Politica e antipolitica
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Caro direttore,
ringrazio – tuo tramite – il sindaco Paolo Lucchi che ha riscontrato la mia precedente lettera. Permettimi una considerazione.
Entrambi fate riferimento alla carta costituzionale e alla necessità di una nuova ricostruzione di valori condivisi come fu per la fase costituente nel dopoguerra.
La cosa mi coglie un po’ di sorpresa. Da più parti, soprattutto nel centro sinistra, si sostiene invece che la costituzione non deve toccarsi, che non è necessario rifondare il fondamento istituzionale del paese. Almeno, qualsiasi tentativo proposto in tal senso è stato sinora considerato un attentato al paese. Mi chiedo: è venuta meno la pregiudiziale antidemocratica di chi vorrebbe aggiornare la carta? E’ condivisa veramente la necessità di ammodernare l’Italia?
Perché questo è il primo quesito. Se la risposta è che la costituzione è un totem che incarna l’unica via democratica possibile (e, per quanto mi riguarda, essa è stata la migliore possibile per molti anni della storia italiana), il continuo richiamo allo spirito costituente è oggi un esercizio puramente storico, estetico o retorico.
Sospetto, anzi, che quando si dice di voler ritrovare il medesimo spirito costituente si voglia in realtà dire di rinunciare alle rispettive diverse identità storico-culturali, per lasciare sostanzialmente le cose come stanno.
Ma è possibile lasciare che la carta costituzionale sia continuamente oggetto di interpretazioni che la stravolgono fin dalle fondamenta? La famiglia naturale fondata sul matrimonio è ormai una chimera; il diritto alla vita cede di fronte a un assoluto diritto di autodeterminazione che non esiste in nessuna parte della costituzione; la libertà di far propaganda della propria fede (sì, così dice la carta) è considerata pratica intollerante e fondamentalista; la presunzione di innocenza dell’imputato fino a sentenza definitiva è un reperto archeologico; persino il diritto alla privacy affoga in miliardi di intercettazioni; la separazione dei poteri dello stato, tra legislativo e giudiziario, che risale addirittura al Montesquieu, si affievolisce grazie alle sentenze creative dei giudici che legiferano anche in assenza di norme; il diritto alla giustizia del cittadino si infrange in anni di inutile attesa (ma alcuni processi “politici” sono più veloci e “più uguali degli altri” per citare Orwell); le misure economiche che dovrebbero agevolare la formazione delle nuove famiglie si riducono a miseri assegni familiari e, quando si decide di mettersi attorno a un tavolo per discutere di un serio sostegno alle famiglie, subito viene avanzato il problema dell’estensione dei benefici anche alle coppie di fatto; dovrebbe favorirsi, secondo la costituzione, l’accesso del risparmio alla proprietà della casa e l’odierna IMU fa esattamente il contrario; la sussidiarietà è anche citata nell’art. 118, ma è come se non lo fosse; il cittadino concorre alle scelte del paese attraverso i partiti, e non come ora attraverso i tecnici. Mi fermo qui ma potrei proseguire.
Per quanto mi riguarda, ricostruire i valori condivisi di un paese significa riaffermare questo orizzonte costituzionale, ma dubito che in genere si intenda questo. Avrei piacere di sbagliarmi.
Nella migliore delle ipotesi, quando ci si riferisce a un nuovo spirito costituente s’intende l’esigenza di approdare a riforme istituzionali, discutendosi – tutt’al più – di un’accelerazione in senso federalista dello stato e meno centralista (impostazione peraltro da sempre propugnata dal cattolicesimo); di riforma della P.A., divenuta spesso un pachiderma ingovernabile; di eliminazione delle Province, ente territoriale di livello intermedio di cui si potrebbe fare a meno; di riforma elettorale, con la reintroduzione delle preferenze; di distinzione tra giustizia requirente e giudicante; di rafforzamento della funzione di governo con l’introduzione della sfiducia costruttiva (se ne parlava già più di venti anni fa nella commissione per le riforme costituzionali Bozzi). Con questo, credo che si migliori la situazione ma che non si ricostruisca il tessuto connettivo della società.
Nonostante cio', ho dei dubbi che chi si richiama allo spirito costituente intenda realmente porsi il problema di cambiare. Allora, si lascia spazio a chi chiede il cambiamento chiamandosi fuori dal sistema, come dimostra l'affermazione dei grillini alle ultime amministrative, peraltro ampiamente aiutati dal comportamento dei partiti che hanno fatto di tutto per non impedire la caporetto.
Credo che il compito di tutti, ma soprattutto dei cattolici, oggi come oggi, non sia quello di richiamarsi a valori costituzionali condivisi (nei quali purtroppo ci sta tutto e il contrario di tutto), bensì di affermare, uno per uno, per nome, i valori che consideriamo essenziali per perseguire il bene di ciascuna persona, anche della più piccola e indifesa.