«Io, [mis]credente, difendo l’aborto»
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La questione del rapporto verità - libertà è cruciale anche per la difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale, come significativamente insegnato da San Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae (EV):
96. Il primo e fondamentale passo per realizzare questa svolta culturale consiste nella formazione della coscienza morale circa il valore incommensurabile e inviolabile di ogni vita umana. È di somma importanza riscoprire il nesso inscindibile tra vita e libertà. Sono beni indivisibili: dove è violato l'uno, anche l'altro finisce per essere violato.
[…] Non meno decisiva nella formazione della coscienza è la riscoperta del legame costitutivo che unisce la libertà alla verità. Come ho ribadito più volte, sradicare la libertà dalla verità oggettiva rende impossibile fondare i diritti della persona su una solida base razionale e pone le premesse perché nella società si affermino l'arbitrio ingovernabile dei singoli o il totalitarismo mortificante del pubblico potere.
Il corsivo è tale nell’originale per sottolineare l’importanza dei contenuti espressi. Primo punto: il nesso inscindibile tra vita e libertà. Secondo punto: il legame costitutivo che unisce la libertà alla verità.
Che cosa è la libertà? Anzi tutto la libertà è inscindibilmente unità alla verità. La libertà non esiste senza la verità. Cercherò di esplicitare brevemente il discorso. Si deve distinguere tra libero arbitrio e libertà. Il primo è la pura capacità di scegliere, la seconda è l’esercizio della scelta secondo il bene. Fare il male comporta la perdita della propria libertà. Il libero arbitrio è una pura capacità di scelta e, quindi, è moralmente non significativo e assolutamente astratto. La libertà vera si ha nella scelta fatta secondo il bene; la schiavitù vera consiste nella scelta del male. San Paolo o Socrate in carcere erano liberi, un terrorista o uno stupratore fuori dal carcere non sono liberi. L’esistenza di una libertà precedente il bene e il male è l’idea della modernità, ma non è l’idea cristiana. Si tratta di una libertà astratta, vuota e assoluta, che diventa essa stessa giudizio del bene e del male. Se una cosa non è scelta liberamente è male, una cosa scelta liberamente è bene solo per il fatto di essere scelta liberamente. Invece la libertà è resa tale non solo dallo scegliere ma anche dalla scelta: essa ha a che fare fin da subito con la verità. Non può quindi esistere una libertà di scelta indifferente alla verità di quanto viene scelto. Ciò avviene anche nel caso della scelta della religione. Quando si sceglie una religione si compie un atto di libertà connesso fin da subito con il problema della verità. La verità delle religioni che si scelgono assume così un’importanza fondamentale per la vera libertà della scelta. La verità vi farà liberi, mentre la (falsa) libertà vi farà veri è l’inganno del cornuto nei riguardi dei nostri progenitori Adamo ed Eva.
Pertanto, la vita veramente degna è quella inscindibilmente connessa con la libertà, quella libertà costitutivamente connessa alla verità. L’alternativa è la schiavitù del peccato. Scegliere il peccato, come dicevo, non è libertà ma arbitrio. Vi faccio un esempio giuridico calzante: se una persona liberamente sceglie contrattualmente di sottomettersi a schiavo di un’altra persona, il contratto non è giuridicamente valido, non è vincolante.
Sradicare la libertà dalla verità oggettiva rende impossibile fondare i diritti della persona su una solida base razionale e pone le premesse perché nella società si affermino l'arbitrio ingovernabile dei singoli o il totalitarismo mortificante del pubblico potere. Questo, unito al fatto che “troppo spesso i credenti, perfino quanti partecipano attivamente alla vita ecclesiale, cadono in una sorta di dissociazione tra la fede cristiana e le sue esigenze etiche a riguardo della vita, giungendo così al soggettivismo morale e a taluni comportamenti inaccettabili” (EV n.95), provoca situazione abominevoli come sintetizzato nell’intervista riportata in calce: sradicare la libertà dalla verità porta letteralmente il cervello all’ammasso, lo rende poltiglia priva di neuroni. Solo così si possono spiegare razionalmente frasi come le seguenti pronunciate dal “professore” di ginecologia, nonché “cattolico”, Gian Benedetto Melis:
«Io credo (???!!! NDR) che la vita incominci al momento della nascita, ma non sto a discutere se è vita quella dell’embrione e quella dei gameti vicini nelle tube ».
In genere dove vanno a finire i feti abortiti?
«Vengono classificati come materiale abortivo e pertanto eliminati come rifiuti speciali».
È mai successo che qualcuna abbia chiesto il battesimo dopo un aborto deciso?
«È capitato anche questo. Ci può essere una richiesta dei genitori e a quel punto il feto cambia status (???!!! NDR), non dev’essere più considerato un aborto e si segue una procedura stabilita ».
E non si può sorvolare neppure sul seguente abominio di colui che mangia e beve la propria condanna e di coloro che gliela porgono:
Il punto è che per la Chiesa quello che lei chiama dovere è un omicidio...
«Per la Chiesa è omicidio pure prendere la pillola... Ma, guardi, un tempo si veniva scomunicati anche solo per aver divorziato, ora è diverso. Pure le leggi religiose cambiano».
Non è proprio così. Ma è vero che molto dipende dal vescovo e soprattutto dai sacerdoti. Il prete la assolve anche dal peccato di aborto?
«È una sua prerogativa darmi l’assoluzione»
E lei fa la comunione...
«Se il prete mi dà l’assoluzione, faccio la comunione».
San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia.