Chiesa in uscita. Forse dalla storia?
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Prove tecniche di Chiesa di Stato. Ci mancava solo la letterina alla Costituzione dell’Arcivescovo di Bologna. L’ultima trovata del cardinal Zuppi, infatti, ha lasciato più di un cattolico interdetto. L’incipit deamicisiano è tutto da Libro Cuore: «Cara Costituzione, sento proprio il bisogno di scriverti una lettera, anzitutto per ringraziarti di quello che rappresenti da tanto tempo per tutti noi. Hai quasi 75 anni, ma li porti benissimo! Ti voglio chiedere aiuto, perché siamo in un momento difficile e quando l’Italia, la nostra patria, ha problemi, sento che abbiamo bisogno di te per ricordare da dove veniamo e per scegliere da che parte andare». Inutile, evidentemente, chiedere aiuto a Dio Onnipotente. Meglio rivolgersi alla laica Costituzione. Continua Zuppi nella sua lettera: «Cara Costituzione, tu ci ricordi che non è possibile star bene da soli perché possiamo star bene solo assieme. Tu ci ricordi che dobbiamo imparare che c’è un limite nell’esercizio del potere e che i diritti sono sempre collegati a delle responsabilità collettive: non va bene che la persona – che tu ritieni così importante, che tu difendi e di cui vuoi il riscatto da ogni umiliazione – si pensi in maniera isolata e autosufficiente. I diritti impongono dei doveri». Ottima lezione di educazione civica! Qui Zuppi ricorda la triste figura degli évêque constitutionnel, i vescovi costituzionali che durante la Rivoluzione Francese giurarono, come funzionari civili, fedeltà alla Costituzione, alla legge e alla Nazione.
Si legge ancora nella lettera dell’Arcivescovo di Bologna: «Cara Costituzione, abbiamo tanto bisogno di serietà e i tuoi padri ce lo ricordano. Spero proprio che noi tutti – a partire dai politici – sappiamo far tesoro di quello che impariamo dalle nostre sofferenze, cercando quanto ci unisce e mettendo da parte gli interessi di parte, scusa il gioco di parole. Abbiamo bisogno di vero “amore politico”!». Forse, sia detto con tutto il rispetto, piuttosto che di tale “amore politico” si avverte il bisogno dell’Amore vero, quello con la “A” maiuscola, ossia l’Amore di Cristo. Ma di quest’ultimo oggi se ne sente parlare molto poco dentro i recinti della Chiesa cattolica.
La lettera di Zuppi è prolissa, un lungo elenco di luoghi comuni che vanno dall’immarcescibile «solidarietà» all’«attenzione alla salute» come «presupposto basilare di una vera cittadinanza attiva», all’«obbligo di pagare le tasse», alla «condanna del precariato, il caporalato e il lavoro nero», alla «correttezza in politica», alla «pace» come assenza di guerra, all’«abolizione delle armi nucleari», agli immancabili «poveri», al «dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi» (comprese quelle su aborto, eutanasia, e unioni gay?). Non poteva mancare, poi, la captatio benevolentiae nei confronti di Bergoglio con il riferimento alla fratellanza universale e a quella che ormai sembra la parola d’ordine dei fedelissimi del pontefice argentino: «Fratelli tutti!». La conclusione è di un patetico disarmante: «Grazie. Cara Costituzione, ascoltando te già sto meglio perché mi trasmetti tanta fiducia e tanta serietà per la nostra casa comune. Se ce ne è poca anch’io devo fare la mia parte! Proprio come tu vuoi. Matteo». Sconfina nel ridicolo se non fosse a scrivere è un Cardinale di Santa Romana Chiesa, l’Arcivescovo che siede nella Cattedra di San Petronio, e uno tra i papabili. Fonti accreditate, infatti, ipotizzano che con Zuppi non sarebbe difficile immaginare un Francesco II sul Soglio di Pietro.
La lettera ha pure un Post Scriptum. Si tratta della citazione di un passo del discorso tenuto da Giuseppe Dossetti all’Università di Parma il 26 aprile 1995: «(…) È proprio nei momenti di confusione o di transizione indistinta che le Costituzioni adempiono la più vera loro funzione: cioè quella di essere per tutti punto di riferimento e di chiarimento. Cercate quindi di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi principî fondanti, e quindi di farvela amica e compagna di strada. Essa (…) vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro ogni inganno e contro ogni asservimento, per qualunque cammino vogliate procedere, e per qualunque meta vi prefissiate».
Triste spettacolo continuano a dimostrare quei preti che si ostinano a non voler parlare da preti ma da banali politicanti.
Questa della lettera alla Costituzione è un’iniziativa che il Cardinale Arcivescovo di Bologna poteva anche risparmiarsi. Per il suo decoro episcopale e per il rispetto dei fedeli cattolici.
Nel delicato e complesso frangente che sta attraversando oggi la Chiesa cattolica, davvero non si avvertiva la necessità di riesumare pure la figura del vescovo costituzionale.
Non oso immaginare quale commento possono aver fatto alla lettera di Zuppi i suoi predecessori oggi nell’al di là, come il cardinal Carlo Caffarra e, soprattutto, Giacomo Biffi. Di quest’ultimo, in realtà, – avendolo conosciuto personalmente – il commento potrei immaginarlo. Ma sarebbe irriferibile.