ininterrottamente per sessanta anni sino alla sua morte avvenuta nel 1918.
Di carattere gioviale, amava parlare e scherzare con i suoi numerosi fedeli. Nessuno seppe mai se fu induista o mussulmano. Ottimo conoscitore di entrambe le religioni partecipava senza preferenze alle feste dell'una o dell'altra. Anche se il suo vestito ricordava l'usanza mussulmana, lui si diceva contemporaneamente fachiro e bramino e aveva una notevole conoscenza delle pratiche yoga. Per lui Rama (il Dio degli induisti) e Rahim (il Dio dei mussulmani) erano la stessa ed unica Divinità.
Il suo insegnameno orale avveniva generalmente tramite parabole, ma l'insegnamento più profondo, quello che attirò su di lui la profonda devozione dell'intero Paese, avvenne tramite l'esempio della sua vita.
Sebbene nel corso degli anni somme sempre più ingenti di denaro e offerte arrivassero alla sua residenza, egli visse sempre nella più assoluta povertà, andando ogni mattina personalmente a mendicare il cibo per la giornata. Non ebbe mai un guardaroba, ma usava sempre lo stesso straccio di cui egli stesso rammendava e rattoppava i buchi sin tanto che qualche discepolo lo obbligava a sostituirlo con uno nuovo. Tutto quello che arrivava, veniva immediatamente regalato a chi ne aveva bisogno. Non predicò mai la povertà ai sui discepoli e non chiese a nessuno di seguire il suo stile di vita. Non pose nemmeno divieti sul cibo che ciascuno poteva mangiare, anzi, a volte sforzò qualche bigotto a mangiare ciò che la sua religione gli vietava.
Era sempre raggiungibile da chiunque, 24 ore al giorno sempre pronto a rispondere a qualsiasi domanda. Era solito chiedere ogni giorno ai discepoli più ricchi dalle 4 alle 100 rupie, che immediatamente ridistribuiva tra i discepoli più poveri. Richiesto sul perché lo facesse, rispose che chiedeva solo a coloro che gli venivano indicati dal Fakir (Dio), ma che in cambio del denaro ricevuto lui era obbligato a tornare qualcosa di valore dieci volte superiore.
Il suo insegnamento fu essenzialmente l'Amore. Diceva che il giorno che il discepolo avesse realizzato cos'era veramente, avrebbe automaticamente ottenuto la rivelazione. Insisteva sempre sul fatto che se si riusciva a vedere Dio in tutto il creato, sarebbe risultato assurdo il litigio e l'odio, divenendo di fatto impossibile provare risentimento verso qualcuno. La strada per raggiungere tutto ciò veniva da lui indicata come l'assoluto arrendersi a Dio. Con lui quindi ebbe grande impulso la via tradizionale indiana della Bhakti (la via della devozione e dell'amore).
Morì improvvisamente il 15 ottobre del 1918 mentre era seduto assieme ai suoi devoti. Semplicemente reclinò la testa sulla spalla del devoto che gli sedeva vicino e spirò.
Di lui Sri Aurobindo disse una volta: "Basta un'occhiata ai suoi occhi per riconoscere l'intensa compassione e l'infinito amore di Cristo".

