I passi e il volto di una amicizia
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(Rainer M. Rilke, da Il libro della vita monastica)

Una tra le cose più belle del cristianesimo è che non c’è un giorno uguale ad un altro. Ogni giorno è speciale e ogni giorno la Chiesa (e noi in lei) ha motivo per festeggiare. Basta guardare un calendario: ogni giorno un santo da cui prendere esempio, o una ricorrenza.
Ma non è solo questo. Il tempo è di Dio e, nel tempo, facendosi Uomo Dio ha deciso di incarnarsi, dandogli sostanza e senso. E redimendolo. Nel tempo si gioca la nostra vita e, nella vita, la nostra libertà.
Oggi, dunque, non è un giorno come un altro. Non è uguale a ieri e non sarà uguale a domani. Oggi ho deciso di festeggiare il 150° articolo scritto per il nostro sito.
Già li vedo i lettori che cliccano un altro testo (in effetti il tema è assai strano…) o chiedersi, con tono ironico, se la puntigliosa non abbia di meglio da fare che tenere il conto delle cose che scrive.
Sì, tengo il conto. E anche i titoli. E’ come sfogliare un album di fotografie, perché ogni articolo racconta, proprio come le foto, un momento speciale della mia vita. “È” la mia vita.
Racconta alcuni incontri che ho fatto, o esperienze che ho vissuto, o un giudizio sulle circostanze che più mi hanno provocata ed educata.
Fino a questo preciso momento è stata una festa solo mia, ma ora che la giornata sta terminando ho deciso di raccontarla, perché… Perché di sì.
Perché ricordo il primo articolo inviato a CulturaCattolica.it mentre ero impegnata agli esami di Stato, a luglio dell’anno scorso. Ricordo che esattamente alle 12.15 del 5 luglio 2011 don Gabriele Mangiarotti, il curatore del sito, mi ha cercata al cellulare (ho salvato il suo sms!). Non ci conoscevamo. Aveva letto ciò che gli avevo inviato la sera precedente, si era incuriosito e desiderava conoscermi. Ricordo ogni singolo momento dell’amicizia che è nata da allora, e le nostre “riunioni di redazione” al telefono o via mail, anche con gli altri collaboratori.
Dico questo perché, come per tutte le cose importanti della vita, l’“inizio” resta impresso per sempre nel cuore. E’ così.
E allora stamattina sono andata in Chiesa, davanti alla Madonna. Lo faccio spesso, ma oggi avevo un motivo in più. Volevo ringraziarla per l’incontro con i “volti” che fanno, del sito, un’occasione di incontro e di amicizia reale (penso agli altri redattori e collaboratori, ma anche alle persone di cui ho raccontato la storia, e che ho desiderato conoscere parlando con loro al telefono; penso alle tante mail scambiate con alcuni nostri lettori…).
Le ho chiesto che il dono della scrittura sia servizio, sempre, al Vero e al Bene. E strada per raccontare la bellezza che conduce ad altra Bellezza.
L’ho implorata di starmi accanto quando mi siedo davanti alla tastiera e scrivo, perché non esiste la “scrittura automatica”, o, se esiste, non fa per me. Non mi interessa.
Se la puntigliosa è occhialuta significa che vede poco ed ha dunque bisogno di essere guidata. Sempre. Serve Qualcuno che vede meglio, e più lontano, e più “profondamente” di lei, e la tenga per mano. Ecco perché sono andata dalla Madonna.
Nel pomeriggio ho ripercorso, con la mente, questo periodo insieme agli amici di CulturaCattolica.it e, come capita ai compleanni, o ai compleanni dei figli, o agli anniversari, mentre affiorano tanti ricordi è anche bello, e giusto, richiedersi le “ragioni”. Le ragioni per vivere, per continuare a voler bene. Le ragioni per… scrivere ancora.
