#Terremoto: chi teme la preghiera e il silenzio?
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Mio padre era un “mangia preti” uno che con la religione non era mai andato d’accordo. Aveva addebitato a questa categoria di uomini, i sacerdoti per l’appunto, la colpa di tutti i mali del mondo. Io temo si trattasse di un misto tra educazione, desiderio di trovare un capro espiatorio, qualche incomprensione avuta in passato con un pretino che si prendeva cura delle anime dei pazienti ricoverati in ospedale.
Sta di fatto che quando mio padre è morto, di notte, improvvisamente, nel letto di un ospedale, non credo di avergli fatto uno sgarbo tracciandogli un segno di croce sulla fronte e recitando per lui una preghiera, “riposi in pace”.
Sono certa che arrivato a nuova vita, ora ci guarda con sguardo benevolo e sono certa che Dio gli abbia dato pace, quella pace che su questa terra non ha saputo trovare, sempre arrabbiato e certo di avere subito ingiustizie non perdonabili.
La mia preghiera non lo avrà di certo danneggiato e quindi credo che non saranno danneggiate le anime di chi improvvisamente è morto sotto alle macerie del terremoto, se qualcuno avrà nei loro confronti un gesto pietoso. Pertanto mi hanno stupito le reazioni stizzite, maleducate e blasfeme di chi se l’è presa con la giornalista #Costanza Miriano che ha proposto di prendere in “affidamento” le anime di chi è morto sotto le macerie.
Apriti o cielo, son piovute ingiurie, bestemmie, qualcuno pensa che sia poco corretto pregare per qualcuno che magari in vita era ateo o non desiderava preghiere.
Boh, siamo proprio strani noi umani, meglio disperati e soli che contaminati dal dubbio che non tutto finisca quando termina il nostro stare su questa terra.
E’ per questo che la morte è diventata il vero tabù dell’era moderna? Che non si portano i bambini ai funerali o al cimitero, perché non sappiamo dire loro dove vanno le persone che non sono più con noi?
L’altro giorno, lutto nazionale per i morti del terremoto, stavo facendo la spesa al supermercato, l’altoparlante invita i clienti ad osservare un minuto di silenzio, alcune luci del locale vengono spente. Qualcuno si ferma, qualcuno continua a fare la spesa, pochi fanno un segno di croce, i bambini si agitano, uno chiede perché: - perché dobbiamo stare zitti? – Gli adulti non rispondono. Si riaccendono le luci e tutto continua nella frenesia di sempre, eppure fare memoria che siamo di passaggio rende liberi e forse anche misericordiosi.