Santa Sede e Italia
14 novembre 2002: il papa polacco arriva in Parlamento- Autore:
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Ci voleva un papa polacco: per ricordare agli italiani che la grandezza della loro storia riposa, certamente sulla tradizione romana, ma sicuramente, e probabilmente di più, su quella cristiana, ci voleva un papa che "viene da lontano".
Il provincialismo che ci è stato imposto col risorgimento di una supposta gloria nazionale (mentre Roma - e, indirettamente, l'Italia - mai è stata sede di poteri nazionali, ma sempre universali), è finito con papa Wojtyla, primo papa che, dopo poco più di centotrenta anni, rimette piede in uno dei palazzi cattolici della Roma che conta: Montecitorio.
Dalla seconda metà dell'Ottocento la vulgata anticattolica diffusa da tutti i mezzi di comunicazione di massa e non di massa ci ha instillato il disprezzo per la cultura nazionale, cattolica, e ci ha iniettato il desiderio di rincorre la tradizione protestante e massonica che si è spartita il mondo in nome del progresso e della civiltà.
Pio IX e Leone XIII - i papi che hanno vissuto il dramma del "risorgimento del paganesimo" in Italia - non si sono stancati di ripeterlo: siate italiani e cattolici perché la vera fede è il più certo bastione della vostra gloria nel mondo. Come eloquentemente testimonia il primato della bellezza saldamente detenuto (dati Unesco) dall'Italia: più del 60% dei beni artistico-culturali dell'intero pianeta abita da noi.
Per dirla con le parole di Giovanni Paolo II: la mia ammirazione per la vostra nazione è cresciuta considerando come "l'annuncio evangelico, qui giunto fin dai tempi apostolici, ha suscitato una civiltà ricca di valori universali ed una fioritura di mirabili opere d'arte, nelle quali i misteri della fede hanno trovato espressione in immagini di bellezza incomparabile. Quante volte ho toccato, per così dire, con mano le tracce gloriose che la religione cristiana ha impresso nel costume e nella cultura del popolo italiano".
Proprio questo è il messaggio rivoluzionario (perché di verità dimenticata) contenuto nel discorso di papa Wojtyla ai rappresentanti del popolo italiano: "Tentando di gettare uno sguardo sintetico sulla storia dei secoli trascorsi, potremmo dire che l'identità sociale e culturale dell'Italia e la sua missione di civiltà che essa ha adempiuto ed adempie in Europa e nel mondo ben difficilmente si potrebbero comprendere al di fuori di quella linfa vitale che è costituita dal cristianesimo".
Ovvia, in questo contesto, l'esortazione del pontefice: mi sia consentito di invitare voi e gli italiani tutti "a nutrire una convinta e meditata fiducia nel patrimonio di virtù e di valori trasmesso dagli avi. E' sulla base di una simile fiducia che si possono affrontare con lucidità i problemi, pur complessi e difficili, del momento presente, e spingere anzi audacemente lo sguardo verso il futuro, interrogandosi sul contributo che l'Italia può dare agli sviluppi della civiltà umana".
Per entrare a Montecitorio il papa ha dovuto attraversare la splendida, omonima, piazza. Dove purtroppo stanno in bella mostra (ignorati nel loro vero significato dalla stragrande maggioranza della popolazione) i simboli di uno sfacciato strapotere massonico: l'architetto Zavoli che ha progettato il restauro del piazzale su incarico del presidente Violante, ha pensato bene di impreziosire il selciato incastonandovi una lunga serie di stelle a cinque punte (il pentalfa massonico) disposte a forma di corona e ha disegnato nel centro un gigantesco candelabro a sette braccia (tipico della tradizione ebraica fatta propria da quella massonica). Stelle e candelabro stanno a significare che chiunque si avvicina al potere legislativo lo fa attraversando anche fisicamente i simboli del potere massonico; lo fa entrando nel regno di quell'istituzione che da due secoli detta le regole del "progresso" e della "libertà".
Questo breve cenno alle esigenze dell'architettura illuminata fanno risaltare ancora di più il discorso del papa: italiani non allontanatevi dalla verità. Ricordatevi della vostra storia e della gloria che vi ha procurato.
E' questo il contesto in cui il papa ha affrontato, di petto, uno degli idoli più acriticamente adorati del nostro tempo: quello della democrazia.
Se la democrazia - ha ammonito - dimentica "i fondamentali valori etici iscritti nella natura stessa dell'essere umano", se la democrazia si allea col "relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità…, se non esiste nessuna verità ultima che guidi e orienti l'azione politica…, le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere".
Citando la Veritatis splendor il papa ha ricordato: "Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia".
Un'Italia democratica fondata sulla verità, un'Italia conscia del proprio passato, "Un'Italia fiduciosa di sé e internamente coesa costituisce una grande ricchezza per le altre Nazioni d'Europa e del mondo… Coltivo la fiducia che, anche per merito dell'Italia, alle nuove fondamenta della 'casa comune' europea non manchi il 'cemento' di quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che ha reso grande l'Europa nei secoli".
Vale per tutta l'Europa il discorso fatto per l'Italia. O l'Europa ritrova le ragioni della fede oppure le sue istituzioni non avranno alcun fondamento: "Se si vuole dare durevole stabilità alla nuova unità europea, è necessario impegnarsi perché essa poggi su quei fondamenti etici che ne furono un tempo alla base… Vorrei anche in questo nobile Consesso rinnovare l'appello che in questi anni ho rivolto ai vari popoli del Continente: Europa, all'inizio del nuovo Millennio, apri ancora le tue porte a Cristo".
"Dio benedica l'Italia!", ha concluso.
Grazie, papa Wojtyla. Grazie per averci ricordato la bellezza della verità.