La grande preghiera di Papa Francesco
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La grande preghiera di Papa Francesco
Papa Francesco venerdì 27 marzo 2020 ha presieduto uno storico momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro con la piazza vuota, un momento di preghiera trasmesso in Mondovisione, di fronte alla pandemia di Coronavirus; al termine ha dato la benedizione Urbi et Orbi e concesso l’indulgenza plenaria a tutti coloro che la desideravano, qualcosa di nuovo condizionato solo dal desiderio di riceverla. Il Papa ha voluto e scelto due simboli per questa preghiera, due "icone" sacre care a Roma, quella della Salus populi romani, da sempre venerata in Santa Maria Maggiore, e il crocifisso ligneo della chiesa di San Marcello al Corso, che protesse l'Urbe dalla "grande peste" del 1522.
Il brano di Vangelo scelto per introdurre la riflessione di Francesco è quello dei discepoli che insieme a Gesù sulla barca vengono colti all'improvviso dalla tempesta (Marco 4, 35-41). I discepoli si spaventano mentre Gesù dorme sereno. Francesco sottolinea che questo è l'unico passo del Vangelo in cui si parla di Gesù che dorme. I discepoli spaventati chiedono a Gesù: “Svegliati Signore!”, gli dicono: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» chissà come sarà rimasto ferito da questa domanda Gesù che ci ama infinitamente, dice il Papa, e Gesù risponde: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. E’ così oggi anche per noi. Oggi rivolge la stessa frase a noi in questa tempesta che ci ha travolti. Ci rivolge un appello alla fede. Un appello dice il Papa a saper giudicare, è "il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri”.
Grande preghiera e grande predica di Papa Francesco che ha dimostrato la poca lungimiranza e il non saper leggere quanto sta accadendo, a tutti quelli che continuano a temere la fine della Chiesa accusandola addirittura di arrendevolezza, e che si sono stracciati le vesti per via delle Messe senza popolo, temendo che le chiese vuote potrebbero portare alla fine della Fede. Francesco ha rimesso al centro la Chiesa, Dio, l'Eucaristia in un momento che rimarrà storico. Con una centralità pubblica di cui troppi dubitano in questo periodo. Ma torniamo a quanto ha detto il Papa.
«Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante» e «ci siamo ritrovati impauriti e smarriti, presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa», ha detto il Papa. «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme». Papa Francesco ha poi denunciato gli errori su cui abbiamo costruito la nostra vita e la nostra società: essi ci rendono oggi ancora più deboli e proprio questa crisi sembra denunciare che "siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto". "La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di ‘imballare’ e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente ‘salvatrici’, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli". Papa Francesco ha ricordato e omaggiato le persone che si prodigano in questi giorni per aiutare gli altri. «Le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni, solitamente dimenticate, che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso - ha sottolineato il Papa - che nessuno si salva da solo». "L’inizio della fede - ha sottolineato Francesco - è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai".
Ma questo momento non è stato l’unico in cui il Papa e la Chiesa in Italia hanno fatto sentire forte la loro presenza. Prima testimonianza di vicinanza al popolo è stata la morte ad oggi di ben 74 sacerdoti, senza contare i religiosi, le suore e i missionari (la sola congregazione dei Saveriani ne piange 16 da fine febbraio 2020) da quando è scoppiata l’emergenza COVID-19. La diocesi di Bergamo continua a essere di gran lunga la più duramente colpita, con 23 sacerdoti morti. Poi c’è stato il Rosario per l’Italia organizzato dalla CEI, il giorno della festa di San Giuseppe ed è stato presieduto dallo stesso Papa: la Chiesa ha scelto come riflessione per la meditazione i pensieri dei patroni d’Italia San Francesco e Santa Caterina.
Significativi i gesti compiuti dall'arcivescovo di Milano S.E. Delpini che ha fatto una preghiera sulle terrazze del Duomo di Milano alla Madonnina di Milano, dal vescovo di Bergamo S.E. Beschi che ha fatto la Via crucis in Duomo con la reliquia della Sacra Spina di San Giovanni Bianco, del Patriarca di Venezia S.E. Moraglia che ha invocato la Madonna della Salute nel santuario costruito per ringraziare per il salvataggio dalla peste del 1630. Le messe domenicali trasmesse sui vari media disponibili sia dai singoli parroci che dai Vescovi. Il messaggio di S.E. Delpini ai cresimandi che avrebbero dovuto incontrarsi a San Siro, benedizioni dai campanili, dai sagrati per le strade. Ultimo gesto il 27 marzo la preghiera dei vescovi nei cimiteri. Una giornata da dedicare a tutti i defunti che non hanno potuto avere esequie, sicuramente una delle più dolorose mancanze in questi tempi per chi ha perso una persona cara. L’invito ai medici a benedire i morenti nei reparti di terapia intensiva, il ruolo dei cappellani degli ospedali a fianco di questi malati. Insomma una Chiesa ben presente, come ha ricordato il Papa in una Messa a Santa Marta il 15 marzo: "Cari fratelli e sorelle, buongiorno! In questo momento sta finendo a Milano la Messa che il Signor Arcivescovo celebra nel Policlinico per gli ammalati, i medici, gli infermieri, i volontari. Il Signor Arcivescovo è vicino al suo popolo e anche vicino a Dio nella preghiera. Mi viene in mente la fotografia della settimana scorsa: lui da solo sul tetto del Duomo a pregare la Madonna. Vorrei ringraziare anche tutti i sacerdoti, la creatività dei sacerdoti. Tante notizie mi arrivano dalla Lombardia su questa creatività. È vero, la Lombardia è stata molto colpita. Sacerdoti che pensano mille modi di essere vicino al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato; sacerdoti con lo zelo apostolico, che hanno capito bene che in tempi di pandemia non si deve fare il “don Abbondio”. Grazie tante a voi sacerdoti".
Condanniamo quindi i continui attacchi alla decisione dei Vescovi di assumere giustamente provvedimenti in linea con le restrizioni chieste dalle autorità civili. Chi continua a screditare i nostri sacerdoti non sa guardare alla realtà del loro impegno senza dimenticare gli aiuti economici e la solidarietà svolta dalle Caritas e le donazioni del Papa a chi soffre di più in questo momento.