▪ 1944 - Carletto Besana (Barzanò, 1º luglio 1920 – Introbio, 15 ottobre 1944) è stato un operaio e partigiano italiano.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 svolge intensa attività di collegamento e rifornimento fra la Brianza e la Valsassina (Lecco) dove con il fratello Guerino (anch'egli operaio, nato a Barzanò, il 27 settembre 1918) si era unito a bande partigiane.
Il 20 luglio 1944, Carletto, incaricato di prelevare armi a Costa Masnaga, viene ferito a un fianco in uno scontro a fuoco. Ricercato, è costretto a rimanere nascosto; appena guarito ritorna in Valsassina.
L'11 ottobre 1944, durante un rastrellamento di SS italiane nella valle tra Biandino e Introbio, Guerino viene ferito gravemente alle sette del mattino. Si trascina su per la montagna per avvertire i compagni che lo trovano morente alle cinque di sera nei pressi di una grotta.
Carletto accorre alla notizia del ferimento del fratello che gli muore tra le braccia. Non vuole abbandonarlo ai cani dei fascisti che battono la valle e rimane a vegliarlo nella grotta. Viene catturato anch'esso dalle stesse SS di stanza ad Oggiono che hanno ucciso il fratello.
Tradotto a Casargo (Lecco), viene rinchiuso con tredici compagni in un pozzo, sottoposto a lunghi interrogatori e seviziato. Processato il 13 ottobre 1944 a Casargo, da un tribunale misto tedesco e fascista, viene condannato a morte. Mentre aspetta di essere fucilato scrive poche righe alla madre: "Cara mamma, fatevi coraggio quando riceverete la notizia della nostra morte, ho ricevuto i Sacramenti e muoio in pace col Signore. Mamma non pensate al fratello Guerino perché l'ho assistito io alla sua morte. Arrivederci in Paradiso. Figlio Carlo. Ciao."
Viene fucilato alle ore 15 del 15 ottobre presso il cimitero di Introbio (Lecco). Vengono fucilati con lui Benedetto Bocchiola, Carlo Cendali, Francesco Guarnerio, Andrea Ronchi e Benito Rubini.
Dopo il 25 aprile 1945, le salme dei due fratelli Besana vengono recuperate e riportate al paese natale di Barzanò. Qui il 10 maggio si svolgono i solenni funerali.

▪ 1945 - Pierre Laval (Châteldon, 28 giugno 1883 – Fresnes, 15 ottobre 1945) è stato un politico francese.
Fu il Primo Ministro della Francia per quattro volte: la prima volta dal 27 gennaio 1931 al 14 gennaio 1932, la seconda volta dal 14 gennaio al 20 febbraio 1932, la terza volta dal 7 giugno 1935 al 24 gennaio 1936 e la quarta volta dal 18 aprile 1942 al 20 agosto 1944.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale fu processato e condannato a morte per il suo ruolo di primo piano nella Repubblica di Vichy e per essere stato il principale responsabile della politica di collaborazione con la Germania nazista. La sentenza venne eseguita tramite fucilazione il 15 ottobre del 1945.

* 1946 - Hermann Wilhelm Göring (trascritto anche Goering) (Rosenheim, 12 gennaio 1893 – Norimberga, 15 ottobre 1946) è stato un politico e militare tedesco, una delle personalità di primo piano della Germania nazista.

Primi anni
Nato da un'agiata famiglia di tradizioni militari, Göring visse in affidamento fino all'età di tre anni. Nel 1913 venne ammesso alla scuola ufficiali. Sottotenente di fanteria nel 1914, passò nel 1915 - a guerra in corso - alla neonata Luftstreitkräfte, l'aeronautica militare dell'Impero tedesco: divenne ben presto uno dei più popolari assi dell'aviazione, entrando a far parte della celebre squadriglia da caccia di Manfred von Richthofen (il leggendario Barone Rosso). Alla morte di quest'ultimo, nel 1918, ed allorché anche il successore di questi, Wilhelm Reinhard, perse la vita qualche mese dopo, Göring - già con ventidue vittorie all'attivo nei duelli aerei che impazzavano all'epoca - subentrò al comando della squadra, di cui fu l'ultimo comandante. Pluridecorato, fu tra l'altro insignito della medaglia al valore Pour le Mérite, massima decorazione militare tedesca. Göring aveva già ottenuto nel 1915 la Croce di Ferro di prima e Seconda classe.
Alla fine della guerra, s'impiegò come pilota dell'aviazione civile prima in Danimarca e poi in Svezia. In un'occasione, portò il conte Eric von Rosen nella sua tenuta situata nei pressi di Stoccolma, e si trattenne presso di lui in qualità di ospite per un breve periodo: ebbe così modo di conoscere la sorella della moglie di questi, la contessa Carin von Kantzow (21 ottobre 1888 - 17 ottobre 1931), una delle donne più belle di Svezia. Benché la contessa fosse epilettica, già sposata e madre di un figlio adolescente, si adoperò per ottenere l'annullamento del matrimonio e sposò il giovane pilota.
Poco dopo, Göring assieme alla moglie si stabilì a Monaco di Baviera per studiarvi economia all'università. Nel 1921 l'ex-asso dell'aviazione conobbe Hitler: immediata fu l'intesa tra i due. Da una parte la fede in un "mondo nuovo" da edificare, dall'altra la sete di potere, l'entusiasmo, la ricchezza e le relazioni di alto livello. Proprio Göring fu il primo membro con contatti nell'alta società ad aderire allo NSDAP, introducendo Hitler - il caporale austriaco ed ex-vagabondo viennese - nell'alta società di Monaco. Da principio egli si dedicò all'organizzazione delle SA (Sturmabteilung), il braccio armato del Partito nazista, collaborando con Ernst Röhm. Nominato da Hitler nel 1922 capo delle SA, Göring partecipò nel 1923 al fallito Putsch della birreria di Monaco, e fu l'unico, con Rudolf Hess, a sfuggire alla cattura e al processo per alto tradimento.
Per i successivi 4 anni, Göring visse in esilio, spostandosi in vari paesi tra cui l'Austria, l'Italia e la Svezia. Pare che durante l'esilio egli fosse stato colpito da qualche forma di infermità mentale e che venisse internato per un breve periodo in un manicomio: quel che è certo è che per sopportare i dolori derivatigli dalle ferite alla coscia ed all'inguine che aveva riportato durante il cosiddetto "Putsch della birreria" (ferite che, secondo taluni gli causarono impotenza), gli furono somministrate notevoli dosi di morfina della quale pare divenne dipendente. Secondo alcune testimonianze per il resto della sua esistenza non rinunciò agli stupefacenti, anche se non è ancora chiarita la sua effettiva dipendenza dalla morfina.
In effetti, nel 1945, allorché egli si consegnò agli americani, gli furono trovate, nei bagagli, soltanto pillole di paracodeina che contengono una quantità minima di morfina e che non producono assuefazione, tant'è che riuscì a liberarsi dall'abitudine della loro assunzione in tempi rapidi (pochi giorni). Per cui sembra che l'immagine di Göring che ci è riportata dai libri di storia, che lo descrivono quale un morfinomane, sia soltanto una esagerazione.

