Alla Madonna del Frassine
di Renzo Barsacchi- Autore:
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Sei rimasta sull’albero
come una bimba che vi sia salita
attratta dal mistero di una vita
diversa, e non vuoi più
discenderne, che troppi
la invocano. lo ti guardo
con occhi di ritegno
per vederti col cuore. E non so dirti
nulla, come tutti i poeti,
che turbano il silenzio. E di silenzio
tu venisti formata per accogliere
quell’unica parola. Sei la donna
cui si chiede soltanto
di esistere, ma a cui si pensa sempre
come alla rosa, petalo su petalo,
quando l’inverno rifiorisce dentro.
Se ti chiamassi madre, non sarei
che un cattivo figliolo, se sorella
un fratello non degno
ti chiamerò Maria, col nome chiaro
dell’angelo e tu Renzo.
Ci troveremo uniti senza accorgercene
come due che una volta si sorrisero
e quel sorriso li legò per sempre.
La leggenda, legata alla Madonna del Frassine, narra che un monaco, nel 1252, fuggendo dal suo monastero di Monteverdi Marittimo, il quale era stato assalito e devastato, portò con se una statuetta della Madonna, affinché fosse sua compagna e protettrice, nel travagliato viaggio che si accingeva a compiere verso Massa Marittima. Non riuscendo però a raggiungere la meta prefissatasi, nascose il simulacro della Vergine, che portava con se, tra i rami di un frassino onde evitare che potesse essere profanato dai nemici della religione.
In tale “nascondiglio” (e la cosa ha già del “miracoloso” di per sé) rimase per circa un secolo, finché un contadino della zona, seguendo uno dei suoi buoi che si era allontanato dalla mandria, lo trovò “inginocchiato” dinnanzi al frassino e guardando, poi, tra i rami rinvenne la suddetta statuetta.
La notizia si diffuse rapidamente e molti accorsero per vedere il prodigioso ritrovamento.
Si pensò subito di trasportare la statuetta nella chiesa del vicino castello di Monterotondo, ma le numerose grazie e i miracoli che si verificavano continuamente sul luogo del ritrovamento fecero comprendere che la Madonna aveva scelto proprio quel frassino quale sua sede e “trono di misericordia”.
La statua fu dunque lasciata sul tronco di quel frassino, prima racchiusa in un’edicola e poi nella chiesa ivi appositamente costruita.
Da lì la Madonna continua a proteggere, quale Regina e Madre, la Val di Cornia e la Maremma, ed il santuario è meta ancor oggi di numerosi pellegrinaggi specialmente il 25 aprile, il lunedì di Pentecoste e l’8 settembre.
“Sei rimasta sull’albero come una bimba…” Barsacchi, all’inizio di questa sua composizione poetica, paragona Maria a “una bimba”, la quale, nella sua infantile innocenza, è ancora aperta alla meraviglia, capace di provare stupore di fronte alle realtà del creato, aperta, insomma, alla vita con uno sguardo fiducioso al domani.
Ma Maria non è “rimasta sull’albero” solo perché “attratta dal mistero di una vita diversa”, quasi a distanziarsi dalla vita quotidiana della terra “dove troppi la invocano”. Ella, nel suo amore materno, dall’albero ove si è posta, spinge lo sguardo lontano per guardare i suoi figli.
Anche l’autore guarda a Maria e lo fa “con occhi di ritegno” cioè con gli occhi del cuore, poiché “ l’essenziale è invisibile agli occhi” - come diceva Sant Exupery - e “non si vede bene che col cuore”.
“Ti guardo con occhi di ritegno per vederti col cuore” dice dunque ilo poeta a Maria. È bella questa espressione, colma di affetto e venerazione. Potremmo anche tradurla con “ti guardo con occhi colmi di venerazione” ma, così formulata, non evidenzia altrettanto bene il senso profondo di quanto il poeta intende dire.
Non sono infatti gli occhi – intesi quali organi percettivi del senso della vista- che possono guardare a Maria e vederla nella sua intima reale “essenza”. È solo il cuore che può giungere a tanto: solo l’Amore penetra e giunge a cogliere il Mistero celato in Maria. La Madonna, dunque, può essere “vista” solo “col cuore”.
Pur consapevole della grandezza interiore di Maria, il poeta si rivolge in tono familiare e spontaneo a Colei che è anche la “Regina del cielo” e a lei si confessa dicendole candidamente: “come tutti i poeti che turbano il silenzio” “non so dirti nulla”. Non ci sono, infatti, parole atte ad esprimere tanta beltà d’animo e tanta purezza interiore quale si trovano nella Vergine Santa.
