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L'Ascensione di Gesù al Cielo

Autore:
Riva, Gloria
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Pericle Fazzini, La Resurrezione, Città del Vaticano, Aula Paolo VI



Nell'ascendere al cielo Cristo porta con sé l'intero cosmo: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Là ora abbiamo un sommo sacerdote che conosce, perché patite, le nostre infermità. In Dio vive un corpo d'uomo saldamente legato al mistero di quell'universo che muta e si trasforma e non si logora mai; per questo universo Egli prega e intercede "quale avvocato per i fratelli presso il Padre" (cfr. Cost. art. 26 §2).
La morte e la vita sono la medesima cosa, fanno parte dell'infinito mistero in cui gli uomini e i piccoli invisibili insetti hanno lo stesso peso, in un sempre più misterioso universo che non si logora mai.
Tra gli ultimi appunti dello scultore Pericle Fazzini (Figura 1) furono trovate queste parole, così dense di sapienza e profonde nella prospettiva. Dentro la cornice di queste parole, e quella più ampia dell'opera di questo artista, vogliamo collocare la nostra riflessione attorno al mistero dell'ascensione. Un mistero che Madre Maria Maddalena contemplava nell'Eucaristia. In essa infatti risiede colui che, salito al Padre, rimane solidale agli uomini e intercede per loro.


La preghiera d'intercessione
Nel secolo dei "lumi" la spiritualità cristiana era per lo più orientata verso la formazione delle singole anime, fiorivano manuali di ascetica e mistica, mentre rimaneva in ombra l'aspetto ecclesiale della spiritualità. L'intercessione era perciò una forma di preghiera poco evidente all'interno della pietà popolare. Madre Maria Maddalena non usa mai la parola intercessione, ma i suoi scritti indicano la radice dell'intercessione di Gesù nel mistero della sua incarnazione: quel Dio che vive e palpita, misticamente presente, nell'Eucaristia è quello stesso uomo che ha bevuto e mangiato con noi. Cristo che regna glorioso in cielo, ha voluto "per nostro conforto in questa valle piena di fango rimanersene vivo sotto gli accidenti del pane e del vino".


Cristo, asceso al cielo, è l'unico intercessore
Il Cristo del Fazzini risorge nel contesto suggestivo dell'orto del Getsemani. Nell'icona del Cristo orante che gronda sudore di sangue è inscritta tutta la successiva passione e morte. La risurrezione di Cristo è la risposta del Padre, ultima e definitiva, a quella preghiera che per la sua intensità e portata ha abbracciato i secoli e il tempo raccogliendo il gemito e l'affanno di ogni uomo.
Nel mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù c'è la risposta ad ogni sofferenza umana, c'è già tutta, completa e sovrabbondante, l'opera di redenzione dell'intera umanità, eppure Cristo ha voluto perpetuare nel tempo questa sua opera e la Sua Presenza redentrice.
"La Fede insegna, dice Madre Maddalena, che egli si trova realmente nelle nostre Chiese come è alla destra del Padre; Colui che S. Stefano vide in piedi, quando gli furono aperti i Cieli, è lo stesso che ha fatto dei nostri altari un trono di misericordia. "Dall'alto dei Cieli - fa dire la Madre a Gesù - io potrei fare a vostro favore quello che già faccio senza tanto abbassarmi sulla terra, ma mia delizia è stare con quelli che mi amano e sino alla consumazione dei secoli io starò in questo abbassamento (Eucaristico n.d.r.) affinché tutti vengano a trovarmi quando lo vogliono" (Dir 1814 pp. 26-27).
Nella scultura del Fazzini Cristo emerge dalla terra e, come in un nuovo e misterioso parto, sale verso la luce, accompagnato da un'ampia corona di saette che si apre a ventaglio al suo passaggio.
Nella sua ascesa egli trascina con sé l'intero cosmo: roccia, radici, rami contorti di ulivo e nuvole. L'intero universo con la risurrezione conosce un nuovo parto. Cristo con le braccia aperte è all'apice di questo evento e rappresenta il nuovo sole che sorge maestoso sul mondo trasfigurato.
Nell'Eucaristia, scrive Madre Maddalena, Cristo è il Signore, Sole di giustizia, Autore della nostra Santità e Sorgente inesausta di tutti i doni del Cielo. Come le rocce che si aprono al sorgere del Risorto così, davanti all'Eucaristia "i cuori induriti si spezzano e si ammorbidiscono, i buoni avanzano nella via della perfezione, i tiepidi si animano e i deboli si fortificano, poiché Iddio compensa i suoi Adoratori con molte e segnalata grazie li ricolma di lumi speciali e di celesti consolazioni" (Dir 1814 pp. 35-36).
È stato scritto che la scultura dell'Aula Nervi rappresenta un Cristo slanciato verso l'alto che dall'alto protegge e benedice liberandosi dai legami terreni. Dunque da un lato Cristo trascina con sé la materia, dall'alto si libera da essa: Fazzini immortala il Risorto in un attimo eterno: il Signore Gesù è già potenzialmente nel Padre ma è ancora, trattenuto, in mezzo a i suoi. Egli inter-cede, cioè inter-viene: è venuto in mezzo a noi, ma ancora viene, anzi rimane fra noi e il Padre in un Passaggio perenne. L'Eucaristia celebra questa Pasqua perpetua dove Cristo,realmente presente, è ponte di comunione tra l'umanità peccatrice e la santità ineffabile del Padre.
O Gesù, Salvator mio … con una sola parola potevi operare tutte le grazie, tutto ciò che operi in noi per mezzo di questo ammirabile Sacramento. Una tua immagine o una tua croce bastavano per santificare il tuo tempio e per esigere da noi le nostre più umili adorazioni; ma tu sei qui tra noi Dio e Uomo pieno di gloria, di grazia e di verità. Questo verbo incarnato, è il colmo dei tuoi benefici!


