Il calendario del 10 Agosto
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Eventi
▪ 612 a.C. - Uccisione di Sinsharishkun, re dell'Impero Assiro. Distruzione di Ninive
▪ 258 - San Lorenzo, uno dei sette diaconi di Roma, viene martirizzato (secondo la tradizione) sulla graticola
▪ 955 - Battaglia di Lechfeld: Ottone I del Sacro Romano Impero sconfigge i Magiari, ponendo fine ai 50 anni della loro invasione ad ovest
▪ 1492 - Alessandro VI viene eletto Papa
▪ 1500 - La nave dell'esploratore Diogo Dias scopre il Madagascar
▪ 1519 - Le cinque navi di Ferdinando Magellano salpano da Siviglia per circumnavigare il globo
▪ 1620 - conclusione della pace ad Angers tra il re di Francia Luigi XIII e i ribelli guidati dal duca di Empernon, argomento di un famoso quadro di Pieter Paul Rubens
▪ 1625 - i "cavallieri polacchi" (provenienti dall'assedio di Verrua) saccheggiano e incendiano Lauriano e la sua Parrocchiale
▪ 1680 - La Rivolta dei Pueblo inizia in Nuovo Messico
▪ 1792 - Rivoluzione francese: assalto al Palazzo delle Tuileries. Sotto gli occhi di Napoleone Bonaparte Luigi XVI di Francia viene arrestato e imprigionato
▪ 1809 - L'Ecuador dichiara l'indipendenza dalla Spagna
▪ 1821 - Il Missouri diventa il 24º stato degli USA
▪ 1846 - Lo Smithsonian ottiene uno statuto dal Congresso degli Stati Uniti, dopo che lo scienziato Joseph Smithson versa 500.000 dollari a tale scopo
▪ 1849 - Il garibaldino Angelo Brunetti, detto "Ciceruacchio", viene fucilato dagli austriaci a Bocche di Po, assieme ai figli Lorenzo e Luigi
▪ 1860 - A Bronte, Nino Bixio fa fucilare 5 presunti responsabili degli scontri tra le opposte fazioni della popolazione, insorta in seguito all'arrivo in Sicilia della spedizione dei Mille: è la cosiddetta strage di Bronte
▪ 1861
- - Il bandito Pietrasecca, componente della banda Gerolami, viene fucilato a Pereto dal maggiore Besozzi dell'Arma dei Carabinieri.
- - Guerra di secessione americana: Battaglia di Wilson's Creek - La guerra entra in Missouri quando truppe confederate sconfiggono le forze dell'Unione nella parte sudoccidentale dello stato
▪ 1863 - Il papa Pio IX pubblica la Lettera Enciclica Quanto conficiamur, sulla lotta alla Chiesa nel tempo moderno, sui mali del tempo moderno, sulla opportunità di ribadire le condanne precedenti, sulla impossibilità di salvezza per i cattolici che vivono lontani dalla vera fede e dall'unità cattolica, sulla necessità che i figli della Chiesa aiutino e non siano nemici di coloro che stanno fuori dalla Chiesa, sull'errore dell'egoismo moderno, sugli attacchi di certi ecclesiastici contro la Santa Sede, sulla condanna di Società, del tutto condannabili, che vanno sotto il nome di Clerico-liberali, di Mutuo Soccorso, di Emancipatrice del Clero Italiano (così comunemente chiamate) e altre ancora
▪ 1867 - Viene ucciso a fucilate, di ritorno dalla fiera di Gatteo, Ruggero Pascoli padre del poeta Giovanni Pascoli.
▪ 1893
- - Ad Augusta, Rudolf Diesel fa funzionare il suo primo modello. Per questo motivo il 10 agosto è la Giornata internazionale del biodiesel
- - La Banca d'Italia viene costituita, tramite la fusione di quattro banche: la Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito e dalla liquidazione della Banca Romana.
▪ 1906 - Papa Pio X con l'enciclica Gravissimo officii munere proibisce ogni collaborazione all'applicazione della nuova legge francese sulla separazione fra Stato e Chiesa
▪ 1907 - Giunge a Parigi il principe Scipione Borghese, vincendo il Raid Pechino-Parigi, 14.000 km a bordo delle prime automobili
▪ 1913 - Fine della seconda guerra balcanica: delegati di Bulgaria, Romania, Serbia, Montenegro, e Grecia firmano il Trattato di Bucarest, ponendo fine alla guerra
▪ 1916 - Prima guerra mondiale: A Pola viene giustiziato dagli austriaci Nazario Sauro, medaglia d'oro al valor militare alla memoria. Si dice che prima di porgere il collo al boia gridò tre volte "Viva l'Italia Morte all'Austria"
▪ 1920 - Prima guerra mondiale: i rappresentanti del Sultano Ottomano Mehmed VI, firmano il Trattato di Sèvres, che divide l'Impero Ottomano tra gli Alleati
▪ 1944 - Seconda guerra mondiale: le forze americane sconfiggono le ultime truppe giapponesi su Guam
▪ 1944 - Seconda guerra mondiale: eccidio di 15 antifascisti a Piazzale Loreto [Milano] ad opere di militi delle brigate nere
▪ 1945 - Seconda guerra mondiale: il Giappone accetta i termini della resa incondizionata posti dalla Conferenza di Potsdam, ponendo fine alla guerra
▪ 1964 - Il presidente del Senato, Cesare Merzagora, assume l'incarico di supplente del Presidente della Repubblica italiana Antonio Segni che il 7 agosto è stato colpito da una improvvisa e grave malattia; la supplenza si protrae fino al 28 dicembre 1964 quando viene eletto nuovo Presidente Giuseppe Saragat
▪ 1969 - Il giorno dopo l'omicidio di Sharon Tate e altre quattro persone, i membri della setta di Charles Manson uccidono Leno e Rosemary LaBianca
▪ 1974 - Il SIFAR, su ordine del Governo, avrebbe bruciato nell'inceneritore di Fiumicino alcuni fascicoli personali su aderenti alla P2. I fascicoli riguardavano 52 alti ufficiali dei carabinieri, 50 dell'esercito, 37 della Guardia della Finanza, 29 della marina, 11 questori, 5 prefetti, 70 imprenditori, 10 presidenti di banca, 3 ministri in carica, 2 ex ministri, il segretario di un partito di governo, 38 deputati, 14 magistrati
▪ 1977 - A Yonkers (New York), il 24enne impiegato delle poste David Berkowitz (il "Figlio di Sam"), viene arrestato per una serie di omicidi compiuti nell'area di New York nel corso dell'anno precedente
▪ 1983 - Licio Gelli evade dal carcere di Champ Dollon (Ginevra CH)
▪ 1988 - Internamento dei Nippo-Americani: Il presidente Ronald Reagan firma il Civil Liberties Act del 1988, concedendo 20.000 dollari di risarcimento ai Nippo-Americani che vennero internati o trasferiti negli USA durante la seconda guerra mondiale
▪ 1990 - La Sonda spaziale Magellano raggiunge Venere
▪ 1995 - Attentato di Oklahoma City: Timothy McVeigh e Terry Nichols vengono indiziati per l'attentato. Michael Fortier si dichiara colpevole per rispettare un accordo ottenuto in cambio della sua testimonianza
▪ 2006 - Attentato sventato all'aeroporto Heathrow di Londra: 24 arresti, tutti estremisti islamici inglesi; tutti i voli da e per Londra cancellati per quel giorno; il livello di sicurezza nel Regno Unito raggiunge il livello critico
Anniversari
▪ 258 - Lorenzo (latino: Laurentius; Huesca, 225 – Roma, 10 agosto 258) fu uno dei sette diaconi di Roma, dove venne martirizzato nel 258 durante la persecuzione voluta dall'imperatore romano Valeriano nel 257. La Chiesa cattolica lo venera come santo.
