Pentecoste. Lo Spirito Santo: dolcissimo Bacio

di Gertrude di Helfta - 1220-1291 - Exercitium divini amoris
Autore:
Peraboni, Sr. Maristella
Fonte:
CulturaCattolica.it
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O amore,
tu sei, nella santa Trinità,
il dolcissimo bacio che unisce in modo così stretto
il Padre al Figlio.
Tu sei quel bacio di salvezza
che la maestà divina ha impresso
sulla nostra umanità mediante il Figlio.

O dolcissimo bacio,
fa’ che questo piccolo granello di polvere
non sia dimenticato dai tuoi legami:
che io non sia privata del tuo contatto e della tua stretta,
fino a divenire un solo spirito con Dio.
Fammi sperimentare per davvero come sia delizioso
abbracciare te, il Dio vivente,
amore mio dolcissimo, dimorando in te,
e a te essere unita.

O Dio amore,
tu sei quanto di più caro io possieda;
all’infuori di te, nel cielo come in terra,
io non spero nulla, nulla voglio
e nulla abita i miei desideri.
Tu sei la mia vera eredita e ogni mia attesa,
verso di te tende il mio fine e la mia intenzione.

(Gertrude di Helfta - 1220-1291 - Exercitium divini amoris)
Se, per comprendere appieno un’opera, è necessario conoscerne l’autore e l’ambiente nel quale quest’ultimo visse e operò, ciò diventa ancor più indispensabile di fronte a un testo letterario che, come questo, è spirituale e mistico insieme.
S. Gertrude, nata nel 1256, entrò, come lei stessa narra nelle sue Revelationes, a soli 5 anni di età, nel Monastero di Helfta. Tale luogo era riconosciuto, fin da allora, come un centro di intensa vita culturale oltre che di profonda spiritualità. In quel tempo era Badessa di quel monastero, Gertrude di Hackeborn, donna di eccelsa grandezza spirituale e intellettuale. La cura delle educande e delle novizie era, invece, affidata alla sorella di quest’ultima, Matilde di Hackeborn, anch’essa donna di doti non comuni e che esercitò, sull’animo e la mente della giovane Gertrude, una notevole influenza.
Lo studio fu, per Gertrude di Helfta, la sua principale attività per circa vent’anni e, dotata com’era di un’intelligenza attiva e vivace, vi si appassionò a tal punto e vi si dedicò tanto intensamente da giungere, ben presto, a superare tutte le altre ragazze e ad eccellere nelle diverse discipline umanistiche.
L’immenso amore per lo studio, che la portava, come si è detto, ad applicarvisi totalmente, le procurò, però, un raffreddamento spirituale, finché, dopo una violenta crisi interiore, verificatasi nel 1280 e protrattasi per diverse settimane, Gertrude riscoprì la fede viva e il rapporto con Cristo e, attraverso di Lui con tutta la SS.ma Trinità, divenne il fulcro di tutta la sua esistenza.
Il 27 gennaio 1281, giorno in cui ebbe la sua prima visione, segnò, per lei, l’inizio di una nuova esistenza tutta dedicata alla vita di preghiera e di contemplazione, arricchita anche da numerosi e straordinari carismi. Durante questa prima esperienza soprannaturale le apparve Gesù, sotto le apparenze di un giovane, venuto a lei per confortarla, consolarla e assicurarle la Salvezza. Gertrude narra questo episodio con espressioni colme di fede, affetto e riconoscenza nei confronti di Cristo: “…Ero nel ventiseiesimo anno di età, in quel lunedì, apportatore per me di salvezza, …nella desiderabile ora dopo Compieta …e tu, Dio che sei verità, più chiaro di ogni luce e tuttavia più intimo di ogni segreto raccoglimento, avevi stabilito di diradare la densità delle mie tenebre, e così hai iniziato “dolcemente e con mitezza” (Gen. 50,21) a placare quel turbamento che avevi suscitato nel mio cuore da più di un mese … Dunque all’ora suddetta, …vidi, in piedi di fronte a me, un giovane di aspetto gentile e delicato, di circa sedici anni, bello come allora la mia giovinezza avrebbe potuto desiderarlo perché piacesse ai miei occhi di carne. Ed Egli con volto benigno e con parole gentili mi disse: “presto verrà la tua salvezza; perché ti consumi nella tristezza? Forse che non hai un consigliere, dato che il dolore ti ha alterata?”… “Ti salverò e ti libererò, non temere”. E dopo aver udito ciò, vidi la sua destra tenera e delicata che teneva la mia, come per confermare queste parole con una promessa”.
Come si può notare, le prime frasi che Cristo rivolge a Gertrude - “presto verrà la tua salvezza; perché ti consumi nella tristezza? Forse che non hai un consigliere, dato che il dolore ti ha alterata?” - sono tratte da un passo del responsorio della Liturgia della seconda domenica di Avvento. Numerosi sono, nelle opere di Gertrude, i richiami e i riferimenti liturgici. La Liturgia, come lo era stata anche per Matilde di Hackeborn (sua maestra), fu, infatti, per Gertrude, oltre che “nutrimento quotidiano”, anche l’elemento ispiratore che caratterizzò la sua opera poetica e letteraria.
Conseguenza di questa sua rinascita spirituale fu l’abbandono di ogni “studio profano” per dedicarsi interamente allo studio della Teologia, della Patristica, della Liturgia e della Mistica oltre che alla diffusione della Sacra Scrittura. Desiderando, infatti, che anche altri godessero dei benefici spirituali, derivanti dalla conoscenza della Bibbia e dei libri di fede, Gertrude tradusse e scrisse molte opere in volgare, affinché anche il popolo e le persone di modesta formazione culturale, le quali non conoscevano il latino, potessero usufruirne.
L’amore stesso per la conoscenza del Bene e del Vero, porta Gertrude ad avere una viva devozione per lo Spirito Santo in quanto, come ben evidenzia S. Basilio, nel Trattato sullo Spirito Santo da lui composto, è consapevole che “Egli (lo Spirito Santo) è sorgente di santificazione e luce intelleggibile. Offre ad ogni creatura ragionevole se stesso e con se stesso luce ed aiuto per la ricerca della verità”.
L’osservanza scrupolosa della Regola, le frequenti veglie che ella, in spirito di fede e per amore di carità, si imponeva, ebbero però ben presto la meglio sul suo fisico già provato, procurandole molteplici sofferenze fisiche ed, infine, una lunga e dolorosa malattia. Fu proprio in conseguenza all’aggravarsi del suo stato di malattia che Gertrude si decise, quasi spinta da un impulso divino, a rivelare la sua vita interiore e le meravigliose esperienze mistiche di cui era favorita.
Per rivelare la santità di vita di Gertrude non era certo necessario che ella scrivesse la sua “autobiografia spirituale”. Le consorelle e tutte le persone che ella avvicinava o che a lei si rivolgevano, erano, infatti, già pienamente persuase del suo “vivere nella Grazia” e rimanevano costantemente ammirate per la mitezza e la lungimiranza spirituale da lei mostrate in ogni circostanza.
In Gertrude si poteva vedere la concretizzazione, per così dire, delle parole di S. Basilio Magno il quale, nel suo Trattato sullo Spirito Santo, sosteneva che: “Come i corpi trasparenti e nitidi al contatto di un raggio di sole diventano anch’essi molto luminosi ed emanano da sé un nuovo bagliore, così le anime che hanno in sé lo Spirito e che sono illuminate dallo Spirito diventano anch’esse sante e riflettono la grazia sugli altri. Dallo Spirito l’anticipata conoscenza delle cose future, l’approfondimento dei misteri, la percezione delle cose occulte, le distribuzioni dei doni, la familiarità delle cose del cielo, il tripudio con gli angeli. Da lui la gioia eterna, da lui l’unione costante e la somiglianza con Dio, e, cosa più sublime di tutte le altre, la possibilità di diventare Dio”.
