No(n)! ci sono santi....
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(Margherita Guidacci)

Il paradigma è questo, dovrebbe esserlo. Bambini per mano, la mamma, il papà. Famiglie che scelgono da chi andare, dove guardare. Che nella frenesia degli impegni quotidiani trovano momenti per pensare a ciò che vale davvero, e comunicarlo senza nemmeno parole, con l’azione.
E uno sguardo così sulla morte, sulle radici, sul Destino.
Il paradigma è questo, dovrebbe esserlo.
Ma vogliono distrarci, i negozi aperti, il sonno e la sbornia dopo la festa di Halloween, e il messaggio che i morti sono scheletri che turberanno la notte, e streghe, e Zombie, e fantasmi di cui avere paura. Ci distrae, i mondo (anche i preti, a volte) dicendoci che venerare santi e reliquie è roba da beghine, è chiesa retrograda – quella, per capirci, che è rimasta indietro di 200 anni. E’ superstizione, oppio dei popoli: serve a far star buone le masse, a tacere qui, a porgere l’altra guancia, perché la felicità è (solo) di là, e allora state buoni se potete.
Sono gli stessi che indicano come modelli i santi postmoderni (e anche post-cristiani): l’ambientalista, il vegano, il pauperista, chi non evade il fisco, chi non inquina, chi lotta contro le mafie…
Nella foga di compiacere al mondo, si dimentica (anche i preti, alle volte) che il compito è alzare l’asticella, insegnare a guardare più in là. A crescere un po’ ogni giorno. Che poi è il compito anche mio, di mamma; mio di insegnante. Che farsene di una mamma che per non turbare il quieto vivere dei figli non sa o non vuole dire “i no che aiutano a crescere”. Sei come sei e sei perfetto così. E’ come dirgli che non ce la può fare a perfezionarsi, o che non hai più niente da imparare. O un’insegnante che abdicasse alla penna rossa per segnare gli errori e indicare la strada.
Aiutare a crescere, questo è il compito. E guardare a chi è più avanti. Ma non in nome della legalità, in nome della vita eterna!
E’ per questo che vorremmo cattolici adulti davvero, e non adulterati. E pastori che ci insegnassero a pensare alle cose di Lassù, criterio vero per imparare a vivere bene la vita di quaggiù. E coraggiosi, capaci di dire no grazie, non ci interessa, alla festa di Halloween. Mica per supponenza o perché ci schifa a prescindere. Per un “di più”. Perché la Chiesa (se non lei, chi?) ha il compito di testimoniare che la morte non è l’ultima parola sulla vita. Che i defunti non sono roba da film horror o da feste in costume, e che con loro è possibile continuare ad avere un rapporto di tenerezza, di intimità. Perché la comunione dei santi esiste, e rende più facile il cammino nella vita. La Chiesa (se non lei, chi?) ha il compito di indicarci mete più alte dei ricchi premi e cotillones: gli specchietti per allodole che ci propina il mondo, e di ricordarci che il destino, il compimento di tutti è la santità. Ed è lì che dobbiamo puntare lo sguardo: a loro, ai Santi. Che non sono stati persone perfette, che non hanno peccato mai o che mai han trasgredito le leggi. Erano come noi: come me e come te che leggi. Amati come noi dalla notte dei tempi, con le loro imperfezioni e le loro fragilità. Ma avevano fisso lo sguardo su Cristo, la meta, il Destino. Cadevano mille volte come noi ma sapevano dove guardare, a Chi, e ripartivano. Erano innamorati di Cristo, i santi, ma forse oggi non si può più dire: è poco includente.
Sciacquata la faccia, tolto il trucco e i travestimenti di Halloween, di fronte a un mondo che nega le radici, oggi è tempo di albero genealogico: il nonno, la nonna, lo zio… Nelle foto in cimitero, in quei volti, somiglianze che raccontano da che storia e da che amore veniamo. E, forse, piccoli esempi di santità domestica, silenziosa. Gente che non ha venduto l’anima per un pugno di follower su Twitter, che non ha scritto libri o partecipato a salotti televisivi; storie che non fanno clamore né audience e non meritano le prime pagine dei giornali. Pazienza, raccontiamole lo stesso ai nostri figli. Lì guardiamo, insegniamo a guardare: ai santi. Quelli piccoli dei nostri paesi e quelli più grandi. Lasciamoci guidare da loro. Morti, hanno la vista più lunga della nostra.