«Mea nox obscurum non habet, sed omnia in luce clarescunt» (San Lorenzo, Liturgia delle Ore, Vespri, 10 Agosto)
Le notizie sulla vita di Lorenzo, che pure in passato ha goduto di una devozione popolare notevole, sono scarse.
Si sa che era originario della Spagna e più precisamente di Osca, in Aragona, alle falde dei Pirenei.
Ancora giovane, fu mandato a Saragozza per completare gli studi umanistici e teologici; lì conobbe il futuro papa Sisto II. Questi, che era originario della Grecia, insegnava in quello che era, all'epoca, uno dei più noti centri di studi della città e, tra quei maestri, il futuro papa era uno dei più conosciuti ed apprezzati.
Tra maestro e allievo iniziò un'amicizia e una stima reciproche. Entrambi, seguendo un flusso migratorio allora molto vivace, lasciarono la Spagna per trasferirsi a Roma.
Quando il 30 agosto 257 Sisto fu eletto vescovo di Roma, affidò a Lorenzo il compito di arcidiacono, cioè di responsabile delle attività caritative nella diocesi di Roma, di cui beneficiavano 1500 persone fra poveri e vedove.
Il martirio
Al principio dell'agosto 258 l'imperatore Valeriano aveva emanato un editto, ordinando che tutti i vescovi, presbiteri e diaconi dovevano essere messi a morte:
«Episcopi et presbyteri et diacones incontinenti animadvertantur» (Tascio Cecilio Cipriano, Epistola lxxx)
L'editto fu eseguito immediatamente a Roma. Sorpreso mentre celebrava l'eucaristia nelle catacombe di San Callisto, papa Sisto II fu ucciso con quattro diaconi il 6 agosto; quattro giorni dopo fu la volta di Lorenzo, che aveva 33 anni.
Il culto religioso
Lo sviluppo del culto
A partire dal IV secolo Lorenzo è stato uno dei martiri più venerati nella Chiesa di Roma. Costantino I fu il primo ad edificare un piccolo oratorio nel luogo del suo martirio. Tale costruzione fu ampliata e abbellita da Pelagio II (579-590).
Sisto III (432-440) costruì una grande basilica con tre navate, con l'abside appoggiato all'antica chiesa, sulla sommità della collina dove Lorenzo fu seppellito. Nel XIII secolo Onorio III unificò i due edifici, che costituiscono la basilica che esiste tutt'oggi.
Papa Damaso (366-384) scrisse un panegirico di Lorenzo in versi, che fu inciso nel marmo e posto sulla sua tomba. Il contemporaneo poeta Prudenzio scrisse pure lui, in toni più poetici, un inno a san Lorenzo.
Le vicende più note del martirio di Lorenzo sono descritte, con ricchezza di particolari, nella Passio Polychromì di cui abbiamo tre redazioni (V-VII secolo); che in questo racconto siano contenuti elementi leggendari è un dato di fatto anche se talune notizie qui presentate sono note anche da testimonianze precedenti come quella di Ambrogio nel De Officiis.
La prima menzione del 10 agosto come data del martirio risale alla Depositio martyrum, uno scritto dell'anno 354.
Per il martirio di Lorenzo abbiamo la testimonianza particolarmente eloquente di Ambrogio nel De Officiis, ripresa, in seguito, da Prudenzio e da Agostino d'Ippona, poi ancora da Massimo di Torino, Pier Crisologo, Leone Magno, e infine da alcune formule liturgiche contenute nei Sacramentali romani, nel Missale Gothicum e nell'Ormionale Visigotico.
Ambrogio si dilunga, dapprima, sull'incontro e sul dialogo fra Lorenzo e il Papa, poi allude alla distribuzione dei beni della Chiesa ai poveri, infine menziona la graticola, strumento del supplizio, rimarcando la frase con cui l'arcidiacono della Chiesa di Roma, rivolgendosi ai suoi aguzzini dice: Assum est,... versa et manduca, "Sono cotto da questa parte, girami dall'altra e poi mangiami". Forse fu per via di questo passo che si diffuse nel Medioevo la credenza secondo cui il corpo del martire fu fatto a pezzi e dato in pasto alla plebe pagana vittima di una carestia.
Il testo ambrosiano del De Officiis così si esprime:
«205. San Lorenzo,... vedendo il suo vescovo Sisto condotto al martirio, cominciò a piangere non perché quello era condotto a morire, ma perché egli doveva sopravvivergli. Comincia dunque a dirgli a gran voce: "Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono? Non offrivi mai il sacrificio senza ministro. Che ti è spiaciuto dunque in me, o padre? Forse mi hai trovato indegno? Verifica almeno se hai scelto un ministro idoneo. Non vuoi che versi il sangue insieme con te colui al quale hai affidato il sangue dei Signore, colui che hai fatto partecipe della celebrazione dei sacri misteri? Sta' attento che, mentre viene lodata la tua fortezza, il tuo discernimento non vacilli. Il disprezzo per il discepolo è danno per il maestro. È necessario ricordare che gli uomini grandi e famosi vincono con le prove vittoriose dei loro discepoli più che con le proprie? Infine Abramo offrì suo figlio, Pietro mandò innanzi Stefano. Anche tu, o padre, mostra in tuo figlio la tua virtù; offri chi hai educato, per giungere al premio eterno in gloriosa compagnia, sicuro del tuo giudizio".»
«206. Allora Sisto gli rispose: "Non ti lascio, non ti abbandono, o figlio; ma ti sono riservate prove più difficili. A noi, perché vecchi, è stato assegnato il percorso d'una gara più facile; a te, perché giovane, è destinato un più glorioso trionfo sul tiranno. Presto verrai, cessa di piangere: fra tre giorni mi seguirai. Tra un vescovo e un levita è conveniente ci sia questo intervallo. Non sarebbe stato degno di te vincere sotto la guida del maestro, come se cercassi un aiuto. Perché chiedi di condividere il mio martirio? Te ne lascio l'intera eredità. Perché esigi la mia presenza? I discepoli ancor deboli precedano il maestro, quelli già forti, che non hanno più bisogno d'insegnamenti, lo seguano per vincere senza di lui. Cosi anche Elia lasciò Eliseo. Ti affido la successione della mia virtù".»
«207. C'era fra loro una gara, veramente degna d'essere combattuta da un vescovo e da un diacono: chi per primo dovesse soffrire per Cristo. (Dicono che nelle rappresentazioni tragiche gli spettatori scoppiassero in grandi applausi, quando Pilade diceva dì essere Oreste e Oreste, com'era di fatto, affermava d'essere Oreste, quello per essere ucciso al posto di Oreste, Oreste per impedire che Pilade fosse ucciso al suo posto. Ma essi non avrebbero dovuto vivere, perché entrambi erano rei di parricidio: l'uno perché l'aveva commesso, l'altro perché era stato suo complice). Nel nostro caso nessun desiderio spingeva san Lorenzo se non quello d'immolarsi per il Signore. E anch'egli, tre giorni dopo, mentre, beffato il tiranno, veniva bruciato su una graticola: "Questa parte è cotta, disse, volta e mangia". Così con la sua forza d'animo vinceva l'ardore del fuoco» (Sant'Ambrogio, De Officiis, Libri Tres, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Città Nuova Editrice, Roma, 1977, pp. 148-151.)
