Padre Vasilij Sokolov, martire

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Padre Vasilij nacque nel 1876 nella provincia di Mosca, in un villaggio vicino a Sergiev Posad. Terminati gli studi al seminario e all’accademia teologica ortodossa di Mosca, si sposò e fu ordinato sacerdote. Dopo 12 anni gli morì la moglie dalla quale aveva avuto 6 figli. A Mosca gli venne assegnata la parrocchia di S. Nicola vicina all’Arbat dove rimase fino a quando lo fucilarono.
Il processo contro i sacerdoti di Mosca seguì immediatamente al processo contro i sacerdoti di Suja, all’interno della stessa campagna per l’esproprio dei preziosi in possesso della Chiesa. A Suja i fedeli erano scesi in piazza per impedire l’esproprio: La guardia rossa aveva sparato sulla folla (5 morti e 15 feriti) e alla fucilazioni furono portati due preti e due laici. A Mosca invece non ci fu reazione, né da parte dei fedeli e nemmeno da parte dei sacerdoti, il che dimostra ancora più evidentemente che la campagna per l’esproprio dei beni ecclesiali, mascherata dal bisogno di aiutare gli affamati (il denaro ricavato finì a finanziare piani esclusivamente politici) nella intenzione di Lenin (come del resto Lenin stesso dichiarava nella lettera al comitato del PC di Shuja) aveva come primo scopo di eliminare una buona parte del clero. Nel solo anno 1922, nell’ambito di questa campagna, furono fucilati 2.691 sacerdoti, 1.962 monaci, 3.447 suore oltre ad un numero imprecisato, ma abbondante, di fedeli laici.
Il 4 marzo 1922 padre Christofor Nadezhdin, venne arrestato perché, secondo la testimonianza di un agente, durante una predica aveva dichiarato che l’insubordinazione alla Chiesa suscitava la collera divina. Durante il processo si venne poi a sapere che le parole del sacerdote erano state modificate perché servissero meglio alle intenzioni del partito.
Dopo pochi giorni la commissione per l’esproprio giunse anche alla Chiesa di S. Nicola dove era parroco padre Vasilij Sokolov. In una predica padre Vasilij aveva detto: Non dobbiamo lamentarsi se vengono espropriati i vasi sacri, tanto più che il ricavato sarà devoluto (si illudeva!) in aiuto degli affamati, ma i fedeli non possono non rattristarsi se gli oggetti sacri vengono usati per usi profani.” Padre Vasilij vene accusato di aver offeso gli agenti venuti per l’esproprio. Con lui venero arrestate 54 persone, fra le quali altri due sacedoti, Aleksandr Zaozerskij e il monaco Makarij Telegin.
Dal 26 aprile all’8 maggio venne celebrato il processo. Tutti i sacerdoti si proclamarono innocenti. L’8 maggio venne letta la sentenza del tribunale: “Tenendo conto che gli accusati, rei di documentata attività antirvoluzionaria, hanno sfruttato un momento particolarmente pesante della vita del popolo, quando milioni di contadini muoiono di fame, e gli imputati non si conobbero colpevoli dei loro delitti e così di propria volontà hanno segnato la propria sorte, il Tribunale condanna alla fucilazione Zaozerskij Aleksandr di 42 anni, Nadezhdin Christofor Alekseevich di 56 anni, Sokolov Vasilij Ivanovich di 46 anni, Telegin Makarij Nikolaevich di 46 anni, Tichomirov Sergej Fedorovich di 57 anni. Quattro sacerdoti ed un laico
Riportiamo alcuni brani delle lettere di padre Vasilij Sokolov, scritte dal carcere nell’attesa della fucilazione.

La prigione è una grande maestra ed una educatrice severa. Non ama gli scherzi e le mezze misure. Qui bisogna decidersi in modo fermo e senza ripensamenti. Nella vita libera questo
atteggiamento non puoi ottenerlo con la forza, a questa consapevolezza non puoi giungere. Ecco, questa prigione mi ha definitivamente convito che consegnarsi con passione ed esclusività alla vanità del mondo, è pura insipienza, e che la vera occupazione per l’uomo deve consistere nel servire Dio e il prossimo, e occuparsi meno che si può di se stessi…
Resta come unica, e nello stesso tempo consolante, occupazione, la preghiera. Qui si può e si deve dire, come raccomanda l’apostolo ‘occorre pregare continuamente’. Nelle parole della preghiera, nell’approfondire il loro significato e il loro valore, si aprono continuamente nuove e nuove fonti di incoraggiamento e di godimento. A volte sei portato a condannare te stesso nella coscienza di essere un grande peccatore, nella consapevolezza della tua innata debolezza. Ma poi questo stato d’animo si apre a più imperiose parole di speranza e di consolazione. Per un cuore triste e sofferente la preghiera non solo offre riposo e pace, ma infonde nel flusso della tua vita la capacità di pacificarsi con la triste realtà, per sopportare le disgrazie che capitano. Senza la preghiera si può soltanto perire, cadere in una tristezza irreversibile, in una agonia mortale…
Ecco siamo giunti alla festa della Ascensione del Signore, mirabile conclusione di un mirabilissimo principio, la Risurrezione. In queste meraviglie poggia tutta la nostra fede, in esse, essa rivive su un fondamento granitico. Per quanto la non fede possa inventare contro il cristianesimo, esso, su questo fondamento, sarà sempre forte ed incrollabile, inconcusso perché poggia sulla Resurrezione e Ascensione di Cristo. Per me questa festa dell’Ascensione del Signore, ora, in modo del tutto particolare, è consolante e piena di significato. Perché il Signore è salito al cielo? Lui ha detto: “Vado a prepararvi un posto”. Dunque, Signore, anche per me tu prepari un posticino, sia pure l’ultimo, ma nel tuo Regno. Dunque non è senza speranza la nostra sorte nel passaggio alla vita oltretomba; dunque la morte non è distruzione; dunque non è l’inizio di una esistenza tormentata, ma l’inizio di una nuova vita migliore, è un passaggio dalla tristezza alla dolcezza, come si esprime la preghiera della Chiesa. Se è così non vale la pena rattristarsi per il termine di questa vita mortale, rattristarsi per la morte imminente: per il cristiano che crede si tratta di un passaggio ad una vita migliore, l’inizio della beatitudine in Cristo. Questi pensieri mi infondano una grande tranquillità. La scorsa notte l’ho passata molto più serenamente delle precedenti. Ma ecco che al mattino c’è di nuovo una caduto di spirito. Da Mosca mi giungono i suoni gioiosi delle campane. Con il pensiero vedo la nostra chiesa e la lunga fila dei fedeli vestiti a festa. E’ triste per me pensare che io non ci sono. Non solo non posso celebrare e parlare, ma neppure assistere…
Al giudizio della mia coscienza mi considero innocente di quei delitti politici di cui mi accusano e per i quali sono condannato a morte. Per questo, Signore, accetta il mio sangue a purificazione dei miei peccati che ho commesso come uomo e come pastore, peccati che sono molti. Donami la certezza incrollabile che Tu mi guardi con occhio misericordioso, che perdoni tutte le mie numerose mancanze, volontarie ed involontarie, e che Tu non mi consideri come un delinquente, ma come un peccatore che soffre e desidera essere purificato dal tuo purissimo sangue, e di ottenere la vita eterna nel tuo Regno.

Da “Martiri della Chiesa ortodossa russa del XX secolo”. Damaskin Orlovskij vol. II pp. 54 – 82 Tver’ 1996