Europa: una luce da Oriente
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Nelle sue radici cristiane la cultura europea ha una forza vitale inesauribile, capace di far riscoprire il senso degli accadimenti e della vita.
Ce lo dimostra la drammatica vicenda dell’Ucraina degli ultimi anni, in cui si evolve una storia millenaria e complessa, dove Ucraina e Russia sono due nazioni sorelle.
Anche se da alcuni mesi la Russia si è ripresa la Crimea e fino a poche settimane fa stava sviluppando una escalation militare a sostegno delle minoranze russe in Ucraina.
La mia riflessione però non riguarda la politica internazionale, ma la politica interna ucraina.
Molti di noi ricordano quello che è diventato famoso come il movimento arancione ucraino, che è stato un percorso culturale e politico con una larga partecipazione del popolo, e che è stato determinante per l‘affermazione della democrazia contro un presidente eletto ma dispotico, e troppo sbilanciato a favore della Russia.
Quel presidente è stato cacciato dalla resistenza popolare che ha avuto il suo epicentro nella capitale Kiev, ed in particolare nella famosa piazza Maidàn.
Come è stato possibile che un popolo senza armi e senza violenza abbia saputo sfidare e vincere un regime con un esercito e corpi di polizia formidabili?
Sicuramente c‘è stato l’appoggio dell’Europa, anche se è stato lento e contraddittorio.
Sicuramente l’esercito e la polizia alla fine hanno solidarizzato in gran parte col loro popolo.
Ma c’è stato un elemento di grande forza e bellezza che è stato decisivo: la preghiera.
Le giornate di piazza Maidàn cominciavano all’alba con la preghiera e finivano con la preghiera della sera.
Il popolo di piazza Maidàn ogni giorno aveva paura della sanguinosa repressione che ogni giorno mieteva qualche vittima, ma quel popolo non pregava per paura.
Pregava nella lucida consapevolezza del rapporto che esiste tra paura e preghiera e libertà.
I teologi ortodossi insieme alle guide politiche, avevano messo in moto un percorso di coscientizzazione e di maturazione per cui, tanto chi manifestava in piazza quanto chi pregava a casa, lo faceva credendo nella forza della preghiera.
Credevano che la preghiera era capace di liberazione, in particolare liberazione dalla paura.
La croce di Cristo in piazza non era folklore ma simbolo carico di senso e quindi di forza.
Per questo penso che l’Ucraina sia depositaria di un patrimonio vitale che le ha permesso di superare le terribili tempeste politiche ed economiche del secolo scorso: essa ha saputo attingere all’origine della luce, e ne fa un dono prezioso alla parte di Europa che è senza memoria.
Quest’esperienza ci ricorda che i percorsi spirituali non sono fenomeni astratti, ma si possono calare nella realtà, quella sanguinante, e portare salvezza all’uomo già sulla terra e in questo tempo.
La forza del popolo ucraino è una base importante che l’Unione Europea oggi deve valorizzare per portare pace tra Russia e Ucraina, evitando di acuire le tensioni tra le due nazioni.
L’Europa deve ritrovare una visione di sé stessa, tenendo fortemente presente che la Russia non è Asia: la Russia di Cirillo e Metodio, quella di Pavel Florenskij, ha un grande patrimonio spirituale che è capace di ridare vitalità anche all’Europa occidentale, quella che deve respirare a due polmoni, come diceva san Giovanni Paolo II.