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Favole gender: quale tutela dei minori?

Il tema dell’identità sessuale nei bambini sta sempre più suscitando gravi dubbi.
Sono ormai frequenti le iniziative, anche nelle scuole e nelle piazze italiane, che vogliono suggerire a bambini e ragazzi che l’identità di genere è qualcosa che si sceglie e non è predeterminata

Ultimo caso a Pavia dove l’evento “Un arcobaleno di fiabe” a cura di Arcigay, (che rientra tra le iniziative della terza edizione di Giocanda, festival dei giochi in strada per bambini) vede al suo interno favole che parlano di lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali. «È positivo coinvolgere i bimbi, anche per prevenire, attraverso i giochi, ogni forma di dipendenza dall’azzardo. Ma cosa c’entrano le favole sul tema dei gender?», si è chiesto il Vescovo che poi ha contestato «la scelta del Comune di patrocinare l’evento che si terrà un sabato pomeriggio davanti alla chiesa». Purtroppo questo metodo di inserire il tema del gender all’interno di manifestazioni più ampie è ormai una prassi. Ricordiamo per esempio lo spettacolo teatrale “Fa'afafine”, una favola gender, proposta a molte scolaresche in Italia.
Il tema offre molti motivi di preoccupazione se pensiamo a quanto accade in paesi come l’Inghilterra.
Solo nel 2015, fra aprile e dicembre, 1.013 minorenni inglesi sono stati sottoposti a terapie per il “disordine dell’identità di genere”, trattamenti che vanno dalla consulenza psicologica fino al bombardamento ormonale per bloccare lo sviluppo del paziente; nel biennio 2016/17 ci sono stati 2.016 casi, mentre le previsioni per il 2017/18 sono di circa 2.600 bambini. Il trend appare quindi in costante crescita. Nel 2009-2010, i minorenni trattati erano solo 97. Ovviamente col crescere dei casi aumentano enormemente anche i soldi che interessano queste tematiche; in Inghilterra nel 2015 la somma di denaro pubblico stanziata per simili cure dal sistema sanitario era di 2,7 milioni di sterline.
E’ di questi giorni la notizia pubblicata sul Mirror che ogni settimana in media cinquanta bambini finiscono in una delle cliniche in cui si inizia il percorso farmacologico per cambiare sesso. Tra questi, ci sono piccoli di appena quattro anni.
Secondo quanta riporta il giornale, i piccoli che fanno il loro ingresso in queste strutture, soffrono di “disforia di genere”, cioè si sentono a disagio con il proprio sesso biologico. Ci si chiede cosa significhi “si sentono a disagio” per bambini che neanche hanno iniziato la pubertà, o se il “disagio” non è invece indotto dai genitori. Coloro che hanno almeno undici anni, possono essere trattati con dosi di ormoni per bloccare la pubertà. Il numero di bambini che entrano nella clinica è aumentato del 24% negli ultimi sei mesi. Si tratta di 1.302 bambini. Al 40% di questi piccoli pazienti sono stati somministrati farmaci per il blocco della pubertà. Lo psicologo clinico Polly Carmichael ha commentato: “Non esiste una singola spiegazione per l’aumento”. “Ma sappiamo – ha aggiunto – che ci sono stati notevoli progressi verso l’accettazione e il riconoscimento delle persone transgender e di genere diversificato nella nostra società, oltre alle maggiori conoscenze sulle cliniche di genere specializzate e sul supporto disponibile”. C’è però dell’altro. Il prof. Miroslav Djordjevic, famoso urologo d’origine serba, ha sottolineato che l’ascesa potrebbe essere in parte una moda tra i genitori che condiziona i propri figli. Che il gender in Gran Bretagna somigli molto a una moda culturale lo dimostrano diversi episodi. Ultimo in ordine di tempo quello che riguarda la cantante Paloma Faith, la quale nel dicembre scorso ha avuto un figlio che vorrà crescere senza un’identità sessuale. La trentaseienne ha detto: “Voglio tre figli che saranno ‘gender neutral'”. L’erba voglio, però, non cresce in natura.
In un articolo del 13 Maggio 2016 in un intervento ospitato dal Wall Street Journal intitolato Transgender Surgery Isn't the Solution - A drastic physical change doesn't address underlying psycho-social troubles, Paul McHugh, l’ex primario di psichiatria della clinica universitaria Johns Hopkins University di Baltimora, primo centro americano a praticare la “chirurgia di riassegnazione sessuale”, criticava con parole molto dure proprio le terapie propedeutiche al cambiamento di sesso sperimentate sui bambini. Non “solo” per l’altissimo tasso di suicidi riscontrato tra gli individui che alla fine decidono di sottoporsi definitivamente all’operazione (20 volte superiore a quello della popolazione non-transgender). Ma anche perché, stando a solidi studi di follow-up, «sia alla Vanderbilt University sia alla Portman Clinic di Londra, quando i bambini che riferivano inclinazioni transgender venivano seguiti senza terapie mediche o chirurgiche, il 70-80 per cento di loro perdevano spontaneamente le inclinazioni».
Ci si chiede dove siano i paladini della libertà quando si spingono questi bambini e ragazzi verso queste cure. Dov'è la tutela dei minori?
I bambini, se pensiamo che si parla anche di bambini dell'asilo, non possono scegliere le terapie e certo non conoscono le conseguenze di questi trattamenti, che sono indotti da medici o dai genitori, in questo caso è giusto opporsi anche alla volontà dei genitori per tutelarli.
L'identità sessuata è un insieme che coinvolge sia la nostra psiche (sessuazione conscia ed inconscia) sia la nostra natura (genotipo e fenotipo) biologica che la nostra cultura (relazioni, educazione). Ogni singola cellula del corpo, ogni neurone è, e rimane, segnata dal dimorfismo Maschio/Femmina. L’identità sessuata è quindi l’integrazione di fattori biologici, psichici, culturali non estrapolabili singolarmente senza fratturare l’identità stessa. La teoria del gender invece enuncia la liberalizzazione di orientamento/ruolo/identità sulla base del desiderio individuale "Io sono ciò che sento/desidero essere” a prescindere dal biologico. E questi casi inglesi sembrano proprio espressione di questo.
Come già in altre occasioni anche Papa Francesco ha ancora ribadito nella recente XXIII Assemblea Generale dei Membri della Pontificia Accademia per la Vita che la differenza dei sessi è il pilastro fondamentale del disegno di Dio per la continuazione dell’umanità: «Ciò che serve è un nuovo inizio, che dev’essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza. L’ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l’intesa dell’uomo e della donna, non è giusta».

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