La tradizione dice anche in maniera più precisa che a Lorenzo fu promessa salva la vita se avesse consegnato i tesori della Chiesa entro tre giorni. Il 10 agosto, quindi, Lorenzo si presentò alla testa di un corteo di suoi assistiti dicendo:
«Ecco questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono.»
Racconti più particolareggiati del martirio di Lorenzo furono composti anche all'inizio del VI secolo. In essi furono collegati tra loro in maniera romantica e totalmente leggendaria vari martiri della via Tiburtina e delle due catacombe di santa Ciriaca e di sant'Ippolito.
I dettagli dati in questi atti del martirio di san Lorenzo e della sua attività prima della morte non possono essere considerati credibili. Si racconta secondo la tradizione che un soldato romano che assistette al supplizio – mediante graticola posta su carboni ardenti – raccolse con uno straccio gocce di sangue e grasso mentre il martire spirava, portandole al paese di Amaseno (FR) dove la reliquia è tuttora custodita e ogni 10 di agosto avviene il miracolo della liquefazione del Sangue di S. Lorenzo (molto simile al sangue di San Gennaro).
Aspetti critici
Il racconto di Ambrogio non è compatibile con le informazioni che si hanno sulla persecuzione di Valeriano. Soprattutto il particolare della graticola dà adito a seri dubbi. Le narrazioni di Ambrogio e Prudenzio si baserebbero più su tradizioni orali che su documenti scritti. È possibile che dopo il 258 siano sorte leggende su questo diacono romano molto venerato, e che i due autori si siano basati su di esse.
Ciononostante, non vi sono dubbi sull'esistenza del santo, sul fatto e sul luogo del suo martirio e sulla data della sua sepoltura.
Secondo alcuni studi recenti, invece, la data del martirio di Lorenzo sarebbe da retrodatare all'inizio del IV secolo, e la sua figura dovrebbe essere caratterizzata secondo linee diverse da quelle tradizionali; per esempio, Lorenzo non sarebbe spagnolo ma romano; a tale proposito il prefazio della mensa XII del Sacramentario leoniano lo presenta come civis romano.
Paolo Toschi annota che tutti questi nuovi studi
«non tolgono a priori la possibilità che in Roma esistesse una vera e propria tradizione, esposta con evidenti abbellimenti retorici da sant'Ambrogio, circa la tragica cattura e la fine di san Lorenzo proprio per mezzo del fuoco, supplizio che si sa inflitto, sempre sotto Valeriano, a san Fruttuoso e ai diaconi Eulogio e Augurio a Tarragona. D'altronde il verbo animadvertere adoperato nel decreto di persecuzione nella redazione ciprianea può riferirsi anche ad altre forme di esecuzioni capitali oltre alla decollazione.»
In realtà è sostenuto da molti storici che il santo non fu sottoposto al martirio della graticola, bensì fu decapitato.
Nei libri liturgici
Il Messale Romano, facendosi eco della tradizione della Chiesa, presenta la figura di Lorenzo con queste parole:
«Lorenzo, famoso diacono della chiesa di Roma, confermò col martirio sotto Valeriano (258) il suo servizio di carità, quattro giorni dopo la decapitazione di papa Sisto II. Secondo una tradizione già divulgata nel IV secolo, sostenne intrepido un atroce martirio sulla graticola, dopo aver distribuito i beni della comunità ai poveri da lui qualificati come veri tesori della Chiesa.»
Il nome di Lorenzo è menzionato anche nel Canone Romano.
Oggi
La celebrazione liturgica di san Lorenzo ricorre il 10 agosto e il suo emblema è la graticola.
È considerato patrono di bibliotecari, cuochi, librai, pasticceri, vermicellai, pompieri, rosticceri e lavoratori del vetro. È inoltre il patrono della città di Grosseto nonchè uno dei tre patroni della città di Perugia.
▪ 1534 - Tommaso (al secolo Giacomo) De Vio, detto il Cardinal Caetano o Gaetano (Gaeta, 20 febbraio 1469 – Roma, 10 agosto 1534), è stato un cardinale italiano. Religioso domenicano, fu generale dell'Ordine nel 1508: fu teologo e diplomatico pontificio.
Nel 1484 entrò tra i frati Domenicani del monastero di Gaeta, dove assunse il nome di Tommaso, e proseguì i suoi studi in teologia e filosofia a Napoli, Bologna e Padova.
Fu professore di teologia presso le università di Pavia e Roma, ed in questo campo acquisì una considerevole fama in seguito ad un pubblico dibattito con Pico della Mirandola nel 1494 a Ferrara.
Dal 1508 al 1518 divenne generale dell'Ordine e consigliere dei papi; dimostrò grande zelo nel difendere i diritti papali contro il Concilio di Pisa, in una serie di pubblicazioni che furono messe al bando dalla Sorbona e bruciate per ordine del re Luigi XII di Francia.
Nel 1517 Papa Leone X lo elevò a cardinale e arcivescovo di Palermo, l'anno seguente divenne arcivescovo di Gaeta.
Nel 1518 venne inviato in Germania come Legato Apostolico per partecipare alla Dieta di Francoforte, si adoperò con profitto per l'elezione di Carlo V d'Asburgo ad Imperatore del Sacro Romano Impero il 28 giugno 1519 (prevalendo sull'altro concorrente Francesco I Re di Francia), e lì cercò di arginare la nascente Riforma protestante di Martin Lutero (12-14 ottobre 1518).
Nel 1519 fece rientro in Roma senza essere riuscito a convincere Martin Lutero ad abbandonare i suoi propositi di Riforma, e aiutò il papa nell'estensione della bolla Exsurge Domine rivolta a contrastare il dilagare della riforma luterana.
Nel 1523 fino al 1524 organizzò la resistenza contro i Turchi in Germania, Polonia e Ungheria.
Nel 1527 venne fatto prigioniero durante il Sacco di Roma dai Lanzichenecchi, inviati in Italia da Carlo V per punire il Papa Clemente VII per il tradimento della parola datagli, poi venne liberato.
Nel 1534 pronunciò la sentenza definitiva di validità del matrimonio di Enrico VIII e Caterina d'Aragona, rifiutando il divorzio al sovrano inglese.
Accanto alla produzione teologica, secondo la linee della scuola tomista, Tommaso De Vio si distinse anche come esegeta. Supplì alla sua non-conoscenza dell'ebraico consultando esperti rabbinici e grazie alla sua familiarità con il testo greco. Tra il 1523 e il 1532 pubblicò in vari volumi una traduzione e commentario letterario della Bibbia che comprende larga parte dell'Antico Testamento e quasi tutto il Nuovo Testamento con l'eccezione dell'Apocalisse di Giovanni. La sua enfasi sullla ricerca del significato letterario del testo lo pone alle origini della moderna tradizione esegetica cattolica.
Morì a Roma nel 1534.