I nazisti al potere
Amnistiato nel 1927, Göring si affrettò a tornare in Germania con la moglie Carin, da tempo malata di tubercolosi; nel 1928 venne eletto al Reichstag. Nel 1931 sua moglie morì, lasciandolo vedovo. Nel 1932, quando lo NSDAP era già divenuto il più grande partito della Germania, Göring divenne presidente del Reichstag e dall'alto di quella carica appoggiò la corsa di Hitler alla carica di cancelliere. Con la nomina di Hitler a cancelliere e la salita dei nazisti al potere il 30 gennaio 1933, non entrò nel primo gabinetto Hitler, in attesa di divenire entro breve tempo ministro dell'Aviazione.
Subito dopo, Göring prese a pretesto l'incendio del Reichstag, avvenuto il 27 febbraio 1933 per adottare eccezionali misure repressive contro la Sinistra, accusata di complottare contro il governo del Reich per instaurare una dittatura nazionalsocialista. In questo modo, riuscì a stroncare ogni seria opposizione allo NSDAP. Nello stesso periodo Göring, già divenuto ministro degli Interni di Prussia, sciolse il vecchio reparto IA della polizia politica prussiana, per istituire il 26 aprile 1933 un nuovo corpo di polizia che meglio servisse agli scopi suoi e del partito. Göring avrebbe voluto designarla semplicemente "Dipartimento di polizia segreta" - in tedesco, Geheimes Polizei Amt - ma la sigla tedesca GPA rassomigliava troppo alla sigla russa GPU. Fu un oscuro impiegato statale a cui era stato chiesto un timbro di affrancatura per il nuovo ufficio a trovare la soluzione del problema. Questi propose di chiamarla semplicemente "Polizia segreta dello stato" - Geheime Staatspolizei - abbreviato in Gestapo.
L'anno successivo, il 1 aprile 1934, Göring nominò Heinrich Himmler vice capo della Gestapo. Con questo atto egli pose fine all' indipendenza della giustizia dal governo dello stato, perché in breve tempo la polizia segreta passò sotto il controllo di Himmler e del suo braccio destro, Reinhard Heydrich, divenendo nei fatti un braccio dell'organizzazione delle SS. Nella lotta tra le due ali dello NSDAP, Göring – che, come si ricorderà, aveva ampiamente collaborato con Röhm all'organizzazione delle squadre d'assalto - in un primo momento fiancheggiò la causa delle SA e dei radicali del partito, contro i conservatori e le forze armate. Ma egli cambiò fronte in fretta, allorché nell'agosto 1933 venne nominato da Hindenburg General de Infanterie (Generale di fanteria, benché fosse ministro dell'Aviazione).
Göring fu lieto di cambiare la propria brutta divisa bruna delle SA con quella, ben più vistosa, della sua nuova carica, e questo cambiamento fu simbolico: come generale, proveniente da una famiglia di tradizioni militari, egli subito fiancheggiò l'Esercito nella lotta contro Röhm e le SA. Göring stesso ebbe poi un ruolo di primo piano nella purga contro le SA di Röhm, compiuta tra il 29 giugno e il 30 giugno 1934 (Notte dei lunghi coltelli), che diresse in prima persona nel Nord. Pare che sia stato proprio Göring a proporre l'idea di istituire Campi di concentramento in cui fossero rinchiusi coloro che venissero considerati "pericolosi" per la Germania nazionalsocialista, e a sollecitare la costruzione del primo lager a Oranienburg.
L'11 marzo 1935 fondò la Luftwaffe, l'aviazione da guerra, di cui venne nominato comandante in capo; nello stesso anno si risposò con l'attrice Emmy Sonnemann, che divenne così la prima signora del Reich e nel 1938 gli diede una figlia, chiamata Edda in onore della figlia di Benito Mussolini.
Nel 1936 gli fu affidato il compito di dirigere il "Piano quadriennale per la rinascita economica", con l'obiettivo di rendere la Germania economicamente indipendente in vista della guerra, che il Führer era già deciso a combattere. In quest'ottica, egli assegnò primaria importanza ai settori industriali maggiormente legati al riarmo, come quello metallurgico. Göring approfittò astutamente del compito affidatogli per creare un trust di miniere e industrie metallurgiche facenti capo a lui stesso, cui annesse nel corso degli anni una serie considerevole di attività nella Germania nazista ma anche all'estero, divenendo così in breve tempo uno dei principali monopolisti dell'industria e dell'economia del Terzo Reich e uno degli uomini più ricchi del mondo. Nello stesso 1936, quale responsabile dell'economia, divenne responsabile del piano di confisca dei beni degli ebrei tedeschi in Germania, che sarebbe dovuto servire a finanziare il riarmo della Germania.