La gioia dell'intercedere

Il volto del Cristo di Fazzini (Figura 2) è colmo di serenità e gioia: mia delizia è stare con quelli che mi amano e sino alla consumazione dei secoli io starò in questo abbassamento (Dir 1814 p. 26). Qui la Madre evoca un celebre passo dei Proverbi in cui la Sapienza personificata afferma di aver posto "le sue delizie tra i figli dell'uomo"(Pro 8,31).

Gesù ha desiderato rimanere con noi fino alla fine del mondo, per questo istituì l'Eucaristia e, nell'ultima cena, invitò i suoi discepoli a rimanere in lui per tutto ottenere, grazie alla sua intercessione, e per avere la pienezza della gioia: Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. Rimanete nel mio amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. (Gv 15, 7. 9.11)
Anche la Madre sottolinea, in una delle sue preghiere, la gioia che Cristo prova nel soccorrere le nostre necessità: O mio Dio, io vi amo non solamente per il bene che mi fate, ma anche per la gloria che ricevi dalla tua stessa umiliazione (nel Sacramento) e per la gioia che tu provi per la salute e l'avanzamento spirituale di quelli che hanno la bella sorte di visitarti (Dir 1814 pg 52).

Benedizione e intercessione
Il Risorto del Fazzini ascende al cielo e dall'alto protegge e benedice. In Cristo - scriveva Leone Magno - viene benedetta tutta la discendenza di Abramo e tutto il mondo riceve l'adozione divina. Parole che trovano autorevole conferma i quelle dell'Apostolo: Dio ci benedice con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo (cfr. Ef 1, 3).
Il senso profondo della benedizione, oggi, non è più compreso perché con il moltiplicarsi degli strumenti di comunicazione l'uomo contemporaneo ha, paradossalmente, assistito allo svuotarsi del valore della parola.
La benedizione è quella parola di bene di Dio che si realizza nella vita di colui che la riceve e accoglie. La parola umana diventa, grazie alla benedizione, lo strumento mediante il quale si percepisce la Presenza benefica di Dio che rende sacro il profano e che volge al bene le distorte vie dell'uomo. Agostino, commentando il Salmo 66 in cui l'orante invoca la benedizione divina come fonte di vita e prosperità, annota: In molte maniere e per vari fini gli uomini desiderano d'essere benedetti da Dio, alcuni per avere in casa una piena abbondanza di generi necessari alla vita, altri per godere di una perfetta sanità, quelli per essere liberati dall'estreme indigenze, questi per conseguire una numerosa prole e prosperità. E chi può contare i molti desideri degli uomini per il cui appagamento chiedono le benedizioni di Dio?
Il passo è citato nel Direttorio del 1814 all'interno di un capitolo (steso probabilmente a due mani: Madre M. Maddalena con Mons. Baldeschi) dove la benedizione, e in particolare quella Eucaristica, è presentata come il modo di intercessione più efficace. L'efficacia della benedizione Eucaristica è superiore a quella di tutte le altre benedizioni: Sacerdotali, Vescovili e Papali perché, mentre in queste ultime Cristo benedice servendosi della mediazione umana, in quella Eucaristica "Gesù Cristo medesimo è l'immediato benedicente" (Dir 1814 p. 69). Come la suprema Provvidenza nell'ordine naturale diffonde copiose piogge a beneficio universale della terra produttrice di ogni sorta di erbe e di frutti, così l'Eucaristica benedizione nell'ordine soprannaturale sparge tutto il giorno sopra la Chiesa innumerevoli piogge ricchissime di ogni sorta di grazie a favore delle Anime e dei Corpi (cfr. Ez 34,26 e Is 55, 10-11). Quanti flagelli di guerra, di fame, di pestilenze, di terremoti, d'inondazioni, di morti improvvise, di mille altri disastri sono dall'infinita Divina Clemenza o sospesi o mitigati o fugati per mezzo di questa prodigiosissima Benedizione (Dir 1814 p. 70).