Allora mi sono fatta un altro regalo, il secondo della giornata. Ho preso dalla libreria “La coscienza religiosa nell’uomo moderno” di don Giussani e ho riletto pagine sottolineate lungo gli anni, con tanti colori diversi.
«La prima caratteristica (…) del cristianesimo come avvenimento, come evento strutturato, è che il fatto cristiano è totalizzante. E cioè suggerisce la sensibilità con cui si affrontano le cose della vita, genera anzi la percezione stessa delle cose, la concezione e la valorizzazione, e poi la progettazione e l’attuazione. Così come sottolineava Paolo VI nella sua “Evangelii Nuntiandi”, specie ai paragrafi 19 e 20.
Se Dio è un fatto tra noi è come se io ricevessi a casa mia un ospite di grande importanza: la casa resta mia, ma è sua: tutto ruota attorno a lui.
Se andiamo a rileggere il primo capitolo del Vangelo di Giovanni troveremo i primi accenni di rapporto con quella Presenza che ha totalmente investito le persone dei primi che hanno seguito Gesù: Giovanni stesso, Andrea, Simone, Filippo, Natanaele. L’incontro con Gesù è stato per loro un avvenimento che ha sconvolto la vita, l’ha riempita di un’esigenza totale, eliminando ogni spazio vuoto, ogni programma indipendente da Lui. Un Dio diventato uno di noi, fra noi, compagno della nostra vita se non tendesse a determinare tutti i nostri pensieri, i nostri progetti e i nostri sentimenti, che non si concepisse con questa totalità, semplicemente non sarebbe più Dio.
Badiamo a notare che questa caratteristica totalizzante del fatto cristiano non ha nulla a che fare con la tentazione deduttivistica per cui si vorrebbe tentare di far derivare dal Vangelo una ricetta pronta per ogni particolare della vita. Ha a che fare invece con il fenomeno per cui ogni particolare della vita si trasforma radicalmente per un coinvolgimento totale del soggetto che vive nell’ambito di un fatto sconvolgente. La fede investe il soggetto e cambiandolo tende a cambiarne tutta l’esistenza nel dettaglio.
Romano Guardini ha una stupenda frase che bene definisce, a mio parere, che cosa si intende per fatto totalizzante: “Nell’esperienza di un grande amore tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito”. E’ questa un’intensità sovrana della persona: ogni cosa si ripercuote in lei e assume un volto diverso».
Per la mia festa di oggi mi sono regalata un po’ di tempo vicina alla Madonna e un po’ di tempo vicina a don Giussani. E siccome non sono astemia, stasera ho brindato. Ho fatto “cin-cin” a CulturaCattolica.it, che non è realtà “virtuale”. Sono nomi, volti, una compagnia che porto nel cuore. E’ un pezzetto di popolo cristiano a cui sono fiera di appartenere. Ciascuno, con le caratteristiche che gli sono peculiari, mi ha testimoniato – come diceva don Giussani – che «quello che è umanamente impossibile, l’abolizione della estraneità e la nascita di una compagnia nuova, proveniente non dalla carne, ma che implica anche la carne, – questo miracolo Gesù lo ha definito come l’evidenza della sua divinità: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”».
Questo ho sperimentato, giorno dopo giorno, camminando insieme agli amici del sito, confrontandomi ogni giorno con loro sulla realtà e sul tempo difficile che viviamo.
Oggi, festa per il mio 150° articolo, andrò a dormire con l’indicazione, chiara, della strada per i giorni che verranno. Con le ragioni rinnovate del mio “fare”. Con una responsabilità e con un compito che – ne sono certa – è stato dato proprio a me: Luisella, collaboratrice (indegna) di questa realtà bella che è CulturaCattolica.it.
«Ecco dunque il metodo proprio di quel fatto per “convertire” il mondo – scrive ancora don Giussani –: che questa unità sia resa visibile, dovunque. Senza questo non si sosterrebbe una religiosità cristiana».