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Ancoraggio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Per restare nella metafora del pelago, possiamo affermare che attraversare il mare della vita non sia un'impresa da due soldi, ancor meno che possa essere soggetta a un'improvvisazione. È inutile, non si può improvvisare né la traversata né il salvataggio. Bisogna essere preparati. Estote parati, dice Gesù nel vangelo. E si rivolge a tutti, non solo a chi crede. Perché Gesù Cristo parla al cuore, non alle classi sociali o agli affiliati di una certa ideologia. Il monito a coloro che si trovano sulla piccioletta barca che Dante rivolge ai suoi lettori, all'inizio del paradiso, affinché non si arrischino a seguirlo senza gli adeguati strumenti, è sempre valido: realismo, innanzitutto. Evidentemente, solo chi è in viaggio può riconoscere il bisogno di possedere un'ancora. Chi resta a riva ad osservare non comprende il monito e non se ne interessa. Eppure quanto è importante essere in viaggio! Camminare insieme, ha detto papa Francesco raccontando del dialogo con il Patriarca della chiesa ortodossa Bartolomeo. È camminando che si cresce nella conoscenza di sé e delle cose. E si affrontano i problemi man mano, per quel che è possibile. Non bisogna aver paura del cammino che la vita richiede per essere vissuta e non subìta. Certo, siamo facilmente portati “al tutto subito”, come se tutto fosse un procedere meccanico o come se un intervento miracolistico dovesse risolvere tutte le contraddizioni, ma non è così. Senza la strada per raggiungerla, anche la mèta perde valore. Sintomo chiaro dell'assenza di un cammino è la posizione oggi diffusa riconducibile a quel “nichilismo gaio” di cui parla Maria Zambrano. Una traduzione del nichilismo gaio a buon prezzo, senza pretese filosofiche, si può individuare nell'atteggiamento diffuso tra tanti adolescenti - ma ormai il limite di età si sposta sempre più in alto -, per cui si giustifica il disimpegno nei confronti del reale: “perché prendersela quando ci si può divertire?”. Frase banale, ma significativa e purtroppo assai diffusa. Per tanti “prendersela” significherebbe accettare di fare un cammino contrastando quella trascuratezza verso se stessi che, se lasciata troppo sedimentare, produce un'incrostazione pesante e dannosa. No, meglio la fatica di camminare e di navigare con un buon timone e anche avere un'ancora a cui fissare ragione e cuore. Perché le soste sono inevitabili, anzi, necessarie. Sono momenti di memoria, di ripresa di coscienza, di speranza. E a fine maggio, a conclusione di un mese stranamente ventoso che ci ha regalato cieli magnificamente azzurri e ancora giorni di pioggia, come non ricordare la potente ancora di salvezza che ci è donata nella Vergine Maria? In Lei si ricompone ogni sforzo maldestro di riuscita, ogni pretesa di scorciatoie devianti. Con Lei il cammino ritorna sicuro, il passo si fa più leggero e insieme prudente e abbandonato, perché Lei conosce la strada e la mèta, che sono state prima Sue. Prima che Lei ce le donasse, con l'amore materno che sempre ci accompagna e rassicura. Perché, se il cammino è nelle Sue mani, anche la mèta è sicura.

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