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Attenti al lupo

Fonte:
CulturaCattolica.it
Nonostante tutto intorno a noi continui a gridare che – io sono mia – e quindi del mio corpo ne faccio ciò che voglio, tanto se non c’era amore non conta, il cuore lo sa che non è così, il tempo scava e qualche volta si arriva a capire che non ne vale mai la pena

Una giovane donna agli inizi di carriera desiderosa di arrivare al successo, figlia di quel mondo fatto di artisti, registi, sceneggiatori, riceve delle avances da un noto produttore americano.
Crede di essere a colloquio con lui per parlare di lavoro, ma lui si mette in accappatoio e le chiede un massaggio.
Lei accetta, per cinque anni dicono le cronache sia stata anche la sua fidanzata.
Ne parla con qualche collega di lavoro, ma nessuno le dà la forza necessaria per chiamare bene il bene e male il male.
Tace, lavora con lui, continua a vivere con quel tarlo nel cuore. Il tarlo non si vede ma corrode l’anima.
Lei ha fama di donna forte, di dura, di una di quelle che non le mandano a dire. Sino a quando ad un certo punto decide di togliersi un peso dal cuore. Di uccidere il tarlo. Pensa che parlarne, denunciare anche se a distanza di molti anni l’accaduto possa darle pace.
Lo fa. Demolisce la carriera e la vita del molestatore. Riceve elogi, critiche, molte imitazioni.
Dice che in Italia, prima ancora dell’episodio accaduto in America, quando era ancora minorenne, ha incontrato un regista che ha usato il loro potere per poter esibire la sua “virilità” davanti a lei adolescente, ma era giovane, ha taciuto, come spesso accade in questi casi.
Non fa i nomi perché in Italia esiste la prescrizione, sono passati troppi anni. Ma si scatena la caccia all’uomo. Tutti sapevano, ma nessuno parlava, persino il padre dell’attrice che di mestiere fa il regista, dice che nell’ambiente si è sempre saputo che c’è chi usa la chimera del successo per ingraziarsi giovani fanciulle. Ma anche lui ha sempre taciuto, fino a quando non ha saputo la vicenda capitata alla figlia.
Ora tutte parlano. Bene, ma non basterà la denuncia in tv a risolvere il problema.
I motivi sono molti.
Il primo è che si deve distinguere tra lo stupro, dove è impossibile difendersi, un atto odioso che va punito duramente, la proposta indecente che è possibile rifiutare e l’avance di un uomo che corteggia e che può essere respinto con fermezza e gentilezza.
Il secondo, che se non ci si chiede perché tutti han taciuto, dando per scontato che in certi ambienti “funzionasse così”, vuol dire che siamo degli ipocriti, chiudiamo gli occhi sino a quando non è conveniente aprirli.
Il terzo, è che bisogna anche ammettere che in alcuni casi ci sono donne che usano della loro avvenenza per fare carriera, per scavalcare la fila. Alcune lo hanno raccontato in tv senza falsi pudori. Far finta che non sia così è un errore è non guardare il problema nel suo complesso.
Poi magari ci si pente, io ci credo, nonostante tutto intorno a noi continui a gridare che – io sono mia – e quindi del mio corpo ne faccio ciò che voglio, tanto se non c’era amore non conta, il cuore lo sa che non è così, il tempo scava e qualche volta si arriva a capire che non ne vale mai la pena.
In un’intervista l’attrice Nancy Brilli dice: “Non c’è parte in un film, che valga la pensa di “darsi”.
Ma quello che manca in tutto questo denunciare e parlare è l’analisi di come si debba rifare il punto della situazione. Rimettere al centro il valore della persona.
Ogni donna e ogni uomo dovrebbero essere certi del loro valore. - Io valgo - ed è per questo che non posso permettere a nessuno di usarmi.
Ho sentito madri dire alle loro figlie, ridendo ma non troppo: – sposane uno ricco, l’amore passa, i soldi restano –
Quando si scatena la bufera, bastano le denunce fatte in tv e ai giornali a rovinare carriere, famiglie, vite. La caccia all’orco è aperta. Ma è questa la soluzione?
Io penso che si debba insegnare alle nostre figlie e ai nostri figli che l’altro è un dono, e un dono va custodito. Che il nostro corpo non è un oggetto, una fascio di muscoli, di sangue che scorre, di nervi, non ci guida un istinto indomabile. Siamo molto di più. Siamo una bellezza!
La dott.ssa Barbara Repossini, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa, in un articolo su come educare i bambini a guardarsi dalla pedofilia. Dice che è possibile far comprendere a un bambino che esistono parti del corpo solo sue, che nessuno deve toccare. «Utilizzando parole chiare e semplici» Non è bigottismo, mancanza di libertà riservare alcuni gesti, alcuni atti non a tutti ma all’amore di un altro essere umano. Il rispetto di noi stessi parte da noi, dal fatto di non vederci come merce, ma come un tesoro.

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