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Due marce, due misure

Fonte:
CulturaCattolica.it
Oggi si svolge a Washington la Marcia per la vita.

Essa si tiene a quasi una settimana da un’altra marcia, la Women’s March, che è stata organizzata dalle élites progressiste americane in tutto il loro Paese, con epicentro a Washington, durante la quale le impreviste parole della cantante Madonna, proferite dal palco, hanno catalizzato l’attenzione dei media per la loro volgarità, tanto da costringere quasi tutte le televisioni a silenziare alcune di esse, ed infine ad interrompere la trasmissione in diretta, scusandosi con il pubblico per l’accaduto.

Infatti, Madonna, una delle star che vi hanno partecipato, ha iniziato dicendo: "Vi do il benvenuto alla rivoluzione dell’amore, al nostro rifiuto come donne di accettare questa nuova era di tirannia, dove non sono in pericolo solo le donne ma tutte le persone marginalizzate, dove essere diversi potrebbe ora essere considerato un crimine. C’è voluto questo orrendo momento di oscurità per farci alzare il culo (wake us the fuck up)”. Dopo vari improperi, ha terminato indirizzando al neo presidente americano, Donald Trump, un sonoro "Vaff…ulo!”. A sentire queste parole sorge spontanea la domanda, ma Madonna a quale rivoluzione dell’amore si riferisce, tanto è il disprezzo, l’arroganza, la supponenza di cui esse trasudano?

Questa marcia è stata criticata perché era rigorosamente “proibita” alle persone che, pur non riconoscendosi in Trump, erano pro-life. Queste voci sono state infatti silenziate.

Sul sito di First Thing, però, ho letto una bella lettera aperta, scritta da Solveig Gold, una femminista convinta, anche se pro-life, e indirizzata alle sue amiche liberal che sabato scorso hanno potuto partecipare alla Women’s March. Scrive la Gold: “E tuttavia cosa ci può essere di più egoista della retorica del movimento pro-choice? Il MIO corpo, la MIA scelta. (…) Parlate del diritto di scegliere come se riguardasse esclusivamente voi, dimenticando convenientemente che non riguarda solo voi – c’è un’altra vita umana in gioco, che vi piaccia o meno. Quando vi battete per il diritto di scegliere, dite che dovreste essere messe nelle condizioni di dare la priorità alla vostra carriera, alla vostra educazione, alle vostre relazioni, alla vostra convenienza ecc., invece che al futuro del feto dentro di voi. Di più, la vostra retorica egocentrica vi fa dimenticare totalmente quel feto. Il linguaggio dei diritti individuali suona così bene, così convincente, che non dovete mai riflettere sulla dolorosa realtà dell’aborto. Il vostro corpo, la vostra scelta… e la vostra coscienza è pulita. (…) Vi siete date il proposito di opporvi all’egocentrismo del nostro presidente, ma ieri, mentre manifestavate coi vostri cartelli che recitavano “Il mio corpo, la mia scelta”, non stavate facendo null’altro che proclamare al mondo il vostro stesso egocentrismo. (…) Non c’è nulla di bello in «800 mila persone con le stesse idee», con le stesse idee egoiste. Non c’è niente di allegro in una cultura che ci insegna a dare più valore al nostro successo individuale che alla vita umana. (...) Una donna può fare tutto quello che può fare un uomo, ma può farlo meglio, più rapidamente e con i tacchi alti, mentre DA’ la vita. È nel creare la vita, non nel distruggerla, che dimostriamo la nostra forza più grande. E se riusciremo a essere unite in questo, allora saremo davvero wonder women”.

Inutile dire che questa manifestazione ha avuto una copertura mediatica mondiale, fino all’assurdo di alcuni giornali nostrani che, pur di taroccare l’evento, esaltandolo, hanno usato immagini di marce oceaniche che però appartenevano ad eventi di qualche decennio fa. Che pena questo tipo di giornalismo!

La marcia che si terrà oggi, nonostante avrà a Washington la stessa dimensione, se non maggiore, di quella di sabato scorso, sono sicuro che non avrà la stessa copertura mediatica, non avrà l’onore delle prime pagine dei giornali. Sarà invece classificata tra le espressioni più retrograde della “plebe” americana. Eppure ad essa vi parteciperanno migliaia di persone, tra cui alcuni vescovi, come Chaput, o il cardinale Dolan, e persino la consigliera del presidente, Kellyanne Conway, stratega della vittoria elettorale, da sempre a favore della vita, e, pare, addirittura il vice presidente degli Stati Uniti, Mike Pence. Un vero e proprio sconvolgimento rispetto al passato. Che bello che sarebbe se oggi, anziché come in programma per la prossima settimana, durante la marcia per la vita venisse fatto intuire, o addirittura annunciato, il nome del componente che sarà nominato alla Corte Suprema americana da Trump che, ricordiamo, dovrebbe essere anche lui una persona pro-file.

E’ una marcia molto sentita, nulla scoraggia i partecipanti, nonostante essa si svolga nel cuore dell'inverno, al rigido freddo americano che entra nelle ossa. Pensate che può capitare di vedere anche dei frati "marciare" nella neve, a piedi nudi. I partecipanti sono capaci di viaggiare anche qualche migliaio di chilometri, pur di sfilare per le strade di Washington. Essa mette in evidenza quanto sia profondamente sentito il dramma dell’aborto che, per inciso, nei paesi occidentali è considerato tra i diritti più acquisiti, scontati e fondamentali della libertà della donna. Evidentemente una falsa libertà.

Per la prima volta dopo otto anni gli americani "marceranno" senza sentire quella ostilità delle istituzioni, anzi le sentiranno al loro fianco. Sembra quasi di essere in un altro mondo, un mondo che fino all'altro ieri era preda di quell’Obama, falso Nobel per la pace, avvocato dei diritti illusori della ragione, offuscata dal delirio del desiderio. La nuova amministrazione Trump invece ha rimesso dentro le istituzioni il rispetto della vita. Per questo non finanzierà gli abortifici come Planeed Parenthood, che di pianificazione familiare porta solo il nome, e smantellerà l’Obamacare, una legge ideologica che imponeva, tra l’altro, al datore di lavoro, fosse anche un istituto religioso, di pagare al dipendente le misure di “controllo delle nascite”, che in termini concreti significano contraccezione, aborto e sterilizzazione.

Essa è una marcia che serve essenzialmente a scuotere le coscienze assopite, a spiegare di non dare nulla per scontato, che l'altro c'è anche se non lo si vede (o non lo si vuole vedere), a dire che la vita c'è, che siamo chiamati in ogni momento della nostra giornata a sceglier tra la Vita e la morte, che le scelte a favore della vita a volte possono essere difficoltose e dolorose ma più adeguate al bisogno del nostro cuore, che la vita non può essere silenziata, che scegliere la vita è tutto un altro mondo!

Ad un nostrano alto prelato, che una volta disse che «io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza», questa marcia farà sicuramente storcere il naso. Gli vorrei però dire che marciare per la vita, è anche cantare per la Vita.

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