Tutte cose, queste, che in Gertrude di Helfta, si verificavano costantemente. Nonostante tali grazie, di cui la sua vita era costellata, e a testimonianza della sua santità, Gertrude, nella grande umiltà che le era propria, rimase sempre fermamente convinta della sua indegnità a ricevere tali immensi favori divini. “Essa si sentiva così indegna di tutti i doni di Dio - dice di lei la sua biografa - che non consentì giammai a riceverne per suo particolare profitto, ma sempre si considerava come un canale trasmettitore della grazia agli eletti da Dio”.
Si spense il 17 Novembre del 1301 o del 1302 (l’anno della morte è incerto). La tradizione vuole che ella sia stata colta dalla morte, in modo dolce e soave, durante un’estasi.
Conosciamo, dunque, le sue esperienze mistiche attraverso le Revelationes, o Legatus divinae pietatis. Esso è un grosso tomo di cinque libri, in parte scritto dalla stessa Gertrude e in parte completato da una consorella di Gertrude che, durante l’ultima malattia di quest’ultima, ne raccolse le confidenze e, dopo la sua morte, ne radunò e ordinò la memorie. Di questi libri, comunque, il secondo è certamente opera totalmente di Gertrude.
Il Legatus è un’opera di particolare interesse ed importanza, non solo per la conoscenza dell’animo di Gertrude di Helfta, ma anche per la storia della “letteratura mistica” poiché, in esso, per la prima volta, è presentata, in modo aperto e diretto, la vicenda, interiore e spirituale, vissuta da una donna nel suo rapporto con Cristo. La narrazione della sua vita mistica è, infatti, oltre che molto realistica e concreta, anche molto sentimentale.
Gertrude definisce lo Spirito santo “bacio” e ad esso si rivolge chiamandolo con tal nome (“Bacio”; “Bacio che unisce”; “Bacio di salvezza”…). Si ha qui tutta l’esplicitazione del linguaggio amoroso cui Gertrude, nel suo rapporto con Dio, è abituata. Gertrude vive intimamente e profondamente, ma nel contempo anche molto concretamente, questo suo rapporto d’unione e d’amore con Cristo e, attraverso Lui, con tutta la SS.ma Trinità.
Tanto delicato quanto significativo, è il modo in cui Gertrude esprime la consapevolezza del suo, e del nostro, essere “figlia nel Figlio” attraverso lo Spirito Santo che abita in lei e al quale dice: “Tu sei quel bacio di salvezza che la maestà divina ha impresso sulla nostra umanità mediante il Figlio”. Torna qui alla memoria un brano di S. Bernardo (autore che Gertrude ben conosceva ed amava) nel quale il Santo, commentando il Cantico dei Cantici e citando Gv. 20,22, così si esprime: “Si dice che Gesù “soffiò su di loro”, cioè sugli apostoli, vale a dire sulla primitiva chiesa, “e disse: Ricevete lo Spirito Santo”. Fu per certo un bacio. Che cosa? Quel soffio, corporeo? No, ma l’invisibile Spirito venne dato appunto con quel soffio del Signore, per significare che procedeva da lui e dal Padre come un vero bacio, che è comune a chi bacia e a chi e baciato. Basta per tanto alla sposa esser baciata dal bacio dello sposo, il che non è altro che venire colmata di Spirito santo. Infatti, se veramente si riceve il Padre che bacia e il Figlio che è baciato, non sarà fuori luogo intendere per bacio lo Spirito Santo, che è del Padre e del Figlio l’imperturbabile pace, il forte cemento, l’indiviso amore, l’indivisibile unità.
Durante il susseguirsi delle varie espressioni che compongono il testo della composizione poetico-spirituale di Gertrude, si nota come ella aspiri sempre più agli amplessi celesti e, rivolgendosi a Dio, manifesti, con grande candore e confidenza sponsale, il suo desiderio: “Fa’ - dice - che questo piccolo granello di polvere - in cui lei si identifica considerandosi un nulla dinnanzi all’infinita maestà di Dio - non sia dimenticato dai tuoi legami” e arditamente prosegue “che io non sia privata del tuo contatto e della tua stretta… fammi sperimentare per davvero come sia delizioso abbracciare te, il Dio vivente, amore mio dolcissimo, dimorando in Te e a te essere unita”.