Le facoltà umane vengono meno, la lingua “balbetta” e anche la “favella poetica”, generalmente così consona a rendere l’inesprimibile, ammutolisce, riconoscendosi “impossibilitata” ad esprimere tale eccelsa realtà trascendente ed ognuno riconosce, come direbbe Dante, che “non eran da ciò le proprie” e “ a l’alta fantasia qui mancò possa”.
“Non so dirti nulla”, riconosce il poeta di fronte a Maria, la “piena di Grazia” per antonomasia. Egli tace poiché “ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare” come diceva Dante; e se, la semplice presenza della donna amata, era sufficiente per far ammutolire l’Alighieri, cosa non dovrà provare l’animo umano dinnanzi a Colei che “di silenzio” venne “formata per accogliere quell’unica parola” a Colei “cui si chiede soltanto di esistere”.
Ma il silenzio non è sterile dato che, prosegue Barsacchi rivolgendosi alla Vergine Madre, con un’espressione densa e profondissima, “ di silenzio tu venisti formata per accogliere quell’unica parola”. Di silenzio è intessuta la persona e la vita stessa di Maria e da tale silenzio colmo della Presenza divina germoglia il Verbo di Dio, “quell’unica Parola” che dà origine e senso a tutto il Creato.
“Sei la donna cui si chiede soltanto di esistere” Alla Vergine Santa si chiede “soltanto di esistere”, ci basta che ella “ci sia”, ovvero che “sia presente” nella nostra vita, nelle nostre occupazioni e preoccupazioni quotidiane, nelle vicende lieti e tristi della nostra esistenza.
Maria è come il porto sicuro cui tende ed anela il naufrago, il faro che illumina le tenebre, la stella luminosa a cui guarda il navigante per orientare la rotta.
Alla Vergine Madre si ricorre sempre, il suo nome sale quale invocazione di lode o richiesta di soccorso nelle ore liete e in quelle tristi della vita. Ecco perché a Lei “si chiede soltanto di esistere” e a Lei “si pensa sempre…quando l’inverno rifiorisce dentro” poiché, quando “l’inverno fiorisce dentro”, Maria è il raggio di sole che apre alla speranza dell’avvento della primavera. Capita, infatti, a tutti, nel vivere quotidiano, il momento della prova, “l’inverno” dello spirito che raggela il cuore e avvolge l’animo ne suo manto di tenebre. Il soccorso di Maria, Colei “a cui si pensa sempre, come alla rosa, petalo su petalo”, diviene, allora, la luce che illumina la notte e fa sorgere, nell’anima, l’aurora della fede che apre al nuovo giorno della salvezza.
“Se ti chiamassi madre… se sorella…” Il poeta si rapporta allora a Maria ma riconosce che nessuno dei possibili rapporti umani si presta ad esprimere l’inesprimibile.
Inoltre, Barsacchi, si riconosce di ogni tipo di familiarità con Maria anche se, nel contempo, ne avverte l’importanza, la necessità in lui imprescindibile di averla come “compagna di viaggio” nel cammino della vita: la sua compagnia gli è essenziale.
La familiarità con la Madre celeste si esprime allora nella semplice profondità del “chiamarsi per nome” “ti chiamerò Maria, col nome chiaro dell’angelo e tu Renzo.” (Ma potrebbe esserci il nome di ciascuno di noi). Quello che l’autore esprime è la rispettosa devozione che il suo animo nutre per la Madonna, misto però ad uno struggente e profondissimo desiderio di familiarità con la vergine Santa che lo porta ad “osare” di chiamare Maria per nome e di chiederle di essere da lei ricordato e interpellato con il suo nome proprio, come un figlio che la mamma chiama per nome, così semplicemente.
“Ci troveremo uniti senza accorgercene” Cogliendo “fior da fiore”, cioè contemplando le Grazie e le Virtù di cui Maria è colma, Barsacchi penetra sempre più nella familiarità con la figura materna di Lei e, spontaneamente, si viene a creare un profondo legame che lo unisce alla Vergine Madre, appunto “senza accorgercene” –specifica il testo- “come due che una volta si sorrisero e quel sorriso li legò per sempre” poiché “Al cor gentil rempaira sempre Amore” e “né fe’ amor anzi che gentil core né gentil core ante che amor natura” (Guinizzelli). È bastato quindi un semplice ed unico sorriso tra la Vergine e il nostro autore perché egli si senta ormai a Lei legato “per sempre”.