▪ 1867 - Ruggero Pascoli (Ravenna, 24 marzo 1815 – Savignano sul Rubicone, 10 agosto 1867) è stato il padre del poeta Giovanni Pascoli.
La tragica vicenda di Ruggero e della sua famiglia influì pesantemente sulla psicologia del futuro poeta.
Ruggero nel 1849 aveva sposato Caterina Vincenzi Allocatelli, appartenente ad una famiglia della piccola proprietà rurale di San Mauro di Romagna, oggi San Mauro Pascoli.
I coniugi fissarono la loro dimora nella casa di lei, in paese. Nell'arco di undici anni di unione nacquero ben dieci figli: Margherita, Giacomo, Luigi, Giovanni, Raffaele, Giuseppe, Carolina, Ida, Idina e Mariù. Due morirono ancora piccoli.
Nonostante i numerosi impegni familiari e di lavoro, Ruggero garantì il proprio impegno come assessore comunale nel 1861, consigliere l'anno successivo, di nuovo assessore l'anno successivo e di nuovo consigliere l'anno dopo, fino al giorno della sua scomparsa, il 10 agosto 1867.
Stava tornando a casa da Cesena quando, all'altezza di San Giovanni in Compito, venne ucciso con una fucilata da due sicari ignoti; la Romagna era allora una terra difficile e in alcune zone imperversava il brigantaggio. Il prefetto attribuì la fine di Ruggero ad ambienti del repubblicanesimo estremista; qualcuno pensò, invece, che l'uomo, agente e amministratore della tenuta dei principi Torlonia, avesse ostacolato, nel suo lavoro, qualche potente malavitoso della zona (forse un contrabbandiere): dunque l'omicidio sarebbe stata una vendetta. Per molti, invece, compresa la famiglia, i due sicari agirono su mandato di chi voleva succedere a Ruggero nel prestigioso incarico. Questa tesi è stata alla base di un film del 1953, intitolato La cavallina storna. Unica testimone, appunto, del delitto, la sua amata "cavallina storna", la celebre giumenta dell'omonima poesia. Il delitto rimase impunito per una diffusa omertà ed archiviato dalla magistratura, dopo ben tre processi, come "commesso da ignoti". La famiglia di Ruggero fu così costretta ad abbandonare la Torre per la casa materna di San Mauro, che venderanno qualche anno dopo, per difficoltà economiche e morali.
Dal 1867 al 1870 si consumò definitivamente la tragedia dei Pascoli. Caterina sopravvisse solo per pochi mesi dopo la morte del marito e poco più tardi morirono i figli Luigi e Margherita (Giacomo morirà nel 1876); i superstiti vivranno faticosamente.
▪ 1916
- Nazario Sauro (Capodistria, 20 settembre 1880 – Pola, 10 agosto 1916) è stato patriota e militare italiano. Esponente dell'irredentismo italiano, tenente di vascello della Regia Marina nel primo conflitto mondiale, fu giustiziato per alto tradimento dall'Austria-Ungheria.
- Giuseppe Sinigaglia (Como, 28 gennaio 1884 – Crauglio, 10 agosto 1916) è stato un canottiere e militare italiano, volontario di guerra, Medaglia d’Argento al Valor Militare.
▪ 1980 - Gareth Evans (Londra, 12 maggio 1946 – Oxford, 10 agosto 1980) è stato un filosofo inglese.
Allievo di P.F. Strawson, è stato uno dei protagonisti della cosiddetta 'svolta cognitiva' in filosofia del linguaggio. Ha teorizzato il primato del pensiero sul linguaggio, sostenendo (come già Frege) che le proprietà semantiche del secondo derivano da quelle del primo e difendendo la possibilità di individuare i pensieri indipendentemente dal linguaggio in cui vengono espressi. In un'esemplare applicazione di questa tesi, la teoria cognitiva del riferimento dei dimostrativi (le parole come 'io', 'qui', 'quello' ecc.), ha avanzato due ipotesi oggi molto influenti: la natura non concettuale degli stati percettivi e la necessità di far riferimento all'azione per la loro individuazione.
Si deve ad Evans anche un'importante interpretazione della semantica di Frege, secondo la quale la sensatezza di un'espressione linguistica richiede l'esistenza dell'oggetto cui essa si riferisce, cosicché i pensieri senza oggetto non sono realmente pensabili. Il principio elaborato da Evans del 'vincolo di generalità' (se un agente è capace di intrattenere il pensiero che a è F e dispone del concetto G - o del concetto individuale b -, è capace di intrattenere anche il pensiero che a è G o quello che b è F) esprime formalmente la natura produttiva e sistematica del pensiero umano, istituendo a un tempo una chiara connessione tra possesso di concetti e capacità inferenziali.
Opere: Tipi di riferimento (1982), monografia uscita postuma a cura di J. McDowell, e la raccolta dei Saggi (1985).
▪ 2001 - Gianfranco Miglio (Como, 11 gennaio 1918 – 10 agosto 2001) è stato un giurista, politologo e politico italiano. Da sempre sostenitore di ipotesi di trasformazione dello Stato italiano in senso federale o, addirittura, confederale, fra gli anni ottanta e i novanta è stato considerato l'ideologo della Lega Nord, in rappresentanza della quale fu anche senatore, prima di "rompere" con Umberto Bossi e dar vita alla breve stagione del Partito Federalista.
Costituzionalista e scienziato della politica, fu senatore della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.
Ha insegnato presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ove fu preside della Facoltà di Scienze politiche dal 1959 al 1988. È stato allievo di Alessandro Passerin d'Entrèves e Giorgio Balladore Pallieri, sotto la cui docenza si è formato sui classici del pensiero giuridico e politologico.
I primi anni
Laureatosi in Giurisprudenza nel 1939 con una tesi sulle Origini e i primi sviluppi delle dottrine giuridiche internazionali pubbliche nell'età moderna, fu assistente volontario nella cattedra di Storia delle dottrine politiche, che d'Entreves tenne sino alla fine degli anni quaranta.
Libero docente nel 1948, Miglio si dedicò negli anni cinquanta allo studio delle opere di storici e giuristi, soprattutto tedeschi: dai quattro volumi del Deutsche Genossenschaftsrecht che Otto Von Gierke scrisse tra il 1869 e il 1913, ai saggi di storia amministrativa di Otto Hintze, alcuni dei quali, negli anni seguenti, vennero tradotti in italiano dal suo allievo e ferrato germanista Pierangelo Schiera (O. Hintze, Stato e società, Zanichelli 1980).
Fu di quegli anni l'incontro del giovane Miglio con l'immensa produzione scientifica di Max Weber: il professore comasco fu uno dei primi ad aver studiato a fondo Economia e Società, l'opera più importante del sociologo tedesco che era stata completamente trascurata in Italia.
Sviluppo del lavoro scientifico
Miglio storico dell'amministrazione
Alla fine degli anni cinquanta, Miglio fondò con il giurista Feliciano Benvenuti l'ISAP Milano Istituto per la Scienza dell'Amministrazione Pubblica, ente pubblico partecipato da Comune e Provincia di Milano, di cui ricopri per alcuni anni la carica di vicedirettore. In un saggio memorabile intitolato Le origini della scienza dell'amministrazione (1957), il professore comasco descriveva con elegante chiarezza le radici storiche della disciplina. L'interesse per il campo della l'amministrazione era dovuto in quegli anni alle politiche pianificatrici che gli stati andavano conducendo per l'incremento della crescita economica.
