«Non nuovi governi, ma governi nuovi»
- Autore:
- Fonte:
Ho letto con interesse l'articolo di Gasperoni sulla questione politica sammarinese. E mi ha colpito positivamente lo slogan: «Non nuovi governi, ma governi nuovi». Credo che da tempo, qui in Repubblica ma anche in Italia, si senta il fastidio per una politica che ha più di mira l'interesse di qualcuno che il bene comune. Per questo ci si chieda se ci sia una strada praticabile. Non bastano «promesse elettorali», così simili alle promesse da marinaio. Non bastano elezioni «punitive» ove la disgrazia di alcuni diventa il favore popolare di altri, senza che la logica però sia cambiata.
Ci sarà una speranza? Sarà possibile cambiare? Chi ci indicherà la strada?
Tre semplici osservazioni:
1. L'essere cattolico non è una etichetta. Va mostrato nei fatti. E questo parte da una cultura adeguata. nei termini «confessionali» si chiama Dottrina sociale cristiana. Ne conosciamo – forse – i cardini. Il grande La Pira aveva scritto un testo dal significativo titolo «Architettura dello stato democratico» e non credo che certe questioni siano passate di attualità. Mi pare che il cosiddetto principio di sussidiarietà sia decisivo, soprattutto qui a San Marino. Lo statalismo (/che per certi aspetti si comprende) è però l'aspetto che chiede un superamento serio e motivato.
2. Non sarà né una formula né una idiosincrasia (e mi riferisco alle note contro la cosiddetta unità politica dei cattolici) a risolvere la questione politica. Se ci saranno uomini capaci di progettualità e di lavoro comune, ben vengano. Una chiara identità è sempre capace di confronto e di lavoro comune. E se i cattolici sapranno essere una forza trainante per il bene comune della Repubblica, mettendosi insieme per un progetto positivo, ben vengano. Potranno essere, come del resto altre forze con principi diversi, forza trainante attraverso l'emulazione. La concorrenza, non solo nel mercato, se governata con la virtù della prudenza e della moderazione, non potrà che fare del bene a tutta la società.
3. Da tre anni abbiamo avuto l'occasione della visita del Papa Benedetto qui in Repubblica. Forse qualcuno dovrà ancora rendersene conto. Ci ha lasciato delle indicazioni che suggeriscono un metodo e delle linee programmatiche. Non è forse venuto il momento di studiare seriamente quello che ci è stato consegnato?
E un semplice nota bene finale. Abbiamo una storia e delle tradizioni che hanno fatto del nostro paese una realtà che non ha ancora terminato la sua forza propulsiva. Non lasciamoci ingannare da proposte (e mi riferisco chiaramente alle ultime istanze che, se approvate, stravolgerebbero la forma della famiglia e il rispetto sacrosanto della vita, al suo inizio fino al termine naturale) che certo ci potrebbero allineare ai costumi e alla legislazione di tanti paesi europei ed extraeuropei, ma non ci farebbero guadagnare in positività e benessere (che non è solo questione di danaro).
«Non nuovi governi, ma governi nuovi», se deve mantenere l'ambizione di un autentico cambiamento nel bene, saranno coloro che sapranno dare forza e impegno a esperienze buone, e certo alcune già ci sono. Il nuovo inizio deve avere radici antiche (non vecchie).