Anoressica, condannata a vivere
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Una sera di inizio estate, di ritorno da una festa a casa di amici, mentre guidi assorto dai tuoi pensieri, la radio trasmette l’ultimo tormentone che sai già ti perseguiterà per i prossimi mesi, solo due giorni fa le serate erano ancora fredde e oggi già l’afa rende umidiccia la notte. I fari della tua auto illuminano la strada e ad un tratto vedi la figura di qualcuno che a cavalcioni sul parapetto del ponte esprime chiaramente la volontà di farla finita con la vita, di buttarsi nel fiume che ignaro scorre sotto ai suoi piedi, che fai? a.- Rispetti la sua libertà di voler morire e tiri dritto. In fondo non sono fatti tuoi. b.- Ti fermi, lo strappi letteralmente da quella posizione pericolosa. Con i piedi per terra si discute meglio. Qualcosa di simile dev’essere accaduto al Giudice dell’Alta Corte d’Inghilterra che ha disposto che una donna di 32 anni, anoressica, che da un anno rifiuta cibi solidi ed è decisa a lasciarsi morire, venga alimentata forzatamente. "Va nutrita a forza - sostiene il giudice Peter Jackson della Court of Protection -. Un giorno questa donna potrebbe scoprire di essere una persona speciale, la cui vita vale la pena di essere vissuta". La donna ha una storia difficile alle spalle, molestie sessuali, fallimenti affettivi, disturbi alimentari che l'hanno portata sino a questo bivio. La famiglia appoggia la sua scelta. Per un giudice scegliere di darle un'altra possibilità, la possibilità di scoprire che non tutto il mondo è orrore, che c'è chi è disposto a condividere la sua solitudine e la sua disperazione, non deve essere stato semplice. C'è da sperare che questa giovane donna viva quanto sta accadendo come una mano tesa verso una nuova vita. E che i paladini della "libertà di disporre del proprio destino" investano le loro forse nel cercare di starle accanto, anziché utilizzare la sua storia come un giavellotto dalla punta avvelenata lanciato verso l'ignoto.