La Fondazione italiana per la storia amministrativa
Ben presto Miglio sentì tuttavia l'esigenza di studiare in modo più sistematico la storia dei poteri pubblici europei e, negli anni sessanta, costituì la Fondazione italiana per la storia amministrativa: un istituto le cui ricerche vennero condotte con rigoroso metodo scientifico. A tal proposito, il professore aveva appositamente preparato per i collaboratori della fondazione uno schema di istruzioni divenuto famoso per chiarezza e organicità. In realtà, fondando la F.I.S.A. Miglio si era posto l'ambizioso obiettivo di scrivere una storia costituzionale che prendesse in esame le amministrazioni pubbliche esistite in luoghi e tempi diversi: in tal modo egli sarebbe riuscito a tracciare una vera e propria tipologia delle istituzioni dal medioevo all'età contemporanea, al cui interno sarebbero stati indicati i tratti distintivi o, viceversa, gli elementi comuni di ogni potere pubblico. Ma v'era un'altra ragione che aveva indotto Miglio a studiare i poteri pubblici in un'ottica, come scriveva lui stesso, analogico-comparativa. Servendosi di un metodo scientifico che Hintze aveva parzialmente seguito nella prima metà del novecento, il professore comasco intendeva definire l'evoluzione storica dello stato moderno, storicizzando in tal modo le stesse istituzioni contemporanee.
Gli Acta italica
La fondazione pubblicava tre collezioni: gli Acta italica, l'Archivio (diviso in due collane: la prima riguardante ricerche e opere strumentali, la seconda dedicata alle opere dei maggiori storici dell'amministrazione) e gli Annali. Tra i più autorevoli lavori storici pubblicati nell'Archivio, si ricordano il volume sui comuni italiani di Walter Goetz e il famoso saggio di Pietro Vaccari sulla territorialità del contado medievale. Nella prima serie alcuni giovani studiosi poterono invece pubblicare le loro ricerche di storia delle istituzioni: Gabriella Rossetti, allieva dello storico Cinzio Violante, vi diede alle stampe un approfondito studio sulla società e sulle istituzioni nella Cologno Monzese dell'alto medioevo; Adriana Petracchi pubblicò la prima parte di un'interessante ricerca sullo sviluppo storico dell'istituto dell'intendente nella Francia dellancien règime; occorre inoltre ricordare il poderoso volume di Pierangelo Schiera sul cameralismo tedesco e sull'assolutismo nei maggiori stati germanici. Su tutt'altro piano si poneva invece la collezione della F.I.S.A. denominata Acta italica: al suo interno dovevano essere pubblicati i documenti relativi all'amministrazione pubblica degli stati italiani preunitari: è probabile che l'ispirazione per quest'ultima serie fosse venuta a Miglio dallo studio delle opere di Hintze: verso la fine del XIX secolo, lo storico tedesco aveva infatti scritto alcuni saggi sull'amministrazione prussiana pubblicandoli negli Acta borussica, un'autorevole collana che raccoglieva le fonti storiche dello stato degli Hohenzollern.
L'edizione dei lavori della commissione Giulini
Tra i volumi degli Acta italica, occorre ricordare l'edizione dei lavori della Commissione Giulini curata da Nicola Raponi nel 1962, uno studio cui Miglio tenne molto e di cui si servì, molti anni dopo, per la stesura del celebre saggio su Vocazione e destino dei lombardi (in AA.VV. La Lombardia moderna, Electa 1989, ripubblicato in G. Miglio, Io, Bossi e la Lega, Mondadori 1994). La commissione - i cui lavori avevano avuto luogo a Torino dal 10 al 26 maggio 1859 sotto la presidenza del nobile milanese Cesare Giulini della Porta - aveva il compito di elaborare progetti di legge che sarebbero entrati in vigore in Lombardia nel periodo immediatamente successivo alla guerra. Cavour, che in quegli anni ricopriva la carica di primo ministro, voleva che il governo, nel sancire l'annessione dei nuovi territori al Piemonte di Vittorio Emanuele, mantenesse separati gli ordinamenti amministrativi delle due regioni, lasciando che in Lombardia continuassero a sussistere una parte delle istituzioni austriache esistenti.
Il saggio Le contraddizioni dello stato unitario
Nel saggio magistrale Le contraddizioni dello stato unitario (1969) scritto in occasione del convegno per il centenario delle leggi di unificazione, Miglio prese in esame gli effetti devastanti che l'accentramento amministrativo aveva provocato nel sistema politico italiano. Ricorrendo a una felice similitudine, il professore scrisse che la scelta di estendere le norme piemontesi a tutta Italia fu come "far indossare a un gigante il vestito di un nano": in altre parole, la classe politica italiana non fu capace di elaborare un ordinamento amministrativo che consentisse allo stato di governare adeguatamente un territorio esteso dalle Alpi alla Sicilia. Spaventati dalle annessioni a cascata e dalle circostanze fortunose in cui era avvenuta l'unificazione, i nostri "padri della patria" preferirono quindi conservare ottusamente gli istituti piemontesi, costringendo la stragrande maggioranza degli italiani ad essere governati da istituzioni che, oltre ad essere percepite come "straniere", si rivelarono palesemente inefficienti. Nel saggio che si è citato, Miglio aveva però messo in luce un altro dato fondamentale; il professore scrisse che il paese, quantunque fosse stato formalmente unito dalle norme piemontesi, continuò nei fatti a restare diviso ancora per molti anni: le leggi, che il Parlamento emanava dalle Alpi alla Sicilia, venivano infatti interpretate in cento modi diversi nelle regioni storiche in cui il Paese continuava, nonostante tutto, ad essere naturalmente articolato. Era il federalismo che, negato alla radice dalla classe politica liberal-nazionale in nome dell'unità, si prendeva ora la rivincita traducendosi in forme evidenti di "criptofederalismo".
Miglio e Otto Brunner
Furono inoltre fondamentali, nella formazione del professor Miglio, i lavori dello storico austriaco Otto Brunner: di questo eminente studioso di storia medievale Miglio non solo fece tradurre svariati saggi (O.Brunner, Per una nuova storia costituzionale e sociale, Vita e Pensiero 1970), ma promosse anche la pubblicazione dell'opera monumentale Land und Herrschaft: in questo lavoro - uscito per la prima volta nel 1939 - Brunner aveva preso in esame la costituzione materiale degli ordinamenti medievali, ponendo in evidenza i numerosi elementi di diversità tra la civiltà dell'età di mezzo e quella moderna, soprattutto nel modo di concepire il diritto. La traduzione di Land und Herrschaft, affidata inizialmente alle cure di Emilio Bussi, sarebbe dovuta comparire nell'elegante collana della F.I.S.A. già negli anni sessanta. Interrotto negli anni seguenti, il lavoro venne invece portato a compimento solo nei primi anni ottanta dagli allievi Pierangelo Schiera e Giuliana Nobili. Pubblicato da Giuffré con il titolo di "Terra e potere", il capolavoro di Brunner apparve nel 1983 negli Arcana imperii, la collana di scienza della politica di cui Miglio era divenuto direttore nei primi anni Ottanta. Il professore comasco si occupò inoltre dei contributi recati alla scienza dell'amministrazione da parte di altri due storici e giuristi tedeschi: Lorenz Von Stein e Rudolf Gneist.
