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Il linguaggio della realtà e l’antilingua

Autore:
Giovanni Lazzaretti
Fonte:
Taglio Laser, La Voce di Reggio, 16 ottobre 2017
Gabriele! Dai battaglia affinché tutti abbiano chiaro che il sostegno vitale che eserciti è a tempo indeterminato, ed è ovvio che stai “sostenendo” una qualità di vita acciaccata. “Loro” vogliono invece che sia terapia, perché “loro” vogliono che sia interrotta prima del tempo.

Gentilissimo Lazzaretti, nel suo articolo «Charlie Gard, ii piccolo soldato che difende ii varco» c’è un passaggio che crea confusione: «Nutrizione e idratazione non sono terapie, anche quando vengono fatte artificialmente da personale medico, sedie a rotelle, arti artificiali, bombole d’ossigeno, emodialisi, pacemaker, sacchetti per feci e urine, ventilatore polmonare, eccetera, sono mezzi per avere “cura della persona”, ma anch’essi non sono terapie».
Sono infermiere e faccio dialisi all’ospedale di [omissis]. Le assicuro che l’emodialisi è catalogata come “terapia salvavita”, talmente salvavita che anche in situazioni di sciopero dobbiamo dare delle garanzie di continuità operativa. Anche su nutrizione e idratazione ie cose non sono così semplici. li dottor Renzo Puccetti, che credo lei conosca, sulla rivista ii Timone si dice disponibile a considerare terapie la nutrizione e l’idratazione artificiale, perché non è quella la questione decisiva.
Grato se vorrà commentare. Gabriele T.

Caro Gabriele, lei tocca un punto nodale: il linguaggio. E’ possibile, con uso sapiente del linguaggio, trasformare i concetti e il modo di agire delle persone. Questo “uso sapiente” è in genere diretto da una sapienza abile e perversa, che crea una “antilingua” per il popolo. In Italia una delle reginette dell’antilingua è Emma Bonino, e in generale il mondo radicale.
Penso ad esempio all’organizzazione “Nessuno tocchi Caino”, creata dai radicali Di Lascia e D’Elia, per la moratoria sulla pena di morte. Che sapienza di antilinguaggio! Un cattolico sente la frase “Nessuno tocchi Caino”, gli sembra di udire un “suono cattolico” e, poiché gli sa fatica andare a leggere la citazione biblica, si accoda ai radicali in questa battaglia fasulla.
La citazione della Genesi è questa: «il Signore gli disse: “Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!”. Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse». Ora, è palese che nessuno deve toccare Caino, ma è altrettanto palese che il brano parla di vendetta privata, non di pena di morte comminata da uno Stato.
Per la pena di morte vale il brano del Catechismo: «L’insegnamento della Chiesa non esclude il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere il crimine, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (2267, sintesi)
Questa è la realtà. La pena di morte continua a essere disponibile per gli Stati, anche se, nelle condizioni attuali, i casi di applicazione sono “praticamente inesistenti”. Ci si dimentica infatti che il “non uccidere” riguarda l’innocente e il giusto, mentre la vita del colpevole può in certi casi essere disponibile (legittima difesa, difesa delle forze dell’ordine contro ingiusto aggressore, eccetera).
Entriamo adesso nell’ambito medico e nella sua antilingua. Credo che ormai, in ogni occasione ufficiale, i medici parlino di aborto come IVG, Interruzione Volontaria di Gravidanza. Io continuo a chiamarla UDÌ, Uccisione Depenalizzata di Innocente.
Chi ha ragione? 0 meglio, quale delle due frasi descrive la realtà? La mia, è evidente. Prima l’ecografia segnalava un cuoricino che batteva a tamburo, poi il cuoricino non batte più: uccisione. Depenalizzata: infatti non c’è pena, purché siano rispettati tempi e modi, altrimenti ritorna anche la pena. Innocente: non c’è dubbio che un bimbo nel grembo non ha colpa alcuna.
L’interruzione volontaria di gravidanza ha un suono paragonabile all’interruzione di un contratto di somministrazione dell’energia, e non descrive nulla di ciò che accade. E’ antilingua che sterilizza il pensiero.
Aborto terapeutico: «L’aborto terapeutico è IVG provocata da determinati trattamenti medici al fine di preservare la salute della madre o di evitare lo sviluppo di un feto segnato da malformazioni o gravi patologie».