La seconda guerra mondiale
Nel 1938, in concomitanza con l'annessione dell'Austria, Göring venne nominato Feldmaresciallo, e nel 1939 creò l'Ufficio Centrale per l'Emigrazione Ebraica, con il compito di promuovere la partenza dalla Germania degli ebrei. Appassionato collezionista d'opere d'arte, Göring fu il principale ispiratore della minuziosa opera di spoliazione del patrimonio artistico dei vari paesi occupati.
Verso la fine del 1939 diede disposizioni per l'incameramento di tutte le opere d'arte della Polonia, nominando a questo scopo un commissario che in capo a sei mesi lo informò di aver messo mani sull'intero patrimonio artistico polacco; dopo la fulminea vittoria nella Campagna di Francia, Göring fu con Alfred Rosenberg e il generale Wilhelm Keitel uno dei responsabili della razzia di tutte le opere d'arte presenti sul suolo francese. Il 5 novembre 1940 emanò un ordine segreto in cui specificava dettagliatamente come dovessero essere suddivise le opere razziate al Louvre di Parigi, destinandone circa un terzo alla propria collezione privata. In base ai calcoli che egli stesso fece, in seguito a questi furti intrapresi ai danni delle nazioni vinte, Göring accrebbe il valore della propria collezione fino ad una somma complessiva di 50 milioni di marchi.
Sempre nel 1940, Göring si vide rinnovare il compito di dirigere il "Piano quadriennale" per i successivi quattro anni, il che fece di lui il responsabile dell'economia di guerra. Nella sua veste di responsabile della politica economica del Reich, fu incaricato di pianificare lo sfruttamento economico della Russia e degli altri paesi occupati: "saccheggio" sarebbe stato un termine più appropriato, come del resto Göring stesso spiegò in un discorso da lui tenuto il 6 agosto 1942 ai commissari nazisti destinati ai paesi occupati: "Una volta si usava parlare di saccheggio. Ma oggi si è divenuti più umani. Ciò malgrado, il mio intento è di saccheggiare, e di saccheggiare fino in fondo."
La guerra rientrava all'interno di un piano, come emerge da queste parole: "È ovvio che la gente non vuole la guerra. Perché mai un povero contadino dovrebbe voler rischiare la pelle in guerra, quando il vantaggio maggiore che può trarne è quello di tornare a casa tutto intero? Certo, la gente comune non vuole la guerra: né in Russia, né in Inghilterra e neanche in Germania. È scontato. Ma, dopo tutto, sono i capi che decidono la politica dei vari stati e, sia che si tratti di democrazie, di dittature fasciste, di parlamenti o di dittature comuniste, è sempre facile trascinarsi dietro il popolo. Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre assoggettato al volere dei potenti. È facile. Basta dirgli che sta per essere attaccato e accusare i pacifisti di essere privi di spirito patriottico e di voler esporre il proprio paese al pericolo. Funziona sempre, in qualsiasi paese."
Fu sempre Göring ad impartire, per conto di Hitler, l'ordine di preparare una "soluzione finale al problema ebraico" a Reinhard Heydrich, capo del servizio di sicurezza delle SS, il 31 luglio 1941.
Il 19 luglio 1940, in seguito alla vittoriosa Campagna di Francia, a Göring (che era già feldmaresciallo) venne conferita la carica di "Maresciallo del Reich" (Reichmarshall) - una nuova carica istituita appositamente per lui - rendendolo il più alto ufficiale della Wehrmacht. Meno di un anno dopo, in base al decreto emesso segretamente dal Führer il 29 giugno 1941 Göring divenne il successore designato di Adolf Hitler alla guida del Reich. Tale decreto stabiliva che, se Hitler fosse morto, Göring avrebbe dovuto succedergli; e se Hitler si fosse trovato impedito nell'esercizio del potere, era preciso dovere di Göring sostituirlo.
Nei primi anni di guerra, al tempo delle prime fulminee vittorie in Belgio, Francia e Olanda, Göring godette di un prestigio eccezionale in qualità di capo di quella Luftwaffe che tanto aveva contribuito alle operazioni militari; ma ben presto, di fronte alla superiorità dell'aviazione alleata e ai primi, clamorosi insuccessi dell'aviazione, quali il fallimento della Battaglia d'Inghilterra, l'incapacità di rifornire la VI Armata tedesca durante l'assedio di Stalingrado e, dal 1944, la mancata difesa dei cieli tedeschi durante i bombardamenti alleati, la sua posizione andò indebolendosi.
Negli ultimi anni, ormai privo della fiducia del Führer e messo ai margini nella direzione della condotta di guerra, nell'uomo Göring si verificò una strana decadenza: scoraggiato dalle prospettive di una guerra che si faceva sempre più difficile e aspra, e le cui sorti sembravano segnate, il Maresciallo del Reich si disinteressò di tutto quel che accadeva intorno a lui rifugiandosi nel lusso della sua vita privata e nei suoi antichi vizi. Una leggenda vorrebbe addirittura che - sconfessando il suo recente passato - in quegli anni Göring avesse avuto rimorsi di coscienza per le vessazioni inflitte agli ebrei dalle leggi hitleriane, e che si sia adoperato, facendo valere la sua influenza, per sottrarne alcuni al rigore delle persecuzioni: tuttavia, non esistono prove al riguardo.