La chiusura della FISA
Negli anni Settanta la F.I.S.A. dovette chiudere i battenti per mancanza di fondi. Il professor Miglio, ricordando a distanza di tempo la fine di quell'autorevole collana di storia delle istituzioni, ne espose le ragioni con un breve commento: "Malgrado la sua efficienza, la F.I.S.A. ebbe vita breve: gli enti che provvedevano al suo finanziamento, non scorgendo l'utilità "politica" immediata della sua attività, strinsero i cordoni della borsa".
Miglio scienziato della politica e costituzionalista
Negli anni ottanta, il degenerarsi del clima politico in Italia indusse il professor Miglio ad occuparsi di riforme istituzionali; egli intendeva contribuire in tal modo alla modernizzazione del paese. Fu così che, nel 1983, raggruppando un gruppo di esperti di diritto costituzionale e amministrativo stese un organico progetto di riforma limitato alla seconda parte della costituzione. Ne uscirono due volumi che, pubblicati nella collana Arcana imperii, vennero completamente trascurati dalla classe politica democristiana e socialista. Tra le proposte più interessanti avanzate dal "Gruppo di Milano" - così venne definito il pool di professori coordinati da Miglio - v'era il rafforzamento del governo guidato da un primo ministro dotato di maggiori poteri, la fine del bicameralismo perfetto con l'istituzione di un senato delle regioni sul modello del Bundesrat tedesco, ed infine l'elezione diretta del primo ministro da tenersi contemporaneamente a quella per la camera dei deputati. Secondo il gruppo di Milano, queste e numerose altre riforme avrebbero garantito all'Italia una maggiore stabilità politica, cancellando lo strapotere dei partiti e salvaguardando la separazione dei poteri propria di uno stato di diritto.
Diversamente dalla F.I.S.A., la collana Arcana imperii era incentrata esclusivamente sullo studio scientifico dei comportamenti politici. Il citato volume di Brunner costituì pertanto un'eccezione perché, come si è avuto modo di accennare, esso doveva essere pubblicato negli eleganti volumi della F.I.S.A. già negli anni sessanta. All'interno della collana Arcana imperii vennero invece inseriti saggi e contributi di psicologia politica, di etologia, di teoria politica, di economia, di sociologia e di storia. Miglio intendeva costituire un vero e proprio laboratorio dove lo scienziato della politica, servendosi dei risultati portati alla disciplina dalle diverse scienze sperimentali, fosse in grado di conseguire una formazione scientifica che si ponesse all'avanguardia; dal 1983 al 1995 vi vennero pubblicati più di trenta volumi. Si ricordano, tra gli altri: lo studio di Lorenzo Ornaghi sulla dottrina della corporazione nel ventennio fascista, l'edizione degli scritti schmittiani su Thomas Hobbes, la pubblicazione - interrotta - di alcune opere di Lorenz Von Stein, il trattato di diritto costituzionale del tedesco Rudolph Smend. Degni di nota anche gli scritti degli economisti Ludwig Von Mises e Friedrich Von Hayek. I volumi, di squisita fattura, non poterono tuttavia eguagliare l'elegante veste tipografica di quelli pubblicati dalla F.I.S.A., ed un identico destino parve accomunare le due collane: anche in questo caso, Miglio fu infatti costretto a sospendere le pubblicazioni.
Miglio e Lorenz Von Stein
Alla formazione del pensiero politico di Gianfranco Miglio contribuirono le opere sociologiche di Lorenz Von Stein e i saggi di Carl Schmitt sulle categorie del politico. Secondo Stein, in ogni comunità sono presenti due realtà irriducibili: lo stato e la società. La società è il terreno della libera iniziativa, ove gli uomini forti vincono sui deboli e tentano di stabilizzare le loro posizioni attraverso l'ordinamento giuridico; lo stato è invece il luogo ove regna il principio di uguaglianza. Per Stein esso non può che identificarsi con la monarchia: il re è infatti l'unica autorità in grado di intervenire a sostegno dei più deboli. Già a partire dalla seconda metà del settecento i monarchi, attraverso il potere di ordinanza, erano stati in grado di modificare le costituzioni giuridiche cetuali all'interno dei loro territori, una politica ch'essi avevano potuto condurre in porto non senza grosse difficoltà, a vantaggio del bene comune: questo era accaduto soprattutto in Austria, in Prussia e in Sassonia, ma anche nella Lombardia austriaca e nel Granducato di Toscana. È probabile che Stein, quando sosteneva che il ruolo dello stato dovesse controbilanciare quello della società, avesse in mente il riformismo illuminato delle grandi monarchie assolute di fine settecento (la Prussia di Federico II, l'Austria di Giuseppe II). In realtà, le sue dottrine sociolgiche si ponevano all'interno dello stato liberale e partivano dal presupposto che la monarchia, lungi dall'essere un potere assoluto, dovesse comunque fare i conti con il potere della società attestato nei parlamenti. Secondo Stein ogni comunità prospera solo quando stato e società sono in equilibrio, ugualmente vitali ed operanti. Anche il professor Miglio credeva che ogni comunità fosse dominata da due realtà irriducibili ma, a differenza di Lorenz Von Stein, egli non le identificava nello stato e nella società: Non lo stato, perché è una realtà storica inserita nel tempo e, come tutte le creature e specie viventi, destinata a decadere, a scomparire ed essere sostituita da altre forme di aggregazione politica; non la società perché Stein la considerava in un'ottica esclusivamente economico-giuridica e l'aveva tenuta artificiosamente separata dall'altra realtà, lo stato.
Miglio e Carl Schmitt
Tornando alla formazione di Miglio, fu senza dubbio decisivo l'incontro con l'eminente giurista tedesco Carl Schmitt, le cui opere erano state in gran parte trascurate dagli intellettuali italiani. L'aiuto che Schmitt aveva finito per prestare al regime hitleriano, in particolare nel sostenere la legalità delle leggi razziali in un sistema di diritto internazionale, furono più che sufficienti per oscurare in Italia la sua imponente produzione scientifica. In realtà, i rapporti di Schmitt con il nazismo furono di breve durata: nella seconda metà degli anni trenta, il giurista di Plettenberg aveva preso definitivamente le distanze da Hitler. Di Schmitt il professor Miglio apprezzò gli studi di scienza politica e di diritto internazionale: nel 1972 curò assieme a Schiera l'edizione italiana di alcuni saggi pubblicati dal Mulino con il titolo Le categorie del politico. Nella prefazione al volume, il professore si soffermò sui decisivi contributi portati da Schmitt alla scienza politologica.
L'antologia destò scalpore nel mondo accademico. Norberto Bobbio sostenne che, con quegli scritti, Miglio aveva "destabilizzato la sinistra italiana". È dall'incontro con la grande produzione scientifica di Carl Schmitt che Miglio riuscì quindi a "fabbricarsi" gli strumenti per costruire una parte importante del suo modello sociologico. Nel Begriff des Politischen, Schmitt aveva infatti scoperto che l'essenza del politico è fondata sul conflitto tra amico e nemico: è uno scontro all'ultimo sangue perché la guerra politica porta normalmente all'eliminazione fisica dell'avversario. Non a caso il giurista tedesco sostenne che l'esempio più emblematico di scontro politico fosse la guerra civile (Burgerkrieg) tra fazioni partigiane: qui il tasso di conflittualità tra amico e nemico è sempre stato altissimo. Chi ha gli stessi amici non può che avere gli stessi nemici del proprio compagno di lotta. Si crea in altre parole un clima di solidarietà tra i membri del gruppo che è decisivo nella guerra contro i nemici. Il rapporto politico è sempre esclusivo, volto a marcare l'identità del gruppo in opposizione a quella degli altri.