La nostra intercessione
Al Cristo benedicente il creato risponde benedicendo. Nella scultura del Fazzini il groviglio della materia si dispiega e si armonizza attorno al Cristo in un dialogo partecipato e amoroso. Tutta la scena è animata da un vento gagliardo e benefico, lo stesso vento invocato da Ezechiele sulle ossa aride per farle rivivere e restaurarle nella bellezza della primitiva forma. Nella pagina biblica la parola umana, investita della potenza di Dio, collabora all'opera divina della restaurazione del mondo. Anche nella scultura del Fazzini si percepisce la partecipazione intima della materia alla restaurazione di tutte le cose in Cristo, contemplandola tornano alla mente le parole dell'Apostolo: la natura attende con impazienza la liberazione dei figli di Dio e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio (cfr. Rom 8, 19 -21).
In Cristo, Parola del Padre, l'uomo si fa voce di ogni creatura ed è chiamato a collaborare all'opera della redenzione attraverso il suo assenso e la sua preghiera. Colui che ti ha fatto senza di te, diceva S. Agostino, non vuole salvarti senza di te.

Gesù intercede quale avvocato per i fratelli presso il Padre. Le Adoratrici, in unione a Lui, implorino grazia e misericordia per se stesse e per tutta la Chiesa e il mondo intero. Invochino perché sia concessa conversione ai peccatori, perseveranza ai giusti, luce a coloro che vivono nell'ignoranza o nell'errore e affinché tutti gli uomini si uniscano in un solo ovile sotto un unico pastore. In questa preghiera di intercessione seguano gli impulsi dello Spirito Santo che vive e prega i noi. (Cost. art. 26 §2)
Se Cristo con la sua risurrezione siede alla destra del Padre e intercede per noi, ecco che noi sue membra, partecipi - per grazia - del medesimo Spirito e della medesima vita divina dobbiamo pregare gli uni per gli altri. Anche l'apostolo Giacomo raccomanda la preghiera vicendevole Pregate gli uni gli altri per essere guariti (Gc 5, 16; cfr. Dir 1814 pp 34-35).
È il mistero della comunione dei santi che Madre Maria Maddalena esprime in questo modo: L'unione delle preghiere non è limitata in una sola chiesa dove un numero di anime sante adorano giorno e notte Gesù Cristo sopra l'Altare, ma si estende a tutte quelle persone che fanno opere buone e sante, delle quali sono partecipe quelle stesse anime che vi concorrono stando davanti a Dio nel SS. Sacramento: poiché chiunque sta in grazia di Dio partecipa di tutte le opere buone che fanno i giusti qui in terra, secondo il Real Salmista: Io son partecipe, o Signore, di tutto quello che fanno quei che vi temono ed osservano i tuoi Santi Comandamenti (Dir. 1814 p 34).
Se il Signore, continua la Madre, promette di far grazia a due o tre persone che in suo nome si troveranno unite per domandargli delle grazie, quanto più esaudirà colui che - nel domandare - si unisce spiritualmente a quanti hanno fatto dell'adorazione Eucaristica il centro della loro vita. (cfr. Dir 1814 pp 34-35). Poiché infatti, nell'Eucaristia l'unità di tutto il genere umano in Cristo è significata e prodotta ecco che la preghiera di intercessione fatta davanti al Santissimo Esposto si fa più potente ed efficace.
Se fossimo più consapevoli di questo e conservassimo l'amore e l'unità dei cuori quale segno dell'amore e dell'unità con Cristo, nel domandare subito saremmo esauditi e le nostre Chiese, come afferma Madre Maddalena, si trasformerebbero in tanti paradisi: Le nostre Chiese (con la preghiera davanti al Santissimo Sacramento) riceverebbero gente in folla, diventerebbero allora tanti Paradisi su questa terra ed il nostro Signore Gesù Cristo che sta perpetuamente sull'Altare per fare a noi del bene, sarebbe da noi onorato con vera profusione di cuore. Stanno ivi tutti uniti insieme, Iddio si piegherebbe alle nostre preghiere ed esaudirebbe gli uni per amore degli altri.

