Se la Chiesa abbandona l'umanità, sposando il #gender
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Il 30 settembre scorso ho partecipato ad un incontro a Molfetta (BA), organizzato dalla locale diocesi, dal titolo: “Educazione di genere come contributo alla costruzione della personalità” (QUI). Quell’incontro fungeva da presentazione di un corso articolato in più giornate dedicato a insegnanti e professori di ogni ordine e grado. Nella serata venne fuori che: omosessualità e eterosessualità sono una semplice VARIANTE della espressione sessuale; bisogna accogliere le differenze; “Diventa ciò che sei o ciò che vuoi?”; esiste un “pluriverso” di identità sessuali e di un “pluriverso” di paternità; “non bisogna giudicare ma solo accogliere” poiché esistono tante identità.
A presiedere la serata era proprio il vescovo della diocesi di Molfetta, mons. Domenico Cornacchia il quale, a fronte di cotante “perle” ascoltate e in risposta ad alcune obiezioni sollevate dal pubblico, non ha saputo dire altro che “la Chiesa è perfetta ma semper reformanda” e che dunque deve accogliere tutti. Come se la Chiesa non accogliesse già tutti. Ma il punto, evidentemente, non era quello.
Il disagio di quella serata si è ripresentato quando mi è capitato di leggere l’intervista che il neo-presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia, ha rilasciato in occasione della presentazione del nuovo Statuto dell’Accademia (QUI), voluto dallo stesso e firmato da papa Francesco, che entrerà in vigore dal prossimo 1° Gennaio 2017. Ricordo che la Pontificia Accademia per la Vita fu istituita da san Giovanni Paolo II nel 1994. Dice mons. Paglia: “È uno dei tasselli, che si iscrive appunto in questo nuovo orizzonte della Curia Romana, voluto da Papa Francesco per renderla più dinamica, più aderente alle QUESTIONI CONTEMPORANEE”, e sottolinea: “il paragrafo terzo dell’articolo uno è ELOQUENTE, perché all’Accademia si chiede di aver cura della ricerca su tutto quel che concerne la persona umana, nelle diverse età della vita, nel rispetto tra GENERI e generazioni, nella difesa della persona umana, nella promozione della qualità della vita, che integri ‘il valore materiale e spirituale’” (maiuscolo mio, ndr).
Dunque, nello statuto della Pontificia Accademia per la Vita al concetto della dualità uomo-donna si è preferito quello di “genere” che, come dice il dizionario filosofico Treccani, è “Il termine italiano che traduce l’anglosassone gender”. Oggigiorno, è risaputo, il termine “genere” è ambiguo poiché rimanda alla ideologia del “gender” secondo cui non esistono solo due generi, il maschile e il femminile, ma 56 generi diversi.
Mi sembrano lontanissimi i tempi, eppure era solo il 21 Dicembre 2012, in cui Benedetto XVI diceva nel suo discorso alla curia romana: “Il Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, in un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante, cita l’affermazione, diventata famosa, di Simone de Beauvoir: ‘Donna non si nasce, lo si diventa’ (On ne naît pas femme, on le devient). In queste parole è dato il fondamento di ciò che oggi, sotto il lemma ‘gender’, viene presentato come nuova filosofia della sessualità. Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente. […] La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente.[…] Il racconto biblico della creazione [ci parla di]: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen 1,27). No, maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà. […] Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. […] Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione.”
La Chiesa, essendo anche espressione dell’esperienza umana, corre sempre il rischio di un adattamento alle correnti culturali di questo mondo che, però, ad essa sono estranee. E tali correnti sono estranee alla Chiesa poiché la vedono portatrice di una Verità, che non è la loro verità, che libera l’uomo dal giogo che lui stesso tende a costruirsi.