Schmitt aveva inoltre scoperto che l'avvento dello stato moderno aveva portato a due risultati di eccezionale portata storica. Primo: la fine delle guerre civili all'interno del territorio (le faide e le guerre confessionali del XVI-XVII secolo) con l'annientamento del ruolo politico detenuto sino a quel momento dalle fazioni in lotta (dai partiti confessionali ai ceti). Da quel momento i sovrani furono i supremi garanti dell'ordine all'interno degli stati, territori sempre più estesi ch'essi governarono servendosi di un apparato amministrativo regolato dal diritto. Il secondo grande risultato fu per certi versi una conseguenza del primo: l'avvento dello stato moderno portò nello stesso periodo all'erezione di un sistema di diritto internazionale (ius publicum europeum) assolutamente vincolante per i paesi che vi aderirono. Anche in questo caso, il tasso di politicità (cioè l'aggressività delle parti in lotta, gli stati) venne fortemente limitato: le guerre legittime, intraprese solo dagli stati, vennero condotte da quel momento in base alle regole dello ius publicum europaeum. Si trattava quindi di conflitti a basso tasso di politicità, non foss'altro perché la vittoria di una delle parti in lotta non poteva portare in alcun modo all'annientamento dell'avversario, il cui diritto di esistenza era tutelato dal diritto e accettato da tutti gli stati.
La crisi dello ius publicum europaeum, divenuta palese alla fine della prima guerra mondiale e acuitasi ulteriormene con lo scoppio delle guerre partigiane nei decenni successivi, resero palese a Schmitt la fine della regle de droit su cui si era fondato l'universo giuridico occidentale nei rapporti internazionali tra stati sovrani. La guerra civile e, in modo particolare, l'estrema politicizzazione avvenuta durante le guerre mondiali con la criminalizzazione degli avversari persuasero Schmitt che la fine dello ius publicum europaeum era ormai compiuta. In questo, il giurista tedesco vide soprattutto il fallimento della civiltà giuridica occidentale nel suo supremo tentativo di fondare i rapporti umani unicamente sulle basi del diritto. Anche Miglio prese atto della fine dello ius publicum europaeum ma, a differenza di Schmitt, non credette che tale processo segnasse la fine del diritto e la vittoria definitiva delle leggi aggressive della politica. Fondando il suo originale modello sociologico, egli sostenne che tutte le comunità umane si sono sempre rette su due tipi di rapporti: l'obbligazione politica e il contratto-scambio. Ai suoi occhi, lo stato (moderno) era stato un autentico capolavoro perché, apportando un contributo decisivo alla sua costituzione, i giuristi dell'età moderna erano riusciti a regolare la politica inserendola in un compiuto sistema di norme fondato sulla razionalità del diritto, sull'impersonalità del comando e sui concetti di contratto e rappresentanza: tutti elementi appartenenti alla sfera del contratto/scambio. Secondo il professore, il crollo dello ius publicum europeum aveva però messo in crisi la stessa impalcatura su cui si reggeva lo stato, che ora dimostrava tutta la sua storicità.
Diversamente da Schmitt, che era rimasto legato all'idea dell'organizzazione statale, Miglio sosteneva che la civiltà occidentale, soprattutto dopo il 1989, stesse attraversando una fase di transizione al termine della quale lo stato verrà probabilmente sostituito da altre forme di comunità ove obbligazione politica e contratto/scambio si reggeranno in un nuovo equilibrio.
La fine dello stato e il ritorno al medioevo
Con il crollo del muro di Berlino (1989), il professore ritenne che lo stato moderno fosse giunto al capolinea. Il progresso tecnologico e, in modo particolare, il più alto livello di ricchezza cui erano giunti i paesi occidentali lo convinsero che negli anni successivi sarebbero avvenuti cambiamenti di portata radicale, tali da coinvolgere anche la costituzione (Verfassung) degli ordinamenti politici. Secondo Miglio, lo stato avrà in futuro crescenti difficoltà nel garantire servizi efficienti alla popolazione. Ciascun cittadino, vedendo accresciuto il proprio tenore di vita in forza dell'economia di mercato, sarà infatti portato ad avere sempre meno fiducia nei lenti meccanismi della burocrazia pubblica, ch'egli riterrà inadeguata a soddisfare i suoi standard di vita. L'elevata produttività dei paesi avanzati e la vittoria definitiva dell'economia di mercato su quella pubblica porterà in altri termini a nuove forme di aggregazione politica al cui interno i cittadini saranno destinati a contare in misura molto maggiore rispetto a quanto non lo siano oggi nei vasti stati in cui si trovano inseriti. Secondo il professore gli stati democratici, ancora fondati su istituti rappresentativi risalenti all'ottocento, non riusciranno più a provvedere agli interessi della civiltà tecnologica del secolo XXI. Con il crollo del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, si creano in altri termini le premesse perché la politica cessi di ricoprire un ruolo primario nelle comunità umane e venga invece subordinata agli interessi concreti dei cittadini, legati alla logica di mercato. La fine degli stati moderni porterà secondo Miglio alla costituzione di comunità neofederali dominate non più dal rapporto politico di comando-obbedienza, bensì da quello mercantile del contratto e della mediazione continua tra centri di potere diversi: sono i nuovi gruppi in cui sarà articolato il mondo di domani, corporazioni dotate di potere politico ed economico al cui interno saranno inseriti gruppi di cittadini accomunati dagli stessi interessi. Secondo il professore, il mondo sarà costituito da una società pluricentrica, ove le associazioni territoriali e categoriali vedranno riconosciuto giuridicamente il loro peso politico non diversamente da quanto avveniva nel medioevo. Di qui l'appello a riscoprire i sistemi politici anteriori allo stato, a riscoprire quel variegato mosaico medievale costituito dai diritti dei ceti, delle corporazioni e, in particolar modo, delle libere città germaniche.
Il professore studiò a fondo gli antichi sistemi federali esistiti tra il medioevo e l'età moderna: le repubbliche urbane dell'Europa germanica tra il XII e il XIII secolo, gli ordinamenti elvetici d'antico regime, la Repubblica delle Province Unite e, da ultimo, gli Stati Uniti tra il 1776 e il 1787. Ai suoi occhi, il punto di forza risiedeva precisamente nel ruolo che quei poteri pubblici avevano saputo riconoscere alla società nelle sue articolazioni corporative e territoriali. Miglio dedicò i suoi ultimi anni allo studio approfondito di questi temi, progettando di scrivere un volume intitolato l'Europa degli Stati contro l'Europa delle città. Il libro è rimasto incompiuto per la morte del professore.
