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A Dacca, nel ristorante Holey Artisan Bakery, nessuna pietà.

Fonte:
CulturaCattolica.it
Chi conosce Dio non può uccidere in nome suo

#Bangladesh: nell’attentato compiuto nel cuore della capitale Dacca, in un locale frequentato da stranieri, sono morti 20 ostaggi: nove italiani, sette giapponesi, una ragazza indiana e tre bangladeshi, oltre a sei dei sette assalitori e due poliziotti. Il commando è entrato nel bar l’ultimo venerdì di Ramadan, urlando “Allah è grande” e aprendo il fuoco. La premier Sheikh Hasina ha definito gli assalitori “giovani sbandati” che “non rispondono ai valori dell’islam”.
I fatti hanno dimostrato che gli assassini non sono degli “sbandati” ma giovani istruiti, che hanno studiato nelle scuole migliori, non sono diventati assassini spinti dalla fame o dalle ingiustizie subite. Sono giovani cresciuti alla scuola di quegli Imam, che indisturbati usano del loro potere per incitare alla barbarie.
Si addestrano giovani alla guerra, perché questa è una guerra, dove il nemico non ha truppe, ma piccole cellule armate e capaci di sacrificare la propria vita pur di distruggere chiunque musulmano o no, non importa, chiunque non la pensi come loro.
In questi giorni leggendo le storie delle vittime, si scopre come sempre accade un mondo buono, fatto di gente che lavora, gente che amava viaggiare, che amava il proprio lavoro o che lo aveva scelto come mezzo per dare un futuro migliore ai propri figli, gente che amava il paese nel quale si trovava, c’era una donna incinta di cinque mesi, nemmeno per lei c’è stata pietà.
In quel ristorante avrebbe potuto esserci chiunque e solo quando si muore per qualche giorno ci si accorge di una normalità buona, di come dietro ad ogni volto ci sia una storia, una famiglia, degli amici, dei colleghi e un destino.
C’è uno studente musulmano, che pur sapendo recitare il Corano e quindi avendo secondo gli assassini le carte in regola per salvarsi, non ha abbandonato le due amiche musulmane, ma, dicono le cronache, vestite all’occidentale preferendo la morte alla codardia. Questo a dire che ci sono islam differenti, ma che l’islam moderato, laico, non ha la forza né il coraggio di #Faraaz Hossain studente di 19 anni.
Mons. Gervas Rozario, #vescovo di Rajshahi e presidente della Commissione episcopale Giustizia e pace, commentando la strage del primo luglio scorso, ha dichiarato: “Ora tocca ai fedeli islamici intervenire, alzarsi in piedi per salvare la faccia della loro religione”. Faraaz Hossain lo ha fatto.
#Testimone di come la religiosità che è in ogni uomo sia capace di gesti eroici, solo quando si abdica alla ragione e al cuore, si può credere di uccidere in nome di Dio.

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