Cristo nella letteratura 2 - La bellezza del Cristo

Autore:
Fighera, Giovanni
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Iacopone da Todi, sant’Agostino, Giovanni Paolo II.

La bellezza del Cristo è testimoniata dalla promessa di novità per la nostra vita, dalla straordinaria corrispondenza con il nostro desiderio di felicità e di amore. Nell’esperienza di aver trovato una sorgente che inizi a dissetare la nostra arsura in mezzo al deserto del mondo siamo sorpresi per l’uomo nuovo che sta nascendo in noi. Di qui scaturisce il desiderio di seguire e conoscere sempre più in profondità il Maestro. Di qui sgorga la speranza per la nostra vita che, nella straordinaria notizia della resurrezione di Cristo, diventa certezza di eternità per noi e per i nostri cari.
Iacopone da Todi nella stupenda lauda «Amor de caritate» ci illumina al riguardo:

En Cristo nata nova creatura,
spogliato lo vecchio om, fatto novello!
Ma en tanto l'amor monta con ardura,
lo cor par che sse fenda con coltello;
mente con senno tolle tal calura,
Cristo si me trae tutto, tanto è bello!


Tanto è l’ardore che il poeta sente per Cristo, come un innamorato di fronte alla propria amata, che arriva a scrivere:

Abràcciome con ello e per amor sì clamo:
«Amor, cui tanto bramo, fan’me morir d'amore!».


Bellissimo è quest’ultimo verso in cui l’amore, divenuto «dono commosso di sé», desidera consumarsi tutto per amore. È una confessione di amore totale, imperitura, eterna:

Per te, Amor consumome languendo
e vo stridenno per te abracciare;
quando te parti, sì mogo vivendo,
sospiro e plango per te retrovare;
te retornando, ’l cor se va stendendo,
ch’en te se pòzza tutto trasformare;
donqua, plu non tardare, Amor, or me sovene,
legato sì mme tene, consumese lo core!


Cristo è rappresentato da san Giovanni nell’Apocalisse mentre dice di sé: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Cristo è la possibilità di comprendere l’uomo e la realtà in maniera diversa, è la sola possibilità di un’umanità nuova già su questa terra. Contro ogni ideologia che preannuncia l’instaurazione di un mondo nuovo, buono già su questa terra a partire da progetti umani e da rivoluzioni, Cristo si propone come la persona da accogliere perché si possa instaurare il suo Regno, perché possa venire la sua pace, non quella del mondo, ma una pace che include anche giustizia, misericordia e carità. Vediamo operare la sua straordinaria umanità nel modo in cui guarda il peccatore Zaccheo, l'adultera che sta per essere lapidata, l’amico Lazzaro resuscitato dal sepolcro. Di fronte alla vedova di Nain che ha appena perso il figlio, Gesù si commuove ed esclama: «Donna, non piangere».
Si domanda, poi, sant’Agostino:

Perché anche nella croce aveva bellezza? Perché la follia di Dio è più sapiente degli uomini; e la debolezza di Dio è più forte degli uomini (Corinzi 1,23-25) […] Bello è Dio, Verbo presso Dio; bello nel seno della Vergine, dove non perdette la divinità e assunse l’umanità; bello il Verbo nato fanciullo […]. È bello dunque in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori: bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell’invitare alla vita e bello nel riprenderla, bello nel non curarsi della morte, bello nell’abbandonare la vita e nel riprenderla; bello sulla croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo […]. Suprema e vera bellezza è la giustizia; non lo vedrai bello, se lo considererai ingiusto; se ovunque è giusto, ovunque è bello. Venga a noi per farsi contemplare dagli occhi dello spirito.

Papa Giovanni Paolo II scrive sulle ragioni della bellezza di Cristo:

Gesù Cristo non soltanto rivela Dio, ma «svela pienamente l’uomo all’uomo». In Cristo Dio ha riconciliato a sé il mondo […]. È redento l’uomo, è redento il corpo umano, è redenta l’intera creazione, di cui San Paolo ha scritto che «attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio» (Romani 8, 19).

In mezzo a tanti falsi profeti che allettano con l’attrattiva di nuovi messaggi e scoperte, Cristo si propone come l’unica vera novità che il mondo abbia conosciuto. Tutte le altre ipotesi, ad un attento esame, sono, in realtà, recuperi dell’antico paganesimo, che assumono nomi nuovi e vesti allettanti e ingannatrici, da cui san Paolo con acume ci mette in guardia:

Perché verrà un tempo in cui non sopporteranno più la sana dottrina; ma per prurito di udire, si ammucchieranno dei maestri secondo le loro passioni, e si distoglieranno dall’ascolto della verità per rivolgersi piuttosto alle favole.