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Anche di fronte alla questione del gender ripartire dal cuore

Autore:
Bruschi, Franco
Fonte:
CulturaCattolica.it

L'altra sera alla domanda di alcuni ragazzi se e come è evidente che noi desideriamo l'infinito, se è scritto nel nostro cuore che desideriamo una felicità totale, che non possiamo creare, che non ci possiamo dare, che è altro da noi, facevo quest'esempio.
L'altro giorno Laura, una mia amica, è uscita ed ha lasciato sua figlia, la piccola Danielina, in casa col fratello più grande. Lei è salita su una sedia e ha buttato giù di tutto dal balcone. Qual è il senso di questo comportamento?
Io lo leggo così, come se Danielina dicesse: "Vedi mamma, tu sei tutto per me, tu sei la mia felicità, non mi puoi lasciare sola, non puoi andartene, non puoi non portarmi con te, di tutto il resto (macchinine, bambole, astucci, matite colorate...buttate giù dal balcone) non me ne frega niente, io voglio te, perché tu sei la promessa vivente che la felicità non è una chimera, un sogno, un'illusione, tu sei l'evidenza umana di questa promessa. Senza la tua presenza amorosa, senza questa certezza, carica di positività, la mia vita non è nulla, non è degna di essere vissuta!"
Il nostro cuore è fatto così, desidera tutto, desidera la felicità, la pienezza, la pretende, la urla, sa che nulla gliela può dare, sa che non se la può dare, la felicità è una presenza umana gratuita che mi vuole bene, che vuole il mio bene, senza questa presenza la vita è senza senso, senza speranza, e non c'è la possibilità di consolarsi con le piccole cose, come suggerisce il potere, perché il cuore è fatto per qualcosa di grande. Il nostro rapporto con Dio è esattamente come quello di Danielina con la mamma, non esiste evidenza più grande di questa. Dio si è fatto uomo e continua ad essere presente attraverso dei volti umani, per educare il nostro cuore a questa attesa e al riconoscimento dell'unica presenza che vi corrisponde, la presenza del Mistero che si è fatto e si fa uomo. Da qui si capisce che noi siamo esseri di Dio, che siamo nati da Dio, che siamo fatti per Dio, che Lui è il nostro destino. Oggi pochissimi adulti riconoscono e vivono questa evidenza, pensano invece di poter costruire e offrire la felicità, o presunta tale, da sé, perché questo è ciò che suggerisce e vuole il potere culturale e mediatico, ma proprio perché non è così è aumentata tantissimo la noia, la disperazione, la solitudine, l'alienazione. Qualcuno, come nell'esempio di Danielina, finisce per "buttare dal balcone" la moglie, con la quale magari si è vissuto solo un rapporto di possesso, basato sull'istinto, peraltro ricambiato; oppure i figli, sempre più ignorati o di cui si ignorano le esigenze fondamentali, sempre più un ingombro alla propria affermazione (sono drammatiche le statistiche sulla denatalità); oppure i genitori, gli amici.
Il Vangelo dice: "Se non ritornerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli", che non vuol dire "fare i bambini", comportarsi in modo infantile, ma stare di fronte e vivere quell'evidenza per cui solo un Altro (come la mamma per Danielina), può dissetare la mia sete di felicità: "Senza di Te o Cristo, che mi sei padre e madre, fratello, amico, senza la tua compagnia mi butterei dal balcone".
Vorrei fare una applicazione a un gravissimo problema attuale: la questione del "gender".
Quel che c'è alla base del disegno di legge Scalfarotto sull'omofobia e più ancora del tentativo di introdurre l'educazione di genere nelle scuole è proprio lo smarrimento di questa evidenza e dell'esperienza che da essa nasce. L'uomo a causa del peccato e del potere che ne è l'espressione ha smarrito la strada della ragione e del cuore che Gesù è venuto ad educare e pensa che la realizzazione di tutto ciò che istintivamente desidera lo possa compiere. All'uomo, al giovane, all'adolescente smarrito, confuso, ma che ha dentro di sé un cuore (ragione e affezione) che almeno in certi momenti desidera ed attende non una felicità e una libertà contraffatte, "malandrine", illusorie, ma una felicità e una libertà vere, occorre certamente offrire un'adeguata informazione sui pericoli che la sua vita e la sua libertà corrono in una società e in una cultura sempre più confuse e ambigue, ma bisogna prima di tutto offrire una compagnia umana, carica di gratuità, di amore al bene, di giudizio, di criticità che dimostri che la felicità è possibile se ci si fida di chi, come una mamma per una bambina, ha detto:
"Io sono il tuo cuore, io sono la tua felicità!" Costui è presente in uomini e donne che lo conoscono, lo seguono, si fidano di Lui e quindi cercano di educare chi incontrano a uno sguardo sulla realtà che ne coglie il profondo significato: tutto (la mamma, un fiore, un regalo...) è segno del Mistero presente che promette al cuore la positività che desidera. Persone che vivono la Sua presenza ci stanno accanto sul treno, al lavoro, a scuola, nel paese, in famiglia, come la mamma di Danielina. La circostanza drammatica e dolorosa che stiamo vivendo, in cui viene messa in discussione l'identità della natura umana, così come Dio l'ha concepita, in cui si confonde istinto con felicità, permissivismo con libertà, in cui vengono messe in discussione e attaccate le verità e le evidenze più elementari della nostra storia e tradizione, o l'esistenza stessa della verità, è l'occasione per riscoprire e proporre a chiunque incontriamo l'unica esperienza, l'unica novità che risponde pienamente ai desideri del cuore dell'uomo, anche quando questi si esprimono in modo confuso e ambiguo.
Per Danielina la prima presenza del Mistero che compie il suo desiderio di felicità sono la mamma, i genitori; la famiglia è la prima custode della persona umana, la famiglia è la prima scuola nella misura in cui propone un modo di essere, di esistere che corrisponde al cuore del figlio. Ma la vita è una partita dentro il reale e una gara non la si gioca da soli, occorre una squadra, delle persone che lottino con te contro l'avversario, la menzogna che afferma che tutto è nulla, per il raggiungimento della stessa e unica meta, l'autocoscienza, cioè che non posso dire "io", non posso dire "io valgo", "il mio destino è la felicità" se non di fronte a un "Tu", a una presenza umana affascinante. Allora uno capisce che il suo cuore con tutti i suoi desideri esiste, è una realtà e le risposte, il valore non sono "le macchinine, le bambole, le matite colorate", quel che pare e piace, ma "la mamma", cioè qualcuno che ha una intensità, un'attrattiva, un fascino che dà senso a tutto quello che sei e a quello che fai.

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