Sentinella “dentro”, nel Dna: i pilastri del vivere
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(G. K. Chesterton, Ortodossia)

Non ho (ancora) mai partecipato alle iniziative delle Sentinelle in Piedi: non abito in una grande città e qui a Portogruaro (ancora) non sono – non siamo – scesi in piazza.
Uso il “noi” perché sono pronta: ho già una pila di libri che sarebbero perfetti e aspettano, come me, di sapere il giorno e l’ora.
Potrei dire che sono una Sentinella “dentro”, nel Dna, come, credo, tutti i cristiani. Come dovrebbero essere tutti coloro che hanno a cuore la libertà e si sentono pronti a scendere in piazza PER lei.
Ecco allora perché mi addolora leggere un giorno sì e il giorno dopo anche, che le Sentinelle in Piedi manifestano «contro i gay» o, come nel comunicato uscito qualche giorno fa a Ferrara, a firma di Comune e Provincia (a braccetto con Arcigay, Arcilesbica e Famiglie arcobaleno): «Il messaggio omofobico delle Sentinelle in Piedi (…) è un messaggio che divide e alimenta un clima di pregiudizio e di discriminazione».
Non sanno, non si sono informati, non hanno capito.
Ha scritto J. K. Bowling che «un vero guerriero non combatte perché odia ciò che ha di fronte ma perché ama e difende ciò che sta dietro di lui». Per i cristiani è così da sempre, historia docet. E’ così anche questa volta. Anche per le Sentinelle è così, checché ne dicano i media, le associazioni, gli “intellettuali” politically correct. Fermi in piedi, immobili, in silenzio, si vigila. Le sentinelle custodiscono, non vanno all’assalto. Non sono i Black Bloc incappucciati, non sfasciano vetrine, non incendiano cassonetti, non rovesciano auto, non distruggono treni, non mettono a ferro e fuoco le città (qualcuno preferirebbe, forse…) Vigilano. Come fa una madre accanto a un piccolo in pericolo. Come fanno le scolte a difesa delle città, o le guardie a cui hanno affidato un tesoro. Mica ce l’hanno pregiudizialmente con Tizio o con Caio, cosa volete che gliene freghi? Se ne stanno lì, ferme. Se ne starebbero al caldo anche loro, se fuori piove. Al fresco anche loro, all’ora della canicola. E invece no. Vegliano per proteggere «cose preziose salvate dal nulla» proprio come Crusoe, nell’isola deserta. Se ne stanno lì a dire ci sono, a ricordarci cosa vale davvero.
E allora lo scrivo, questo inventario delle cose che ci sono affidate mentre la nave sta affondando nel mare del relativismo e che non possiamo, non dobbiamo perdere d’occhio. Non sono soltanto parole a cui, retrogradi nostalgici, ci siamo affezionati; sono la nostra storia e la nostra cultura. Sono legami, radici, identità. Ecco allora l’inventario. In fila perché lo fissiamo nella memoria, perché ce ne sentiamo responsabili tutti i giorni a tutte le ore.
Maschio e femmina,
matrimonio come unione tra un uomo e una donna,
famiglia naturale,
diritto dei figli ad avere un padre e una madre,
libertà di espressione,
libertà di educazione.
L’ho detto: non sono, queste, soltanto parole accostate. Sono i pilastri del vivere, le fondamenta della civiltà che ci ha generati. Se scendiamo in piazza non è CONTRO qualcuno ma è PER salvare questo tesoro. Senza, saremo perduti.