Intercedere: farsi carico del dolore altrui
Vorrei accostare a quest'opera la Pietà Rondanini di Michelangelo. (Figura 3) Ambedue le opere, famose e spesso poco comprese, sono l'ultima creazione dei rispettivi artisti e rappresentano il loro testamento spirituale.
Nella Pietà Rondanini, come in altre sculture di Michelangelo, sono presenti dei lacci che rimandano in certo qual modo ai legami che avvolgono il Risorto del Fazzini.
Nell'opera michelangiolesca la Vergine ha nella sua parte posteriore dei lacci allentati; essi sono simbolo dei legami terreni: l'amore umano, la storia, la vita stessa. Essi si allentano, si rilasciano, ma non scompaiono, rimangono, quasi a ricordarci che Maria è una di noi sebbene tutt'uno col Figlio, come Michelangelo la rappresenta. (Figura 4) Guardata frontalmente la scultura appare senza dubbio una pietà, ma osservata di profilo muta completamente d'aspetto. Cristo germoglia dalla terra con la forza inarrestabile della vita, le sue gambe suggeriscono una potente spinta verso l'alto e le sue braccia gettate all'indietro sorreggono la Madre. Maria, infatti, non regge il Figlio, ma pare piuttosto gravare sulle spalle di Lui. Nello sforzo i due si piegano leggermente in avanti conferendo all'intera scultura la forma di mezzaluna.

Ecco qui il rimando al Fazzini, non nella forma plastica, ma nell'intuizione teologica: (Figura 5) Cristo ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. (Ef 4,7). Nella giovane Madre si riflette l'umanità redenta da Cristo, per la quale egli intercede portando su di sé la debolezza della carne. Egli pur essendo alla destra del Padre continua a farsi carico delle nostre infermità, avendole sperimentate per primo e portandone ancora i segni (le piaghe) nella sua gloria.

Come Cristo anche l'uomo che intercede si pone al centro di una lotta disponendosi, implicitamente, a riceverne i colpi. Farsi carico degli altri - sia pure nella sola preghiera - ha come diretta conseguenza condividere le loro pene e partecipare alle loro sofferenze.
Più di tante parole qui può parlare la vita. In questo episodio della vita di Madre Maria Maddalena - che poniamo a conclusione della nostra riflessione - vediamo significato il valore e le implicite conseguenze della preghiera d'intercessione. Lo racconta il fratello di Madre Maria Maddalena che accompagnò la Madre a Roma in occasione dell'inizio della fondazione:
Ero presente quando uscì dal Monastero d'Ischia e si pose in carrozza. […]Vidi al piazzale del Monastero radunato molto popolo. […] Giungemmo a Viterbo in un ora del giorno atta a poter vedere le cose più rimarchevoli della città; visitammo subito la Madonna della Quercia, dove mi fermai per un dolore al piede sopravvenutomi all'uscire della chiesa. […]
In Roma pure si affollava molta gente intorno alla nostra carrozza, e giunti di notte al Monastero di S.. Lucia in Selci, molti si presentarono con torce per ricevere la sorella, ed introdurla in Monastero. Noi fummo alloggiati poco distante in un appartamento appositamente affittato pel Confessore di mia sorella.
Nella Madonna della Quercia mi prese, come ho accennato, un forte dolore al piede destro, che si scoprì essere una risipola. In Roma il dolore continuava, e fui trasportato nell'abitazione d'alloggio sopra un seggiolone da due servitori. Mi rincresceva assai stare a letto, e non poter vedere la processione dell'ottava del Corpus Domini. La mattina venne per parte di mia sorella una inserviente del Monastero di S. Lucia a domandare le mie nuove, la quale fu da me incaricata di dire a mia sorella, che avesse pensato a farmi star bene, giacché in ogni modo volevo vedere la Processione, che mi pare dovesse essere il giorno appresso; nella notte di quel dì mi alzai per una necessità, e mi accorsi di poter bene camminare, ma pure toccando il piede conobbi non essere libero dalla gonfiezza. La mattina mi alzai, esperimentai esser cessato il dolore nonostante che la parte ancora rimanesse gonfiata. Poco dopo venne il Sacerdote Baldeschi, al quale dissi, che il male non era cessato, ma ciò nonostante sarei uscito di casa, ed insieme fummo a piedi a S. Maria Maggiore, a S. Giovanni, alla visita della Scala Santa, e quindi ritornammo a(l Monastero di) S. Lucia in Selci per la parte del Colosseo. Dimandai a Suor Maria Giuseppa nuove della sorella, e mi fu risposto, che si trovava in letto impedita dalla risipola: ci ponemmo a ridere dicendo io, che era meglio che il male lo avesse Lei in vece mia; mentre avrei provato molto dispiacere di non vedere la processione anzidetta.
Alcune mattine appresso riparlai con la sorella la quale pure in ischerzo mi disse - siete rimasto contento ? - ed io parimenti con lo scherzo ripetei - meglio che il mio male siasi da me partito, e venuto a Lei.

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