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Non basta dire NO all'inchino della (statua della) Madonna

Fonte:
CulturaCattolica.it
«L’unico atto degno di un uomo che ci sia rimasto di questi tempi è quello di inginocchiarci davanti a Dio»
(Etty Hillesum, Diario)

Quando posso, mi prendo un po’ di tempo tutto per me e vado a pregare, e a meditare, nella chiesa di San Giovanni. Entro, e mi piace sostare davanti alla Madonna perché tra donne ci si capisce e perché ho la certezza che ci penserà Lei, che è Madre, ad intercedere per me presso Suo Figlio.
Mi piace fermarmi davanti alla statua lignea di fine Ottocento, quella posizionata in fondo, a sinistra dell’altare; la stessa che ogni anno viene portata in processione lungo le strade di Portogruaro per la festa del rosario.
Mi sono affezionata a lei soprattutto dopo che dei ladri hanno trafugato il Bambinello. Ricordo che mi aveva fatto imbestialire, quel furto in chiesa. Ancor di più perché non era stata rubata una statua qualsiasi, ma un figlio a sua madre. Ma quella volta, entrando a san Giovanni e vedendo quelle braccia aperte e quel vuoto, ho capito. Nel suo abbraccio la Madonna avrebbe stretto me, noi. Quei figli che Cristo le aveva affidato dalla croce.
Da allora quando voglio trovare pace vado, e cerco di non mancare alla processione di ottobre.
Poi il Bambinello è ritornato, in copia, e a distanza di anni credo che buona parte della gente abbia dimenticato che non è più lo stesso. Poco importa: i cristiani non sono feticisti. Sanno, invece, i cristiani, che ogni cosa rimanda ad altro, e che tutto è segno. Non adorano la statua, ma venerano Colei che lì è rappresentata. Come le reliquie sono memoria e segno di una santità incarnata, possibile a ciascuno.
Da qualche tempo, ai piedi della statua che si trova a circa un metro da terra, è stato collocato un inginocchiatoio donato dalla famiglia di un defunto. Un giorno avevo proprio bisogno di stare con Lei, di parlarle da donna a donna, anzi da figlia a madre e anziché sedermi in un banco come al solito sono andata più vicina e mi sono inginocchiata lì.
Pregavo con lo sguardo basso, immersa nel gomitolo ingarbugliato dei miei pensieri. Ad un tratto ho alzato il capo ed ho incrociato i Suoi occhi e quelli di Gesù, per la prima volta. E ho pianto.
Lo scultore, Antonio Pizzini, ha pensato ad un incrocio perfetto di sguardi – i Loro – che finiscono dritti dritti nei nostri occhi. Ma se ne accorge solo un bambino. O un adulto in ginocchio.

E allora lo dicano, i preti coraggiosi. Lo dicano i Vescovi, in questi giorni in cui i media commentano la vicenda di Oppido Mamertina e insistono sulla «Madonna che ha fatto l’inchino». Il punto non è impedire le processioni o mettere in soffitta tutte le statue della Madonna o dei Santi patroni. Il punto è educare il popolo. Insegnare ai fedeli che la Madonna ci indica la strada per andare verso Suo Figlio che è Via, Verità e Vita. In ginocchio, sì. Ma noi. Noi davanti a Lei, come Lei si è inginocchiata davanti all’Angelo. «Ecco la serva del Signore, accada di me secondo la Tua parola». La Tua, del Signore: non la mia, non la nostra, non quella del mondo. In ginocchio noi, per imparare da questa donna che Dio non si strattona, non lo si piega ai giochi di potere, alle mode, alle nostre piccole voglie quotidiane. Perché la memoria – questa memoria – diventi carne della nostra carne ogni giorno e ci guidi nel cammino.
Ma questo i giornali non lo dicono (e forse neanche certi preti).

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