L'impegno politico diretto e il federalismo
Eletto al Senato della Repubblica come indipendente nelle liste della Lega Nord-Lega Lombarda (da allora a Miglio fu attribuito l'appellativo lombardo di Profesùr), per quattro anni (dal 1990 al 1994) lavorò per il partito con l'intento di farne un'autentica forza di cambiamento. In questo periodo elaborò un progetto di riforma federale fondato sul ruolo costituzionale assegnato all'autorità federale e a quella delle macroregioni o cantoni (del Nord o Padania, del Centro o Etruria, del Sud o Mediterranea, oltre alle cinque regioni a statuto speciale). La costituzione migliana prevedeva l'elezione di un governo direttoriale composto dai governatori delle tre macroregioni, da un rappresentante delle cinque regioni a statuto speciale e dal presidente federale. Quest'ultimo, eletto da tutti i cittadini in due tornate elettorali, avrebbe rappresentato l'unità del paese.
I punti salienti del progetto, esposti nel decalogo di Assago del 1993, vennero fatti propri dalla Lega Nord solo marginalmente: il segretario federale, Umberto Bossi, preferì infatti seguire una politica di contrattazione con lo stato centrale che mirasse al rafforzamento delle autonomie regionali. Questo indusse Miglio a rompere con il partito, nonostante moltissimi militanti e sostenitori leghisti continuassero a provare grande simpatia e ammirazione per il professore e per le sue teorie. Alcuni dirigenti della Lega tennero comunque vivo il dialogo con Miglio, in particolar modo Giancarlo Pagliarini, Francesco Speroni e il presidente della Libera compagnia padana Gilberto Oneto, al quale il professore era particolarmente legato.
Negli anni in cui la Lega si spostò su posizioni indipendentiste (1995-1999), il professore parve riavvicinarsi alla linea del partito, sostenendo a più riprese la piena legittimità del diritto di secessione della Padania dall'Italia come sottospecie del più antico diritto di resistenza medievale.
Bibliografia
Libri di Gianfranco Miglio
▪ G. Miglio, I cattolici di fronte all'unità d'Italia, 1959.
▪ G. Miglio, L'amministrazione nella dinamica storica, 1961 in Storia, amministrazione e costituzione, Annale ISAP 2004.
▪ G. Miglio, Le trasformazioni dell'attuale regime politico, 1965.
▪ G. Miglio, Il ruolo del partito nella trasformazione del tipo di ordinamento politico vigente: il punto di vista della scienza della politica, Milano, 1967.
▪ G. Miglio, Le contraddizioni dello Stato unitario in Miglio - Benvenuti, L'unificazione amministrativa e i suoi protagonisti, Pubblicazione ISAP, Neri Pozza, Vicenza, 1969.
▪ G. Miglio, Rappresentanza e amministrazione nelle leggi del 1865 in Miglio - Benvenuti, L'unificazione amministrativa e i suoi protagonisti, Pubblicazione ISAP, Neri Pozza, Vicenza, 1969.
▪ G. Miglio, La trasformazione delle università e l'iniziativa privata, 1969.
▪ G. Miglio e P. Schiera, Le categorie del politico. Saggi di teoria politica, Il Mulino, Bologna, 1972.
▪ G. Miglio, La Valtellina: un modello possibile di integrazione economica e sociale, Quaderni Banca Piccolo Credito Valtellinese, n.1, Tipografia Bonazzi, Sondrio, 1978
▪ G. Miglio, Ricominciare dalla montagna Milano, Giuffrè, Milano, 1978
▪ G. Miglio, Genesi e trasformazioni del termine-concetto Stato, Vita e Pensiero, Milano, 1981
▪ G. Miglio, Guerra, pace, diritto: una ipotesi generale sulle regolarità del ciclo politico, Giuffrè, Milano, 1982
▪ G. Miglio, Una repubblica migliore per gli italiani, 1983
▪ G. Miglio, Le contraddizioni interne del sistema parlamentare integrale, 1984
▪ G. Miglio, Il nerbo e le briglie del potere: scritti brevi di critica politica 1945-1988, Milano, 1988
▪ G. Miglio, La regolarità della politica (2 vol.), Giuffrè, Milano, 1988
▪ G. Miglio, Una costituzione per i prossimi trent'anni, intervista a cura di Marcello Staglieno , Laterza, Bari, 1990
▪ A. Buchanan, Secessione. Quando e perché un paese ha il diritto di dividersi, introduzione di G. Miglio, Mondadori, Milano, 1991
▪ G. Miglio, Come cambiare. Le mie riforme, Mondadori, Milano, 1992
▪ U. Bossi, D. Vimercati, Vento dal Nord: La mia Lega la mia vita, prefazione di G. Miglio, Sperling & Kupfer, Milano, 1992
▪ G. Oneto, Bandiere di libertà. Simboli e vessilli dei popoli dell'Italia settentrionale, introduzione di G. Miglio, Effedieffe Edizioni, Milano, 1992
▪ U. Bossi, D. Vimercati, La Rivoluzione. La Lega: storia e idee, prefazione di G. Miglio, Sperling & Kupfer, Milano, 1993
▪ G. Miglio, H.D. Thoreau, Disobbedienza civile, Mondadori, Milano 1993
▪ G. Miglio (con Marcello Staglieno e Pierluigi Vercesi), Italia 1996: così è andata a finire, Mondadori, Milano, 1993
▪ G. Miglio, Io, Bossi e la Lega, Mondadori, Milano 1994
▪ G. Miglio, La Costituzione federale, Mondadori, collana Le Frecce, Milano, 1995
▪ G. Miglio, M. Veneziani, Padania, Italia. Lo Stato nazionale è soltanto in crisi o non è mai esistito?, Le Lettere, Firenze, 1997
▪ G. Miglio, A. Barbera, Federalismo e secessione. Un dialogo, Mondatori, Milano 1997
▪ G. Miglio e Aa.Vv., Federalismi falsi e degenerati, Sperling & Kupfer, Milano, 1997
▪ M. Gozzi, G. Miglio, G.A. Zanoletti, Le barche a remi del Lario da trasporto, da guerra, da pesca, e da diporto, Leonardo Arte, Milano, 1999
▪ G. Miglio, L'asino di Buridano, Neri Pozza, Vicenza, 1999
Libri su Gianfranco Miglio
▪ L. Ornaghi, A. Vitale, Multiformità e unità della politica. Atti del Convegno tenuto in occasione del 70° compleanno di *Gianfranco Miglio, 24-26 ottobre 1988, Giuffrè, Milano, 1992
▪ G. Ferrari, Gianfranco Miglio: un giacobino nordista, Liber, Roma, 1993
▪ A. Campi, Schmitt, Freund, Miglio: figure e temi del realismo politico europeo, Akropolis/La Roccia di Erec, Firenze, 1996
▪ Aa.Vv., Gianfranco Miglio: un uomo libero, Quaderni Padani n. 37-38 della Libera Compagnia Padana, Novara, 2002
▪ Aa.Vv., Un Miglio alla libertà, Audiolibro, Leonardo Facco Editore (collana Laissez Parler), Treviglio (Bg), 2005
▪ D. Palano, Il cristallo dell'obbligazione politica in ID., Geometrie del potere, Vita e Pensiero, Milano, 2005.
▪ G. Di Capua, Gianfranco Miglio, scienziato impolitico, Rubbettino, Catanzaro, 2006.
▪ Aa.Vv., Gianfranco Miglio: gli articoli, Quaderni Padani n. 64-65 della Libera Compagnia Padana, Novara, 2006.
▪ Aa.Vv., Gianfranco Miglio: le interviste, Quaderni Padani n. 69-70 della Libera Compagnia Padana, Novara, 2007.
Per approfondire leggi la seguente intervista