A riprova di ciò, in un brano del Legatus, scrive “Perciò quando mi avvicinasti, senza che lo meritassi, il volto desideratissimo, che irradiava abbondanza di ogni beatitudine, come ho raccontato, sentii che dai tuoi occhi divini entrava nei miei una luce al di sopra di ogni immaginazione, generatrice di dolcezza, che penetrando in tutte le mie viscere sembrava infondere in tutte le mie membra una forza straordinaria… tanto che tutto il mio essere non sentiva null’altro se non quello splendore divino che… più di quanto si possa esprimere, procurò nell’anima mia l’ineffabile gioia della serenità” … e proseguendo, poi, nella narrazione: “Per questo ti rendo grazie in unione di amore reciproco con la venerabile Trinità, per il dono di un tuo dolcissimo bacio: mentre infatti sedevo, e pensavo profondamente a te, e leggevo le ore liturgiche… spesso, nello spazio di un salmo dieci e più volte mi desti un tuo dolcissimo bacio sulla bocca, bacio che supera ogni aroma… e moltissime volte avvertii su di me il tuo sguardo e provai l’intimo amplesso tuo nell’anima mia”.
Quello di Gertrude è un vero e proprio “canto d’amore” che ella, rivolgendosi allo Spirito Santo, eleva al Dio Trino ed Unico poiché tutta la sua vita è plasmata e conformata da questo amore divino al quale essa tende con tutte le sue forze ed energie. Perciò, giustamente ella esclama: “O Dio, Amore, tu sei quanto di più caro io possieda; all’infuori di Te… io non spero nulla, nulla voglio” e conclude: “Tu sei la mia vera eredità e ogni mia attesa, verso di Te tende il mio fine e la mia intenzione”.
O Dio amore” esclama Gertrude, con grande trasporto intimo, rivolgendosi allo Spirito Santo ed identificandolo con l’amore stesso. Sembra di sentire, in questa espressione l’eco del commento di S. Agostino al passo del Vangelo di S. Giovanni 4,13, in cui si legge: “Da questo sappiamo che noi siamo in Lui e Lui in noi, perché ci ha dato del Suo Spirito”. A proposito di questo brano il grande Padre della Chiesa dice: “È dunque lo Spirito Santo, del quale Egli ci ha dato, che fa sì che noi restiamo in Dio e Lui in noi: ora questo è opera dell’amore. È dunque lo Spirito santo il Dio amore. … Lo Spirito santo, Dio che procede da Dio, una volta dato all’uomo, l’accende d’amore per Dio e per il prossimo, essendo Lui stesso amore. … L’amore che è da Dio, e che è Dio, è dunque propriamente lo Spirito Santo, mediante il quale viene riversata nei nostri cuori la carità di Dio, facendo sì che la Trinità intera abiti in noi”.
Anche S. Gregorio Nisseno sottolinea come Cristo ammonisca i suoi “a sentirsi un cuor solo e un’anima sola e a stimare questa unione l’unico e solo bene; a stringersi nell’unità dello Spirito con il vincolo della pace… Il vincolo di questa unità è un autentica gloria. Nessuno infatti può negare che lo Spirito Santo sia chiamato “gloria”; difatti il Signore dice: “la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità” (Cfr. Gv. 17, 22-23)”.
“O dolcissimo bacio, …fammi sperimentare per davvero come sia delizioso abbracciare te, il Dio vivente, amore mio dolcissimo, dimorando in te, e a te essere unita.”
Sotto un certo punto di vista, la figura di Gertrude prelude a quella di S. Teresa d’Avila e a quella di S. Margherita Maria Alacoque. Della prima, infatti, ella possiede la sicura esperienza delle anime e la solidità della cultura teologica; della seconda, invece, un vivissimo culto per l’Eucaristia e per l’umanità di Cristo.