La cultura della modernità, come tutte le culture che pretendono di rendere autosufficiente l’uomo, ha come obiettivo la riduzione dell’attesa del cuore dell’uomo, che è attesa del vero, del buono e del giusto. La modernità riduce il cuore dell’uomo ad un desiderio che si esaurisce nel mentre viene consumato. Essa riduce il cuore dell’uomo perché identifica l’uomo, appiattendolo, con i suoi desideri. La teoria del gender, che è l’espressione somma e più matura della pretesa della modernità, così come la stiamo sperimentando lungo questi ultimi decenni, illude l’uomo perché gli fa credere che il suo compimento avviene solo mediante la soddisfazione dei suoi desideri, mediante una istantanea gratificazione.
La Chiesa ha la missione di portare alla nostra vita la luce della buona novella, che è Via, Verità e Vita. Essa, inevitabilmente, ci scuote dalla continua menzogna dei nostri sogni. Essa ci scrolla perché, come scriveva T.S. Eliot nell’opera Quattro quartetti, “l’umanità non sopporta troppa realtà”. Essa ci provoca nell’andare a fondo anche del disagio umano e ci accompagna alla scoperta del Destino buono per cui siamo fatti. La Chiesa non può abbandonarci, non può lasciarci alle nostre eresie, cioè a quelle verità impazzite, quelle verità esasperate dall’inganno, quelle false verità di cui ci facciamo scudo contro una realtà che non vogliamo vivere fino in fondo. Il gender è proprio una di queste eresie, l’eresia di un umanesimo sentimentale, di un sentimentalismo inumano, ultimamente tirannico, che inganna l’uomo facendogli credere di essere un dio, facendogli credere che l’unico termine di paragone della sua umanità sia lui stesso. Una maschera ideologica che non lo fa vivere veramente perché non gli fa realmente amare la vita con tutte le sue imperfezioni. E’ una maschera perché illude la persona di poter saltare a piè pari la “ruvidezza” della vita. Il gender è una chiave interpretativa dell’esistenza che produce una profonda cecità, una intensa incapacità di decifrare tutta la complessa e pluriforme vicenda umana.
Ci dispiacerebbe sinceramente una Chiesa che non fosse Magistra oltre che Mater; che per una apprensione tutta materna verso le nostre debolezze ci lasciasse adagiati su quelle stesse debolezze, portandoci una tenera consolazione che però si rivelerebbe tutta umana. Ci spiacerebbe che si piegasse sulle nostre ferite con il semplice afflato consolatorio senza cogliere il grido di senso che esse ultimamente esprimono. Ci dispiacerebbe una Chiesa che non fosse maestra nell’aiutarci a discernere il bene dal male; che, non aiutandoci a riconoscere il peccato connaturato alla nostra umanità, rinunciasse ad insegnarci e a testimoniarci la Via della redenzione. Ci dispiacerebbe perché sentiremmo inevitabilmente su noi stessi un di meno di umanità, un di meno di quella pienezza di umanità, fatta di dignità e libertà che fioriscono in tutto il loro splendore quando ci riconosciamo figli di Dio Padre, salvati da Cristo.
Mi viene alla mente una delle ultime interviste a don Giussani:
Domanda: del resto, già Eliot aveva qualcosa da dire con una certa sicurezza di sé quando si domandava: ‘È l’umanità che ha abbandonato la Chiesa o è la Chiesa che ha abbandonato l’umanità?’.
Risposta: Ma come fa un uomo del mio tempo, un uomo di questo tempo, parlando di cultura, usando la parola cultura, a non tener presente questa frase qui?! Dimentica i quattro quinti del mondo.
Domanda: È una critica alla Chiesa o all’umanità?
Risposta: Tutte e due, tutte e due, perché innanzitutto è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa, perché se io ho bisogno di una cosa, le corro dietro, se quella cosa va via. Nessuno correva dietro.
Domanda: E la Chiesa quando ha abbandonato l’umanità?
Risposta: La Chiesa ha cominciato a abbandonare l’umanità secondo me, secondo noi, perché ha dimenticato chi era Cristo, non ha poggiato su... ha avuto vergogna di Cristo, di dire chi è Cristo”.