Morte
Solo all'ultimo e più grave momento egli sembrò riscuotersi dal torpore per assumersi qualche responsabilità. Questo accadde nell'aprile 1945, allorché Hitler si rifiutò di lasciare Berlino, quasi cinta d'assedio dall'Armata Rossa avanzante, scegliendo implicitamente di morire laggiù entro pochi giorni. A Göring e ai membri del suo entourage, asserragliati nella villa fortificata di Berchtesgaden sulle Alpi bavaresi da dove ci si apprestava a dirigere l'ultima resistenza, quello sembrò un passaggio di consegne.
Era evidente che, rimanendo a Berlino a morire, tagliato fuori da tutte le linee di comunicazione, Hitler non era in grado di reggere il governo e quindi - in base al decreto del 29 giugno 1941 - Göring doveva sostituirlo. Il Maresciallo del Reich, pur convinto che spettasse a lui assumere il comando nel Reich, non volle però rinunciare a informare Hitler perché desse la sua approvazione: desiderava che non ci fosse alcun dubbio circa la delega del potere. Ma Hitler - ormai soggetto a frequenti crisi nervose con l'avvicinarsi della disfatta - mal consigliato da Martin Bormann, acerrimo nemico di Göring, interpretò la richiesta dei pieni poteri avanzata dal suo antico camerata come un "tradimento", un tentativo di usurpare il potere sottraendosi, al tempo stesso, alle proprie responsabilità.
Perciò comandò alle SS di stanza a Berchtesgaden di arrestare il Maresciallo del Reich, ma non ne ordinò l'esecuzione. A ciò provvedette lo stesso Bormann, ansioso di sbarazzarsi del suo vecchio nemico: ma l'ordine non fu eseguito, perché al quartier generale delle SS a Berchtesgaden arrivò nel frattempo la notizia della morte di Hitler. A questo punto le SS non sapevano che farsene del Maresciallo del Reich; per cui, Göring fu rilasciato e si mise in viaggio per andare incontro agli alleati che avanzavano - con sedici valigie al seguito contenenti i soli effetti personali - con l'intenzione di trattare una pace onorevole in qualità di delegato ed erede del Führer. L'8 maggio 1945 - lo stesso giorno in cui il generale Keitel aveva firmato, poche ore prima, la resa incondizionata delle truppe tedesche - egli si consegnò agli americani, ma non tardò a accorgersi che questi non erano intenzionati a trattarlo come il legittimo rappresentante del nemico onorevolmente sconfitto, ma come un criminale di guerra.
Processato a Norimberga, venne riconosciuto colpevole di "aver pianificato, iniziato e intrapreso guerre d'aggressione" e di aver commesso "Crimini di guerra" e "Crimini contro l'umanità". Alla sentenza di morte per impiccagione, Göring chiese di essere fucilato da un plotone di esecuzione; il tribunale respinse la richiesta. Poche ore prima che iniziassero le esecuzioni - attorno alla mezzanotte del 15 ottobre 1946 - si tolse la vita inghiottendo una capsula di cianuro introdotta di nascosto nella sua cella da un Tenente dell'Esercito Americano, Jack "Tex" Wheelis, con il quale Goering intratteneva dei rapporti amichevoli. Prima di suicidarsi scrisse due lettere, che fece trovare sulla sua scrivania, una diretta alla famiglia e una ai giudici del processo. Nella seconda scrisse, con evidente orgoglio, come nascose nello stivale la capsula di cianuro che usò per suicidarsi, anche se non era una sola, ma tre. Successivi controlli nel luogo descritto rinvennero le altre due capsule, una nella tasca della giacca e una nascosta nel vasetto di crema.