Cosa ci sia di terapeutico in tutto ciò non è dato di sapere: il bimbo viene ucciso, la madre viene statisticamente danneggiata nel suo apparato riproduttivo e statisticamente lesionata nel suo intimo dalla sindrome post-aborto.
Le faccio anche notare l’espressione “evitare lo sviluppo” per indicare l’uccisione: sembra di sentire il presidente Napolitano quando descriveva la guerra di Libia come “repressione delle violazioni della pace”.
Terapie della fertilità: fanno ricadere sotto questa dizione tutte le pratiche di fecondazione artificiale, che di terapeutico non hanno nulla.
Perché questa dilatazione abnorme della parola “terapia”? Perché vogliono farci credere che tutto ciò che accade in un ospedale è “cosa buona”, essendo la terapia “studio e attuazione concreta dei mezzi e dei metodi per combattere le malattie”. E, se tutto ciò che accade in ospedale è “terapia”, tutto ciò che accade in ospedale può essere “accanimento terapeutico”.
Renzo Puccetti, da lei citato, non parla di nutrizione e idratazione come “terapia”, ma come “trattamento medico” e “sostegno vitale”: questa è la distinzione che va sempre mantenuta.
E l’emodialisi che lei mette in atto non è in alcun modo “terapia salvavita”: è “sostegno vitale”, “cura della persona”, “trattamento medico”, ma terapia no. E quindi non può essere soggetta ad “accanimento terapeutico”.
Cosa significa questo? Che io desidero il prolungamento dell’emodialisi all’infinito? No. Chiedo solo che sia valutata da un medico buono per ciò che è: sostegno vitale e cura della persona.
Quale è quindi il nocciolo della questione?
Il nocciolo è questo: se chiamo l’emodialisi “sostegno vitale” o “cura della persona” do per scontato che durerà tutta la vita, finché non appariranno disagi così pesanti da superare i benefici. Non metto quindi mai in conto tra i disagi né la spesa, né una scarsa “qualità della vita”: le metto invece come cose ovvie e scontate.
Se invece la chiamo “terapia”, arriverà sempre qualcuno che vorrà decidere quando chiudere con la vita, «per non sfociare nell’accanimento terapeutico».
Ricordiamoci che coloro che dirigono la sanità mondiale sono “loro”. Sono quelli che pensano di alzare la “qualità della vita” eliminando le vite concrete: «Amare veramente la vita e rispettarla implica il fatto che talvolta occorre persino avere il coraggio di rifiutarla».
«Sì, è proprio così! La vita è sacra... ma è VIVERE che non è sacro. Noi miglioriamo la vita sopprimendo delle vite. Vogliamo nuove vite al posto di quelle vecchie! Buone vite al posto di quelle cattive! In quello stesso luogo dove ora si trascinano quella donna ubriaca e quel fannullone di artista da marciapiede, in futuro vi sarà posto solo per immagini di vita, con ragazze e ragazzi a danzare liberi nel sole.» (Chesterton, sintesi)
Per migliorare la vita sopprimendo le vite, “loro” hanno un bisogno disperato di vedere ovunque “accanimento terapeutico”. Hanno bisogno di trasformare il sostegno vitale in “qualcosa che si fa per un po’ finché la qualità della vita non torna a livello”.
Ti farò emodialisi per un po’, ma non per sempre. Ti metterò il pace-maker, ma non per sempre. Ti darò nutrizione e idratazione, ma non per sempre. Te li darò finché il tuo vivere non darà fastidio alla vita.
Attento quindi, Gabriele! Dai battaglia affinché tutti abbiano chiaro che il sostegno vitale che eserciti è a tempo indeterminato, ed è ovvio che stai “sostenendo” una qualità di vita acciaccata. “Loro” vogliono invece che sia terapia, perché “loro” vogliono che sia interrotta prima del tempo.

Giovanni Lazzaretti

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