Bellissimo, in riferimento a quest’ultimo aspetto della sua spiritualità, è il brano del Legatus in cui Gertrude narra il suo “conformarsi a Cristo” nella S. Comunione: “Dopo aver assunto l’alimento di vita, - dice - mi resi conto che la mia anima, a somiglianza di cera accuratamente ammorbidita al fuoco, era congiunta al petto del Signore come se dovesse ricevere l’impronta di un sigillo; e repentinamente essa sembrava circondarlo e in parte essere spinta dentro allo stesso scrigno “in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col. 2,9), fregiata del segno della fulgida e sempre serena Trinità”.
Leggendo questa ardente invocazione poetica di S. Gertrude, non può non tornare alla mente anche la preghiera composta da Madre M. Maddalena dell’Incarnazione la quale, anch’essa, definisce lo Spirito Santo “Dio di amore e carità, sacro nodo che tiene strettamente unito il Padre eterno con l’Unigenito suo Figlio, amabile autore di tutte le caste unioni” …proseguendo nella preghiera suddetta e nella consapevolezza della necessità dell’aiuto dello Spirito Santo, al fine di poter vivere nella piena volontà di Dio, M. Maddalena soggiunge: “Per questo è necessario che tu, o Dio del nostro cuore, non tolga da noi il tuo Santo Spirito, Egli sia il vincolo che ci unisce sempre a Te in questo divino mistero ed accresca sempre più in noi il desiderio di corrispondervi in ciò che richiedi da noi.” … “Il tuo Spirito ci suggerisca opportunamente tutte le verità che sotto la guida della Chiesa, madre e maestra, ci ha insegnato.” … E conclude: “Sia finalmente lo spirito del nostro spirito, l’anima della nostra anima, il principio e la regola di tutte le nostre azioni per tutto il tempo e per l’eternità. Amen”.
Molto bella, a tale proposito, è anche la supplica di Guglielmo di Saint-Thierry, il quale, rivolgendosi a Dio per impetrare da Lui il dono del Suo Santo Spirito, così si esprime: “Sto fermo nella tua fede, vado avanti nella tua speranza, del tuo amore sono povero e mendico. O amore, o fuoco, o carità: vieni in noi! … Mostraci ciò che crediamo, infondi ciò che speriamo, facci un volto tale da poter comparire davanti al volto di Dio e dire: A te ha detto il mio cuore: il mio volto ti ha cercato”. Meditando, poi, sull’azione di grazia che lo Spirito Santo compie nell’anima che lo riceve conclude esclamando: “O amore degli amori, … vedendo il tuo splendore e sentendo il tuo amore sia illuminata in te la mia coscienza, sia resa da te casta la mia anima”.
Anche S. Ambrogio, rivolgendosi allo Spirito Santo, così pregava: “Ora in noi, o Santo Spirito, uno con il Padre e con il Figlio, sii sollecito ad entrare, riversandoti nei cuori … fa’ che attraverso te conosciamo il Padre e assieme a Lui vediamo il Figlio, e che crediamo in ogni tempo che tu sei lo Spirito di entrambi. Amen”.
La presenza così diffusa, nelle varie produzioni, letterarie e spirituali, di autori tra loro così lontani nello spazio e nel tempo, è certamente segno di come, sempre, si sia riconosciuta l’importanza, nella vita di fede, dell’azione di Grazia esercitata dallo Spirito Santo nell’anima di ogni credente.
Terminiamo riportando un’antica sequenza medievale che ben s’intona con l’opera poetico-spirituale di Gertrude di Helfta considerata e, in un certo senso, riassume quanto detto sopra:
“Amore del Padre e del Figlio,
santa sorgente di ogni bene,
Spirito Paraclito.
Dai tesori della Trinità,
vieni, o fiume dell’amore,
ad abbracciare i nostri cuori.
Mostrati in essi, dolce fiamma,
lambisci i nostri cuori ormai induriti,
allontana quel gelo che ci opprime.
Scendi, dolce vento del sud,
spira su di noi, fino a bruciarci
con il tuo amore che ci divinizza.
Per te a te noi siamo uniti,
grazie a te siamo congiunti gli uni gli altri
con il legame dell’amore.”