▪ 1957 - Henry van de Velde (Anversa, 3 aprile 1863 – Zurigo, 15 ottobre 1957) è stato un architetto, scultore, pittoree designer belga.
Dopo un'esperienza simbolista a Parigi (1884-85), iniziò la sua attività a Bruxelles operando nell'ambito del neoimpressionismo francese. Volle porre le basi del movimento "Art Nouveau". Nelle sue opere netta era la rottura con gli stili architettonici del passato. Con la Villa Blomenwerf decise di sfidare la progettazione come pittore invece che come architetto,ispirandosi al movimento di Morris ed alla William Morris' s Red House. Insieme a Victor Horta viene considerato uno dei fondatori dell'Art Nouveau.

▪ 1964 - Cole Porter (Peru, 9 giugno 1891 – Santa Monica, 15 ottobre 1964) è stato un compositore statunitense.
Fra i più sofisticati della musica jazz, è considerato uno dei cinque grandi del musical americano (gli altri erano George Gershwin, Irving Berlin, Jerome Kern e la coppia Richard Rodgers & Lorenz Hart), sia per il teatro che per il cinema
Il suo stile musicale elegante, sottile ed arguto produsse capolavori della musica jazz. Tra le sue canzoni si ricordano "Night and Day", "I Get a Kick Out of You", "Beguin the Beguine" e "I've Got You Under My Skin".

