Questo Papa testimone di Cristo
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L'uomo della fine dei ventesimo secolo, è universalmente uno sconfitto. Ha preteso di sostituire - secondo una espressione definitiva di Toynbee - "la religione con la tecnica" e mangia ora "l'erba amara dello scoglio della noia" e della disperazione.
L'uomo ha preteso di vivere senza amore: di trovare esclusivamente in sé, nel proprio "potere" intellettuale e morale la ragione ultima della propria vita: ha rifiutato di aprirsi a quel mistero dell'essere che, ultimamente, lo costituisce e che ha trovato la sua rivelazione definitiva nella vita, nella passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.
L'uomo ha preteso di conoscere esaurientemente se stesso e la realtà con la propria ragione "scientifica": ed ha voluto manipolare la realtà umana, sociale, storica con i mezzi della sua capacità tecnologica.
Ma il mondo del progresso tecnico scientifico mai conosciuto prima, rischia d'essere il luogo ove si consuma la tragedia della morte dell'uomo: una vita senza senso, significato e, perciò, senza libertà e dignità. Il volontarismo tardo illuminista non è riuscito a costringere gli uomini ad edificare il proprio mondo interiore secondo la sua immagine e non ha creato una nuova antropologia, è riuscito soltanto ad ottenebrare la coscienza popolare in un'atmosfera di sinistro terrore. Al nostro fianco vivono generazioni mute. Esse attraversano in silenzio la vita, portando con sé nella tomba un grido inespresso.
Lo Spirito - con quella saggezza che l'uomo può soltanto chiedere, adorando - ha mandato a questo figlio prodigo del ventesimo secolo, un segno eccezionale della paternità che mai dispera dell'uomo e del suo destino: Giovanni Paolo II, l'intrepido ri-evangelizzatore.
Il Cristianesimo deve essere annunciato "come per la prima volta" al cuore stanco dell'uomo della società tecnocratica e delle violenze collettive, perché possa ritrovare, sotto tanti detriti, la ferita viva del bisogno di Dio e dell'attesa di Cristo: Cristo deve essere annunciato ai popoli nuovi, che vivono la dura ascesi di nuove povertà e di inauditi dolori, ma che conservano le disponibilità delle grandi energie - temprate - e delle grandi possibilità - verginalmente intatte.
Chiediamo per tutti noi la capacità di immedesimarci nella grande esperienza di Cristianesimo vivo che ci è testimoniata quotidianamente da Giovanni Paolo II. Così che possiamo anche noi, nella quotidianità del nostro impegno, rivivere quella grande testimonianza che Giovanni Paolo II ha dato a tutta la Chiesa ed al mondo nel suo primo viaggio in Polonia:
"Questo Papa testimone di Cristo, amante della Croce e della Resurrezione - viene oggi in questo luogo per rendere testimonianza a Cristo vivente nell'anima della propria nazione, a Cristo vivente nelle anime delle nazioni che da tempo lo hanno accolto come "la Via, la Verità e la Vita" (Gv. 14,6). Egli viene per parlare davanti a tutta la Chiesa, all'Europa e al mondo, di quelle nazioni e popolazioni spesso dimenticate. Viene per gridare a gran voce. Viene per abbracciare tutti questi popoli - insieme alla propria nazione - e per stringerli al cuore della Chiesa, nella quale pone una fiducia illimitata" (Omelia a Gniezno, 3 giugno 1979, CSEO/Doc. 140 - 1, p. 226).
L'ultima parola richiama non semplicemente la particolare devozione Mariana di Giovanni Paolo II, ma l'indicazione - già esplicita nel Concilio Vaticano II - di Maria come luce, Stella del mattino, nella via che il Signore Gesù indica alla chiesa:
"Maria è, dunque, presente nel mistero della chiesa come modello. Ma il mistero della chiesa consiste anche nel generare gli uomini ad una vita nuova ed immortale: è la sua maternità nello Spirito santo. E qui Maria non solo è modello e figura della chiesa, ma è molto di più. Infatti, "con amore di madre ella coopera alla rigenerazione e formazione" dei figli e figlie della madre chiesa. La maternità della chiesa si attua non solo secondo il modello e la figura della Madre di Dio, ma anche con la sua "cooperazione". La chiesa attinge copiosamente da questa cooperazione, cioè dalla mediazione materna, che è caratteristica di Maria, in quanto già in terra ella cooperò alla rigenerazione e formazione dei figli e delle figlie della chiesa, come madre di quel Figlio "che Dio ha posto quale primogenito tra molti fratelli". Vi cooperò - come insegna il concilio Vaticano II - con amore di madre. Si scorge qui il reale valore delle parole dette da Gesù a sua madre nell'ora della croce: "Donna, ecco il tuo figlio" e al discepolo: "Ecco la tua madre" (Gv 19, 26-27). Sono parole che determinano il posto di Maria nella vita dei discepoli di Cristo ed esprimono la sua nuova maternità quale Madre del Redentore: la maternità spirituale, nata dall'intimo del mistero pasquale del Redentore del mondo. È una maternità nell'ordine della grazia, perché implora il dono dello Spirito santo che suscita i nuovi figli di Dio, redenti mediante il sacrificio di Cristo: quello Spirito che insieme alla chiesa anche Maria ha ricevuto nel giorno di Pentecoste". (Redemptoris Mater n. 44)
E così sia per tutti noi e per ciascuno di noi.