Democrazia e relativismo etico

Autore:
Palmieri, Antonio
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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Una vera e propria "catechesi della politica", illustrata nel rispetto dei ruoli e senza alcuna tentazione egemonica. Un discorso del quale mi hanno colpito le indicazioni sulla necessità di tornare ad essere consapevoli delle nostre radici cristiane, la fiducia nel ruolo dell'Italia per costruire la pace nel mondo, l'importanza della cultura e della scuola per rendere autenticamente uomini gli esseri umani.
Queste sono state le mie prime reazioni al discorso del Papa in Parlamento. Ma sono stato "scosso" anche da un'altra vigorosa affermazione del Papa: lo stato laico e democratico non può essere uno stato senza valori. Del resto sul tema già le parole del presidente del Senato Marcello Pera erano state inequivocabili: "Anche noi non vorremmo che la nostra democrazia si alleasse con il relativismo etico, del quale invece temiamo le conseguenze. Come potremmo apprezzare, sostenere, difendere le nostre conquiste se ad esse fosse estraneo ogni concetto di verità o di approssimazione alla verità?".
Ma come si concilia uno stato laico ma non relativista con una società aperta e pluralista? In Parlamento costantemente ascolto molti affermare che non si può imporre a tutti per legge la "propria" morale, la "propria" verità. Al tempo stesso, le parole pronunciate da Giovanni Paolo II in Parlamento sono state chiare: "Se non esiste nessuna verità ultima che guidi e orienti l'azione politica, le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia".
Quale senso dare alle parole del Papa? Non ci può essere una "democrazia di valori" se prima non viene restituito all'essere umano il suo stato originario di "cercatore di verità". A mio avviso questo è il fondamento sotteso alle parole del Papa. Per troppo tempo i frutti avvelenati del pensiero unico relativista hanno paralizzato questa fondamentale attitudine dell'essere umano: la ricerca della verità.
In nome della libertà dai dogmi della tradizione e della tolleranza di tutte le culture, i relativisti hanno in realtà imposto il loro dogma scettico: l'unica verità è che non c'è verità. Da ciò derivano due corollari: chiunque (specie la Chiesa cattolica) affermi che la verità esiste deve essere considerato un nemico della libertà e del progresso.
In secondo luogo, per l'uomo di oggi è una perdita di tempo cercare la verità, cioè la risposta alle domande fondamentali che ogni essere umano porta nel cuore.
Il relativismo presenta per la politica il pericolo sottolineato dal Papa nella sua visita in Parlamento. Sul piano politico il Papa sa bene che la libertà può sussistere solo se lo stato non fa sua nessuna particolare ideologia, nessun dogma, nessuna religione e se assicura ai singoli e ai gruppi la libertà di esistere nella identità culturale prescelta, di proporre agli altri le proprie convinzioni, di educare secondo i propri principi, sempre nel rispetto delle leggi e delle libertà altrui. Ma lo stato laico e democratico non può scadere nell'indifferentismo perché altrimenti con le sue leggi mette a rischio l'essere umano, vale a dire colui per il quale le leggi sono (dovrebbero essere) fatte. Infatti senza un fondamento sicuro anche la democrazia può trasformarsi in "dittatura della maggioranza". Una dittatura evidente e brutale (come avvenuto nel secolo scorso) oppure inavvertita e morbida, magari basata sull'esaltazione del ruolo della scienza e della tecnica, come potrebbe capitare oggi in Occidente. Per evitare questo pericolo, il Papa propone da sempre la concezione di uomo che deriva dall'antropologia cristiana, la quale ha costituito il fondamento delle democrazie occidentali: un umanesimo, esito finale di secoli di evoluzione del pensiero occidentale, che tutela i diritti "fisici" fondamentali di ogni essere umano ma anche il "diritto" di cercare la verità, di anelare alla scoperta del mistero della vita. Questa è l'alternativa al relativismo culturale, etico e politico, che il Papa chiede di riscoprire a tutti gli uomini di buona volontà.
In questa cornice culturale, a me, parlamentare laico di religione cattolica, un compito nuovo e al tempo stesso antico: saper rendere ragione delle mie convinzioni. Poiché le cose di Cesare non sono quelle di Dio, e poiché la democrazia è competizione di persone, di idee, di progetti, è sul piano della ragionevolezza delle soluzioni proposte che si realizza in concreto la laicità della politica in uno stato democratico. La visita del Papa in Parlamento non ha cambiato le regole del gioco, anzi ha confermato che la via della democrazia è convincere con l'evidenza della dimostrazione logica che la propria proposta è la più valida per tutti. Questo il terreno, il terreno della persuasività e della ragionevolezza, sul quale si deve sconfiggere il relativismo politico e sul quale è possibile il dialogo con tutti i cercatori di verità, qualunque sia la loro provenienza culturale. Numerose prese di posizione culturale "laiche" succedutesi in questi ultimi anni e, da ultimo, le parole del presidente Pera lasciano a questo riguardo ben sperare.