▪ 1982 - Riccardo Bauer (Milano, 6 gennaio 1896 – Milano, 15 ottobre 1982) è stato uno storico, politico e antifascista italiano.
Laureato in scienze economiche all'Università Commerciale L. Bocconi, partecipa da volontario alla prima guerra mondiale. È prima segretario e poi direttore del Museo sociale della Società Umanitaria di Milano, carica dalla quale fu rimosso dai fascisti nel 1924.
Collaboratore de La Rivoluzione liberale di Piero Gobetti e fondatore, con Ferruccio Parri e altri, del settimanale Il Caffè, viene arrestato più volte e, nel 1927, confinato a Ustica e a Lipari.
Tornato libero nel 1928, riprende l'attività clandestina e, con Ernesto Rossi e altri, fonda il movimento Giustizia e Libertà. Dopo altri arresti, nel 1931 viene condannato definitivamente a venti anni di reclusione. Liberato dopo l'8 settembre, partecipa al primo convegno clandestino del Partito d'Azione.
Fonda nel 1944 e dirige fino al 1946 la rivista Realtà Politica; come dirigente e capo della Giunta militare del Partito d’Azione, è tra i principali organizzatori della Resistenza a Roma.
Dopo la Liberazione milita nel Partito d’Azione e, sciolto il partito, torna prima alla vicepresidenza, poi alla presidenza della Società Umanitaria. Successivamente al 1969, presiede la Lega italiana per i diritti dell'uomo, la Società per la Pace e la Giustizia internazionale, il Comitato italiano per l’universalità dell’Unesco. Negli anni '50 e '60 ha più volte fatto parte del Consiglio di Amministrazione della Triennale di Milano. Dopo la sua morte è stata creata una Fondazione che reca il suo nome. A Milano, sulla casa in piazzale Cadorna 4 dove visse, è ricordato da una targa marmorea.

▪ 1987 - Thomas Isidore Noël Sankara (Yako, Alto Volta, 21 dicembre 1949 – Ouagadougou, Burkina Faso, 15 ottobre 1987) è stato un politico burkinabè.

«Per l'imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità.» (Thomas Sankara)
Il Capitano Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico, per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana. Cambiò il nome di Alto Volta ed è stato il 1° Presidente del Burkina Faso, e si impegnò molto in favore di riforme radicali per eliminare la povertà. Questi elementi combinati tra loro hanno contribuito a farlo considerare e soprannominare come "il Che Guevara africano".[1]
Nato in una famiglia cattolica nel 1949, da giovane fu incoraggiato dai genitori ad avvicinarsi alla Chiesa e a prendere i voti. Secondo alcune fonti, non perse mai la fede nonostante le convinzioni marxiste, altre invece affermano che Thomas Sankara fosse diventato ateo.
Iniziò la carriera militare a 19 anni, nel 1966, e venne formato come ufficiale dell'esercito in Madagascar, dove assistette ad alcune rivolte nel 1971 e 1972.
Da giovane divenne molto popolare a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, anche grazie all'attività di chitarrista in un gruppo musicale. Durante la presidenza del colonnello Saye Zerbo, formò insieme ad altri giovani ufficiali una organizzazione segreta chiamata Regroupement des Officiers Communistes (ROC), cioè Gruppo degli Ufficiali Comunisti.
Sankara divenne Segretario di Stato nel 1981. Il 21 aprile 1982 - in opposizione alla deriva anti-labour del regime - rassegnò le dimissioni.
Dopo un colpo di stato nel novembre 1982, che portò al potere Jean-Baptiste Ouedraogo, Sankara divenne Primo Ministro. Venne presto destituito dal suo incarico e messo agli arresti domiciliari in seguito alla visita di Jean-Christophe Mitterrand, figlio dell'allora presidente francese François Mitterrand.
L'arresto di Sankara e di altri suoi compagni causò una rivolta popolare, che sfociò in una e vera e propria rivoluzione guidata da lui stesso nel 1983 e divenne presidente dell'Alto Volta, il cui nome fu cambiato in Burkina Faso. L'obiettivo di Sankara era la cancellazione del debito internazionale: cancellazione ottenibile soltanto se richiesta all'unìsono da tutte le nazioni africane. Non ebbe successo. Gli riuscì invece l'obiettivo di dare due pasti e 10 litri di acqua al giorno a ciascun abitante. Alla sua morte il Burkina Faso ripiombò nel dramma della povertà.
Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a dodici ufficiali, in un colpo di stato organizzato da un suo ex compagno d'armi (e poi suo braccio destro), l'attuale presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré. Il complotto fu organizzato per consentire a Paesi fortemente industrializzati di poter continuare ad attingere, a costo bassissimo, alle risorse naturali del Burkina Faso e poter essere così altamente competitive sul Mercato Internazionale.

