Auguri, Santità: Leonardi
"Alzatevi, andiamo!"- Autore:
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Quando Karol Wojtyla fu eletto Papa nel 1978, la prima cosa che colpì molti, e sempre più persone man mano che il tempo passava, fu la sua statura integralmente umana. Scavando nel suo passato, non affiorava per nulla quel clericalismo che molti automaticamente associano all'esperienza religiosa: emergeva invece la vigorosa immagine di un ex-operaio, attore teatrale, appassionato sportivo e amante della natura, poeta, filosofo, educatore di ragazzi, profondo conoscitore della vita matrimoniale. E tutto questo non accanto al proprio amore sconfinato per Cristo, ma proprio dentro, assieme, a motivo di tale amore.
Anche la concezione di cultura di Giovanni Paolo II, delineata poderosamente nell'allocuzione all'UNESCO del 2 giugno 1980, è profondamente unitaria ed integralmente umana.
"Per Giovanni Paolo II la cultura consiste nell'affrontare in modo critico ed organico il problema dell'uomo in quanto uomo… E poiché il problema dell'uomo è quello del proprio destino, la cultura esiste come problema del destino umano, che deve essere affrontato in modo consapevole e libero" (L. Negri, L'uomo e la cultura, CSEO ed.).
"Grigia è la teoria, verde è l'albero della vita", diceva Goethe. Come ha rilevato lo studioso polacco Stanislaw Grygiel, la novità di Giovanni Paolo II è proprio quella di aver proposto con la propria vita - "al di là dell'immaginazione dei grandi razionalisti di questo mondo e dei teologi cha costruiscono solo teorie sul tema di Dio e della Sua Alleanza con gli uomini" - una meravigliosa immagine dell'Apocalisse: quella dell'albero della vita, che verdeggia da una parte e dall'altra del fiume d'acqua viva, ed ogni mese dà il suo frutto per guarire le nazioni.
Che cosa offre invece nella sua generalità la cultura del mondo contemporaneo?
"La cultura in cui siamo - che è il nemico mortale del nostro destino e del nostro io, tant'è vero che anche civilmente questa cultura è determinata dal potere - la prima cosa che impedisce è la conoscenza amorosa: impone un altro tipo di conoscenza, sbagliato; fa di tutto per impedire la conoscenza amorosa". (L. Giussani, Dal temperamento un metodo, p. 110). E' la "Chernobyl dell'io": una malattia mortale per cui non si riconosce quello che si vede nel suo legame col tutto, quindi non ci si attacca a nulla, si tiene la vita per sé.
"Non vi è ideale al quale possiamo sacrificarci, perché di tutti noi conosciamo le menzogne. Noi che non sappiamo cosa sia la verità". (Malraux).
L'esperienza che il Papa descrive nella propria vita è luminosamente unitaria: la compenetrazione di fede, pensiero e cuore, dato che Dio è "tutto in tutto".
Allora la cultura è uno sguardo carico di stupore, perché l'occhio afferra con meraviglia tutti i fattori del reale in ogni piccolo frammento. Seguire ed imparare questo è la possibilità di una luce sull'istante, e di una novità di giudizio imparagonabile: la vera "coltivazione dell'umano".