Società “Amici del pensiero” 5 – Commenti 3: Posizione giuridica di Freud
Posizione giuridica di Freud come il primo Amico del pensiero. Suo riordinamento o ricapitolazione come derivato da esso.- Autore:
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Va incontro a mutazione la stessa definizione di “freudiano”, in quanto significa il pensiero – l’atto - di qualcuno che è stato il primo Amico del pensiero (non un teorico del pensiero).
Freud ne risulta ricapitolato come suo derivato.
Freud non ha scoperto l’inconscio (errore corrente): ha scoperto il pensiero, non una porzione di esso, nella sua facoltà congenita di asserire (13), porre, in-domito malgrado l’ostilità a esso (14).
Ha chiamato “inconscio” non un contenuto o un capitolo del pensiero, bensì questa facoltà del pensiero come tale esercitata nel compromesso a proposito di qualsiasi contenuto o capitolo. E’ la medesima facoltà a esercitarsi anche nel compromesso patologico.
Freud ha attivato con la sua filìa per il pensiero una nuova filo-sofia senza alcuna “sofìa” o epistéme presupposta e sovrapposta, riscattando il pensiero dalle servitù-divisioni-partizioni della filosofìa tradizionale.
Freud ha inaugurato l’amicizia del pensiero: ma non ha potuto farne-pensarne la Società attestandosi su un’Associazione di cui in seguito si è lamentato. L’Associazione non poteva salvarsi dal gruppo o massa “maggioranza compatta”, anzitutto del suo gruppo stesso (15).
Abbiamo iniziato (“Il pensiero di natura”) innovando rispetto alla tradizione lessicale freudiana (anzitutto passando da “pulsione” a “legge di moto del corpo”).
Vero è che per potere lavorare Freud si è momentaneamente e artigianalmente forgiato un nuovo lessico ad hoc: “pulsione”, “inconscio”, “es”, “superio”, “narcisismo”… , accusato poi di essere mitologico.
Ma subito è accaduto il peggio, perché quel lessico è diventato puramente referenziale del gruppo, separato dal significato o concetto: ossia “significante” in senso lacaniano cioè senza significato o concetto (16). Lo ha già osservato negli anni ‘50 J. Lacan, che a sua volta non ha però trovato riparo dal ripetersi della medesima mutazione linguistica nonché servitù. Il medesimo destino di gruppo si è ripetuto per i dissenzienti da Freud con i loro gruppi. Le stesse dispute del passato tra freudiani e junghiani si sono svolte a colpi di significanti, senza rinuncia al regime di questi da una parte e dall’altra.
In passato c’era almeno un’attenuante: il “significante” serviva da spot pubblicitario per la Ditta-gruppo, o almeno lo si credeva.
E’ importante constatare che questo storico peccato linguistico (ho detto proprio “peccato”) non è specifica della psicoanalisi, ma è generica di tutti i gruppi (o ridottisi a gruppi) di ogni specie, siano essi partiti o chiese: diversi anni fa certi colleghi non hanno gradito la mia osservazione che essi parlavano come dei preti (neppure certi preti l’hanno gradita).
Occasione per ridefinire il laico: qualsiasi cosa dica, non ha autoreferenza di gruppo. C’è un caso particolare: anche gli innamorati sono clericali (“Siamo la coppia più bella del mondo”) ossia massificati (la canzone è identica per tutti gli innamorati).
In conclusione. Una volta posto, il pensiero di Freud si inscrive nell’autonomia del pensiero di cui è Amico e di cui si è fatto volentieri un derivato. E’ così anche per la psicoanalisi come applicazione della rettitudine del pensiero alla cura di certe patologie. Freud e la psicoanalisi non sono, rispettivamente, una certa Teoria e una certa Tecnica, destinate alla loro inevitabile sistematizzazione nel sistema delle Teorie e delle Tecniche.
NOTE
13. Può essere istruttivo segnalare un errore appena commesso e rettificato: avevo scritto “asserirsi”. Nella rett-itudine il pensiero non è riflessivo, autoreferenziale, “narcisistico”: è attivo, anche nella passione, passio, lo osservava già Freud. Quanta servitù per rifiuto della passio (in particolare paranoia e querulomania).
14. Più volte ho fatto l’esperienza di parlare dell’inconscio senza servirmi di questa parola (o di altre, come “pulsione”): se avessi parlato arabo sarebbe stato lo stesso. Qualcuno si è anche sentito offeso: infatti ero venuto meno ai cenni d’intesa linguistica del gruppo o massa, manierismi sociali, insomma uno sgarro.
Lo stesso è accaduto a proposito di J. Lacan: alcune persone mi hanno sbattuto la porta adducendo che non gliene parlavo. Neppure si erano accorte che l’avevo sempre fatto a partire dai frutti che ne avevo ricavato da buon partner del suo lavoro.
15. Una cosa simile l’aveva già fatta Gesù, lasciando questa “valle di lacrime” piuttosto alla svelta, senza farsi illusioni sulla massa che si sarebbe inevitabilmente costituita. Ma lasciando precise istruzioni per non farsi ridurre del tutto da caput pensante a Capo dell’identificazione di massa. Considero quest’ultima come un compromesso inevitabile della Storia: perlomeno non c’è mai stata, che io sappia, una Santa Storia.
Su questa identificazione di massa Freud non ha mancato di scrivere.
16. Non amo espressioni auliche come “stracciarsi le vesti”, ma verrebbe da farlo di fronte al fatto che J. Strachey, curatore della Standard Edition dell’opera di Freud, ha tradotto assurdamente “es” con il latino “id”, allorché l’inglese gli forniva senza sforzi tradottivi l’esatto corrispettivo linguistico di “es” in “it” (it rains come es regnet). Non ho … parole! (per la verità le avrei). E’ follia ma c’è del metodo: nel passaggio al “significante” scisso dal concetto ossia dal pensiero, qualsiasi significante diventa “buono”. Benché, a ben vedere, non qualsiasi ma quelli che tendono all’occulto. Nell’“it” perfino l’omicidio perde significato: perde imputabilità. Qui occultismo e gruppo si coniugano.