Commento Sanguineti
Vogliamo vedere Gesù- Autore:
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La lettura del messaggio che il Papa ha consegnato a tutta la Chiesa, in occasione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù (4 aprile 2004), mi ha provocato ad una riflessione sulla mia esperienza di sacerdote e d'educatore di ragazzi e giovani, che in questi anni il Signore ha posto sul mio cammino. Devo dire che fin da quand'ero studente al liceo, l'incontro con una realtà d'amicizia cristiana, più affascinante e più consapevole, che per me ha avuto il volto del Movimento di Comunione e Liberazione, ha coinciso con la scoperta di Giovanni Paolo II, come testimone decisivo per la mia vita di fede; in questi 15 anni poi di sacerdozio, la ricca parola del Papa al mondo giovanile e la partecipazione diretta ai grandi incontri di Roma 2000 e di Toronto 2002 mi hanno sempre più convinto della grazia singolare che quest'uomo, diventato Successore di Pietro, ha nel testimoniare Cristo, con nettezza e passione, al cuore dei giovani.
Un primo elemento del Messaggio di quest'anno sta proprio nel tema scelto, "Vogliamo vedere Gesù", che immediatamente esprime l'animo vibrante del Papa: come altre volte, la parola di Giovanni Paolo II va subito all'essenziale, non si perde in analisi complicate o in appelli generici a dei valori, più o meno di moda. L'annuncio è semplice, è la proposta della persona di Cristo come l'unica Presenza corrispondente alla fame di verità e alla sete di bellezza che sono il cuore stesso dell'uomo: "Solo l'incontro con Gesù potrà dare senso pieno alla vostra vita" (n. 4).
Educare, pertanto, significa introdurre il cuore del ragazzo in quell'avvenimento di Cristo che muove e compie la mia vita, e la possibilità di destare questo desiderio di vedere Gesù, di essere familiari con la Sua persona, è legata, innanzitutto, alla vivezza della mia fede, come riconoscimento amoroso del Signore presente e come esperienza di una letizia e di una positività che Lui fa accadere nella mia esistenza umana.
In questa prospettiva, mi colpisce l'invito diretto che il Santo Padre sa rivolgere ai giovani, a tenere desta "l'intima esigenza di trovare la risposta alla domanda sul senso della vostra vita" (n. 2), a "lasciare emergere dal profondo del cuore questo ardente desiderio di vedere Dio" (n. 3): qui traspare la posizione del Papa, che guarda ai giovani non con facile e ingenuo ottimismo, ma scommette sul cuore dei suoi interlocutori, perché sa che, al di là delle apparenze, è fatto per Cristo, è attraversato da questa nostalgia di Dio, sa che, prima dei nostri passi, Cristo è alla ricerca appassionata di noi e come per il giovane ricco, "è Gesù stesso ad averlo già visto e amato per primo" (n. 2).
L'educazione dei giovani è davvero un'avventura che coinvolge il mio "io", la mia umanità e diventa così una continua provocazione, per me e per i ragazzi che mi sono donati, a non soffocare e a non ridurre l'ampiezza e la profondità del desiderio di vita e di significato, che la realtà stessa suscita nell'animo umano; contemporaneamente, educare è testimoniare e indicare una Presenza, da cercare con tutto se stessi, "con gli occhi di carne" e "con gli occhi dell'anima", con una decisione continuamente rinnovata, come gesto della propria libertà.
Una Presenza, che si offre come uno sguardo da scoprire e un volto da guardare: rievocando questo dinamismo dello sguardo, - "Per vedere Gesù, occorre innanzitutto lasciarsi guardare da Lui" -, il Papa allude alla modalità semplicissima con la quale normalmente Gesù si rende familiare alla vita mia e di ognuno: questo sguardo buono e benevolente di Cristo passa e s'incarna nel volto di chi mi porta il Suo annuncio, di chi mi testimonia la Sua presenza. Se per un istante ripenso al mio cammino, fin da ragazzo, è così: sono stati e sono dei volti precisi, dei rapporti non generici, che hanno reso possibile l'amore a Cristo e la scoperta della mia personale vocazione e mi hanno introdotto in un'appartenenza reale alla Chiesa e alla sua missione.
Non a caso, nel suo messaggio il Papa invita a scoprire e a riconoscere il Signore Gesù nei segni visibili che, in modo differente, custodiscono la Sua reale presenza: il Pane Eucaristico, "il volto sfigurato del povero" (n. 5), e la Chiesa vivente: "Essa è come il prolungamento della sua azione salvifica nel tempo e nello spazio. È in essa e per mezzo di essa che Gesù continua a rendersi visibile oggi e a farsi incontrare dagli uomini" (n. 5).
Proporre a dei giovani l'avvenimento cristiano, che ha afferrato la mia vita, è avere il coraggio e la libertà, tenace e paziente, di offrire la Chiesa, come una compagnia che stringe da vicino, comunità generata da Cristo, che continuamente mi rigenera e che rinasce e cresce nel riconoscimento di Colui che è tra noi; un corpo vivo di rapporti, di gesti, di parole che ha al cuore l'Eucaristia, "ricevuta con amore e adorata con fervore" (n. 5). In questo costante richiamo di Giovanni Paolo II al Sacramento eucaristico, leggo un invito a noi sacerdoti ed educatori a vivere questo dono così essenziale e ad osare di più nell'offrirlo ai ragazzi che incontriamo.
Infine, come spesso accade, nel finale del suo messaggio, il Papa provoca i giovani cristiani a vivere l'impeto della missione: "I vostri contemporanei aspettano da voi che siate i testimoni di Colui che avete incontrato e che vi fa vivere. Nelle realtà della vita quotidiana, divenite testimoni intrepidi dell'amore più forte della morte. Tocca a voi raccogliere questa sfida!" (n. 7). La missione non è un di più in una vita toccata da Cristo, ma è la comunicazione di qualcosa, meglio di Qualcuno, che investe la nostra persona di una bellezza e di una gioia che il mondo non conosce.
Il metodo della testimonianza, riproposto dal Papa, a me educatore e padre, e ai ragazzi che iniziano l'avventura di questo cammino, è semplice e antico: da persona a persona, è una vita che si trasmette, non un progetto, nella forma di un'amicizia incontrata e vissuta nell'ambiente.
Qui mi è offerto un criterio chiaro della verità della proposta educativa che vivo: il segno di un'esperienza cristiana integrale è lo sviluppo di personalità di giovani, tesi a vivere la testimonianza della fede e la costruzione di una comunità dentro le "realtà della vita quotidiana" (scuola - università - lavoro - famiglia). Un'educazione che costruisce per i ragazzi una vita parallela ai loro interessi e ai loro ambienti, e che non genera una tensione missionaria, manca di respiro e non fa crescere cristiani adulti nel mondo.
Questa è la sfida che il Papa, con la sua parola e la sua esistenza, riconsegna alla mia persona e alla mia responsabilità educativa: potere essere noi testimoni innamorati e appassionati di Cristo, capaci di coinvolgere ragazzi e giovani in cammino e in un'opera dove sia possibile "vedere Gesù" qui e ora.