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Non sarà lo Stato ad educarci

Fonte:
CulturaCattolica.it

Potremmo dire «Siamo alle solite» e chiudere così il ragionamento. Oggi, dopo la nuova intervista di Scalfari a Papa Francesco, ecco subito la precisazione di Padre Lombardi della Sala Stampa vaticana: «come già in precedenza in una circostanza analoga, bisogna far notare che ciò che Scalfari attribuisce al Papa, riferendo “fra virgolette” le sue parole, è frutto della sua memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tantomeno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite… in particolare, ciò vale per due affermazioni che hanno attirato molta attenzione e che invece non sono attribuibili al Papa. Cioè che fra i pedofili vi siano dei “cardinali”, e che il Papa abbia affermato con sicurezza, a proposito del celibato, “le soluzioni le troverò”… Curiosamente, le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura… Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?». Potremmo fermarci a riflessioni sulla deontologia del giornalista, ma ci porterebbero fuori strada.
Mi soffermerò però a una considerazione che viene attribuita al Papa e che riveste una grande importanza ed attualità. Dice così il Papa nelle parole di Scalfari: «L’educazione come noi l’intendiamo sembra quasi aver disertato le famiglie. Ciascuno è preso dalle proprie personali incombenze, spesso per assicurare alla famiglia un tenore di vita sopportabile, talvolta per perseguire un proprio personale successo, altre volte per amicizie e amori alternativi. L’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case».
Ecco, ancora una volta la questione fondamentale è posta, e la domanda non si può eludere. Siamo noi, con le nostre scelte, il luogo umano di una autentica educazione al vero, al bello, al buono? Questo implica che sappiamo dare tempo ai giovani, che sappiamo proporre valori e principi che sostengano nella vita, che sappiamo indicare esempi di vita improntati all’eroismo dell'esistenza, che testimoniamo la verità e non l’interesse come fascino della vita. E questo vale sia per le singole famiglie, sia per tutta la nazione, con le sue scelte culturali, educative ed economiche. Altri avranno più competenza per chiedere conto delle scelte della Repubblica in ordine all'istruzione, per verificare se i tagli sono funzionali a evitare gli sprechi o frutto di miopia. Io credo che non possiamo eludere la questione riguardante le nostre famiglie come luogo educativo. Mi pare invece che a volte ci si rassegni troppo facilmente di fronte alle difficoltà che si incontrano. I giovani sono il nostro bene, sono il nostro futuro: siamo disposti a cambiare la vita, le abitudini, i comportamenti perché si affermi anche tra noi un serio cammino educativo?
E vorrei fare un Nota Bene, per approfondire una riflessione già ospitata su queste pagine. Se il male della società è lo statalismo (occasione anche di corruzione e di tanti altri mali di cui oggi siamo scandalizzati osservatori) questo vale anche e di più per l’educazione dei giovani. Non è lo Stato né la sua scuola che devono educare, è la famiglia, che deve trovare nello Stato una sponda e un sostegno, non un sostituto. Certo, questo deve rimodellare anche l’uso del tempo, implica una responsabilità che non si può delegare, chiede la nascita di nuove forme di uso del tempo e dei denari… e non è utopia, ma unica possibilità per una «speranza affidabile», così invocata dal grande Benedetto XVI, che così ci ha raccomandato nella sua storica visita in Repubblica: «è importante riconoscere che la famiglia, così come Dio l’ha costituita, è il principale soggetto che può favorire una crescita armoniosa e far maturare persone libere e responsabili, formate ai valori profondi e perenni.»

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