Politica
«Parlo in nome delle madri che nei nostri Paesi impoveriti vedono i propri figli morire di malaria o di diarrea, senza sapere dei semplici mezzi che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo investire nei laboratori cosmetici o nella chirurgia plastica a beneficio del capriccio di pochi uomini e donne il cui fascino è minacciato dagli eccessi di assunzione calorica nei loro pasti, così abbondanti e regolari da dare le vertigini a noi del Sahel..» (Thomas Sankara)

La sua politica rivoluzionaria si ispirò agli esempi di Cuba e del Ghana. Come Presidente, promosse la "Rivoluzione Democratica e Popolare". L'ideologia della rivoluzione venne da lui definita anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento Politico tenuto il 2 ottobre 1983.
Lottò contro la corruzione, promosse la riforestazione, l'accesso all'acqua potabile per tutti, e fece dell'educazione e della salute le priorità del suo governo.
In un discorso tenuto ad Addis Abeba in Etiopia, Sankara suggerì l'istituzione di un nuovo fronte economico africano che si potesse contrapporre a quello europeo e statunitense.
Soppresse molti dei privilegi detenuti sia dai capi tribali, sia dai politici, e attraverso dichiarazioni e gesti molto chiari, applicò con grande coerenza le sue idee. Ad esempio:
▪ il suo governo incluse un grande numero di donne, condannò l'infibulazione e la poligamia, promosse la contraccezione. Fu il primo governo africano a dichiarare che l'AIDS era la più grande minaccia per l'Africa;
▪ fece costruire centri sanitari in ogni villaggio burkinabé (l’Unicef definì la campagna di vaccinazione effettuata sui bambini, la più grande registrata nel mondo) e cantieri per opere idrauliche, creando un Ministero dell’Acqua;
▪ Sankara e i suoi collaboratori viaggiavano sempre in classe economica e a ranghi ridotti nelle visite diplomatiche;
▪ vendette la maggior parte delle Mercedes in forza al governo e proclamò l'economica Renault 5, l'automobile ufficiale dei ministri;
▪ volle realizzare la "ferrovia del Shael", una linea che collega Ouagadougou al confine con il Niger, nonostante molti economisti non lo ritenessero un progetto redditizio. Tale opera, successivamente ampliata, costituisce tuttora la principale via di comunicazione del Paese;
Altri provvedimenti voluti da Sankara, furono malvisti dalle potenze imperialiste, in primis gli Stati Uniti, che cercarono in tutti i modi di destabilizzare il Burkina Faso fino ad aiutare i golpisti per farlo uccidere. I paesi occidentali contribuirono dunque a isolare il paese dal punto di vista economico, come fatto con Cuba o altri stati nemici accelerando la fine violenta della rivoluzione in Burkina Faso
Nota:
- durante un suo discorso all'ONU il 4 ottobre 1984, avanzò la richiesta di sospensione di Israele e di espulsione del Sud Africa dalle Nazioni Unite

Bibliografia
▪ Carlo Batà, L'Africa di Thomas Sankara, Edizioni Achab Verona, 2003. ISBN 88-87613-09-5
▪ Marinella Correggia (a cura di), Thomas Sankara, il presidente ribelle, discorsi tradotti da Marinella Correggia, edizioni Manifestolibri, 1997. ISBN 88-7285-150-5
▪ Valentina Biletta, Una foglia, una storia. Vita di Thomas Sankara, Ediarco, 2005. ISBN 88-7876-021-8
▪ Thomas Sankara, I discorsi e le idee, a cura di Marinella Correggia, introduzione di Thomas Sankara, Editore Sankara, 2006. ISBN 88-900-5724-6
▪ Vittorio Martinelli, La voce nel deserto, con Sofia Massai, prefazione di Jean-Léonard Touadi, romanzo, Zona Editrice, 2009. ISBN 9788864380018

Note
▪ 1. ^ Thomas Sankara, il Che Guevara africano,

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